Capitolo 1. Risvegli.
Un lungo sonno.
Non sapevo cosa significasse dormire prima di ritrovarmi sull'erba bagnata,
dopo essermi svegliato.
E' come ritornare alla vita dopo che si è morti, è come rialzarsi dopo che si è
caduti.
Respiro, l'aria è fredda, le narici, che sensazione strana, è bruciore quello
che sento, come quando mentre combattevo per allenamento contro mio padre mi
ferì il naso con i suoi artigli.
Ma non mi era mai successo solo respirando, che succedeva all'aria?
Poggiai le braccia sull'erba fredda per rialzarmi, ero disteso ancora a terra e
vidi qualcosa di orribile.
Guardai il mio braccio sinistro, era cambiato, era diverso.
Pensai che non era l'aria ad essere cambiata ma io, ancora una volta.
Ritrovai la mia forza d'animo, in qualsiasi modo ho sempre lottato per sopravvivere,
ero io ma cambiato.
Mi osservai, neanche la mia mokomoko c'era più, i miei capelli erano adesso
corti quasi sfioravano le mie spalle, sempre lisci, li toccai con la mano
destra, umana, terribilmente umana, i miei artigli erano spariti solo il
braccio sinistro li possedeva molto lunghi come spine nere di un rovo, il
colore dal braccio era poi rosso, come un guanto, lungo che arrivava al gomito,
lo toccai era parte di me.
Ero a petto nudo, il mio corpo abbastanza muscoloso e forte era uguale al mio
di forma umana, non capivo come mai mi trovavo così cambiato e guardandomi
attorno, non conoscevo quel luogo.
Accanto a me c'erano alberi un grande prato in discesa con ai lati due colline
anch'esse ricoperte di erba.
Accanto a me tanti cani selvatici banchettavano con la carne degli umani, ma io
non sentivo l'odore forte e acre del sangue eppure non erano molto lontani.
Non capivo, non capivo cosa mi era successo, provai anche a spiccare il volo ma
mi sollevai soltanto per poco dal terreno, poi qualcosa mi riportò con i piedi,
nudi, di nuovo sull'erba gelida.
Era un trucchetto di Naraku? Cosa aveva fatto questa volta, il maledetto è
riuscito a lanciarmi qualche sortilegio?
Appena riesco a ritornare in me stesso lo ucciderò, il bastardo, quel
mezzodemone bastardo.
"Ehi mezzodemone bastardo mi aiuti a killare questi cani?"
"Mezzodemone bastardo a chi? Stolto umano bifolco!" dissi adirato,
come si permetteva non sapeva quell'essere deprimente chi fossi io in realtà e poi,
killare, che lingua è?
"Adesso morirai sotto la mia lama. Fetido! Nel mio vocabolario si dice
uccidere!" Dissi ancora.
Cercai la mia spada possedevo solo un ferrovecchio neppure buono per uccidere
uno di quei cani. quella era la mia arma. Il sangue mi rabbolliva dentro, dove
erano finite le mie vere armi?
Tirai il ferrovecchio a terra e scattai verso quell'umano dallo sguardo stupido
con l'artiglio sinistro puntato contro di lui.
Lo colpii, il tizio cadde a terra e si rialzò senza neppure una goccia di
sangue sul suo insopportabile volto.
Che maleficio era mai questo?
Continuai a colpirlo ma non successe niente, presi in mano il ferrovecchio e
provai su di lui, ma il tipo cadeva e si rialzava senza farsi del male.
Io non capivo.
"Stupido sura non sai che i novellini non possono killare altri
guerrieri?"
"Lo stupido sarai tu, stai zitto e muori!" Continuai a colpirlo
sempre più forte ma non riuscii a ucciderlo.
Mi chiamò Sura.
"Io non sono un Sura! Sono Sesshomaru-sama portami rispetto o muori!"
Il tizio mentre continuava a rimbalzare per via dei miei colpi, mi guardo'
stupito e cominciò a ridere.
"E chi è questo Sesshomaru-sama?"
"Un grande youkai migliore di te insolto!".
"Youkai ma sei impazzito? Tu sei un hanyou non uno youkai."
Quella fu l'offesa più grande che potette farmi, lui si sbagliava tantissimo e
io non potevo ucciderlo, mi sentivo imprigionato, doveva essere quello che gli
umani chiamavano sogno e io volevo svegliarmi, accettai tutto di me ma non il
fatto di essere un hanyou.
***
Profumo di erba appena tagliata. Mi piaceva. Mi piaceva quando?
Apro gli occhi. Una brezza leggera mi accarezza i capelli. Vento. Lo ritrovo come un amico. Amico? In quale vita?
Il mio mondo di prima è un’ombra pulsante. C’era, appunto,
il vento, tutto attorno a me. Era me, in qualche strano modo che non
capisco. E c’era il rumore del mio cuore che batteva. Ne sentivo i colpi dentro
le orecchie. Prima veloci, poi…sempre più leggeri. Fino a fermarsi.
Mi rizzo a sedere.
Attorno a me alberi dalle foglie dorate. E animali. Lupi. Un branco.
Aggrotto le sopracciglia. Ero nemica dei lupi, un tempo. Questo lo ricordo.
Ricordo di averne uccisi molti. Ricordo di essere stata forte.
E morta.
Porto la mano alle labbra. Sono calde. Sono viva, respiro.
Eppure ricordo un altro prato, cosparso di fiori bianchi.
Ricordo di aver visto tremare e svanire l’immagine dei fiori, mentre mi
addormentavo.
E c’era un’altra immagine, che mi scalda e mi ruba un sorriso e un sospiro di
nostalgia.
Due occhi d’oro, fissi nei miei. Due occhi che sembravano impassibili, ma dove
si agitava qualcosa a cui non sapevo dare un nome, ma che mi aveva fatto
palpitare di felicità.
Quel palpito è qui, ora, in questo luogo che non conosco.
Lui è venuto da me. Lui è venuto per me.
Lui…chi?
E io, chi sono e dove sono?
Osservo il mio corpo: indosso una tunica di fattura
singolare, con ricami d’oro sul gonnellino che copre a malapena le mie gambe.
Arrossisco constatando che la scollatura dell’abito è decisamente più profonda
di quelle a cui ero abituata. Poi, vedo il mio braccio sinistro. Non è più candido
ma rosso scuro, e le dita della mano terminano in lunghi artigli ricurvi.
Mi tocco i capelli. Sono sciolti e sembrano più corti del solito. Ne strappo
uno: avverto la piccola fitta di dolore. Un dolore nuovo. Un dolore umano.
Io non ero umana. Questo lo so, questo lo ricordo.
Porto davanti agli occhi il capello.
Rosa?
Che colore disgustoso. Avevo i capelli nerissimi io, e ammalianti occhi color
della brace, e un ventaglio con cui potevo tagliare l’aria e la carne con la
forza di cento lame.
Ora ho solo una spada. E’ poggiata sull’erba accanto a me. La impugno. Non
sembra possedere forza demoniaca. E’ un pezzo di metallo, nulla di più.
Un incantesimo, questo è certo.
Un incantesimo per…qual era il mio nome? Non riesco a ricordare. Tutto si
confonde nella mia mente: occhi ardenti e crudeli che fissano i miei, un lampo
viola che brucia la mia carne, la sensazione del volo. Il prato. Quegli altri
occhi, color ambra, non distanti come erano stati fino ad allora, che mi
guardavano come io avevo sempre sognato…e a chi appartenevano?
Rumore di zoccoli. Afferro la spada. Non so dove mi trovo, ma so di non essere
abituata ad abbassare la guardia.
Una donna a cavallo. Ha capelli verdi e una lunga lancia sottobraccio.
Si ferma davanti a me.
“Nuova?”
Diretta, la piccola.. Comunque, non sembra aggressiva.
Ricambio il saluto. Lei rimane ferma davanti a me.
“Se vuoi, ti expo. Non ho nulla da fare”.
Stupita, provo a ripetere la parola. “Ex…po? Cosa significa?”
La ragazza ride.
“Sei proprio nuova, allora. Significa che ti faccio crescere. Che ti rendo più
potente”.
Dev’essere una magia immensa quella che mi ha colpito. Devo stare molto
attenta. Seguirò questa donna e cercherò di ottenere il maggior numero di
informazioni su questo luogo.
“Mi chiamo Astro”, dice lei. “E tu?”
Già. Qual è il mio nome?
Non importa, ora. Finchè non lo ricorderò, ne userò un altro. Penso al colore
dei miei capelli. Sorrido.
“Mi chiamo Rose”.
***
In seguito quello che accade fu ancora più peggiore, una donna stranissima si
avvicinò a me dopo che l'insolente e stolto ningen se ne era andato, aveva i
capelli legati in modo strano di un colore
particolare, rosso corvino.
Prima mi osservo' senza dire nulla poi si avvicinò verso di me e disse: "Mi
expi Please!"
Io la guardai sbalordito, cosa voleva dirmi, e non potevo neanche ucciderla se
era un'offesa.
"Cosa vuoi che ti faccia?" Continuai a osservarla con i miei occhi dorati
abbastanza in vista.
"Exparmi? ASD non sai quello che significa?"
"ASD che?"
Da male in peggio.
"Ti prego, mi spoglio pure se vuoi." disse lei abbastanza disinvolta.
Ma dove ero finito? Quel posto era peggio del Sengoku, Prima lo stolto immortale,
adesso questa donna sfrontata. Ma che mondo di pazzi è questo e io perchè sono
qui?
"Spiegami! Cosa significa?" Le dissi per evitare di pensare più, la mia
testa, la sentivo quasi scoppiare.
"ASD nabbo!"
La donna se ne andò velocemente correndo e mi lascio' con tutti questi dubbi,
pensai che dovevo trovare una spiegazione da solo e che dovevo fare di tutto
per ritornare a essere me e non un essere disgustoso, un Hanyou.
***
Quando sento una mano posarsi sul…sì…sul fondo della mia schiena penso subito
al bonzo.
Anche lui qui? E insieme alla furia e all’indignazione si fa
largo nel mio cuore un barlume di speranza. Se il bonzo è qui forse
l’incantesimo non riguarda solo me. E se così fosse, potrebbe esserci anche…
Due occhi d’oro. Lunghi capelli d’argento.
Prima di formulare il pensiero per intero, però, la mia mano è scattata verso la gola dell’insolente alle mie spalle.
Ma gli artigli della sinistra non affondano come avrei voluto.
Magia. E va bene. Mi hanno tolto i poteri che so di aver avuto. E comunque non è il bonzo. E’ un individuo abbigliato con uno strano kimono e con singolari capelli arancioni dritti sulla testa. E in mano ha quel che mi serve: un ventaglio!
“Dammelo”, grido.
Lui mi guarda, stupefatto.
“E perché, dal momento che non puoi usarlo?”
“Come osi? Io ero la Signora del Vento e…”
La signora del vento. Così mi chiamavano.
“Era il tuo nick precedente? Meglio Rose. Comunque non puoi usarlo perché sei
una Sura. Lui, invece, è uno sciamano”.
E’ Astro a parlare. E’ gentile, questa donna. Deve aver intuito che non so come
muovermi in questo mondo. E cosa significherà “Sura”?
Lo “sciamano” allunga di nuovo la mano verso di me. Scatto verso destra.
“Non farlo mai più”, urlo.
“Smettila Fighetto91”, dice Astro.
Che razza di nome sarebbe?
“Sei fida?”, chiede lo sciamano.
Lo guardo senza capire.
“Sì insomma, fidanzata. Io voglio sposare una Sura. Hanno le tettone”.
E’ troppo. Non posso ucciderlo. Non posso in alcun modo rispondere a questo
oltraggio. Lacrime di rabbia mi pungono la gola. Faccio l’unica possibile:
corro via, ricordando la bellezza perduta dei miei voli di un tempo.