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Autore: Evilcassy    20/03/2010    2 recensioni
I versi di un canzone storica, i cui si intrecciano i mille volti e le mille storie della notte, fanno da cornice ad alcuni momenti vissuti dopo il calar del sole. ***** 10-EPILOGO: Un giorno importante: Il traguardo di una coppia. Ma anche una tregua, una notizia inaspettata e devastante, una telefonata. E un RITORNO.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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CERTE NOTTI

 

 

9 – Non si può restare soli, certe notti qui.

 

 

L’afa estiva non accennava a diminuire neppure al crepuscolo. Così i vetri del monolocale di Hwoarang erano spalancati nella vana speranza di catturare una vaga brezza.

Maledicendosi per l’ennesima volta per non aver comprato quel ventilatore portatile in offerta nel negozio di elettrodomestici sotto casa, si gettò sul divano vestito solo delle mutande mentre alle sue orecchie giungeva lo scroscio dell’acqua della doccia.

Pochi minuti dopo, Asuka uscì dal bagno avvolta in una paradisiaca nuvola di vapore e coperta solo dal telo per asciugarsi. La fissò rapito mentre si dirigeva verso il letto e recuperava i suoi vestiti. “Sicura di dovertene andare?”

“Si, i miei genitori mi aspettano.” Sorrise conciliante, infilandosi la camicetta della divisa, nascondendo al suo sguardo quei piccoli seni sodi tanto apprezzati dal suo ragazzo. “Mi dispiace. E poi manca poco al diploma, devo studiare!”

“Vorrei chiederti una cosa. Posso?”

“Ma certo, dimmi.”

“Dopo il diploma verresti a vivere qui con me?”

Asuka lo fissò sbalordita. Poi rise nervosamente, infilandosi le scarpe al contrario rossa come un peperone. “Ma sei pazzo? Io… io … io devo andare all’Università e… non posso….”

“Beh? Chi te lo impedisce? Fai pure l’Università. Però vivi qui con me!”

“E vivo sulle tue spalle? Il tuo stipendio da meccanico basta a malapena per te da solo!”

“Stringeremo la cinghia. E poi potrei fare un secondo lavoro. Insomma… magari qualche incontro clandestino per arrotondare e…

“Non se ne parla nemmeno!” lo rimproverò lei, puntandogli il dito alla gola. “Tu non torni a fare il delinquente. Con tutta la fatica che ho fatto per portarti sulla buona strada…

Le afferrò gentilmente il polso, la guidò verso di sé. Normalmente apprezzava i loro piccoli scontri, ma non in quel momento. Le aveva appena chiesto una cosa importante e non avrebbe accettato un no come risposta, era forse disposto a umiliarsi e supplicarla! “Dalla nostra prima volta non abbiamo più dormito insieme tutta la notte. Mi manca il tuo alito mattutino, sai? Scherzi a parte: ti chiedo solo di vivere qui per infastidirmi ed annoiarmi tutti i santi giorni!”

“Più di adesso?”

“Oh, molto, molto di più!” ridacchiò, accarezzandole la fronte con le labbra. “Ne ho bisogno! Mi prometti che ci penserai seriamente?”

“D’accordo.” Sussurrò Asuka, cercando di ignorare il desiderio di starsene li, tra le braccia del suo ragazzo, mandando a quel paese il resto del mondo.

 

Steve si appiattì contro la parete, sentendo i passi avvicinarsi. Cercò di moderare il respiro, di essere il più possibile silenzioso, mentre stringeva le dita sullo strumento con cui avrebbe compiuto la sua vendetta.

Nella posizione in cui si trovava, nascosto nell’angolo tra la porta del corridoio e il muro, non riusciva a vedere l’altra persona avvicinarsi. Doveva solo fidarsi del suo udito e del suo istinto.

I passi che quasi si fermavano a pochi centimetri da lui lo fecero stare ulteriormente in allerta.

Temette quasi di essere scoperto, ma poi una figura femminile entrò nel corridoio, sorpassandolo senza notarlo.

Il momento giusto per agire.

Prese la mira e schiacciò l’erogatore, balzando fuori dal suo nascondiglio.

Il getto della schiuma da barba colpì in pieno la testa della ragazza, inondandola. Lei strillò, mentre il ragazzo continuava la sua opera di inzaccheramento urlando e ridendo.

“Questa è per avermi chiuso l’acqua calda mentre ero sotto la doccia!”

“STEVE FOX, SEI UN MALEDETTO STRONZO!” Julia cercò di mirare alle gambe per abbattere l’avversario, ma la schiuma sulla faccia le impediva di vederlo. “Questa è la volta buona che ti ammazzo!!!”

Ruzzolarono entrambi per terra, in una lotta semiseria dove il fiato mancava più per le risate che per l’asprezza del combattimento.

Si fermarono solo quando ormai si resero conto di aver sporcato di schiuma tutto il piccolo salotto dell’appartamento newyorkese di Steve.

“Che due stupidoni che siamo!” commentò il ragazzo, ripulendosi una ciocca di capelli.

Julia rise di nuovo, ripulendogli la guancia con una carezza.

E poi trovò le sue labbra, e la schiuma fu l’ultimo dei loro pensieri.

La ragazza fissò la camicia hawaiana di Steve appoggiata alla testiera del letto, dove era volata in un impeto di passione qualche minuto prima. In fatto di vestiti il suo ragazzo era tutto tranne che Londinese. Il suo guardaroba era un mix bizzarro di vestiti hip-hop, camice hawaiane e pantaloni che potevano essere indossati da un qualche esponente redivivo e ubriaco del Glam Rock britannico. Nonostante ciò si infilò la camicia, che le era lunga sino alle ginocchia, adorando la sensazione di essere avvolta nel suo profumo maschile.

La sua vita, sino a pochi mesi prima, era stata improntata sul motto ‘Prima il dovere e poi il Piacere’.

A 23 anni finalmente il piacere era arrivato, eccome! E così intenso da farle perdere il suo ferreo senso del dovere.

Accese il suo notebook sul tavolo della cucina: doveva ricevere una mail urgente dal suo relatore e doveva lavorare ancora sulla tesi. Pessima idea andare a trovare Steve in quel periodo.

Mentre apriva il programma di posta elettronica lo sentì rivoltarsi nel letto e lamentarsi borbottando infantilmente della sua assenza al suo fianco.

“Ho una tesi che mi aspetta!” replicò la ragazza. Per tutta risposta, Steve la raggiunse, iniziando a distrarla con le sue labbra sul collo.

“Smettila, Stevie… devo scrivere la tesi…

“Ti ho qui solo per un paio di giorni, e non ho proprio intenzione di condividerti con un computer.” “Almeno fammi controllare la posta!”

Steve le concesse solo cinque minuti, senza smettere di torturarla con i suoi baci per risultare più convincente.

Una mail di spam.

Una newsletter dell’Università.

Una mail da Lee Chaolan.

La Mail del suo relatore.

Un momento…

La mail di Lee Chaolan riportava come oggetto la semplice parola “Invito” seguita da uno smile ammiccante.

La cosa non sfuggì a Steve, che chiese infastidito: “A cosa ti invita il tuo importante amico?” 

“Oh, andiamo, smettila di fare il geloso…

“Non sono geloso.” Mentì il pugile, rubandole il mouse e spostando il puntatore sul link dell’e-mail. “Sono solo curioso.”

Click.

Si aprì una schermata dal layout in filigrana color sabbia e dai caratteri di scrittura in un elegante corsivo.

E il contenuto li lasciò entrambi a bocca aperta.

 

Miguel si tolse la camisa intrisa di sangue del suo traje de luces. Aveva appena concluso una corrida particolarmente entusiasmante, lasciando nell’Arena un gigantesco toro. Digrignò i denti al pensiero che quegli spettacoli – per cui veniva pagato profumatamente e rischiava la pelle- stavano per scomparire ‘grazie’ alle proteste degli animalisti. Quasi ringhiò al pensiero, mentre stava per slacciarsi i pantaloni.

Un paio di passi dietro di sé – tacchetti bassi da ragazzina, leggeri e aggraziati- lo fecero fermare.

“Non così di fretta, matador! Quei pantaloni ti stanno proprio uno schianto, vorrei vederteli addosso ancora un !” ridacchiò una voce femminile dall’accento francese che non stentò a riconoscere e che lo fece voltare sorridendo beffardo.

Lei, la ragazzina in questione, vestita con un colorato vestito a balze da lolita che lasciava scoperti molti centimetri di pelle leggermente abbronzata, era appoggiata allo stipite della porta dello spogliatoio,

“Ma guarda guarda chi c’è.. a quanto pare ti sei sorbita ben undici ore d’aereo per vedermi.” Sogghignò avvicinandosi lentamente e divorandola con gli occhi. “Madamoiselle Lili Rochefort

“Ho pensato di visitare l’Andalusia durante le mie vacanze estive.”

“… io sono sicuro che tu voglia svolgere l’esame finale…

Idiota… ho visto il tuo ‘spettacolo’. Bleah. Tutto quel sangue…

“Normalmente qui in Spagna il torero viene visto come un sex symbol. Soprattutto dopo un combattimento come quello che ho appena fatto. Sai quante donne mi aspettano là fuori?”

“Si, le ho viste, nulla di che. Durante la corrida ho stretto amicizia con il guardiano e mi ha permesso di entrare negli spogliatoi dopo di te.”

La ragazza si avvicinò di pochi passi, mentre il torero si sedeva su una panca, pulendosi le mani sporche di rena e sangue con una salvietta. Quando fu abbastanza vicina, le prese le mani sottili e la guidò a sedersi cavalcioni sulle ginocchia. “E’ un caso che tu sia comparsa qui proprio nel momento della doccia?”

Lili ridacchiò maliziosa, cingendogli i fianchi con le gambe. Sorreggendola, Miguel si diresse verso il bagno.

 

 

La risata argentina di Alisa che giocava con i due cuccioli di labrador riempiva il piccolo giardinetto innevato della casetta di legno. Quando erano andati a prenderli, era stato difficile per Alisa doverli scegliere: li avrebbe comprati tutti! Erano quindi scesi a patti, e ne avevano adottato due: un maschietto, un batuffolo nero che avevano chiamato Kimi, e una femminuccia color miele che sembrava appena uscita da una pubblicità, Pippi.

Lars si era seduto un attimo in disparte, sui gradini della veranda.

La guardava divertirsi con i cagnolini, a rotolarsi nella neve con loro, a lasciarsi assalire dai loro bacetti.

Per ora era tutto perfetto. Giornate intrise di serenità e sorrisi, di baci sotto le coperte calde, di momenti di passione e di dolcezza.

La felicità perfetta gli era arrivata addosso senza che neppure l’avesse davvero cercata: per pura fortuna si era ritrovato immerso in una nuvola di felicità dorata di cui prima non sospettava neppure l’esistenza. E la fautrice di questo incanto era proprio Alisa, per tutto il mondo una ragazza meccanica di cui si era invaghito in un impeto di follia, con cui sperava di non doversene mai più separare.

Ripensò alla mail che aveva ricevuto la settimana prima. Un invito a nozze: E lui sarebbe stato il testimone dello sposo.

Per poco i circuiti di Alisa non andavano in tilt nell’apprendere la notizia – e anche lui era rimasto a bocca aperta - E poi, come una vera donna, aveva iniziato a preoccuparsi per vestiti e capelli.

“Chissà se la sposa lancerà il bouquet. Mi piacerebbe prenderlo, sai?” ammise con aria assorta, probabilmente incosciente della tradizione che si celava dietro al mazzo di fiori.

Lars cercò di immaginarsi Alisa in abito nuziale: Incredibilmente deliziosa. Si immaginò il suo sguardo smeraldo brillare di emozione e le sue labbra rosee spiegarsi in un sorriso timido mentre avanzava verso di lui avvolta nel suo abito candido. Beh, sarebbe arrivato anche il loro momento, un giorno o l’altro. Magari prima di quanto ci si potesse aspettare.

Così come sarebbe arrivato il momento in cui loro due – e  Pippi e Kimi- si sarebbero sentiti in ‘pochi’ e la sua cameretta da bambino sarebbe sembrata un vuoto insopportabile.

Una compagna androide rendeva impossibile il proseguire della sua stirpe infame, questo era un sollievo, per lui e per il mondo intero.

Eppure sapeva che gli sarebbe mancato qualcosa. Anche ad Alisa, a giudicare da come aveva invitato i tre bambini del vicino a giocare con lei e i cuccioli.

Ma ci avrebbe pensato in futuro.

 

 

Infilandosi gli stretti pantaloni di pelle nera, Nina gli disse che sarebbe andata via per qualche giorno. Evitò di fornirgli qualsiasi altri informazione, e lui rimase per un attimo dubbioso se chiedergliela o meno. Decise di fingere indifferenza, rivestendosi a sua volta.

Tanto, ormai, non aveva più importanza.

“Dovrei tornare lunedì” aggiunse infine la donna, frugando nella borsetta alla ricerca della sua trousse da make-up.

“Sabato torno in Russia.”

Un istante di silenzio. Nina aveva fermato la sua ricerca per un secondo, per poi ricominciare, come se nulla fosse. “Ah.”

“Il comando ha deciso di porre fine alla missione.”

“Alla buon ora, sono mesi che Jin Kazama è scomparso!”

Dragunov tentennò sull’esprimere o meno disappunto sulla mancanza di informazioni a riguardo. Decise di astenersi da qualsiasi commento, in quel momento sarebbe risultato più inutile di qualsiasi cosa. E di certo non poteva imputare a Nina questa lacuna nella missione.

L’aveva seguita e pedinata, al di fuori delle ore che trascorrevano insieme in quella stanza, senza scoprire nulla.

Sapeva perfettamente dove si sarebbe diretta in quei giorni. Chi avrebbe incontrato e a cosa avrebbe partecipato. Niente di utile al fine della sua missione.

Anche per Nina, Kazama era un cadavere da disperso da qualche parte nel deserto, e non sembrava minimamente intenzionata né a compiangerlo né a cercarlo.

Perfettamente comprensibile, da parte sua. Quello che reputava incomprensibile – e fastidioso- era quella vaga sensazione di sollievo che gli procurava il sapere di questa sua indifferenza nei confronti del suo ex capo.

La guardò con la coda dell’occhio curvarsi le ciglia con il rimmel, intenta e concentrata davanti allo specchio, poi si mise al suo fianco per allacciarsi la cravatta prima di recuperare la giacca.

 “Quindi vai?”

Il russo annuì, allacciandosi il cappotto con inspiegabile lentezza.

“Bene. In bocca al lupo, allora!”

Con la maniglia della porta tra le dita, si ritrovò a lottare insensatamente contro la voglia (o il bisogno) di voltarsi. Che strano addio. Pensò. Niente spari né sangue. Nessuna lotta. Nessuna pallottola.

Mentre stava per girare il pomello della porta, lo sguardo gli cadde sulla mensola li a fianco. C’era una sciarpetta di seta bianca. Ricordava vagamente di avergliela sfilata dal collo, la sera prima, quasi se stesse indugiando se stringerla o meno. Il profumo della sua padrona doveva esserci ancora impresso. Se la ritrovò tra le dita e poi in tasca.

Appena sentì lo scatto della serratura che si chiudeva, Nina appoggiò il rimmel. Restò per qualche istante appoggiata al mobile del bagno senza muoversi né pensare a nulla, se non a quanto fosse stato strano quel momento.

In genere gli addii per lei erano molto diversi. E non lasciavano nessun retrogusto amaro.

 

 

 

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BUONGIORNO MIE CARE REDUCI TEKKENNISTE!!!

ALLORA: qualche piccola nota, as usual.

Inizia la parte finale di questa FF. Il prossimo capitolo sarà quello conclusivo...

1)     Traje de Luz è il vestito del torero. Giuro che immaginarmi Miguel seminudo con quei pantaloni super attillati mi ha fatto star male…

2)     I Labrador Kimi e Pippi: Io ho un labrador nero di nome Kimi! Ormai non è più un cucciolo, ma la voglia di giocare gli è rimasta, al mio stupidone! Il nome Pippi è in onore di PIPPI CALZELUNGHE, notissssssimissssimo romanzo (e serie tv) svedese!

Al prossimo capitolo mi ammazzerete…. Spero di riuscire a cavarne qualcosa di buono…

Ma tanto avrete già intuito cosa accadrà (esprimete pure le vostre ipotesi a riguardo, tranne Miss Trent. Benny chiudi la ciabattaaaaa!!!!)

Alla prossima mie PocheMaBuone Tekkennare!

EC

   
 
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