TEMATICA
INVERNALE DELLA MAILING LIST
“IL TEMPIO DI SHUN”
FIABA
“IL FIGLIO DEI LUPI”
Notte.
Fredda, come solo le notti d’inverno giapponesi sanno essere, ventose e
dai cieli tersi e blu come il fondo dell’Oceano, cosparsi di diamanti, ricamati
come su un vestito.
I rami coperti di candore greve si allungano sui sentieri stretti e
impervi, intrecciandosi continuamente gli uni alle altre fronde, abbracciando il
buio bosco deserto; il pesante silenzio, rotto di quando in quando dal rumore
lontano di fragili rami che si spezzavano, era inquietante, come le ombre dalle
forme insolite che comparivano ovunque l’occhio potesse posarsi, come mostri
feroci in procinto di attaccare gli ignari e sporadici viandanti che si
arrischiavano a inoltrarsi nella foresta millenaria alle pendici del vulcano
innevato.
Il soffice manto si delineava in forme scoscese, seguendo la
conformazione del terreno, le radici dei superbi alberi affioravano appena in
superficie, totalmente celate sotto quella candida e gelida
protezione.
L’urlo solitario di un uccello notturno ruppe improvviso il silenzio e
riecheggiò a lungo sotto il cielo stellato.
Come se quel grido fosse stato un segnale, l’intera foresta si risveglio
bruscamente, il vento prese a soffiare con violenza, scuotendo veemente le cime
degli alberi gravide di gelo e ghiaccio, gli animali schiamazzarono lamentosi
dalle loro tane tiepide, anche gli alberi
gemettero.
Una piccola radura nel profondo della selva risuonava di versi impauriti
e uggiolii tristi: al centro di essa, circondata da ombre agitate e inquiete,
una sagoma minuta e singhiozzante stava rannicchiata sulla neve macchiata di
sangue scarlatto, che risaltava maggiormente per contrasto col candore della
superficie gelida.
Illuminato da un pallido raggio di luna filtrato attraverso il fitto
intrico di rami, comparve un tenero musetto, appuntito e candido, due morbide
orecchie e un paio di grandi occhioni sofferenti.
Era un cucciolo, un cucciolo di lupo.
Guaiva, giacendo privo di forze sul terreno freddo, la zampa posteriore
destra era bloccata nelle fauci di una infida tagliola e ogni animale, grande o
piccolo che fosse, piangeva per la triste sorte del nobile principe del bosco
dal pelo argenteo cosparso di brina cristallina.
Il clamore si fece improvvisamente più intenso, il vento aveva portato un
nuovo odore, sconosciuto, nella foresta.
E qualcosa comparve al limitare della
radura.
All’inizio sembrò solo un’ombra, priva di forma e consistenza; ma quando
cominciò a delinearsi, tutti gli animali fuggirono terrorizzati, lasciando in
tutta fretta la radura.
Il cucciolo, impaurito, guaì più forte, cercando di nascondere il musetto
sotto la zampa.
La luna illuminò il nuovo venuto, una figura bassa,
umana.
Ma era solo un ragazzo.
Un bambino quasi, dall’espressione particolarmente seriosa, la fronte
alta e spaziosa, di un pallore quasi mortale, era coperta in parte da corti
ciuffi neri come l’ebano, due grandi occhi luminosi saettarono nel buio,
soffermandosi preoccupati sul corpicino tremante del principe della
foresta.
Cercando di non spaventarlo ulteriormente, si inginocchiò accanto al
lupacchiotto ferito, esaminandone critico le
condizioni.
L’intera foresta trattenne il fiato, il fanciullo alzò la sua mano sul
piccolo animale.
Un guaito di terrore eruppe dal petto
dell’animale.
Ma niente di quello che si aspettavano
accadde.
La mano scivolò lesta verso la zampa bloccata e, con un clangore
metallico, la trappola venne spezzata e i suoi resti gettati lontano con
violenza.
Un silenzio rilassato avvolse la foresta.
Un lieve sussurro, simile a un abbraccio, si sollevò assieme al vento
gentile che aveva ripreso a soffiare: “Ecco, non avrai più da temere da quella
trappola infernale.” lo rassicurò il ragazzo, prendendolo in braccio con
delicatezza, con le dita lunghe e snelle prese ad accarezzarlo sulle orecchie
pelose, senza spaventarlo.
Il cuccioletto si accoccolò esausto contro il suo petto, tentando di
cercare rifugio nella giacca pesante che il giovanissimo indossava, uggiolava
esausto.
Senza smettere un momento di accarezzarlo, l’umano si alzò lentamente in
piedi e pose l’animale tra il proprio petto e il tessuto del cappotto, chiudendo
poi la zip di modo che potesse stare al caldo, senza però
cadere.
“Devo portarti al sicuro… Qui non puoi stare…” sussurrò, cominciando a
correre verso casa, le ciaspole ai piedi agevolavano enormemente il suo cammino
attraverso la distesa innevata e impervia.
A ogni suo passo, sembrava quasi che la foresta si aprisse per
facilitargli maggiormente il viaggio, che le radici si alzassero, facendogli
spazio, che il vento piegasse i tronchi delle possenti e millenarie querce,
permettendogli di non diminuire il ritmo di corsa.
Come se la natura attorno fosse viva, pronta ad
aiutarlo.
Sospirando di sollievo, sentiva il piccolo sul suo petto tremare e
uggiolare.
Accarezzandolo, lo rassicurò: “Shh,
tranquillo..”.
Eppure, il fanciullo sentiva che l’animale era nervoso, un nervosismo che
lo aveva contagiato.
I suoi sensi allenati e tesi a scattare percepivano
qualcosa.
Qualcosa di spaventoso.
Lì per lì, credette che fosse il cacciatore che aveva piazzato la
trappola, ma un gelo così, una paura simile, non poteva essere causata dalla
presenza di un semplice essere umano.
A meno che non fosse uno Specter, chiaro.
Nachi aumentò il passo, cercando di ricacciare nel profondo del suo cuore
quella spiacevole sensazione di paura, sollevò il bavero della giacca,
nascondendo parte del viso; doveva muoversi.
All’orizzonte, finalmente, scorse la sagoma illuminata della piccola
baita montana che lo ospitava, già pregustava il tepore del camino e la
cioccolata calda, avrebbe preparato un comodo giaciglio e un po’ di latte caldo
per il suo piccolo amico, lo avrebbe curato al meglio delle sue
possibilità.
Perso in queste sue elucubrazioni, il ragazzo si accorse troppo tardi di
ciò che stava accadendo.
La massa oscura di gelo e paura li aveva
raggiunti.
Il cucciolo ululò terrorizzato, tremava impaurito, il ragazzo lo sentiva
nascondere il muso sotto la sua ascella, in cerca di
protezione.
Il giovanissimo guerriero si fermò, pallido in viso, ma determinato; si
mise in guardia, scrutando attentamente attorno a
sé.
Strani guizzi d’ombre, che duravano pochissimi istanti, e fruscii di
qualcosa che si muoveva lo misero ulteriormente
sull’avviso.
“Shh, non avere paura.. Ci sono io..” cercò di rassicurare il
lupacchiotto, sentendolo spaventato, “Non ti faranno del male…” mormorò,
ricominciando a correre: non poteva tornare a casa, doveva trovare un rifugio
sicuro.
I raggi della Luna, comparsa improvvisamente nel cielo, illuminarono
dolcemente l’accesso di una grotta.
Nachi si guardò alle spalle, la luce improvvisa aveva frastornato la
massa oscura che se ne stava il più possibile nell’ombra, tenuta coraggiosamente
a bada dalla Luna e della stelle.
Il giovane ringraziò silenziosamente, inoltrandosi poi all’interno
dell’antro oscuro.
§§§§§
Un improvviso calore avvolse le membra infreddolite del giapponesino,
strappandogli un sorriso rassicurato.
Aprì la zip del cappotto, lasciando uscire il suo piccolo amico, che
subito gli si rannicchiò in braccio, leccandogli con riconoscenza e affetto il
viso; il moretto ridacchiò: “D’accordo, d’accordo, ma ora cerchiamo di trovare
un’altra uscita, non voglio finire nelle grinfie di quel.. coso..” borbottò,
richiudendo la giacca; si inoltrò a tentoni verso il fondo della caverna, le
ciaspole arrancavano con difficoltà sul terreno umido e roccioso, più volte
aveva rischiato di scivolare miseramente a terra, ma l’equilibrio, all’ultimo
momento, non era fortunatamente mancato.
Un soffio di aria calda e profumata gli scompigliò i capelli già di loro
spettinati, un profumo di incenso e bergamotto lo avvolse, ricordava l’odore del
tè che spesso e volentieri preparava Shiryu-niisan quando uno di loro si
raffreddava.
“Che sia un passaggio che mi porti vicino casa?” si chiese, aumentando
impaziente il passo, rincuorato dal lento respiro addormentato del cucciolo;
finalmente, dopo un tempo che gli parve infinito, comparve all’orizzonte una
debole luce, segno che l’uscita era vicina; il lupo si risvegliò, cominciando a
uggiolare e a scodinzolare di gioia, balzò a terra, cominciando a correre verso
quel punto luminoso in lontananza.
“EHI! ASPETTAMI!!” gridò il ragazzo, sorpreso da quell’improvvisa
reazione, senza pensarci gli andò dietro, sentiva il vento sussurrargli qualcosa
all’orecchio, come un canto lirico accompagnato da archi e fiati, ma non gli
diede peso, concentrato com’era sul lupacchiotto che sfrecciava agilmente
davanti a lui.
Una luce improvvisa e inaspettata lo accecò, strappandogli un gemito di
dolore; chiuse di scatto gli occhi, coprendo parte del viso con la mano destra e
avanzando, cercando la strada con la sinistra; i suoi piedi affondarono in un
cumulo soffice che Nachi identificò con sorpresa come neve fresca, gelida al
tocco, che gli inzuppava i pantaloni.
A poco a poco, la sua vista si riabituò alla luce e grande fu la sorpresa
quando si vide in una piana innevata, brillante sotto l’abbraccio di un sole
superbo che splendeva in un cielo così azzurro che quasi si sentiva di
affogarci.
Il piccolo lupo sedeva docilmente a poca distanza dalla grotta, ansimando
per la corsa, ma tranquillo.
Il giapponese gli si chinò accanto, accucciandosi al suo
fianco.
“Dove siamo…?” si chiese, guardandosi attorno, era un posto meraviglioso
e i suoi sensi non percepivano alcun pericolo, pareva un rifugio sicuro da
quella massa oscura.
“Benvenuto straniero… è raro che un umano riesca a entrare nel nostro
reame.”.
Una voce profonda e gentile lo fece trasalire, scattò in piedi,
guardandosi attorno ansiosamente, in guardia: “Chi c’è?” chiese spaventato,
stringendo i pugni e facendo per prendere il cucciolo in braccio; ma questi
uggiolò allegro, i grandi occhioni azzurri splendettero, mentre leccava la mano
del suo amico umano.
La luce del Sole si fece più intensa, a malapena il ragazzo riuscì a
distinguere l’avvicinarsi di una sagoma elegante e aggraziata tanto era forte;
quando si abituò nuovamente, si trovò al cospetto di un lupo bianco, come lo era
il suo cucciolo, un’aura di antico veniva emanata dalla belva, Nachi si sentì
intimorito, come se si trovasse al cospetto della propria
Dea.
Goffamente, si inchinò, notando con la coda dell’occhio il batuffolo
peloso che aveva salvato correre e saltare sul muso del nuovo venuto,
mordicchiandogli le orecchie candide con vera
felicità.
Il ragazzo rialzò timidamente la testa, fissando con curiosità quella
strana scena, tutto il timore che provava scemò, come se non ci fosse mai stato;
d’improvviso, un gruppo chiassoso di cuccioli, uguali al suo, circondò la sua
pestifera compagnia in quello strano viaggio, il piccolo venne festeggiato come
un eroe.
Quella vista riempì il cuore del ragazzo di gioia
immensa.
Il lupo adulto si avvicinò con riverenza a lui, chinando il muso in segno
di rispetto: “Sei un bravo essere umano,” la voce profonda di poco prima risuonò
di nuovo nella sua mente, “hai salvato il mio piccolo, anche se non eri tenuto a
farlo, lo hai riportato qui, tra il suo branco.” disse con gioia palpabile, solo
in quel momento Nachi si accorse di essere circondato da una moltitudine di lupi
bianchi, si confondevano così bene con il paesaggio circostante che non li aveva
minimamente notati, “Ora riposa, qui sarai al sicuro da qualunque cosa.”
concluse la voce.
Nachi annuì impercettibilmente, in effetti si sentiva davvero
stanco.
Con una certa difficoltà, si levò le ciaspole, depositandole con cura
accanto a sé, e distese la propria giacca a mò di coperta sulla neve fresca; si
sdraiò, il viso rivolto al cielo, baciato e riscaldato dai raggi del
Sole.
Respirò profondamente quell’aria pura e profumata, l’odore di bergamotto
e incenso veniva da molto lontano, ma era perfettamente
palpabile.
Chiedendosi da dove venisse, cadde in un sonno profondo, un sonno
popolato da sogni bellissimi, ma di cui, al risveglio, non ricordava
nulla.
Solo la sensazione di una dolcissima leccata sulla guancia e le parole
della madre del cucciolotto che gli carezzavano l’animo: “Ti resterà in eterno
la nostra gratitudine, e la nostra protezione. Sei e sarai per sempre un figlio
dei Lupi.”.
Null’altro.
§§§
La porta di casa sbatté dietro a Jabu e Ichi, quando i due ragazzi, con
indosso pesanti cappotti, uscirono di corsa dalla baita; si guardarono attorno,
scrutando tra i rami della foresta nel tentativo di scorgere
qualcosa.
Il sole era già alto nel cielo, un piacevole tepore riscaldava i loro
corpi, ancora intorpiditi dal sonno.
Preoccupato, Unicorn si avvicinò al fratello: “Ma dove diavolo è andato?”
borbottò, battendo nervosamente il piede, “non ne ho idea,” ammise l’albino,
esaminando attentamente il terreno alla ricerca di tracce, “sono seriamente in
pensiero.” continuò.
I due si inoltrarono tra gli alberi, tendendo l’orecchio per percepire un
qualunque rumore.
“JABU! GUARDA!”
Il grido agitato di Ichi ruppe il silenzio che regnava nel bosco, Unicorn
vide il fratello correre presso un albero, inginocchiarsi presso le sue radici e
sollevare qualcosa tra le braccia.
Il moretto sgranò gli occhi, spaventato: il ragazzo teneva tra le braccia
la giacca colorata di Nachi e le sue ciaspole.
In preda all’ansia, scattò via, correndo attraverso i sentieri appena
accennati e quasi del tutto coperti di neve, la paura aveva preso possesso di
lui: “NACHI!! MALEDIZIONE!! DOVE SEI?!?” gridò, ma non ottenne risposta, la sua
voce riecheggiò attraverso la foresta inutilmente.
Giunto nei pressi di una radura, però, il cuore sembrò fermarsi nel
petto, sentì la poco familiare sensazione delle lacrime affiorargli agli
occhi.
Sdraiato a terra, col viso rivolto al cielo, c’era proprio suo
fratello.
“NACHI!!” gridò, correndogli affianco, si inginocchiò accanto a lui,
sollevandolo delicatamente tra le braccia, il viso del ragazzo era insanamente
pallido e infreddolito, anche le sue mani erano
gelide.
Jabu le prese tra le sue, cercando di riscaldarle almeno un poco, intanto
cercò di fargli indossare la propria giacca sopra il maglioncino
umido.
Ichi li raggiunse e si prodigò per aiutare l’Unicorno a rianimare il
fratello maggiore.
Finalmente, un respiro più profondo fece capire loro che si stava
riprendendo; un momento dopo, infatti, Nachi sollevò le palpebre, con grande
gioia dei fratelli: “Ehi, riesci ad alzarti?” chiese il più giovane,
preoccupato; al cenno di diniego del Lupo, i due lo sollevarono, facendolo
poggiare sulle loro spalle.
Velocemente, si diressero verso casa e, mentre percorrevano a passo
rapido la strada che li separava dall’abitazione, il ragazzo semisvenuto si
sentì osservato.
Voltata la testa, gli parve di vedere tra la boscaglia le figure dei
lupi, ritte e austere, come a volerlo salutare.
Nachi alzò debole un braccio e restò a fissare le loro sagome sino a
quando non furono sparite del tutto alla vista.
Per lungo tempo, si discusse se si trattasse o meno di un sogno, ma
questa storia restò a lungo sulla bocca degli abitanti della valle, diventando
una fiaba meravigliosa per i bambini; subì molte variazioni, come capita spesso
a tutte le favole, sino a quando non si riuscì più a distinguere la realtà dalla
fantasia.
Eppure, da quel giorno, Nachi sentiva sempre su di sé l’affettuoso
sguardo di mamma lupo e se ripensava ai cuccioli fratelli del suo piccolo amico,
si sentiva come loro.
Libero, protetto.
Felice.