Il regalo è per releuse83 ma… un bel… ehm… giretto con Ken non è poi la cosa peggiore che possa capitare… :P
Just Like a Pill*
Run just as fast as I
can
To the middle of nowhere
To the middle of my frustrated fears
And I swear you're just like a pill*
I suoi passi nel
corridoio. Li riconoscerei fra mille.
Lenti, perché le sue gambe sono lunghissime, leggeri,
perché nonostante la mole
non indifferente si muove come un ballerino, eppure affrettati,
perché sempre
agitati da una qualche emozione.
Metto giù il libro di chimica e aspetto che apra di scatto
la porta della stanza che - per qualche propizia congiunzione astrale -
dividiamo durante questo ritiro, curioso di sapere
cos’è che lo ha fatto
innervosire, stavolta.
La porta si spalanca con forza, lui entra e si dirige col
suo passo da gazzella, dritto verso il letto su cui, scaraventata la
borsa in
un angolo, si getta bocconi, sottolineando il tutto con un non meglio
identificato mugugno, che tenderei a interpretare come un
“fanculo”.
“Buonasera anche a te, amore”.
“Mpffmpf”.
“Se parli con la faccia nel cuscino non si capisce
niente”
gli faccio notare, cercando di non ridere.
Si tira su sui gomiti e si volta verso di me, guardandomi
con aria scocciata.
“Ho detto,” il suo delizioso nasetto arricciato in
una posa
insolente ma al contempo buffa e, beh, adorabile, “che mi
sono rotto, adesso
anche Mister Kira non fa che parlare di Genzo… Genzo di qua,
Genzo di là… Io mi
sono ROTTO. Mi sono rotto di spaccarmi la schiena coi doppi allenamenti
se poi…
ufff” non-conclude affondando di nuovo la faccia nel cuscino.
Mi appoggio il libro sulla pancia
e con lo sguardo accarezzo il suo corpo
gettato sul letto, dalla punta dei piedi, percorro le gambe lunghissime
fasciate dai sui pantaloni preferiti. La maglia è un
po’ tirata su e lascia
intravedere un lembo di pelle poco sopra il sedere. Solo qualche
centimetro più
su iniziano i suoi morbidi capelli d’ebano, sparsi sulle
spalle ampie.
Molti si chiedono come faccio a sopportarlo, coi suoi sbalzi
d’umore, le sue crisi, il suo caratteraccio e la risposta
è semplice: mi fa
sentire vivo. Ken è bello, selvaggio e capriccioso come la
natura, quella con
cui ho sempre dovuto combattere,
quella di cui ho imparato ad avere ragione. Ma con Ken la ragione non
c’entra:
lui è istinto, emozioni, sensazioni forti. E poi
è il ragazzo più dolce e
sensibile del mondo.
All’inizio, quando lo vedevo partire a testa bassa, mi
spaventavo e rischiavo di farmi trascinare verso uno dei suoi baratri.
Adesso
ho imparato e allora mi regalo un paio di istanti per osservarlo con
sguardo
distaccato e divertito (mai prenderlo troppo sul serio!), quindi mi
avvicino
all’orlo del suo abisso e cerco di tendergli una
mano…
La stessa che, irrimediabilmente attratta da quel lembo di
pelle scoperta, scende prima oltre l’elastico dei pantaloni a
sfiorare le fossette
sopra i glutei, per poi risalire lungo la spina dorsale.
Avverto il suo corpo fremere e rilassarsi. Lo sento borbottare
di nuovo.
“Dicevi qualcosa?” chiedo continuando a percorrere
quella
schiena da atlante d’anatomia.
Lui si porta le braccia sotto la fronte, staccando così le
labbra dal cuscino. “No, niente… mi piace,
continua”. La nota di divertito
piacere che sento nella sua voce, è come un raggio di sole
che penetra da sotto
le nubi, indicandoti la via del paradiso.
Lentamente gli sfilo la maglia, poi scosto i capelli e gli
appoggio un bacio fugace fra le scapole, lo sento inarcarsi come un
gatto,
offrendomi il collo.
Lo so che ti piace
essere baciato lì, ruffiano che non sei altro. Ma
non glielo concederò, non
così presto: gli tempesto le spalle di piccoli baci,
sfiorando con la lingua la
cicatrice sulla spalla sinistra. Che quando, toltami la maglietta a mia
volta,
mi allungo su di lui, combacia con la mia.
Evitando con studiata cattiveria il collo che mi sta
porgendo voglioso, vado a torturargli il lobo dell’orecchio,
quindi lo zigomo.
Finalmente Ken si volta, guardandomi con quel suo sorriso,
raro e splendente come un diamante, che lui non lo sa ma se mi guarda
così può
chiedermi qualsiasi cosa. Quasi automaticamente le nostre labbra si
incontrano
e mentre lo bacio, fisso i suoi occhi color onice e il loro taglio
elegante.
Continuo a lambire ogni centimetro del suo volto, quindi scendo lungo
la gola,
vedo il suo pomo d’Adamo scattare mentre ingoia a vuoto,
ansimando. Con un
potente colpo di reni si volta sotto di me e quando i nostri membri si
sfiorano,
entrambi soffochiamo un gemito. Sento i suoi muscoli tendersi, mentre
si mette
seduto: allora gli cingo i fianchi con le gambe, mentre le sue braccia
mi stringono,
portando d’impeto le nostre bocche a incontrarsi voluttuose.
La stretta d’acciaio con cui mi avvolge dice che è
lui a
voler condurre il gioco. Un brivido mi percorre quando realizzo che,
anche
volendo, non potrei ribellarmi, un brivido di paura e piacere al
contempo: so
che non mi farebbe mai del male, come non ne farebbe a nessuno, eppure
il
pensiero di quanto letali potrebbero diventare quelle mani
così ardenti mi
turba ed eccita.
Le sue dita si serrano attorno a miei polsi e mi spinge giù,
inchiodandomi le braccia i lati della testa. Domani avrò dei
lividi lì attorno,
ma non mi importa. Sorrido solo al pensiero di Ken che poi si
scuserà miliardi
di volte.
Ma non adesso.
Mi lascia andare le
braccia, giusto il tempo per entrambi di
sfilarci rapidamente i pantaloni, poi io le ricolloco nella stessa
posizione, e
lui torna a bloccarmele mentre il suo corpo cesellato si muove sinuoso
su di
me, sfregandomi ovunque col suo sesso turgido e le sue labbra morbide.
Lentamente stacca di nuovo le mani ma io non muovo le mie di un
millimetro,
come se qualcosa le bloccasse ancora. Forse il suo sguardo nero, ferino
e
seduttore, che mi spia a tratti da dietro un ciuffo ribelle, mentre le
sue
labbra avvolgono il mio sesso, e ogni fibra di me, in un estasi di
piacere.
Eppure resto immobile, come avvinto da catene e aspetto che sia lui a
decidere,
a decidere se posare le sue labbra su di me, o passarle pochi
millimetri sopra la
mia pelle, lasciando ai capelli che gli ricadono sul viso il compito di
sfiorarla dolcemente.
Brividi mi attraversano seguendo il percorso di quelle
catene immaginarie che mai riuscirei a vincere, non senza che lui le
strappi…
Forse è quello che sta facendo, per questo le sue unghie mi
lacerano
dolcemente.
Poi mi chiederà scusa anche dei graffi.
Ma non adesso.
Le gambe si liberano
come per magia da quei ceppi
immaginari, non appena Ken me le afferra da sotto il ginocchio
aprendole con
gesto deciso e appassionato. Sono leggere adesso che lui le solleva e
le
carezza, mentre il mio corpo è pesante e resta immobile.
Stringo gli occhi
immaginandoli coperti da una benda di velluto nero, serica e
impalpabile come i
suoi capelli, e gli altri sensi si acuiscono, come quelli di un
prigioniero nel
buio della segreta. Le sensazioni diventano lampi di luce: il bianco
delle sue
mani sulle cosce, l’oro della sua lingua che saetta fra le
natiche, l’arancio
delle sue dita che si fanno spazio, il rosso del dolore e della
passione che mi
invadono quando lui, infine, mi prende. Spalanco gli occhi ma vedo
ancora nero:
quello profondo e insondabile dei suoi occhi, quello opalescente dei
suoi
capelli che schermano a tratti il suo sguardo dolce e selvaggio,
seguendo il
ritmo dei suoi affondi.
Come colpi di spada recidono i miei vincoli, ed è lui il
principe, ed è lui il drago, che sputa il fuoco che mi
avvampa strappandomi un
grido prolungato di piacere.
È lui il nemico che, vinto, crolla stremato su di me.
Lo accarezzo
dolcemente sulla testa e sulla schiena, mentre
il suo respiro torna regolare. Il mio cuore, invece, batte ancora
all’impazzata.
Lui solleva la testa e mi guarda preoccupato.
“Sta… stai bene?” mi chiede.
“Benissimo…”
“Ma il tuo cuore…”
“Lo sai, non è mai stato meglio di
così” lo azzittisco.
Lui sorride, e affonda di nuovo il volto nel mio petto.
Mugugna qualcosa.
Gli afferro il mento e gli tiro su la testa, portandolo a
guardarmi negli occhi: “Non si capisce se parli
così, testone” lo rimprovero,
scherzoso.
“Ho detto… ehm… grz”
“Eh?”
“GRAZIE” scandisce infine con l’aria di
uno che ha faticato
un sacco.
Sorrido, consapevole dello sforzo che gli richiede usare
quella parolina, ma non so resistere al gusto di infierire un
po’.
“E di cosa?”
Rotola di fianco, poi si mette seduto in fondo al letto,
abbracciandosi le lunghe gambe piegate. Mi guarda con occhi spalancati
poi
abbassa lo sguardo, quasi accigliato e scrolla le spalle.
“Credo di aver capito. Sì, insomma, quando dici
che ho
guarito il tuo cuore e altre smancerie del genere” dice
arricciando il naso un
po’ disgustato.
Sorrido divertito e insisto.
“…e?”
“Valelostessoperme” dice d’un fiato.
“In che senso?” continuo io ostentando
un’aria ingenua.
“Sai quando io ho le mie…”
“Cose?”
“Cose cosa? Ma vaff… smettetela con questa
storia… non sono
una donna!”
“Poco ma sicuro” insinuo, ammirando il suo corpo
nudo.
“E che a volte sono un po’…”
“Lo so”.
“E tu mi fai…”
“Lo so”.
“Ecco” sorride soddisfatto, “visto? Anche
io le dico, le
cose”.
Fargli notare che in realtà non ha detto niente sarebbe
superfluo: per come è lui, ha fatto praticamente
un’arringa. Continuo a
sorridere e lo accolgo di nuovo quando torna a distendersi sul mio
petto. Ma
non fa in tempo ad adagiarsi che scatta subito su con un gridolino.
“So… sono stato io?” balbetta sconvolto,
indicando i segni
rossi sui miei polsi e graffi sottili sul costato. Annuisco lievemente.
“Ommioddio, amore, scusa!” fa, con tono quasi
implorante.
E, stavolta, non riesco a trattenere una risata.
*Il titolo e la citazione vengono da una canzone di Pink che in realtà… ehm.. dice esattamente il contrario di quello che il mio taglio lascia ad intendere… Ma era quello che mi serviva… art for art’s sake…XD
Ve l’avevo detto… più che altro è una scopata con Ken XXDD