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Autore: celine_underworld    13/03/2010    4 recensioni
[...]Si destò con l'odore del sangue nelle narici, il morso gelido del vento sulla schiena e lo scrosciare dell'acqua corrente nelle orecchie. Per un lungo istante quelle furono le sue uniche certezze, come se il cervello dovesse imparare ex novo che cosa significasse essere coscienti. Poi, quando lo smarrimento lasciò il posto alla consapevolezza, il terrore lo colpì allo stomaco con la forza di un maglio.[...] Merlin si è risvegliato in riva a un fiume in mezzo a uno scenario da incubo, unico superstite di un piccolo contingente di Camelot, che è stato barbaramente trucidato. Non rammenta niente di ciò che è successo, non ricorda nulla di sé, nemmeno il nome. Il viaggio alla ricerca della sua identità si prospetta lungo e faticoso, le prove da affontare terribili e dolorose, eppure Merlin non intende tirarsi indietro. Riuscirà a recuperare la sua memoria e a tornare a casa?... Leggetela se vi và!
Genere: Malinconico, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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fantaluna



Si destò con l'odore del sangue nelle narici, il morso gelido del vento sulla schiena e lo scrosciare dell'acqua corrente nelle orecchie. Per un lungo istante quelle furono le sue uniche certezze, come se il cervello dovesse imparare ex novo che cosa significasse essere coscienti.
Poi, quando lo smarrimento lasciò il posto alla consapevolezza, il terrore lo colpì allo stomaco con la forza di un maglio. Dovette lottare per respirare e perfino per aprire gli occhi e guardarsi intorno. Quando lo fece, se ne pentì immediatamente.
L'odore di sangue proveniva dal cadavere freddo e inerte sopra il quale giaceva. Era il corpo di un uomo al quale avevano squarciato la gola da un orecchio all'altro; la ferita slabbrata, aperta come un sorriso osceno, era ancora umida e riluceva appena nella luce chiara del plenilunio; un'espressione di indicibile terrore si era fissata per sempre nei suoi occhi.
Un fiotto amaro di bile gli salì alla bocca mentre rotolava giù dal cadavere, allontanandolo da sé con gesti frenetici, spingendo via anche l'aria che lo circondava nell'assurdo tentativo di bandire l'orrore dalla sua vita, di cancellarlo dalla mente, di fingere che non fosse mai accaduto. Ma a quanto pareva non era destino che potesse raggiungere l'oblio, perchè rotolando sulla schiena andò a sbattere contro un altro corpo.
Gli occhi scuri sembravano fissare vagamente un punto sopra la sua testa; l'addome era segnato da un orrendo squarcio diagonale che andava da sotto il capezzolo sinistro fin quasi al fianco destro, e i cui contorni spiccavano netti come fossero stati tracciati da un rasoio. All'altezza del ventre le mani sporche stringevano una spada, come in un futile, terrorizzato, confuso tentativo di trattenere le viscere all'interno del corpo e di proteggersi da ulteriori colpi.
Il moro azlò gli occhi per osservare la scena che lo circondava. Un fiume, nero di sangue, scorreva su un letto di rocce levigate dalla paziente, inesorabile, carezza dell'acqua. Il lezzo acre della morte sembrava emanare anche dall'acqua stessa. Risalì con lo sguardo lungo le rive cercando di individuare l'origine di tutto quel sangue. Non dovette andare lontano: per oltre cento passi tutto intorno cadaveri di uomini che portavano un'armatura dello stesso colore; la tunica, sotto, la cotta di maglia era  rosso  rubino e nel petto torreggiva un maestoso dragone dorato.
I corpi erano disseminati ovunque come spazzatura, quasi fossero stati gettati alla rinfusa da una nave di passaggio,
i loro ultimi spasmi visibili in ogni vivido, nauseabondo dettaglio.
Cercò di trattenere i conati di vomito, ma non ci riuscì. Solo dopo essersi liberato lo stomaco nel fiume, si rese conto di essere nudo e  coperto di sangue. Ricacciando indietro una nuova ondata di panico, si tastò il corpo con le mani alla ricerca di eventuali ferite. Apparentemente era illeso.
Risalì la sponda del fiume, esaminanto metodicamente ogni corpo con un'accuratezza di cui non avrebbe saputo spiegare la ragione, fino a raggiungere la parte della corrente dove era ancora pulita.
L'acqua, così gelida da bruciargli la pelle, gli tolse il respiro. Stringendo i denti si fece forza per sopportare il dolore e si lavò via il sangue rappreso; poi si esaminò di nuovo alla luce della luna per cercare delle ferite, Non ce n'erano, neppure un graffio. Uscì dall'acqua, rabbrividendo sotto la sferza del vento ghiacciato sulla pelle bagnata.
Con questo freddo finirò per morire congelato in meno di un'ora, pensò, chiedendosi subito dopo da dove derivava quella certezza. Poi lo shock lo colpì come un fulmine.
Non sapeva chi era, non sapeva dove si trovava e nemmeno come era arrivato in quel luogo.
E no aveva il tempo per scoprirlo.
Rabbrividì per il freddo, se non avesse trovato al più presto un modo per tenersi al caldo sarebbe stato spacciato.
Così rovistò tra i sacchi squarciati che giacevano sparpagliti sul terreno, ma trovò solo qualche avanzo di cibo putrefatto. Dovevano pur eserci da qualche parte una coperta, degli abiti di ricambio, qualcosa con cui coprirsi, si disse. Ma niente!
Allora indivduò il corpo di un uomo più o meno della sua corporatura. Chiuse gli occhi mentre lo spogliava,  sussurando un impercettibile mi dispiace, lottando per ricacciare indietro la repulione mentre si avolgeva nel mantello rosso, intriso di sangue.
Non poteva sapere se gli assassini sarebbero tornati, ma una cosa era certa: i cadaveri avrebbero attirato ben presto gli spazzini della natura, e lui ptreferiva non  essere lì quando sarebbero arrivati gli avvoltoi. Imboccò nell'oscurità una strada dal fondo duro e sassoso che correva lungo il fiume, dirigendosi verso monte per la semplice ragione che se non altro in quella direzione avrebbe avuto a disposizione acqua pulita.
Dopo qualche minuto il fiume si allargò e il rumore dell'acqua che scrosciava sulle rocce svanì a poco a poco nel buio. La strada curvò verso la sponda e un ponticello, una specie di passerella di grossi tronchi lisci parve materializzarsi nella notte.
Una specie di ponte,pensò. Il posto ideale per un'imboscata. Eppure come faccio a saperlo?... Chi sono io?
  
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