La seta sotto le mie dita è morbida. Più dei petali di
magnolia. Più dei capelli del mio Signore.
Ah, i suoi capelli! Li ho sognati tutti questi anni, notte dopo notte, mentre
la luna cresceva e diventava piena e tornava ad assottigliarsi, e con lei anche
il mio corpo si gonfiava e modellava fino a raggiungere la sua forma.
La sua perfetta forma.
Quella che vedo riflessa ora in questo specchio macchiato dal tempo, mentre
tengo scostati i lembi del kimono per ammirare i miei seni candidi, la curva
incantevole del ventre, le cosce sottili.
Il rantolo della vecchia si è fatto più fievole. La osservo nello specchio: la
testa è rovesciata indietro in cerca di aria, le mani stringono convulse la
coperta. Faccio una smorfia. I moribondi fanno sempre così, come se cercassero
di afferrarsi alla vita a tutti i costi.
Che spreco.
Kaede non ha nessuna ragione per vivere. I vecchi non ne
hanno, in assoluto. Torno a guardare la giovane donna nuda nello specchio: la
bellissima giovane donna che sono io. Io ho una ragione per vivere, invece.
Tutta la mia esistenza è trascorsa nell’attesa di questo momento: i miei sedici
anni, e la fioritura dei ciliegi. Hanami. Fuori dalla finestra posso vedere
l’aria che sembra tremare insieme alle migliaia di fiori rosa. Fra poco uomini
e donne usciranno dalle loro case per ammirarli, e i nobili si confonderanno
con gli umili, e scarpette di seta e piedi nudi calpesteranno lo stesso
terreno.
Kaede non ci sarà. Se ho fortuna, non ci sarà più, in assoluto: la sua agonia
sembra giunta al termine, e così ogni mio obbligo nei suoi confronti.
Arrotolo attorno all’indice una ciocca dei miei capelli.
Sono lisci e lucidi: sciolti, mi sfiorano le ginocchia. Come quelli del mio Signore.
Il mio amato Signore, che mi ha lasciato qui otto anni fa, affinchè la vecchia
mi accudisse, mi desse un’educazione, mi rendesse una donna.
Una donna degna di lui.
E’ per questo che lo ha fatto, non è vero? Quando guardo la luna dalla finestra
mi pongo questa domanda e ogni volta mi rispondo che non può essere
diversamente. Sesshomaru voleva che io crescessi fino a diventare perfetta:
l’impeccabile sposa del Signore dell’Ovest.
Almeno, è quello che io desidero.
Lui, in effetti, non me lo ha mai detto: e a pensarci bene non ho più ascoltato
una sola parola dalle sue labbra. Fino a tre anni fa, nel giorno della
fioritura dei ciliegi, è venuto qui e ha lasciato cadere in terra il suo dono.
Un kimono. Subito dopo, senza aspettare il mio grazie, mi volgeva le spalle e
in un lampo argentato spariva contro il cielo.
E’ riservato, il mio Signore.
Troppo.
Ma ci sarà tempo per cambiarlo.
Sorrido. Ci sono questioni che hanno bisogno di pazienza per essere risolte.
Quando saremo sposati – perché lo saremo presto, forse già domani – dovrò pur
dirgli che non può trascorrere i suoi giorni vagando nella foresta. Per
esempio, il palazzo di sua madre. Me lo ricordo bene: una fortezza smisurata:
fin troppo, per una donna sola. Sarebbe opportuno che la Signora accettasse una dimora più consona al suo stato e lasciasse a noi la sua. Un po’
tetra, ma nulla che non si possa sistemare con il tocco di una donna. Una donna
umana. Io.
Il respiro di Kaede è quasi impercettibile. Sta andando,
questione di minuti. I suoi occhi sono velati ma sembrano cercarmi. Vorrebbe
che mi inginocchiassi accanto a lei, che le prendessi la mano, che le tenessi
compagnia mentre scivola nel regno dei morti.
Ma io non ho tempo. Devo passare olio di mandorle dolci sul mio corpo, e
profumi speziati sui miei capelli. Perché questa volta non lascerò che il mio
Signore mi volti le spalle e spicchi il volo verso il suo mondo. Oh no. Questa
volta farò un passo verso di lui prima che faccia cadere il suo dono, e con un
solo, piccolo gesto farò scivolare il mio kimono in terra. E sarò nuda, davanti
a lui, con la mia carne rosa a cui non saprà resistere.
La piccola Rin è cresciuta, mio Signore, ed è stanca di aspettare.
La piccola Rin vuole la ricompensa per tutte le notti che ha trascorso al
freddo davanti a fiumi gelati, senza una coperta per riscaldarsi, senza cibo, i
piedi gonfi per la stanchezza.
La piccola Rin vuole quel che le spetta.
Un regno.
E il Signore di quel regno.
***
L'aria profumava di fiori di ciliegio, il vento portava con
sè i petali che con sfumature rosa appena bagnati dalle ultime piogge
scintillavano sotto i raggi di un sole di aprile penetrando tra le grigie nubi
che si stavano appena dissipando.
Lui era lì sotto quel sole aspettava di essere accarezzato dal vento, aspettava
che la brezza gli sfiorasse i lunghissimi capelli d'argento che brillavano
ancor di più dei petali, perchè lui era un Kami, lui con la sua lunga coda
alta, la sua spada legata sul suo fianco sinistro e la sua immagine ferma e
superba spezzava il vento con un solo sguardo.
Tutto era passato, tutto si era portato via tanto e tanto ancora doveva
avvenire, lui era come un fiore di ciliegio ormai sbocciato, lui era ormai
grande.
Osservava l'orizzonte come se aspettasse ancora qualcosa, forse il saluto di
una persona cara che lo aveva lasciato, lui aveva vinto ma tanto dietro è andato
perso, le guerre si al finire cambiano i guerrieri.
Sesshomaru era un grande Youkai, un Kami adesso, la sua mokomoko si biforcava e
svolazzava sopra la sua imponente figura, tutto attorno il paesaggio era
magnifico, lui osservava il tutto dall'alto di un cucuzzolo, sentiva gli odori,
osservava la vita della gente che una volta uccideva e adesso vegliava su di
loro.
Gli avevano costruito loro una Kamidana dove ogni uomo per suo ricordo e
rispetto quando passava, come quel contadino che lui stesso adesso stava
osservando, posava delle spighe di grano e salutava con un gesto
quell'altarino.
Lui adesso con sorrisino velato pensava agli umani, pensava quanto erano
deboli, quanto la loro vita era breve e laboriosa, quanto il loro animo poteva
essere puro ma allo stesso tempo poteva macchiarsi, e pensava anche a
proteggerli dall'alto, da quell'altura silenziosa e luminosa.
Lui non accettava doni dagli umani ma adesso comprendeva i loro gesti, lo
facevano per rispetto, Sesshomaru sapeva che un giorno la vita degli uomini
avrebbe preso delle strade diverse e loro si sarebbero dimenticati quasi di
quegli youkai che li hanno protetti, ma anche lui sicuro e fermo continuerà per
la sua strada e quando potrà si riaffaccerà su loro che un tempo erano le sue
prede.
Non si era dimenticato dei suoi conoscenti, a Rin aveva portato dei doni, uno
ogni tanto, come riconoscenza, quella bimba dal faccino buffo gli aveva
insegnato tanto, gli ha fatto vedere il mondo degli umani con occhi diversi,
adesso doveva essere grande erano passati degli anni dall'ultima volta che
l'aveva vista, calcolando il tempo degli umani forse tre anni.
Sesshomaru preferiva restare lontano dal villaggio dove ella vive con Kaede per
non interferire più nella sua vita di umana, lei era una di loro, aveva addosso
quell'odore fragile e ingenuo che gli ricordava quanto era diversa da lui, lui
che gli aveva fatto da padre, lui che l'aveva accolta e protetta, lui aveva
fatto ancora di più di quello consentito per lei.
Adesso sperava che la ragazza lo ricordasse così come lui era e lo ricordasse
per quello che aveva fatto per lei, ormai lui era lontano dal suo mondo ancora
più di prima.
Il suo pensare fu distratto, qualcuno stava morendo sentiva la presenza di uno
youkai della morte, e aveva capito di chi si trattava, con un balzo saltò verso
l'alto e volò verso quel cielo azzurro ormai sgombro.
***
Entra come una folata di vento. Ne sento prima il soffio
gelato sulle spalle, lo riconosco, mi stringo addosso il kimono, mi volto.
E’ davanti alla porta, ancora più bello di come lo ricordavo. E’…diverso, mi
sembra. E non solo perché ora i suoi capelli sono raccolti in una coda, e
perché la sua mokomoko sembra più rigogliosa. E’ qualcosa nei suoi occhi. Una
superiorità che non conoscevo, e che per un istante mi intimorisce. Passa
subito.
E’ tornato. Ed è tornato per me. Sorrido, mentre lui guarda alle mie spalle.
Verso la vecchia, suppongo. Forse vuole essere certo che sia morta, desidera
che l’ultimo vincolo che mi lega a questo villaggio svanisca.
Ha un animo nobile, il mio Signore.
Troppo.
Gli esseri umani non sono abituati al bianco e al nero. Gli esseri umani sono
fatti di tutte le sfumature del grigio. Non è necessario essere nobili per
vivere: un Demone, forse, non può comprenderlo. Ci sarà tempo.
Sorrido, mi avvicino a lui. Sentirà il mio odore, ora. Gli
arriverà come il più squisito degli aromi, lo inebrierà. Lo vincerà.
C’è solo un passo a dividerci. Alzo il mio viso verso di lui, lo guardo negli
occhi. Bellissimo. E mio.
Le mie mani sembrano farfalle mentre stringono i lembi del kimono, lo aprono e
lo lasciano cadere.
***
Sesshomaru aveva sempre guardato in faccia i suoi nemici,
alcuni erano delle sue prede o degli esseri che gli avevano mancato di
rispetto, di fronte a sè aveva una donna, quella che non era più la bambina di
un tempo quella che adesso si era umiliata, quella lì non era la sua piccola
Rin.
Lei in quell'istante tragico aveva cospirato di vederlo per averlo, e
lui era caduto in quella trappola.
Nessuno lo avrà mai, non si può possedere un Kami, lui non è parte del suo
mondo, lui non è altro che un essere divino che sta al di sopra dei bisogni umani,
e quella che aveva di fronte era una donna che voleva soddisfare una sua
voglia.
Sesshomaru deluso e indignato piegò le sopracciglia. Il profumo invitante e il
corpo perfetto della fanciulla invece di attirarlo gli davano un senso di
nausea i suoi istinti erano fermi per l'indignazione e il disprezzo che
provava, la guardò come guardò in faccia arrabbiatissimo Moryomaru, poi gridò
con un rimprovero: "Kaede sta morendo!".
Sperava che chi aveva di fronte capisse l'errore che stava facendo, lei non
aveva attenzioni per quella donna che le aveva offerto un tetto e una famiglia
che le aveva insegnato tanto e in quell'istante molto importante era lì nuda di
fronte a lui e si era servita di tutto questo per mostrarsi a lui.
E così quello che lui aveva fatto per lei, per una umana era stato inutile, i
ricordi che aveva Sesshomaru morirono in quell'istante, in quello stesso
istante quando si era trovato di fronte quei seni nudi e chiari e quel viso non
di bambina innocente ma di un essere più sporco di tutti i demoni che aveva
affrontato.
Quella Rin non aveva capito nulla, non era come lui pensava, lo aveva tradito,
lui aveva riportato alla vita un mostro, Rin è morta tempo fa adesso chi ha di
fronte non è la stessa.
"Spostati! Vergognati Donna!"
***
Batto le palpebre. Non ha mai usato questo tono di voce con
me. Non mi ha mai detto nulla più di “Seguimi Rin” o semplicemente “Rin”. Ma
senza alcuna espressione, come se dietro le parole non ci fosse altro che
quello che intendeva dire in quel momento. Rin, mettiti in cammino. Oppure:
Rin, vieni qui. Ora la sua voce non è fredda: ribolle di furia.
Faccio un passo indietro. Per la prima volta mi sembra di vederlo come appare
ai suoi nemici: alto, potente, fatale. Forse dovrei fuggire. Forse dovrei
gettarmi in ginocchio e chiedere pietà.
Invece, sorrido di nuovo.
E’ così che accade agli uomini: quando un sentimento è troppo forte, reagiscono
negandolo. Me lo ha detto Anuki, giusto una settimana fa, mentre passeggiavamo
lungo il fiume. E Anuki è una maiko, diventerà geisha: sa bene come si trattano
gli uomini.
Sesshomaru non è un uomo, è vero. Ma è pur sempre un maschio.
Fai quel che il tuo cuore sente di dover fare, mi ha detto Anuki. E io lo farò.
Mi avvicino a lui, senza tremare, e mi stringo al suo grande corpo.
***
Sesshomaru sgranò gli occhi: "Scansati! Ho detto!"
Il tocco di quella donna aggrappata adesso a lui col pensiero della bambina che
un tempo era innocente e pura, che adesso era cambiata, l'odore della morte di
quella donna mischiato a quello di lei e il desiderio di dare
l'ultimo saluto a Kaede per ciò che aveva fatto con almeno uno sguardo, e
soprattutto l'impedimento che metteva Rin col suo corpo, agitarono l'animo del
Daiyoukai, Rin non gli obbediva, allora la scaraventò a terra e la guardò con
sguardo fisso e severo. Lei non abbassò lo sguardo ma continuò ad
osservarlo, fu rapita da lui era incantata dalla sua figura bellissima e aveva
toccato, si era avvicinata a quel corpo forte e robusto che aveva sempre
sognato di stringere tra le sue braccia e essere posseduta da lui come lei
voleva, come la sua amica le raccontava, che era bello, la sua ingenuità non le
faceva pensare che stava sbagliando.
***
Non posso sbagliarmi. Non è possibile che io mi sia illusa per tutti questi anni. Lui mi vuole. Altrimenti non mi avrebbe salvata dalla morte, per ben due volte. Altrimenti non mi avrebbe protetta, non mi avrebbe lasciata qui per darmi il tempo di diventare una donna. Mi sta guardando come se volesse rimproverarmi: ma è se stesso che rimprovera. Non vuole seguire la strada di suo padre, non vuole amare un’umana. Ebbene, questa umana lo convincerà. Non c’è che un modo, penso, rialzandomi e tornando ancora una volta verso di lui. Prima che possa fermarmi, poso le mie labbra sulle sue. Ora, non potrà respingermi. Ora tutto questo finirà.
***
Lei si avvicinò a lui mentre il Kami guardò per l'ultima
volta Kaede che ormai aveva emanato l'ultimo respiro, indifferente si allungò
verso le labbra del desiderato e lo bacio.
Mai mai una donna umana gli era stata così vicina, mai nessuna si era permessa
di oltrepassare quel confine, quel mostro che aveva posato le sue labbra sulle
sue proibite aveva deturpato la sua immagine aveva calpestato tutto quello che
per lui, che per Sesshomaru era stato importante, l'anima della donna era
dannata e voleva dannarlo nessuno poteva avvicinarsi così a lui Rin era morta
con lei tutto se ne era andato prima che arrivasse lì, lui non la desiderava
non la voleva non poteva essere obbligato da una ningen.
Da una donna che non amava, da una Rin che lo aveva ingannato con il suo nero,
nero che quando era bambina non aveva mai mostrato, cosa era successo?
Gli umani cambiano, anche in male, gli youkai no, non gli youkai come lui.
Quello non era un gesto d'affetto, di amore, quello era un segno di desiderio e
nessuno poteva desiderarlo senza il suo consenso.
Sesshomaru scattò in avanti trascinandosi il corpo delle giovane verso la
parete che aveva di fronte, uno scatto, un fulmineo scatto, più veloce del sangue
che adesso fuoriusciva dal ventre di lei e gli bagnò i lunghi e scintillanti di
verde artigli.
Per lei era finita.
La sua vita era già finita quando era solo una bambina e fu assalita, prima di
essere stata presa da lui.
Sesshomaru abbandonò la capanna, Kohaku che era nei dintorni entrò e vide a
terra il corpo nudo della ragazza che era riverso su Kaede.
Lui la aveva amata, se solo lei lo avesse voluto avrebbero vissuto insieme e
lei adesso sarebbe viva, con lui.
Nessuno può possedere un Kami l'ira divina si era scagliata contro di lei.