Diciotto prompt,
diciotto drabble (più quattro flash speciali), anche se
tutto
nasce dal «Lascia che ti offra da bere», anche se
tutto ha origine su Facebook
prima e su msn poi.
D18, m!preg, tvttbxsndml’èkapitoooo?
Riprendiamoci XDD Che fict inutile .___.
Nella dieci abbiamo una
citazione di cotal
meraviglia
made in Naoto.
A proposito del secondo
bonus – che si avrà col prossimo e ultimo
aggiornamento: questo in Italia, poi all’estero non so XDD,
un secondo nome
dopo la virgola è un secondo nome che non viene segnato sui
documenti ma che
c’è (ex: Paola, Penelope xxxx —>
sulla carta Paola
xxxx).
Citazione: “I
will show you love” by Kendall Payne.
Buona lettura<3
Trust in me, my child.
{Sera ~ 01}
«Lascia che ti
offra da bere,» aveva cercato di trattenerlo
dall’abbandonare la piccola sala
dove si era fatto precedentemente portare degli spaghetti istantanei e
una
caraffa d’acqua calda.
Il ragazzino non aveva
però alcuna intenzione
di restare un attimo in più, non
dopo
aver acconsentito a quelle dodici ore di pausa richieste
dall’avversario in un
momento particolarmente critico.
«Cosa?»
«Ma sì, qualcosa di leggero per poter dormire bene
– e parlare meglio,» aveva
poggiato sul tavolo una bottiglia ancora chiusa. «Non
vogliamo scoprire perché
non mi hai ancora “ucciso a morsi”?»
«Perché sei veloce,» la risposta. Poi
era tornato a sedersi.
{Notte ~ 02}
Aveva coperto
quel corpo di lusinghe; silenziosi,
umidi, appassionati complimenti, sussurrando sopra ogni imprecisione,
baciando
ogni piccola cicatrice come facesse parte tutto di un programma da
eseguire
alla lettera. Una scaletta che sarebbe stato un vero piacere
seguire, se solo Hibari si fosse convinto a togliere la
mano dalla bocca o almeno smettere di torturarsi le labbra con i denti.
Quelle piccole gocce di sangue sulla lingua, a loro modo, facevano male.
Come fece bene,
incredibilmente bene arrampicarsi confusamente
dal polso forte fin
sul palmo della mano del giovane compagno, per poi scivolare con le
dita fra le
sue. Perfetto.
{Ritardo ~ 03}
Erano trascorse
due settimane dall’ultima volta che aveva avuto
l’occasione di vedere Kyoya –
qualcosa, in un angolo remoto del suo cervello, gli suggeriva che
sarebbe stata
per lui una buonissima sorpresa quella di ritrovarselo intorno
così presto ♥.
E sì, in un certo senso
era anche
stato così.
Guidato da
lamenti e richieste d’aiuto aveva scoperto
l’allievo in un vicolo
particolarmente buio, tonfa alla mano e spalle date a un numero non
identificato di ragazzoni che si costringevano al silenzio [o non ne
avevano
bisogno].
«Ancora tu,» questo aveva poi apostrofato Dino,
un’espressione particolarmente
sadica in volto. «Sei in ritardo».
{Correre ~ 04}
Poche volte
aveva avuto davvero paura durante i combattimenti
con Hibari.
Quando ancora non era a conoscenza della dedizione che esso mettesse
nel suo
sport preferito, “caccia all’erbivoro”...
Quello fu un periodo particolarmente
traumatico, soprattutto per la tendenza di lui a comparire nei momenti
più
impensabili, talvolta sorprendendo il maestro
privo di sottoposti.
Ed era paura,
un timore folle e reale, quello che lo aveva investito nel momento in
cui, dopo
un attimo di esitazione, il giovane si era lentamente lasciato
scivolare, la
mano aperta contro il muro ruvido.
Non gli mancarono le forze, poiché aveva qualcosa
d’importante da proteggere.
{Angoscia ~ 05}
«Non andrà così male,» ripete
cercando
disperatamente di convincersene.
Più volte guarda Romario, il dottore, la porta socchiusa;
sospira una
stanchezza e una preoccupazione che lo prendono dal cuore alla gola,
quasi cattive.
«Boss,»
è il
cerimonioso intervento del braccio destro, «Non
andrà male... Non così tanto...
Sopravvivrai, di questo sono certo».
Dino ridacchia nervoso, abbandonando la testa sul petto. «A
quanto pare,»
annuisce per poi congedarsi. Lo aspettano due lunghe ore per tentare di
spiegare a Hibari per quale motivo è – termine
accettabile? – incinto.
“Quando
si tratta di fare un uso sbagliato delle cose
l'essere umano diventa imbattibile,” Anonimo.
{Nube ~ 06}
Dino Cavallone,
decimo boss della famiglia Cavallone, sopravvissuto a [mezzo]
addestramento da
parte di Reborn e ora a capo di un clan che conta cinquemila teste e
più, vede
le nubi addensarsi all’orizzonte e le teme profondamente.
Tutto quel che può
fare è indietreggiare lentamente, molto
lentamente, lasciar cadere a terra l’arma,
voltarsi e prepararsi a
scappare.
Dovrà agire velocemente, dovrà essere pronto a
tutto.
«Che fine ha
fatto il mio budino?»
domanda
Hibari.
«Tanto non ti piacciono i dolci,» tenta di
giustificarsi, «non ti piacciono i
sapori forti».
«Che fine ha fatto, ho chiesto».
«L’ho mangiato...»
«L’hai mangiato».
“L’APOCALISSE!”
{Cambiare ~ 07}
Quello stupido
pony incapace di camminare in linea retta è fastidioso,
molto più del solito;
il suo comportamento è improvvisamente mutato,
–quasi– inaspettatamente.
Hibari lo
scopre spesso vestire un’espressione disgustosamente
romantica, assorta,
qualcosa di molto simile a una mocciosa persa nelle proprie
elucubrazioni
mentali. Un paio di volte, ad esempio stamattina,
si sveglia lentamente e tiene gli occhi chiusi, studiando con gli altri
sensi
come Dino vezzeggia la sua pancia, ricco di chissà quali
aspettative.
Si chiede il perché, poi abbandona ogni desiderio di
conoscere la verità,
preferendo mettere a tacere Cavallone stesso.
Stupido pony
pervertito. Lo picchierà a morte.
{Dubbio ~ 08}
Fra le tante
cose Tsuna trova che questa situazione sia anche
tenera.
Un’utopia: durante il breve colloquio Hibari-san non ha
ancora minacciato di ucciderlo,
fatto che richiede festeggiamenti lunghi cinque giorni e quattro notti.
Poi,
d’improvviso, quell’Hibari-san straordinariamente
accomodante (e un poco
gonfio) cambia espressione, gli ordina di abbandonare
l’ufficio nello stesso
momento in cui scavalcava con sicurezza il davanzale.
«No,
Kyo-chan, non devi affaticarti!»
«Omicidio a domicilio?» il borbottio che Sawada non
può cogliere; è già fuori
dalla porta, spaventato da quel repentino cambio
d’atteggiamento. Strano come
la scuola media sia sempre la prima tappa di Dino in Giappone.
{Forse ~ 09}
“Forse è solo
una fase,” pensa fra sé mentre si occupa di lavare
le stoviglie. “E comunque è
naturale che si comporti così, dopo che... Ma no, ma no,
cosa sto dicendo!? Non
è una donna, non c’era alcun rischio! È
lui quello innaturale”.
Appoggia anche l’ultima pentola sullo scolapiatti, poi
rimpiange di non essere
ancora passato a trovare Tsuna – e Nana ♫ –: cibo
migliore e alcun lavoro da svolgere sotto minacce perfettamente
attuabili in cambio dell’ospitalità,
rammenta con
commozione.
«La prossima
volta, Tsunayoshi,» mormora con poca decisione e a voce bassa
per non svegliare
Hibari, addormentato nel salotto.
{Piedi ~ 10}
In quanto
Presidente del Comitato Disciplinare, non gli è permesso
neppure d’immaginare
la presenza del disordine entro i limiti dell’edificio
scolastico [e non solo].
Questa la fiamma che ha animato Hibari-san il quale, tonfa alla mano e
Kusakabe
alle spalle, si è diretto gloriosamente a scuola.
Non appena ha varcato il cancello, nel cortile è regnato un
silenzio teso,
innaturale, quasi gli studenti tutti attendessero che il ritrovato paladino parlasse.
«Tu, erbivoro,»
apostrofa un primino che lo guardava in maniera particolarmente
sconvolta.
«Porta una sedia, mi fanno male i piedi».
«Sissignore!»
“La
ragione e l’amore sono nemici giurati,”
Pierre Corneille.
{Respirare ~ 11}
Se non fosse
stata una situazione sulla quale piangere amaramente, Dino sarebbe
scoppiato a
ridere e non si sarebbe fermato facilmente. Kyo-chan,
indossando una semplice camiciola di carta, stordiva e metteva fuori
gioco uno
dopo l’altro infermieri e anestesisti che cercavano di
tranquillizzarlo.
«Ehi,» entrò nella sala a propria volta,
evitando un attrezzo dalla forma
ambigua e del quale desiderava non conoscere
l’utilizzo. «Sei incapace
di fidarti delle persone che vogliono farti del bene?»
«Devi mettermi
in mano a questi qui? Non sanno evitare dei semplici pugni».
L’uomo sospira, poi prende in mano la mascherina;
«Io però sì».
Buona
notte.
{Buio ~ 12}
Quando Dino
vede la figlia per la prima volta, la camera della clinica è
immersa nel buio della
notte e lei dorme in una culla di vetro, sovrastata da un monitor che
al padre
emozionato non interessa minimamente.
Ed è una bestiola, piccola-piccola, e respira, e muove il
braccio sinistro nel
sonno; “Bambina sanissima, domani è una
precauzione, in serata saranno
dimessi,” ha parlato con un sorriso l’infermiera.
Il sonno di lei
è così diverso da quello del – più madre
che padre –, sdraiato come morto nel letto a
qualche metro dal riparo della
nuova nata.
Un bacio sulla fronte.
{Anello ~ 13}
Seduto a gambe
incrociate sul pavimento per poter seguire i giochi della piccola Yuuko
e
intanto badare al portatile, al cellulare, al telegiornale, cerca di
tenere
tutto sotto controllo però qualcosa gli sfugge, come uno
strano allarme in
testa gli segnala.
Sovrappensiero, si verso la figlia e la trova all’attimo di
infilarsi in bocca
l’anello che segnala lo stato di Dino come capofamiglia.
L’uomo si tuffa nella
direzione di lei, prendendole la mano e allontanandola dal viso;
recupera il
cimelio, nascondendolo in tasca.
«Questo...»
Prende la bimba in braccio, poggiandosela poi sulle gambe.
«Non dirlo mai
a Kyo-chan, mi raccomando».
{Mani
~ 14}
Il dottore si è
raccomandato di tenere la bambina vicina al viso quando viene nutrita,
alla
stessa altezza a cui sarebbe se fosse allattata. Questo per il legame
d’attaccamento fra madre e figlio, blahblahblah.
Hibari si chiede però come fare a tenerla vicina a
sé e lontana dalle armi – se
la genetica gli ha insegnato qualcosa è che dei bambini non ci si
fida.
Si è così
organizzato: con un braccio la tiene al petto, con l’indice e
il pollice offre
il biberon e lascia che giochi con le dita libere, così da
non cercare altri passatempi.
Che mani... “umidicce”.
{Presa
~ 15}
“È
strano,” contempla
Dino.
Una situazione fuori dall’ordinario, qualcosa che continua
ogni giorno a sorprenderlo
e forse spaventarlo; però è
indubbiamente, assolutamente positiva.
Positiva la sensazione che lo ha riempito, insieme al senso di colpa,
quando la
madre di Kyoya gli ha raccontato con emozione dei primi passi della
bambina.
Positivo l’aver visto la stessa Yuuko barcollare nella sua
direzione con un
grande sorriso di soddisfazione.
Positivo come lui
sporge la gamba nell’attimo preciso
in cui la piccola tituba, permettendole di riprendere
l’equilibrio. Cinquietta
un «Arigatō mamma»; allegra scarpinata ripresa con
gioia e raggiungimento del
traguardo due metri e mezzo.
{Terremoto ~ 16}
Sapere che
“boss-senpai”
aveva una figlia – una bella bimba con capelli e occhi scuri
– era stata una
sorpresa. Inizialmente neppure ci avevano creduto, chiedendosi poi
perché
l’uomo avrebbe dovuto mentire su qualcosa del genere; lei si era fatta conoscere come un
piccolo tornado, spavalda e
perennemente col sorriso sulle labbra.
Un po’ cattiva, forse, come solo i bambini possono essere: in
compagnia degli
ospiti, dopo mezz’ora era già stata presa in odio
da Lambo.
D’improvviso,
un terremoto non così metaforico, un fuggi-fuggi, ed
esclamazioni e minacce di
diverso genere.
«Fuori, se non volete che vi pesti a morte».
«Mamma! Bacino♥»
{Prezioso ~ 17}
Solo l’ennesimo
malinconico e (non così) stupido cliché.
L’uomo, col respiro già oltre il limite del
dormi-veglia, sente la porta
cigolare e poi una voce sussurrare concitata; un corpo, due, imbarcano
da una
parte il materasso.
Abbraccio irruento che lo desta del tutto.
«Hai mangiato i
biscotti di nascosto,» mugugna senza troppa convinzione
mentre schiude un
occhio. Hibari, seduto sul ciglio del letto, sta togliendosi la seconda
scarpa,
che sarà poi lanciata con stanchezza al fianco della prima.
«Solo uno!» scoppia a ridere per poi cercare
l’abbraccio di Kyoya il quale si
sdraia a propria volta.
«’Notte,
Kyo-chan».
«Zitto tu».
{Nascita ~ 18}
Primo giorno di
scuola.
Yuuko si trova sulla porta quando ancora Dino si trascina per
l’appartamento
con indosso un paio di pantaloni slargati e i capelli legati in un
maldestro
codino.
Quando la sera
lei entra in sala da pranzo con un grande sorriso sul viso, sentendosi
più
grande e importante, si sistema al proprio posto cercando le attenzioni
del
padre.
«Com’è andata oggi?» domanda
il biondo sporgendosi per tirarle l’orecchio. Lei
ride, passando gli occhi da un genitore all’altro.
«C’era disordine in aula, così ho
convinto gli altri a riordinare!»
“È nato
un
nuovo presidente per il Comitato Disciplinare”.