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Autore: Ashbear    15/03/2010    2 recensioni
[Rinoa e Squall, Quistis e Seifer] Si può fare sempre la scelta giusta, se ci viene data la possibilità di realizzare i nostri sogni tramite una semplice risposta: sì o no? Una bugia che cambierà per sempre una nazione, una settimana che cambierà per sempre la storia.
Attenzione: la traduzione è stata completamente rivista e corretta; attualmente, abbiamo aggiornato i primi 22 capitoli con la nuova traduzione, fatta sulla base dell'ultima versione della storia rilasciata dall'autrice originale.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Looking back on the memory
Of the dance we shared 'neath the stars alone.
For a moment all the world was right,
How could I have known that you'd ever say goodbye?
And now I'm glad I didn't know, the way it all would end,
The way it all would go. Our lives are better left to chance -
I could have missed the pain, but I'd of had to miss the dance.

--Garth Brooks

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXIX. AVVERSIONE~

Un filo di brezza fredda si fece strada nella camera, e i tre che la occupavano ebbero la sensazione che non passasse soltanto in quello spazio chiuso, ma anche attraverso i loro corpi. Era più gelido del vento di qualsiasi condizionatore. Come fosse un brutto segno che diceva loro di andarsene, si sentirono improvvisamente tutti a disagio nell'oscurità.

"Abbiamo aspettato abbastanza, penso che dobbiamo seguirlo."

"No, io invece penso che Squall debba fare questo da solo, ha i suoi demoni da affrontare."

"Quistis, lo capisco... ma, e se entriamo troppo tardi? Può darsi che non sentiremmo nemmeno se ci manda un segnale. Almeno su una cosa aveva ragione, stare qui a guardare e ad aspettare e basta non ci servirà a niente."

"Lo so..." La sua voce si spense per un momento, nella segreta preoccupazione per l'altro uomo che era entrato nella stanza prima del Comandante. "Zell, è lì dentro con Seifer, e qualsiasi cosa stiano facendo, è la loro redenzione."

"E quindi la tua redenzione è restartene nell'ombra?" Si morse il labbro dopo che quelle parole gli erano uscite di bocca più taglienti di quanto avesse voluto. Non che negli ultimi giorni avessero avuto il tempo di lavorare sui problemi latenti che c'erano tra loro. Zell non aveva mai preso bene la scomparsa di Rinoa, e quelle ossessive visioni non avevano fatto che gravare sulle sue emozioni al ritorno della ragazza.

Quistis avrebbe disperatamente voluto dire qualcosa per migliorare la situazione; scusarsi, implorare perdono, fare qualunque cosa... ma non era quello il momento di mettersi a sistemare la storia. In quella circostanza, si rese conto che il silenzio era per lei la miglior cosa da fare, anche se il senso di colpa stava cominciando di nuovo ad attanagliarla. Seifer, Squall, e Rinoa... poteva sentire il sangue di ciascuno di loro macchiarle le mani. Se fosse successo qualcosa a uno di loro, avrebbe perso i suoi amici per sempre; avrebbe perso se stessa per sempre.

Alex era rimasta in silenzio durante il loro scambio. Si stringeva forte addosso le braccia, tentando di riscaldarsi. Qualcosa le stava dicendo di andar via da lì, anche se non era stato dato alcun ordine ufficiale. Che fosse la paura dell'ignoto, o il disagio sorto dalla tensione nella stanza, comunque tutto sembrava più urgente. Non chiese il permesso prima di cominciare a cercare la maniglia della porta; doveva soltanto andarsene da quel maledetto posto, e basta. Zell cercò di tirarla via, ma questo servì solo a rendere più forte la sua determinazione.

"Calmati, Alex, hai di nuovo avvertito qualcosa?"

"No, ho solo bisogno di uscire di qui, fa troppo freddo."

Per la prima volta Quistis riaccese la torcia dell'elmetto; fino ad allora avevano deciso di non sprecare le batterie. La luce colpì per primo Zell, che istintivamente si coprì gli occhi, in una reazione naturale.

"Ehi! Guarda dove lo punti, quell'affare!"

"Non c'è più!" Le paure stavano avendo la meglio su Alexandra, e, pur cercandola disperatamente, non riusciva a trovare la maniglia.

"No, Alex, è qui. Probabilmente il buio ti ha disorientata, ma io sono sempre convinta che non dovremmo entrare..."

Girando intorno la luce, Quistis controllò il muro del corridoio. Si spostò nel punto dove Alex aveva poggiato la mano, poi illuminò un poco più in là. Con la sensazione di non riuscire a vedere una cosa che aveva sotto il naso, l'istruttrice cominciava a seccarsi della propria incapacità. Notò che ogni asse era stata numerata al tempo della costruzione, e tutte erano accostate strettamente per ulteriore supporto. Seguì i numeri per cinque metri buoni in tutte e due le direzioni, ben sapendo che nessuno di loro si era avventurato più avanti da quando Squall li aveva lasciati. Allungando la mano diede un colpetto su ognuna delle assi, per contarle mentalmente; e, casomai avessero perso l'orientamento, controllò anche il lato opposto. Constatò che i sostegni erano alla stessa distanza l'uno dall'altro, e che non c'era traccia di un'entrata.

"Non c'è più..." Le parole le uscirono da sole di bocca, e lei stessa non riusciva a crederci.

"Ma che diavolo?" Zell strinse ancora più forte Alex, le cui fobie continuavano a crescere, mentre adesso si aggiungeva la realtà del fatto che non riuscivano a trovare l'uscita.

Quistis cercò di restare calma e di ragionare, conscia che Squall avrebbe potuto aver bisogno del loro aiuto. Sapeva che l'unica altra alternativa era il percorso che avevano segnato sulle mappe dell'edificio, ma significava tornare un po' indietro, ridiscendere le scale. Il tempo era il fattore fondamentale nel caso venissero chiamati, e quindi sapeva che uno di loro doveva prendere una decisione alla svelta.

"Torniamo indietro. Faremo come nel piano iniziale... di corsa giù verso la classe." Afferrò il polso di Alexandra e la guidò nel passaggio buio. L'aria era tornata immobile, e ogni traccia di movimento svaniva alle loro spalle, dove erano rimasti ad aspettare. Scese con cautela le scale, finché il corridoio non terminò finalmente all'estremità cieca, con la porta della classe. Accese la luce per assicurarsi che ci fosse davvero un'uscita da quel lato.

Schiudendo appena la porta, verificò che non ci fosse personale galbadiano nella stanza, e, quando fu sicura che fosse via libera, i tre rientrarono nella classe e si richiusero la porta alle spalle. Rimasero lì fermi... in una sorta d'incredulità. Quistis sentì passarle addosso lo stesso freddo di prima, che la ghiacciava in un attimo di stordimento. Controllò con cura la sua arma, e lo stesso fece Zell, entrambi preparandosi a qualsiasi cosa potesse comportare un combattimento; non era quello, ma l'inspiegabile a spaventarli. I due SeeD si scambiarono uno sguardo, come per liquidare l'incidente di prima, un semplice sbaglio da esseri umani. Chissà come, ma entrambi dovevano aver perso di vista la cosa più ovvia; probabilmente le paure e le emozioni avevano avuto la meglio sulla ragione.

"Meglio che ci muoviamo." Quistis indicò la porta, dall'altra parte della classe. "Era quella lì che avevamo segnato."

"Questa non era sulla mappa," aggiunse Zell, ripetendo cose già dette nella conversazione che avevano avuto prima in quella stessa stanza.

"Già..." Le sue parole sussurrate sfumarono nel silenzio.

Si scambiarono un ultimo sguardo, leggendosi a vicenda i pensieri come avevano fatto in tante altre situazioni rischiose. E come due bambini curiosi, riaprirono la porta, assicurandosi di lasciarsi i dubbi alle spalle. In un certo senso, in quel momento non erano dei ventitreenni, ma spauriti bambini di cinque anni timorosi di quello che avrebbero trovato dall'altra parte. E quello che trovarono andava oltre la logica, oltre qualsiasi umano ragionamento... uno stanzino per le scope dei bidelli.

*~*~*~*~*

Rinoa provò una strana sensazione spettrale quando fu lasciata sola con Mitchell. Se avesse potuto arrivare a una pistola, gli avrebbe sparato all'istante, ma adesso un altro fattore le pesava opprimente nella mente... Seifer. Era entrato lì dentro per lei: sapeva che il suo arrivo era stato programmato, mandarlo da solo e senza armi sarebbe stata una mossa incauta, illogica, invece doveva servire come distrazione, ma qualcosa era andato storto... non avrebbe lasciato che lui sacrificasse la sua vita per lei.

Se davvero avessero messo a morte prima Kimberley, questo le avrebbe fatto guadagnare alcuni minuti preziosi. Rabbrividì nel momento in cui pensava alla speranza che un essere umano fosse ucciso prima di un altro. La sua vita non valeva il prezzo che tutti i suoi amici erano disposti a pagare, sarebbe stata dannata prima di perdere un'altra persona a cui teneva. Se c'era una sola cosa che aveva imparato era che gli uomini avevano le loro debolezze. Se i suoi calcoli erano giusti, far finta di sedurre Mitchell non sarebbe stato un compito difficile, almeno dal punto di vista di lui...

L'uomo non aveva detto una parola da quando gli altri erano usciti, il che era una buona cosa; il suono della sua voce le dava il voltastomaco. La prese per mano portandola alla scrivania, e lei si sedette sul bordo. Frugandosi in tasca, il presidente tirò fuori un mazzo di chiavi, cercandone una lunga d'argento. Le sciolse teneramente le manette, poi massaggiò i segni rossi rimasti sulla sua pelle. La ragazza lo guardò negli occhi e gli sorrise con dolcezza, lui stava tremando come un ragazzino lasciato da solo con un'insegnante. Mise a tacere il desiderio di ucciderlo, anche se ogni azione che lui compiva sembrava esasperare l'agitazione che aveva dentro.

Si sentì sollevata quando lui le lasciò andare i polsi e si spostò dall'altra parte della scrivania. Da un cassetto l'uomo tirò fuori quella che sembrava della stoffa bianca; e mentre la dispiegava con cura, Rinoa capì che si trattava di un vestito e di una sorta di scialle di pizzo. Lui li sollevò, come se ne fosse fiero.

"Questi sono stati fatti per la tua esecuzione, ma adesso serviranno per il tuo battesimo. La tua anima sarà per sempre legata alla mia, e insieme saremo una cosa sola. Julia, ho il dovere di informare i tuoi sottoposti che tu sei rinata, e che il giorno tanto atteso è arrivato. Loro saranno tuoi servi, ti onoreranno, e pronunceranno all'unisono i nostri nomi."

La mano di Rinoa si serrò più forte in un pugno: non aveva compreso il vero scopo della sua follia. Non sapeva bene come gestire la situazione, quando era con Bennett poteva almeno ritirarsi in solitudine. In quel momento, avrebbe voluto che l'uomo la picchiasse, le spezzasse le costole, qualunque cosa, piuttosto che mettere in mezzo sua madre. Era più facile sopportare un abuso fisico, ma sentire il nome di sua madre da quelle labbra... era veramente troppo.

Lui distese gli abiti sul tavolo e le fece un cenno con la mano. Rinoa cercò di sorridere con calma, e si piegò a sfiorare la stoffa; sentì la trama del pizzo, e il fine raso in cui era confezionato l'abito.

"Li ho fatti disegnare dai migliori sarti di Deling; la stoffa è importata da Esthar, mentre invece il pizzo è fatto a mano dagli anziani del Popolo degli Shumi. Non ho badato a spese, tu vali ogni guil, angelo mio."

"Sono bellissimi," boccheggiò lei. Erano le prime parole che non fossero una bugia, persino lei riusciva ad apprezzare la maestria degli artigiani e la qualità di quegli abiti cerimoniali. Mentre continuava a passare le dita sull'orlo della stoffa, avvertì la sua presenza che si avvicinava da dietro. Lui le chiuse le mani attorno alla vita e l'attirò con forza contro il suo corpo.

"Devi metterli per me, adesso, non posso aspettare un altro secondo per vederteli addosso."

Lei cercò di pensare ad una scusa per non obbedire, ma aveva bisogno che lui si convincesse della sua sincerità. Si voltò ad accarezzargli il petto con fare seduttivo. "Jefferson, farò tutto quello che desideri, ma, e le tue truppe? E se non mi accettassero? Ho paura che diranno che ti ho sottomesso con la magia, e chiederanno la mia morte."

Lui le posò il palmo sulla guancia, come per rassicurarla che era in grado di proteggerla a qualunque costo. "Angelo mio adorato, nessun essere umano potrà mai farti del male. Se crederanno che tu abbia usato la magia su di me, allora mostragli il vero potere che possiedi, e poi ci penseranno due volte prima di mettere in discussione la tua volontà."

Lei abbassò lo sguardo a terra, quasi fosse imbarazzata. "Ma adesso le iniezioni hanno annullato i miei poteri. Non ho nessun mezzo per difendermi." L'uomo la baciò sulle labbra, e per la prima volta lei non si ritrasse, anche se la reazione più naturale sarebbe stata certo quella di sentirsi male. Il suo tocco le corrodeva l'anima come un veleno mortale, e la sofferenza cresceva di minuto in minuto. Tenne i suoi pensieri ancorati su Squall, e su Allison, e su qualsiasi cosa pura o buona. Fece apposta a lasciare che fosse lui a interrompere il bacio, e guardasse nei suoi occhi castani.

"Rinoa, quelle iniezioni erano solo sperimentali, non abbiamo potuto testarle su un soggetto adatto. I tuoi poteri non sono stati inibiti per davvero; anzi, credo che alcune delle tue naturali capacità dovrebbero ritornare a breve. Ma Julia, come ti ho detto, è tutta pura speculazione da scienziati."

Se non fosse stato per le incoraggianti notizie, sarebbe stata completamente sconvolta dal fatto che nello stesso discorso l'aveva chiamata con due nomi diversi. Che paradosso era, quando lei stessa, solo qualche giorno prima, era stata in bilico tra due identità. Quando si trovava ancora in lotta tra le personalità di Rinoa e Renee, forse la sua mente non avrebbe notato l'evidente errore dell'uomo. Adesso si chiedeva quanto veramente malata fosse diventata lei stessa, o se la realtà avesse ora fatto presa definitivamente sulla sua psiche; aveva paura che in quel gioco avrebbe finito per confondere i contorni del vero. Poteva solo pregare che non accadesse. Prima, nella battaglia per la sua mente, si era sentita tradita, ma adesso la fiducia nel suo cavaliere poteva trattenerla nella realtà... lo sperava.

L'uomo notò la preoccupazione della ragazza, non riguardo a lui, ma per qualcosa che stava combattendo in silenzio dentro di sé. Le sollevò il mento con un dito, per far sì che lo guardasse negli occhi. "Ho la soluzione, tu mettiti i vestiti, e io disattiverò la barriera anti-magia: così, se qualcuno si ribellasse, tu potresti rimetterlo al suo posto."

Non era stata questa la sua intenzione, diavolo, non sapeva più neanche lei quali fossero di preciso le sue intenzioni, ma la cosa poteva essere di grande aiuto per gli altri. Il Presidente non si era certo dimenticato che Squall era nella residenza, o l'attacco di Esthar. Rinoa lasciò che lui la baciasse ancora una volta, e che tornasse dietro la scrivania ad armeggiare al computer. Quando guardò l'orologio che stava sul tavolo, le lancette e il loro ticchettio le ricordarono della corsa contro il tempo in cui si trovava per la vita di Seifer.

Prese i vestiti, e si voltò dandogli la schiena. Mettendo da parte tutto il suo pudore, si tolse la camicetta e la lasciò cadere a terra. Sentiva gli occhi dell'uomo che le bruciavano sulla schiena, e cercava di sbrigarsi senza dare l'impressione di aver fretta. Raccolta la veste di seta, alzò le braccia per indossarla, e se la fece scivolare delicatamente sul corpo; si tolse i pantaloni solo quando fu coperta dall'abito, e li mise nel mucchietto con la sua camicia. Adesso che il suo corpo era quasi del tutto celato, si girò verso di lui a permettergli di vederla abbigliata con la veste di seta.

L'uomo le si avvicinò portando lo scialle di pizzo, che le drappeggiò addosso con amore. Era bellissima, coi capelli scuri in intenso contrasto contro il color cenere della stoffa. Rinoa non ebbe bisogno di chiedergli del campo anti-magia, sentiva già tornare qualcuna delle sue capacità; i suoi poteri si basavano sulle emozioni, e quando la barriera era caduta l'emozione era divenuta quasi impossibile da controllare senza Squall. Non era sicura che potessero funzionare, per via delle iniezioni, e nemmeno voleva correre il rischio. Se avesse permesso al suo lato oscuro di prendere il sopravvento, Seifer ne avrebbe di sicuro pagato il prezzo, e lei non sarebbe mai uscita viva da quel palazzo. Tutto doveva essere preparato con attenzione. Il tempismo era della massima importanza.

Lui la riportò verso la scrivania, facendola di nuovo sedere sul piano. Quando notò un piccolo filo che sfuggiva dalla cucitura della spalla dell'abito cerimoniale, prese dal primo cassetto un paio di forbici. Le modifiche ai vestiti erano state finite solo quella notte: avevano bisogno delle vere misure della donna, non solo di quelle che avevano dovuto indovinare dalle fotografie. Il sarto di palazzo era stato costretto a lavorare tutta la notte perché ogni dettaglio fosse perfetto. Il programma era che quando Rinoa li avesse indossati, Kimberley avrebbe provveduto a ogni aggiustamento dell'ultimo minuto: se la cavava abbastanza con ago e filo, e Mitchell aveva chiesto al sarto di lasciare tutto l'occorrente nel suo ufficio.

Quel piccolo difetto nell'abito sembrava aver agitato il Presidente in modo incredibile, e Rinoa sentiva che stava perdendo il controllo su di lui. Capiva che doveva essere lei ad aggredire sul piano sessuale per un momento, per mettere in moto il suo piano. Fece scivolare una spallina dell'abito, lasciando vedere la spalla e parte del seno. Quel semplice gesto parve calmare il furore dell'uomo, deviandolo su altre strade. Lui le fece scivolare la mano dietro il collo, e attirandola con forza a sé, la baciò ancor più appassionatamente di prima. Lei cercò di rispondere ai baci con altrettanto trasporto, ma si ritrovò a soffocare nella sua stessa bile. E come nel suo peggior incubo, Squall scelse quell'esatto momento per irrompere nella stanza. I due sobbalzarono per quell'improvvisa entrata in scena, e Rinoa non seppe nascondere il suo senso di colpa.

Con un atto che Rinoa poteva descrivere solo come codardia, in un lampo Mitchell la fece scendere di forza dalla scrivania e la spinse davanti a sé come scudo umano. La ragazza tremò di terrore per un istante, ma non sapeva bene per quale motivo... senso di colpa, imbarazzo, o paura della morte? Gli occhi del leone racchiudevano una rabbia che non aveva mai visto, un impeto a cui aveva potuto assistere solo di recente. Squall aveva fatto irruzione là dentro pronto ad attaccare, come se non gli importasse nulla delle conseguenze. Si chiese con angoscia cosa avesse potuto fargli questo, cosa avesse potuto far sì che un uomo d'acciaio si sgretolasse come sabbia.

Era entrato in quella stanza con straordinaria foga, ma la scena che aveva visto doveva averlo colto alla sprovvista, tanto da fargli riguadagnare il controllo. Scioccato, abbassò il gunblade mentre la sua frenesia si trasformava in dolore davanti agli occhi di Rinoa... o almeno, a lei sembrò così.

Mitchell strinse più forte la vita di Rinoa, premendola ancor più vicina al suo corpo. "Lo uccideresti per me, angelo?"

"Certo," rispose lei senza esitazione. Sapendo che Mitchell stava dietro di lei, articolò con le labbra a Squall la parola "Allison", perché non era sicura che in quel momento lui potesse sentirla telepaticamente; non era sicura che i suoi poteri fossero abbastanza forti da permetterle un'altra forma di comunicazione col suo cavaliere.

Squall annuì appena, una volta, senza pronunciare una sillaba. In quell'istante, Rinoa capì la differenza tra quello che sul viso di lui le era sembrato dolore per il tradimento e il dolore che invece provava per averla delusa... per averla costretta a danzare con quel diavolo. Gli sorrise, pur sapendo che lui non avrebbe capito esattamente il perché, ma si rese conto che erano più forti di quanto fossero stati due anni prima a Deling. Questa volta credevano l'uno nell'altra... Aveva già visto quello sguardo anni prima, ma questa volta lo comprendeva. Squall lo sapeva. Allison era al sicuro, e dunque restava solo da liberare Seifer, e poi scappare via da quel maledettissimo posto. In nessun modo lei e Squall sarebbero riusciti ad arrivare in tempo alla prigione, quindi era dell'idea di farlo liberare da Mitchell con qualche pretesto.

Pregò Hyne che Squall capisse. Non sapeva assolutamente se i suoi pensieri l'avrebbero raggiunto, ma non poteva parlare ad alta voce davanti a Mitchell. Devo salvare Seifer, reggimi il gioco... perdonami, ti amo. Il cavaliere sentì la sua strega pronunciare quelle parole nella sua mente, prima ancora di registrare il loro significato.

Lei sollevò la mano verso Squall, gettò la testa sulla spalla del Presidente e rise, una risata crudele. Con un movimento del polso, una scarica di energia partì dal palmo, e seguì il suo percorso come un fulmine lungo un'asta di metallo. Squall sentì una scossa attraversare il suo corpo, e si artigliò il torace in preda al dolore. I suoi occhi incontrarono quelli di lei, e si accorse che il cuore gli martellava nel petto, se fosse per l'elettricità che gli correva nelle vene o per quello che aveva fatto Rinoa, non lo sapeva. Avvertiva soltanto il dolore.

E poi, il buio.

Rinoa rimase sconcertata per il potere che era riuscita a usare. Per un momento, il suo mondo si offuscò un poco, come se stesse uscendo dall'effetto di un'euforia indotta da qualche droga: il suo corpo non era davvero abituato a usare tanta energia, tanto meno in una situazione come quella. Avrebbe voluto girare lo sguardo su Squall, per assicurarsi che fosse tutto a posto, ma era certa che aveva retto il colpo, e che i G.F. lo avrebbero protetto da ulteriori danni. Tra pochissimo avrebbe capito le sue intenzioni, e le avrebbe retto il gioco fino al momento di colpire. Sentì Mitchell allentare la morsa della sua presa dal suo corpo, per farla girare e guardarla in viso. Adesso sembrava un leone rivale che avesse appena affermato il suo dominio uccidendo l'altro... che uomo presuntuoso, stupido e senza spina dorsale.

Sorridendogli, Rinoa si passò le dita sottili fra i capelli, con aria sensuale, scherzando, "è sempre stato un palo nel culo, in ogni caso."

Il Presidente sembrava quasi sbalordito dalla sicurezza delle azioni della sua amata. Lentamente, si separò dal suo trofeo, sfiorando con le dita quelle di lei mentre si avvicinava al guerriero caduto. Abbassò lo sguardo su di lui, non avrebbe potuto essere più soddisfatto del risultato. Aveva finalmente accanto a sé la persona che lo aveva ossessionato in tutti quegli anni, e l'uomo che una volta gli aveva messo i bastoni fra le ruote non costituiva più una minaccia. Inginocchiatosi accanto al corpo di Leonhart, Mitchell raccolse uno dei preziosi pezzi del suo santuario, la copia del gunblade che dava lustro alla sua collezione. Perché quell'arma racchiudesse un fascino così profondo, neanche lui riusciva a capirlo... ma il desiderio di possedere Rinoa era forte, anche se il corso degli eventi lo aveva costretto ad imitare un altro uomo.

Mitchell passò la mano sull'impugnatura, poi seguì la sagoma dell'arma fino al punto dove finiva il revolver e cominciava la lama. Appoggiò l'indice sul bordo argenteo, lasciando che il filo tagliente come un rasoio gli incidesse la pelle. Era un atto intenzionale, come per commemorare l' 'uccisione' attraverso una specie di giuramento di sangue con lei. Tornò dalla ragazza, dopo aver lasciato il gunblade su un tavolo vicino.

Sollevò la mano di fronte a lei e fece scorrere il dito con lentezza sulle sue labbra, lasciando che il sangue le entrasse in bocca. Rinoa sentì quell'amaro quasi metallico in bocca, e, mentre il disgustoso liquido occupava tutti i suoi sensi, la comprensione della follia di quell'uomo divenne schiacciante; non pensava più di poter trattenere il suo ovvio ribrezzo. Doveva farla finita alla svelta, per prendere l'iniziativa e fare in modo così che Seifer venisse risparmiato. Avvicinandosi di un passo alla scrivania, si fece nuovamente cadere la stoffa dalla spalla. Si girò dall'altra parte di scatto, quasi giocosa come una gatta, e saltò a sedere sulla scrivania togliendosi del tutto lo scialle di pizzo.

"Non abbiamo bisogno di Leonhart, ma io potrei aver bisogno di quell'altro."

Guardò Mitchell maliziosa, facendogli segno col dito di avvicinarsi. "Quel tipo, Almasy, lui era il cavaliere di Artemisia, lui saprà come trattarmi... proprio come te." Lo sfiorò col dito dal petto su fino al collo. "Risparmialo, puoi tenerti questo come trofeo. È già morto." Accennò con la testa all'uomo disteso sul pavimento.

"E tu?" le chiese Mitchell in un sussurro prima di chinarsi verso di lei, le loro labbra che quasi si toccavano. "Tu cosa vuoi come trofeo?"

Di nuovo, lei rise forte, con fare provocante. "Risparmia Almasy... e lo scoprirai. Ho bisogno di lui, proprio come ho bisogno di te."

Lui annullò la loro distanza baciandola, come aveva fatto prima. Stavolta Rinoa rispose, stavolta fu lei a mordergli il labbro con passione. Sapere che era quasi finita era l'unica cosa che la faceva andare avanti; sperava solo che alla fine Squall avrebbe capito. Rinoa si piegò all'indietro e mise la mano sull'interfono. "Prima che ci lasciamo andare un po' troppo, chiama... risparmialo." Mitchell si allungò, schiacciandola con tutto il suo peso, a raggiungere il pulsante.

"Sì, signor Presidente, comandi."

Tra i baci violenti, cercò di parlare. "Sì... ho cambiato idea... Almasy potrebbe servirci... fatelo scortare qui..."

"Signore, stiamo per dare il via all'esecuzione..."

"Discuti le mie parole? Vuoi che sia la tua la prossima morte che ordino?"

"No, signore." La voce dall'altra parte vacillò appena. "Lo portiamo subito su nel suo ufficio."

"No, dammi una ventina di minuti." Fece un sorrisetto provocatorio a Rinoa, e premette i loro corpi ancora più vicini. "...Poi portatelo... da me... abbiamo trovato un modo di impiegarlo."

Sapendo che aveva appena fatto guadagnare a Seifer un po' di tempo prezioso, sufficiente a salvarlo, Squall avrebbe colto il segnale della sua strega. Rinoa attese per un attimo la sua risposta, aprendo un occhio per assistere all'imminente attacco. Non dubitava minimamente dell'abilità di Squall come cavaliere o come comandante militare di capire quando avevano intrappolato il nemico.

Toglimi questo bastardo di dosso! gli gridò infine la sua mente, quando non riuscì più a sopportare la disgustosa tortura. Ogni secondo di quell'incubo la stava uccidendo, ogni secondo la stava respingendo più giù nel mondo da cui era fuggita. Rinoa cercava di sopravanzare l'orrore, aggrappandosi a tutto quello che aveva insegnato a se stessa.

Squall!? Ancora niente... né nella sua mente, né un rumore da terra. Hyne, ora... Squall... ti prego! Non ce la faccio più... ti prego.

Si girò solo quel tanto che le bastò per vederlo ancora giacere privo di sensi sul pavimento. Non avrebbe dovuto essere così, non era mai successa una cosa simile prima... aveva usato più energia contro Richard Bennett la notte che era scappata a Trabia, e l'aveva solo frastornato per qualche minuto, senza che lui fosse svenuto. E adesso fisicamente era più debole, con qualche strana sostanza che le correva nelle vene.

Era solo un caso, una tattica di combattimento... E poi ricordò, ricordò una cosa che aveva trascurato... in presenza del suo cavaliere i suoi poteri si moltiplicavano, e lei diventava più forte. Non aveva valutato le sue capacità, né che la sua magia si sarebbe moltiplicata per dieci usata su di lui. Quando vide che continuava a restare disteso là senza muoversi, pensò finalmente all'impensabile... poteva averlo appena ucciso davvero.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: da The Dance, una canzone di Garth Brooks.
Ricercando il ricordo
della festa che abbiamo trascorso sotto le stelle.
Per un momento tutto il mondo sembrava giusto,
come avrei potuto sapere che non mi avresti detto addio?
E adesso sono contento di non averlo immaginato, in che modo sarebbe finito tutto,
in che modo sarebbe andata ogni cosa. È meglio lasciare al caso le nostre vite -
Avrei potuto risparmiarmi il dolore, ma mi sarei perso la festa.
- Alessia Heartilly

   
 
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