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Autore: Waanzin    22/03/2010    1 recensioni
Post-RE5. Dopo gli eventi di Kijuju, Jill Valentine ha abbandonato, disillusa, la lotta al bioterrorismo dilagante, separandosi definitivamente dall'amico Chris Redfield. Ma una misteriosa minaccia incombe, una minaccia che la porterà a riaprire capitoli della sua memoria con cui pensava di aver finalmente chiuso: gli anni oscuri passati alla corte del terrificante Albert Wesker.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albert Wesker, Jill Valentine
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ok, ho fatto questo prologo quasi come un “test” delle mie capacità, non ho mai scritto fan fiction finora e sto provando ad approcciare l'argomento poco a poco. Tuttavia, mi piace la direzione in cui sto andando e credo che proseguirò questa storia a breve... sperando che a qualcuno possa piacere! Grazie per la lettura...

John.

 

 

Oggi.

Jill Valentine non si era mai sentita così sola.

Quanti anni erano passati dall'ultima volta in cui si era sentita davvero viva? Non riusciva neppure a ricordarlo. A volte, era come se fosse morta in quella villa, tra le fredde brughiere al largo di Raccoon City... dopo quel cupo inverno del '98, tutto era cambiato.

E ora... ora si guardava intorno, spaesata. Guardava la carta da parati verde pallido che la circondava, l'appartamento dall'aria lussuosa ma sterile che sembrava volerla inglobare in una spirale di banalità... di normalità.

Erano passati due anni da quando Chris e Sheva l'avevano riportata a casa... e da quando la BSAA le aveva concesso un periodo di riposo indeterminato per riprendersi dalle forti esperienze subite. Forti esperienze... quanto distante sembrava quella parola, ora che i giorni erano tutti uguali.

Ora che mentre il mondo continuava a girare, il suo orologio si era fermato da tempo.

Lo realizzò quando, dopo sei mesi di riposo, la BSAA la ricontattò per proporle una missione in Sud America, al fianco di Chris e Sheva, ai danni di uno mercante d'armi che aveva messo le mani su qualche vecchia B.O.W della Umbrella. Un pesce piccolo, Jill lo aveva capito da subito: era soltanto un pretesto per farla tornare in azione gradualmente, riprendere la mano nel colpire quelle immonde creature dritto in mezzo agli occhi e tornare a respirare lo spirito dell'azione.

Ma lei aveva rifiutato. Aveva appeso la sua Beretta al chiodo senza battere ciglio.
Le avevano affibbiato quell'appartamento, pulito e ben rifornito a spese della corporazione, nel grigiore di Londra, e una cospicua somma di denaro per rifarsi una vita. Un protocollo che lei non avrebbe mai pensato di dover affrontare: il congedo. Godeva di molto rispetto all'interno di BSAA, e tutti la trattarono con riguardo, ma nulla poteva nascondere lo sguardo negli occhi dei loro colleghi: molti la compativano, alcuni la evitavano... perfino Chris la guardava con aria interrogativa, durante la cerimonia... Jill Valentine, la prima agente BSAA ad aver mollato.

Si lasciò sfuggire un sospiro, interrompendo il dirompente flusso dei ricordi. Con passo stanco, si sollevò dal letto su cui stava seduta e osservò lo specchio sulla parete direttamente di fronte a lei, passandosi una mano tra i capelli: perlomeno, stavano lentamente riprendendo il loro solito colore castano... non ne poteva più di guardarsi allo specchio e non riconoscersi.

“Perché?” Era la domanda più gettonata, quella che tutti avevano in testa e che pochi osavano chiedere. Perché aveva abbandonato? Era il miglior agente di tutta l'associazione... soltanto Chris poteva eguagliare la sua bravura in battaglia, e perfino lui aveva qualche difficoltà quando si trattava di cavarsela in situazioni particolarmente ingarbugliate in cui lei sapeva ritrovarsi a casa propria. Era l'agente perfetto... e allora perché? Tentò di ripercorrere i passi lenti e faticosi che l'avevano portata a quella decisione.

La risposta era servita su di un piatto d'argento: perché era stanca, stanca morta di fare quella vita. Aveva più di trent'anni, era una donna ormai... e non aveva vissuto un solo giorno dall'incidente sui monti Arklay. Era stata una lotta continua, contro l'Umbrella, contro gli abomini da laboratorio che ogni notte si ritrovava nei suoi peggiori incubi... e si era illusa potesse finire. Quando tutto sembrava convergere nella figura di Albert Wesker, era sicura che tutto potesse finire togliendo di mezzo quel singolo uomo, per quanto potente fosse.

Ma così non era stato. Wesker era stato ucciso, dopo un sacrificio di uomini e mezzi senza pari... eppure il mondo sembrava non accorgersene. La Tricell si era piegata in due, e subito dopo era spuntata fuori una nuova minaccia, nuovi contrabbandieri avevano messo le mani sulle spoglie dell'ormai morta e sepolta Umbrella... il bioterrorismo era un idra dalle infinite teste, e nessuno tranne lei sembrava accorgersene... abbandonare le era sembrata una scelta inevitabile.
All'inizio, dopo il congedo, aveva pensato a quante possibilità avesse di rifarsi una vita, magari conoscere un uomo, sposarsi o metter su famiglia... le erano bastati pochi mesi per capire quanto tutti quei sogni fossero stupidi: le creature la tormentavano ogni notte, l'apatia la congelava di giorno... la sua vita le stava scivolando tra le dita come sabbia, e non sapeva davvero cosa farci.

Scosse la testa, e scacciò gli ultimi pensieri mentre si sedeva alla scrivania e apriva il portatile... doveva trovare qualcosa da fare, o un'altra giornata sarebbe scivolata via senza qualcosa a darle un senso. Un trillo attirò la sua attenzione: c'era della posta per lei... un e-mail anonimo, con un allegato criptato. Lo aprì, dubbiosa... e le si gelò il sangue nelle vene.

Tre anni fa.

Dolore, dolore ovunque. Non riusciva a respirare, a guardarsi intorno... neppure a pensare. L'unica cosa che le passava per la testa erano lampi di agghiacciante dolore provenienti da ogni arto, da ogni osso ed ogni organo del suo corpo.

Strinse i denti, e usò tutta la sua determinazione per aprire gli occhi e guardarsi intorno, ma invano: tutto ciò che poteva vedere era una distesa erbosa, e le chiome degli alberi che fitte sopra di lei impedivano ai raggi della luna di raggiungere il terreno erboso su cui stava. Le tenebre sottili di una notte di luna piena la circondavano... e si stava muovendo.

Con un altro sforzo di volontà che le fece sfuggire un gemito, fece il punto della situazione: era coperta di lividi, sanguinante... e tra le braccia di Albert Wesker.

Le sfuggì un altro gemito, non sapeva se per il panico o per il dolore, e il suo rapitore abbassò lo sguardo verso di lei, mentre la portava senza fatica tra le braccia, come un perverso novello sposo. Sussurrò qualcosa con tono sarcastico, ma lei aveva nei timpani soltanto un fortissimo, prolungato fischio... e aveva forzato il suo stato di semi coscienza fin troppo: dondolando la testa, si abbandonò di nuovo alla stanchezza, sprofondando nell'oblio.

Non poteva sapere a cosa andava incontro... non poteva sapere di star per visitare un perverso, brutale e sanguinario... Paese delle Meraviglie.

 

Jill Valentine
W O N D E R L A N D

Fine Prologo

  
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