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Autore: NevanMcRevolver    18/03/2010    2 recensioni
"Forse,avevo vagamente intuito quello che stava accadendo. -Léandre, io sono…- e la voce gli morì. -Sei? Cosa? Ariel! Mi fai la gentilezza di darmi un segno di vita, s'il vous plaît?!- -…homosexual!- proruppe. Appunto. Avevo fatto centro. Anzi, era da un po’ che nutrivo tale ipotesi."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"E poi a un tratto l'amore scoppiò dappertutto."
(Fabrizio De André)

Versailles.

Era un caldo pomeriggio di agosto, il cielo era terso, perfetto.

Ogni tanto si alzava una leggerissima brezza, ma per la maggior parte del tempo l’aria rimaneva immobile.

E passeggiavo con Ariel, come al solito, parlando del più e del meno. Come chissà quante altre volte, decidemmo di fare un giro nella reggia (tanto per non essere monotoni).

All’ingresso pagammo il biglietto e ci dirigemmo verso i giardini della reggia, le cui fontane mi avevano sempre affascinato. Ricordo che una volta ci caddi dentro, ed a pensarci mi viene da ridere.

Avevo 12 anni, mese più, mese meno.

Mi ero talmente piegato in avanti da perdere l’equilibrio e caderci dentro. Anche quella volta era estate. Il lato positivo fu che almeno mi rinfrescai.

Come se mi avesse letto nel pensiero, Ariel mi chiese: -Léandre! Ti ricordi quando ci cadesti dentro? –

-Penso che sia difficile dimenticare una cosa del genere– risposi.

E lui rise, ma nascondeva un certo nervosismo. Sapeva che l’avevo notato, e cercò di fare l’indifferente.

In realtà si comportava così da qualche tempo.

Non volli insistere, ma dopo 17 anni, oramai, mi conoscevo fin troppo bene: prima o poi l’avrei fatto parlare. Più prima che poi.

Passeggiamo lungo i giardini parlando, come al solito.

Parlare con Ariel era fin troppo semplice. Bastava una parola per cavarne un discorso, che fosse sensato o meno, o qualche risata.

Proprio per questo furono gli altri a vedere quello che ci legava, e che fino a quel momento non avevamo notato. Anzi, no. Forse io avevo il prosciutto sugli occhi, e non essendo un veggente o simili, non sapevo cosa potesse pensare Ariel, o almeno non proprio tutto.

Dopo aver passato forse fin troppo tempo nei giardini, decidemmo di uscire, e di andare dove ci avrebbero portato i piedi.

Non ricordo precisamente quanto tempo camminammo, ma sta di fatto che raggiungemmo la campagna di Versailles, grazie ai miei tanto amati viali alberati.

Decidemmo di sederci all’ombra di un salice. Il caldo era davvero snervante, anche se il sole stava per andare a riscaldare l’altra parte del mondo.

Allora, mi rivolsi a lui: -Ariel, prima nella reggia ho notato che eri leggermente nervoso, come se fossi a disagio! E non dire di no, perché sai benissimo che è vero-.

Ariel fissava qualcosa davanti a lui, cercai di seguire il suo sguardo, ma mi accorsi subito che i suoi occhi vedevano qualcosa che non apparteneva all’oramai conosciutissimo mondo di Versailles.

Si schiarì la voce. Aprì la bocca, ma non emise alcun suono.

Deglutì, e si leccò le labbra per umidificarle.

Intanto io lo fissavo, in attesa. Mi pesava il fatto che si tenesse tutto dentro. Perché non ci stava bene. Era estremamente palese!

Forse,avevo vagamente intuito quello che stava accadendo.

-Léandre, io sono…- e la voce gli morì.

-Sei? Cosa? Ariel! Mi fai la gentilezza di darmi un segno di vita, s'il vous plaît?!-

-…homosexual!- proruppe.

Appunto. Avevo fatto centro. Anzi, era da un po’ che nutrivo tale ipotesi.

Ergo, la cosa non mi meravigliò. No. Mi sono spiegato male.

La cosa non suscitò in me tutta la meraviglia che, in teoria, dovrebbe provarsi. Rimasi leggermente sconvolto, ma neanche più di tanto.

Vidi che Ariel era tornato a fissare quel qualcosa che solo lui riusciva a vedere. Una lacrima gli rigava il volto. Una, e poi basta. Mi fece una gran pena, in quel momento, a dirla tutta.

Sembrava invecchiato di cinque anni, ma, per lo meno, ora sembrava un po’ più sereno, in pace con se stesso.

“Hai visto? Non eri, non sei e non sarai mai l’unico!” esclamò la vocina del mio ego.

“Taci, tu!” pensai. E, come uno scemo, sorrisi tra me e me.

-Léandre?- mi chiamò.

Istintivamente, mi girai verso di lui.

-Je t’aime! Da molto tempo…-

Uh. La solita vocina esultò per me. Mi fu piuttosto facile ignorarla, anche se non riuscii a trattenere un lieve sorriso, privo di ogni imbarazzo.

Per qualche attimo ci fissammo negli occhi.

Poi lo baciai. Imbarazzati, dopo meno di due secondi ci separammo. Ma poi, chissà cosa, mi spinse a prenderlo dalla maglietta, tirarlo verso di me, e riprendere da dove avevamo lasciato. Questa volta senza vergogna, consapevoli di cosa ognuno provava per l’altro.

Le mie mani erano sulle sue guance, le sue mani sul mio collo.

Andai in iperventilazione, ma ignorai anche questo.

Quel che ora contava era Léandre. Niente di più, niente di meno. Non vi sembra giusto?

I nostri respiri si fecero più rapidi, i nostri polmoni, frustrati, pretendevano un po’ di ossigeno.

Leccai le sue labbra con la punta della lingua, per poi fare pressione.

Lì fu solo un gioco di frenesia, se vogliamo, ma uno dei più belli ai quali abbia partecipato!

Sentii sulla punta della lingua il suo sapore, le mie narici si ubriacarono del suo odore.

Era una sorta di droga. Il suo richiamo era difficile da ignorare! E il suo potere era stupefacente!

Intorno a me solo ed esclusivamente silenzio, il leggero frusciare delle foglie al vento era sparito.

Sentivo solo il leggero rumore delle nostre mani a contatto, del mio battito cardiaco e di quel leggero affanno che ora si stava affievolendo.

Lentamente, ci allontanammo.

Dopo chissà quante volte ci eravamo visti, ora intravedevamo la nostra pura realtà.

Sorridemmo al sole, sorridemmo alla nostra giovinezza, sorridemmo per noi!

  
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