CERTE NOTTI
9 –
Non si può restare soli, certe notti
qui.
L’afa estiva non accennava a diminuire neppure al
crepuscolo. Così i vetri del monolocale di Hwoarang
erano spalancati nella vana speranza di catturare una vaga brezza.
Maledicendosi per l’ennesima volta per non aver
comprato quel ventilatore portatile in offerta nel negozio di elettrodomestici
sotto casa, si gettò sul divano vestito solo delle mutande mentre alle sue
orecchie giungeva lo scroscio dell’acqua della doccia.
Pochi minuti dopo, Asuka
uscì dal bagno avvolta in una paradisiaca nuvola di vapore e coperta solo dal
telo per asciugarsi. La fissò rapito mentre si dirigeva verso il letto e
recuperava i suoi vestiti. “Sicura di dovertene andare?”
“Si, i miei genitori mi aspettano.” Sorrise
conciliante, infilandosi la camicetta della divisa, nascondendo al suo sguardo quei
piccoli seni sodi tanto apprezzati dal suo ragazzo. “Mi dispiace. E poi manca
poco al diploma, devo studiare!”
“Vorrei chiederti una cosa. Posso?”
“Ma certo, dimmi.”
“Dopo il diploma verresti a vivere qui con me?”
Asuka lo fissò sbalordita. Poi rise nervosamente,
infilandosi le scarpe al contrario rossa come un peperone. “Ma sei pazzo? Io… io … io devo andare all’Università e…
non posso….”
“Beh? Chi te lo impedisce? Fai pure l’Università. Però
vivi qui con me!”
“E vivo sulle tue spalle? Il tuo stipendio da
meccanico basta a malapena per te da solo!”
“Stringeremo la cinghia. E poi potrei fare un secondo
lavoro. Insomma… magari qualche incontro clandestino
per arrotondare e…”
“Non se ne parla nemmeno!” lo rimproverò lei,
puntandogli il dito alla gola. “Tu non torni a fare il delinquente. Con tutta
la fatica che ho fatto per portarti sulla buona
strada…”
Le afferrò gentilmente il polso, la guidò verso di sé.
Normalmente apprezzava i loro piccoli scontri, ma non in quel momento. Le aveva
appena chiesto una cosa importante e non avrebbe accettato un no come risposta,
era forse disposto a umiliarsi e supplicarla! “Dalla nostra prima volta non
abbiamo più dormito insieme tutta la notte. Mi manca il tuo alito mattutino,
sai? Scherzi a parte: ti chiedo solo di vivere qui per infastidirmi ed
annoiarmi tutti i santi giorni!”
“Più di adesso?”
“Oh, molto, molto di più!” ridacchiò, accarezzandole
la fronte con le labbra. “Ne ho bisogno! Mi prometti che ci penserai
seriamente?”
“D’accordo.” Sussurrò Asuka,
cercando di ignorare il desiderio di starsene li, tra le braccia del suo
ragazzo, mandando a quel paese il resto del mondo.
Steve si appiattì contro la parete, sentendo i passi
avvicinarsi. Cercò di moderare il respiro, di essere il più possibile
silenzioso, mentre stringeva le dita sullo strumento con cui avrebbe compiuto
la sua vendetta.
Nella posizione in cui si trovava, nascosto
nell’angolo tra la porta del corridoio e il muro, non riusciva a vedere l’altra
persona avvicinarsi. Doveva solo fidarsi del suo udito e del suo istinto.
I passi che quasi si fermavano a pochi centimetri da
lui lo fecero stare ulteriormente in allerta.
Temette quasi di essere scoperto, ma poi una figura
femminile entrò nel corridoio, sorpassandolo senza notarlo.
Il momento giusto per agire.
Prese la mira e schiacciò l’erogatore, balzando fuori
dal suo nascondiglio.
Il getto della schiuma da barba colpì in pieno la
testa della ragazza, inondandola. Lei strillò, mentre il ragazzo continuava la
sua opera di inzaccheramento urlando e ridendo.
“Questa è per avermi chiuso l’acqua calda mentre ero
sotto la doccia!”
“STEVE FOX, SEI UN MALEDETTO STRONZO!” Julia cercò di
mirare alle gambe per abbattere l’avversario, ma la schiuma sulla faccia le
impediva di vederlo. “Questa è la volta buona che ti ammazzo!!!”
Ruzzolarono entrambi per terra, in una lotta semiseria
dove il fiato mancava più per le risate che per l’asprezza del combattimento.
Si fermarono solo quando ormai si resero conto di aver
sporcato di schiuma tutto il piccolo salotto dell’appartamento newyorkese di
Steve.
“Che due stupidoni che siamo!” commentò il ragazzo,
ripulendosi una ciocca di capelli.
Julia rise di nuovo, ripulendogli la guancia con una
carezza.
E poi trovò le sue labbra, e la schiuma fu l’ultimo
dei loro pensieri.
La ragazza fissò la camicia hawaiana di Steve
appoggiata alla testiera del letto, dove era volata in un impeto di passione
qualche minuto prima. In fatto di vestiti il suo ragazzo era tutto tranne che
Londinese. Il suo guardaroba era un mix bizzarro di vestiti hip-hop, camice
hawaiane e pantaloni che potevano essere indossati da un qualche esponente
redivivo e ubriaco del Glam Rock britannico.
Nonostante ciò si infilò la camicia, che le era lunga sino alle ginocchia,
adorando la sensazione di essere avvolta nel suo profumo maschile.
La sua vita, sino a pochi mesi prima, era stata
improntata sul motto ‘Prima il dovere e
poi il Piacere’.
A 23 anni finalmente il piacere era arrivato, eccome!
E così intenso da farle perdere il suo ferreo senso del dovere.
Accese il suo notebook sul tavolo della cucina: doveva
ricevere una mail urgente dal suo relatore e doveva lavorare ancora sulla tesi.
Pessima idea andare a trovare Steve in quel periodo.
Mentre apriva il programma di posta elettronica lo
sentì rivoltarsi nel letto e lamentarsi borbottando infantilmente della sua
assenza al suo fianco.
“Ho una tesi che mi aspetta!” replicò la ragazza. Per
tutta risposta, Steve la raggiunse, iniziando a distrarla con le sue labbra sul
collo.
“Smettila, Stevie… devo
scrivere la tesi…”
“Ti ho qui solo per un paio di giorni, e non ho
proprio intenzione di condividerti con un computer.” “Almeno fammi controllare
la posta!”
Steve le concesse solo cinque minuti, senza smettere
di torturarla con i suoi baci per risultare più convincente.
Una mail di spam.
Una newsletter dell’Università.
Una mail da Lee Chaolan.
La Mail del suo relatore.
Un momento…
La mail di Lee Chaolan
riportava come oggetto la semplice parola “Invito” seguita da uno smile
ammiccante.
La cosa non sfuggì a Steve, che chiese infastidito: “A
cosa ti invita il tuo importante amico?”
“Oh, andiamo, smettila di fare il geloso…”
“Non sono geloso.” Mentì il pugile, rubandole il mouse
e spostando il puntatore sul link dell’e-mail. “Sono solo curioso.”
Click.
Si aprì una schermata dal layout in filigrana color
sabbia e dai caratteri di scrittura in un elegante corsivo.
E il contenuto li lasciò entrambi a bocca aperta.
Miguel si tolse la camisa intrisa di sangue del suo traje de luces. Aveva appena concluso una corrida
particolarmente entusiasmante, lasciando nell’Arena un gigantesco toro.
Digrignò i denti al pensiero che quegli spettacoli – per cui veniva pagato
profumatamente e rischiava la pelle- stavano per scomparire ‘grazie’ alle
proteste degli animalisti. Quasi ringhiò al pensiero, mentre stava per
slacciarsi i pantaloni.
Un paio di passi dietro di sé – tacchetti bassi da
ragazzina, leggeri e aggraziati- lo fecero fermare.
“Non così di fretta, matador! Quei pantaloni ti stanno proprio uno schianto, vorrei
vederteli addosso ancora un pò!” ridacchiò una voce femminile
dall’accento francese che non stentò a riconoscere e che lo fece voltare
sorridendo beffardo.
Lei, la ragazzina in questione, vestita con un
colorato vestito a balze da lolita che lasciava scoperti molti centimetri di
pelle leggermente abbronzata, era appoggiata allo stipite della porta dello
spogliatoio,
“Ma guarda guarda chi c’è..
a quanto pare ti sei sorbita ben undici ore d’aereo per vedermi.” Sogghignò
avvicinandosi lentamente e divorandola con gli occhi. “Madamoiselle
Lili Rochefort”
“Ho pensato di visitare l’Andalusia durante le mie
vacanze estive.”
“… io sono sicuro che tu voglia svolgere l’esame finale…”
“Idiota… ho visto il tuo
‘spettacolo’. Bleah. Tutto quel sangue…”
“Normalmente qui in Spagna il torero viene visto come
un sex symbol. Soprattutto dopo un combattimento come
quello che ho appena fatto. Sai quante donne mi aspettano là fuori?”
“Si, le ho viste, nulla di che. Durante la corrida ho
stretto amicizia con il guardiano e mi ha permesso di entrare negli spogliatoi dopo
di te.”
La ragazza si avvicinò di pochi passi, mentre il torero
si sedeva su una panca, pulendosi le mani sporche di rena e sangue con una
salvietta. Quando fu abbastanza vicina, le prese le mani sottili e la guidò a
sedersi cavalcioni sulle ginocchia. “E’ un caso che tu sia comparsa qui proprio
nel momento della doccia?”
Lili ridacchiò maliziosa, cingendogli i fianchi con le
gambe. Sorreggendola, Miguel si diresse verso il bagno.
La risata argentina di Alisa
che giocava con i due cuccioli di labrador riempiva il piccolo giardinetto innevato
della casetta di legno. Quando erano andati a prenderli, era stato difficile
per Alisa doverli scegliere: li avrebbe comprati
tutti! Erano quindi scesi a patti, e ne avevano adottato due: un maschietto, un
batuffolo nero che avevano chiamato Kimi, e una femminuccia color miele che
sembrava appena uscita da una pubblicità, Pippi.
Lars si era seduto un attimo in disparte, sui gradini
della veranda.
La guardava divertirsi con i cagnolini, a rotolarsi
nella neve con loro, a lasciarsi assalire dai loro bacetti.
Per ora era tutto perfetto. Giornate intrise di
serenità e sorrisi, di baci sotto le coperte calde, di momenti di passione e di
dolcezza.
La felicità perfetta gli era arrivata addosso senza
che neppure l’avesse davvero cercata: per pura fortuna si era ritrovato immerso
in una nuvola di felicità dorata di cui prima non sospettava neppure
l’esistenza. E la fautrice di questo incanto era proprio Alisa,
per tutto il mondo una ragazza meccanica di cui si era invaghito in un impeto
di follia, con cui sperava di non doversene mai più separare.
Ripensò alla mail che aveva ricevuto la settimana
prima. Un invito a nozze: E lui sarebbe stato il testimone dello sposo.
Per poco i circuiti di Alisa
non andavano in tilt nell’apprendere la notizia – e anche lui era rimasto a
bocca aperta - E poi, come una vera donna, aveva iniziato a preoccuparsi per
vestiti e capelli.
“Chissà se la sposa lancerà il bouquet. Mi piacerebbe
prenderlo, sai?” ammise con aria assorta, probabilmente incosciente della
tradizione che si celava dietro al mazzo di fiori.
Lars cercò di immaginarsi Alisa
in abito nuziale: Incredibilmente deliziosa. Si immaginò il suo sguardo
smeraldo brillare di emozione e le sue labbra rosee spiegarsi in un sorriso
timido mentre avanzava verso di lui avvolta nel suo abito candido. Beh, sarebbe
arrivato anche il loro momento, un giorno o l’altro. Magari prima di quanto ci
si potesse aspettare.
Così come sarebbe arrivato il momento in cui loro due
– e Pippi e Kimi- si sarebbero sentiti in ‘pochi’ e la sua cameretta da
bambino sarebbe sembrata un vuoto insopportabile.
Una compagna androide rendeva impossibile il proseguire
della sua stirpe infame, questo era un sollievo, per lui e per il mondo intero.
Eppure sapeva che gli sarebbe mancato qualcosa. Anche
ad Alisa, a giudicare da come aveva invitato i tre
bambini del vicino a giocare con lei e i cuccioli.
Ma ci avrebbe pensato in futuro.
Infilandosi gli stretti pantaloni di pelle nera, Nina
gli disse che sarebbe andata via per qualche giorno. Evitò di fornirgli
qualsiasi altri informazione, e lui rimase per un attimo dubbioso se
chiedergliela o meno. Decise di fingere indifferenza, rivestendosi a sua volta.
Tanto, ormai, non aveva più importanza.
“Dovrei tornare lunedì” aggiunse infine la donna,
frugando nella borsetta alla ricerca della sua trousse da make-up.
“Sabato torno in Russia.”
Un istante di silenzio. Nina aveva fermato la sua ricerca
per un secondo, per poi ricominciare, come se nulla fosse. “Ah.”
“Il comando ha deciso di porre fine alla missione.”
“Alla buon ora, sono mesi che Jin
Kazama è scomparso!”
Dragunov tentennò sull’esprimere o meno disappunto sulla
mancanza di informazioni a riguardo. Decise di astenersi da qualsiasi commento,
in quel momento sarebbe risultato più inutile di qualsiasi cosa. E di certo non
poteva imputare a Nina questa lacuna nella missione.
L’aveva seguita e pedinata, al di fuori delle ore che
trascorrevano insieme in quella stanza, senza scoprire nulla.
Sapeva perfettamente
dove si sarebbe diretta in quei giorni. Chi avrebbe incontrato e a cosa avrebbe
partecipato. Niente di utile al fine della sua missione.
Anche per Nina, Kazama era
un cadavere da disperso da qualche parte nel deserto, e non sembrava
minimamente intenzionata né a compiangerlo né a cercarlo.
Perfettamente comprensibile, da parte sua. Quello che
reputava incomprensibile – e fastidioso- era quella vaga sensazione di sollievo
che gli procurava il sapere di questa sua indifferenza nei confronti del suo ex
capo.
La guardò con la coda dell’occhio curvarsi le ciglia
con il rimmel, intenta e concentrata davanti allo specchio, poi si mise al suo
fianco per allacciarsi la cravatta prima di recuperare la giacca.
“Quindi vai?”
Il russo annuì, allacciandosi il cappotto con
inspiegabile lentezza.
“Bene. In bocca al lupo, allora!”
Con la maniglia della porta tra le dita, si ritrovò a
lottare insensatamente contro la voglia (o il bisogno) di voltarsi. Che strano addio. Pensò. Niente spari né sangue. Nessuna lotta.
Nessuna pallottola.
Mentre stava per girare il pomello della porta, lo
sguardo gli cadde sulla mensola li a fianco. C’era una sciarpetta
di seta bianca. Ricordava vagamente di avergliela sfilata dal collo, la sera
prima, quasi se stesse indugiando se stringerla o meno. Il profumo della sua
padrona doveva esserci ancora impresso. Se la ritrovò tra le dita e poi in
tasca.
Appena sentì lo scatto della serratura che si
chiudeva, Nina appoggiò il rimmel. Restò per qualche istante appoggiata al
mobile del bagno senza muoversi né pensare a nulla, se non a quanto fosse stato
strano quel momento.
In genere gli addii per lei erano molto diversi. E non
lasciavano nessun retrogusto amaro.
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BUONGIORNO MIE CARE REDUCI TEKKENNISTE!!!
ALLORA: qualche piccola nota, as
usual.
Inizia la parte finale di questa FF.
Il prossimo capitolo sarà quello conclusivo...
1) Traje de
Luz è il vestito del torero. Giuro che immaginarmi
Miguel seminudo con quei pantaloni super attillati mi ha fatto star male…
2) I Labrador Kimi e Pippi: Io
ho un labrador nero di nome Kimi! Ormai non è più un cucciolo, ma la voglia di
giocare gli è rimasta, al mio stupidone! Il nome Pippi
è in onore di PIPPI CALZELUNGHE, notissssssimissssimo
romanzo (e serie tv) svedese!
Al prossimo capitolo mi ammazzerete….
Spero di riuscire a cavarne qualcosa di buono…
Ma tanto avrete già intuito cosa accadrà (esprimete
pure le vostre ipotesi a riguardo, tranne Miss Trent.
Benny chiudi la ciabattaaaaa!!!!)
Alla prossima mie PocheMaBuone
Tekkennare!
EC