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Autore: miseichan    13/03/2010    3 recensioni
Lui è sicuro di sé, playmaker nella sua squadra di basket, alto, bruno e con gli occhi neri; naturalmente lei è il suo opposto: tanto lui è navigato e smaliziato così lei indecisa, timida, incerta, con lunghi capelli neri dietro i quali si nasconde e due enormi occhi azzurri che lo hanno colpito con la loro incredibile ingenuità e purezza. Quella che c’è fra Federico e Sara è passione allo stato puro: un fuoco che divampa, percorrendo ed invadendo ogni parte di loro. E quella sera l’ennesima scintilla avrà l’effetto di una bomba. Gli scoppi non hanno sempre effetti prevedibili o positivi però. E questo lo scopriranno.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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prologo 1

Too much to say

 

 

Prologo *

 

 

La moto non era sua.
Così come non sentiva sua l’eccitazione di quella notte.
Eppure, almeno la moto era tangibile: riusciva a toccarla, e stringeva saldamente il manubrio fra le mani. Era bellissima, e una piccola parte di lui provò pietà per il proprietario che di lì a qualche ora si sarebbe accorto del furto, era una parte troppo insignificante però, che non aveva la minima possibilità di prevalere e averla vinta.
Il ragazzo infatti con un ghigno tirò ancora la leva del gas, accelerando nella notte, aumentando la velocità già ben oltre i limiti. Aveva fretta: era impaziente di arrivare a destinazione, per averla il prima possibile. Sua. Era sua e non se la sarebbe fatta scappare, per niente al mondo.
Scalò qualche marcia, mentre si avvicinava alle porte della città: per quanto volesse vederla, qualcosa lo inquietava, dicendogli di non essere troppo azzardato, che non era ancora arrivato il momento. Ma Federico non ce la faceva più: non sarebbe resistito nemmeno un giorno di più senza vederla, senza toccarla… erano due settimane che sognava quelle labbra. Dall’ultima volta in cui le aveva baciate, per la precisione. E presto avrebbe potuto risentirle sue.
Svoltò nella terza strada a sinistra, procedendo lentamente, combattendo contro quell’ultima parte della sua mente che lo invitava a fare retromarcia, tornandosene a casa sua. Gli bastò però pensare a lei, con quei suoi occhioni innocenti, così diversi da tutti quelli che aveva sempre visto: candidi, puri, fiduciosi. Occhi che riuscivano a provocare in lui sensazioni mai provate.
Quel semplice pensiero fu più che sufficiente: con un ultimo scatto deciso fermò la moto affianco al marciapiedi. Scese e passandosi la mano nei capelli, resi indomabili dal vento, si avviò lungo il vialetto verso la porta della villetta: tre piani, bianca, con un giardinetto tutto intorno. Il primo piano, come parte del secondo, era completamente illuminato.
La musica si sentiva chiaramente già da lì e le luci, le grida, i rumori provenienti dall’interno dell’abitazione facevano presagire la festa che si stava svolgendo al suo interno.
Federico lo sapeva che quella sera ci sarebbe stata una festa, perché i genitori di Sara erano fuori città e Luca, da bravo fratello maggiore aveva pensato bene di dare inizio alle danze; in fondo come si dice? Quando il gatto non c’è i topo ballano.
Il ragazzo si avvicinò alla porta e cominciò a bussare, per quanto perfettamente cosciente che sarebbe stato del tutto inutile: nessuno lo avrebbe sentito. Dopo meno di tre minuti infatti si decise a prendere il cellulare, facendo il numero di Luca. Attese per un po’ ma non ne venne alcuna risposta: iniziò a prendere in considerazione l’idea di cercare una finestra aperta, quando la porta gli si aprì davanti improvvisamente.
- Eccoti! Ero sicuro che saresti venuto! Entri?-
- Lei c’è?-
Luca tutto sorridente annuì facendosi da parte e Federico si fiondò dentro senza farselo ripetere ancora. Guardò un’ultima volta il suo amico che ammiccandogli lo incitò ad andare nel salotto.
Federico fece come gli era stato consigliato, dirigendosi verso la musica, facendosi spazio a gomitate nella ridda di persone e cercando con gli occhi lei. Non fu troppo difficile trovarla: aveva infatti subito ristretto il campo di ricerca togliendo il centro della sala, dove tutti ballavano e di sicuro lei non era. Quando la vide il suo cuore ebbe un tuffo, si fermò rimanendo semplicemente a guardarla: osservando e sorridendo la figura di quella ragazza che in qualche modo era riuscita ad incastrarlo. Per quanto assurdo con un solo bacio, era infatti riuscita a convincerlo a starsene buono per due intere settimane, senza vedere nessun’altra e pensando unicamente a lei.
E la vide girarsi lentamente, lasciando vagare lo sguardo e scostandosi lentamente dal muro cui era appoggiata. I loro occhi si incontrarono, prima solo di sfuggita e poi tornarono a fermarsi gli uni negli altri, rimanendo come incatenati.
Vide il volto di lei aprirsi in un sorriso felice e sorpreso, mentre gli si avvicinava e fu proprio quel sorriso a farlo riprendere, tornando in sé, e spingendolo a raggiungerla in pochi passi: la strinse fra le braccia, cercando di sentirla sua il più possibile. Lei non si ritrasse, ricambiando sinceramente l’abbraccio del ragazzo.
Fu poi quasi senza rendersene conto che salirono le scale: Federico la seguiva completamente sottomesso, avrebbe fatto qualunque cosa se avesse continuato ad avere la mano di Sara stretta nella sua. Lei si fermò solo quando la musica dal piano di sotto smise di giungere assordante: erano arrivati al terzo piano, e le luci lì erano ancora tutte spente.
La sentì allontanarsi un po’, cercando un interruttore a tentoni, ma seguì ogni suo movimento, facendo in modo di non perderla nemmeno un istante. Quando una fievole luce prese a rischiarare l’ambiente si accorse di trovarsi nella stanza di lei: lasciò vagare lo sguardo sulle pareti con carta da parati rossa, sul letto ricoperto di cuscini colorati, sull’aria confortevole che pervadeva la camera.
A distrarlo furono le braccia di lei, che lo avvolsero da dietro, stringendogli i fianchi: sentì che il cuore perdeva ancora un battito e sorridendo scambiò rapido le posizioni, prendendo lei fra le braccia. Si piegò portandosi alla sua altezza, sorridendole fra i capelli, inebriato dal profumo di lei:
- Mi sei mancata-
- Anche tu… come hai fatto a venire?-
Federico ghignò divertito: era sicuro che gliel’avrebbe chiesto. Rispose in un sussurro, con voce pacata ed innocente:
- Ho trovato un passaggio-
Avvertì la risatina di lei e capì che non gli aveva creduto, non se ne importò più di tanto però: Sara infatti non sembrava davvero interessata a quello. Lei si girò fra le sue braccia, facendo in modo che si trovassero faccia a faccia, e gli passò le mani attorno al collo. Posò la testa nell’incavo del collo di lui, riuscendo a farlo rabbrividire anche solo con il suo respiro, che caldo gli accarezzava la pelle.
Federico aspettò giusto qualche istante prima di sollevarle il viso e baciarla appassionatamente: rimasero stretti per un tempo indefinito che non sembrava scorrere, quasi volesse permettergli di non smettere più, continuando all’infinito, prolungando quell’attimo a dir poco perfetto.
Ma inspiegabilmente furono loro stessi a dividersi, allontanando leggermente le labbra: un qualcosa infatti era scattato, come una nuova scintilla, più forte delle altre che riuscì ad appiccare un vero e proprio incendio. Un fuoco che prese a bruciare, invadendo ogni millimetro, ogni fibra di entrambi.
Quasi senza respirare si ritrovarono stesi sul letto: Federico a cavalcioni sopra di lei, che circondandole i fianchi con un braccio cominciò a baciarle ogni lembo di pelle libero, esposto alla luce della luna a spicchio che filtrava dalla finestra.
Partì dal collo, scendendo lentamente, tormentandola con la punta della lingua, divertito dalla pelle d’oca di lei. Si soffermò un po’ di più sull’incavo dietro l’orecchio, accorgendosi di come ogni volta un brivido pervadesse il corpo di lei. Quando sentì il piede della ragazza strusciarsi lentamente lungo il suo polpaccio, non riuscì più a trattenersi e provò a sbottonarle la camicetta rossa che portava: sentiva le mani tremargli, e al secondo bottone iniziò a perdere la calma, ma fu lei a fermargli le dita. Sentì la sua mano premergli sul petto, cercando di allontanarlo. Lui non lo fece, non capendo cosa stesse succedendo: fissò lo sguardo negli occhi dilatati di lei.
- No. Fede io… non è ancora il momento-
Glielo aveva solo sussurrato, con voce tremante, indecisa ed al tempo stesso spaventata.
Sentite quelle parole il ragazzo si sollevò immediatamente: facendo leva con le braccia si allontanò da lei, rimanendo fermo nell’angolo del letto.
Iniziò a respirare con affanno, dandosi dello stupido mille volte: sapeva di star correndo, ma non era riuscito a fermarsi. E ora forse aveva rovinato tutto. Tornò lentamente a sollevare lo sguardo su di lei, accovacciata all’altra estremità del materasso, e le rivolse uno sguardo carico di rammarico.
- Sara, mi dispiace. Davvero. Perdonami, ho sbagliato. Io… me ne vado e…-
Non terminò la frase, e non l’avrebbe più terminata.
Gli occhi di lei infatti erano tornati a brillare: sentendogli dire quelle cose, ascoltandolo mentre si scusava contrito per una situazione in cui alla fine li aveva portati lei, Sara gli si era lentamente avvicinata e prendendo fra le dita un lembo della sua felpa lo aveva ritirato di scatto su di lei.
- Non scusarti-
Due parole. Solo due, ed erano riuscite a portarlo sull’orlo della pazzia.
Mentre la stringeva nuovamente a sé si chiese come avrebbe potuto ridurlo con una frase più lunga.
Tornò a baciarla ma questa volta non ci andarono più tanto per il sottile: Federico riuscì a sbottonarle la camicetta, le mani non gli tremavano più, e quando lei dopo avergli tolto la felpa iniziò a percorrere con le dita ghirigori immaginari sul suo addome quasi non riuscì a trattenere un grido di piacere.
Continuò ad osservarla, studiandola in ogni più piccolo particolare: giocando con i suoi lungi capelli neri con riflessi ramati, mentre le dita di lei si stringevano convulsamente sulla sua schiena.
Osservò quel corpo esile e bellissimo fremere e rabbrividire al suo minimo tocco e si compiacque di riuscire in tanto con così poco. Non riuscì per molto a pensare a quello però: le dita di lei infatti riuscirono a distrarlo al punto da fargli quasi dimenticare dove si trovasse, concentrato unicamente sui suoi movimenti. La sentì scendere con la mano fino alla vita dei suoi pantaloni e poi cominciare a slacciargli la cintura. Rendendosene conto alzò lo sguardo sul viso di lei, totalmente stupito da una tale intraprendenza: non avrebbe mai immaginato che quella ragazzina così timida e silenziosa potesse riuscire a provocargli reazioni simili.
Eppure incontrando lo sguardo giocoso e provocatorio di lei dovette ricredersi. Era sicuro che lei sentisse chiaramente la sua eccitazione, ma non vi trovò in risposta alcun segno di indecisione.
Lei iniziò lentamente a fargli scivolare via i pantaloni e lui fu ben lieto di facilitarle l’opera mentre con mano apriva velocemente la cerniera della gonna della ragazza: accarezzò delicatamente la pancia di lei, facendo scorrere senza fretta le dita giù fino alla coscia. La sfiorò piano, quasi temesse di rompere in qualche modo quella bolla di desiderio prorompente che sembrava avvolgerli in quel momento. Sentendo le gambe di lei avvolgersi attorno alla vita capì però che niente avrebbe potuto rovinare qualcosa: semplicemente perché lo volevano entrambi ardentemente.
Scese con le labbra fino al seno di lei, sganciandole con dita frementi il gancetto del reggiseno. Sapeva di starla tormentando: che quei baci leggeri e veloci erano come una tortura, ma sapeva anche che erano incredibilmente piacevoli. E non intendeva smettere, perché non gli andava di dare una fine a quei momenti che sembravano essere un assaggio tanto del paradiso quanto dell’inferno.
Sentì le dita di lei incrociarsi dietro la sua testa, nei suoi corti capelli neri, e provò un piacere indescrivibile quando vide distintamente accendersi nello sguardo di lei una luce vogliosa e impaziente: lei lo tirò ancora una volta verso il basso, facendo aderire maggiormente i loro corpi, e avvicinò le labbra al suo orecchio. Federico spalancò gli occhi mentre i denti di lei gli mordevano delicatamente il lobo, e li chiuse quando la lingua di lei si insinuò fugacemente accarezzandolo.
Quando percepì la richiesta fatta dalla ragazza: a mezza voce, quasi in un gemito, tornò a sollevarsi un po’, come per assicurarsi di non essersi sbagliato.
“ Smettila di perdere tempo”
Il sorriso di lei lo convinse che aveva capito bene, e affondando il viso nel collo della ragazza sospirò profondamente, cercando di ritrovare un minimo di controllo sulle proprie emozioni. Entrando finalmente in lei, posò le labbra sulle sue, soffocando un gemito ad entrambi e rubandole un bacio. E poi ne prese un altro e un altro ancora… erano baci dovuti in fondo: quanti battiti del cuore gli aveva rubato lei?

 

*

 

Ciao ^^

Per chi fosse assurdamente riuscito a leggere fino a qui, sappiate che è solo la prima parte del prologo xD

Devo dire che non ero sicura di voler pubblicare questa storia, ma mi ronzava per la testa da troppo tempo e non ho avuto il coraggio di bloccare tale impeto creativo sebbene completamente folle: nella seconda parte del prologo capirete un po' di più.

Posso solo assicurarvi che non è la solita solfa: due innamorati e basta, no no, leggermente diverso questa volta **

Fatemi comunque sapere che ve ne pare, vi prego ^^

Grazie a tutti e alla prossima!

   
 
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