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Autore: marthiachan    26/03/2010    9 recensioni
Cosa accadrebbe se un giorno Ryo non sopravvivesse a una delle sue pericolose missioni? Come reagirebbe Kaori? E poi, sarà tutto vero?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Cosa accadrebbe se un giorno Ryo non sopravvivesse a una delle sue pericolose missioni? Come reagirebbe Kaori? E poi, sarà tutto vero?

Dopo una lunga assenza causata da guasti al pc, due traslochi e problemi di connessione, finalmente torno a pubblicare una ff. L'inizio può sembrare orribile, ma vi prego di leggerla tutta e di non disperare. ^_^
Visto che ci sono ne approfitto anche per pubblicizzarmi un po'. Qualche mese fa ho partecipato a un piccolo contest su delle ff originali con tema vampiresco e sono arrivata seconda. ^_^  Se vi interessa potete trovarla sulla mia pagina. Si intitola “Sangue e carne”.

Vi lascio alla lettura. Spero che la mia nuova ff vi piaccia. ^_^  Grazie a chi la leggerà.


Un anno di dolore.



Il suo sguardo andò oltre il bancone e vide il suo riflesso. Il volto pallido, le occhiaie per le molte notti insonni, l'impermeabile sgualcito, i capelli in disordine e ormai più lunghi del solito.
Il suo aspetto era solo il riflesso del profondo dolore che provava ormai da quasi un anno.
“Altro whisky.” ordinò al barista.
“Stiamo chiudendo. Inoltre, ritengo che abbia bevuto abbastanza.” si rifiutò il barista con tono deciso.
“E tu chi sei per ritenere questo? Che diritto hai di giudicare i miei motivi per bere?”
“Ha già bevuto parecchi bicchieri e noi stiamo chiudendo, questo le basti.”
“Tu sei solo un barista saputello figlio di...”
“Kaori!” chiamò una voce femminile alle sue spalle.
Si voltò con una smorfia di disgusto.
“Cosa vuoi Miki? Non hai altro da fare che dare fastidio a me?”si lamentò con voce impastata dall'alcol alzando gli occhi al cielo con esasperazione.
“Se non mi occupassi io di te, chi altro lo farebbe?” obbiettò l'amica tirandola su a forza dallo sgabello.
“Nessuno, hai ragione. Lo so che sono sola, non c'era bisogno di girare il coltello nella piaga.” replicò ferita risedendosi.
“Mi dispiace Kaori, ma devi andare avanti. Ormai è passato quasi un anno. Lo so che ti manca, lo so che soffri, ma non puoi ridurti così. Non dormi, non mangi e bevi come una spugna. Questo non lo riporterà da te, riuscirà solo a farti sprofondare in una spirale di autodistruzione.”
“E se io volessi questo? Ci hai mai pensato? Magari io voglio autodistruggermi per raggiungerlo, perché non sopporto di svegliarmi la mattina sapendo che non vedrò la sua faccia assonnata e che non lo sentirò brontolare per quello che cucino, ma soprattutto non posso sopportare l'idea di non incrociare più il suo sguardo e di non sentire più la sua voce. Tu riusciresti a sopravvivere al tuo uomo Miki? Io non credo. Ti conosco bene, so che moriresti assieme a Umi. Perché allora non smetti di tormentarmi? Lasciami in pace...” concluse interrotta dai singhiozzi.
Il dolore le straziava il petto e si accasciò fra le braccia dell'amica che piangeva con lei. Senza forze, lasciò che Miki la portasse via da quel lurido bar. Quasi non si rese conto di essere portata in macchina e infine dentro casa.
Si lasciava trascinare senza opporre resistenza sino a che non vide la porta della sua stanza da letto.
“No!” si ribellò. “Non dormo più lì. Portami nella stanza di Ryo. Riesco a prendere sonno solo nel suo letto.”
Miki obbedì senza battere ciglio e poi la aiutò a coricarsi, ricoprendola con una coperta.
“Kaori, so che stai male e so che Ryo ti manca, ma devi trovare il coraggio di andare avanti. Fallo per me cara, ho bisogno di te, soprattutto ora. Sai, sono incinta e voglio che il mio bambino abbia la zia Kaori accanto. Ti prego non abbandonarmi proprio in questo momento.”
Kaori sorrise e le accarezzò il viso con dolcezza, poi si tirò su a sedere nel letto e abbracciò l'amica.
“Miki, sarai una madre fantastica, con me o senza di me. Vorrei poterti promettere che ti resterò accanto, ma non so se ci riuscirò. Non posso tornare a essere la vecchia Kaori, non senza di lui.” concluse con le lacrime che le inondavano il volto.
“Ci riuscirai cara, ma devi reagire. Lui non vorrebbe vederti così, lo sai. Voleva vederti felice e sorridente e che avessi una vita normale.”
“Lo so, ma lui ha deluso me per prima facendosi ammazzare! Ovunque sia ora non può pretendere che io abbia una vita normale!” dichiarò con rabbia mentre continuava a piangere.
L'amica l'abbracciò ancora e Kaori riuscì a sentire il calore e l'affetto che desiderava trasmetterle. Sapeva che Miki le voleva sinceramente bene, più che a una sorella, e che probabilmente aveva confidato solo a lei della gravidanza, persino prima che a Umi. Non voleva darle pensieri con il suo irrimediabile dolore, ma nonostante il grande affetto che provava per lei non avrebbe mai potuto fingere che andasse tutto bene e tornare a sorridere come prima solo per evitarle un dispiacere, non ne sarebbe mai stata in grado.
“Kaori, ora cerca di dormire e domattina fai una ricca colazione. Riposata e con lo stomaco pieno spero che potrai vedere le cose in maniera diversa.”
“Ne dubito Miki.”
“Almeno provaci, ti prego. Ora devo tornare da Umi, si starà preoccupando. Sai, lui non sa ancora della gravidanza, glielo dirò presto, ma volevo che lo sapessi prima tu.”
Kaori sorrise e si asciugò una lacrima con una mano. La sua dolce amica non era cambiata minimamente, mentre lei si sentiva estremamente mutata in meno di un anno.
Miki la lasciò sola e lei si infilò sotto le coperte. Affondò in quel cuscino che per anni aveva dato riposo a Ryo e affondandoci il viso gli sembrava di sentirne ancora il suo profumo.
Lui le mancava immensamente. Mancavano solo pochi giorni all'anniversario del giorno che le aveva portato via il sorriso e l'amore della sua vita. Ricordare quel giorno era come un lacerarsi della sua anima e del suo cuore.

Stavano per chiudere un caso. Per sventare un traffico d'armi e il rapimento della figlia di un senatore, Ryo si era recato in un vecchio magazzino abbandonato. Kaori naturalmente l'aveva seguito. Avevano liberato facilmente la ragazza, ma il lavoro non era ancora concluso.
“Portala in salvo.” le aveva detto il suo socio.
“E tu?”
“Devo concludere l'incarico.”
“Sei sicuro di farcela?” chiese lei con apprensione.
“Non hai fiducia in me?” aveva domandato lui con il suo solito sorriso beffardo.
“Certo, ma ti prego stai attento.”
“Come sempre socia. Ora vai e prenditi cura di te.” l'aveva salutata lui con uno sguardo intenso e un tono di voce che non ammetteva repliche.
Kaori lo aveva lasciato per portare in salvo la loro cliente, ma si pentiva ancora di non essere rimasta accanto a lui.
Non sapeva esattamente cosa era successo, ma qualche minuto dopo che aveva lasciato quel vecchio magazzino, lo aveva visto crollare in un esplosione. Come sempre era rimasta con il fiato sospeso in attesa che lui si facesse strada tra il fumo e la polvere sollevata dall'esplosione. Altre volte si era salvato in simili occasioni, ma quella volta i minuti passavano senza che lui emergesse dalle macerie. Lo aveva chiamato urlando disperata, ma non aveva avuto nessuna risposta.
Quasi non si era resa conto dell'arrivo della polizia e delle braccia di Saeko che l'avevano sollevata per portarla in auto. Le aveva fatto delle domande, ma lei non era riuscita a formulare nessuna risposta sensata. Aveva la gola chiusa dal pianto. La sua mente continuava a ripetere che era impossibile e che doveva essere solo un orrendo incubo, ma il sogno non svaniva e la sua disperazione aumentava mentre si rendeva conto che purtroppo era tutto terribilmente reale.
Lui non sarebbe tornato.

Miki rientrò al Cat's Eye e chiuse la porta con un sospiro prima di sedersi stancamente su uno sgabello.
“Come è andata?” chiese un voce baritonale alle sue spalle.
“Male. Kaori sta sempre peggio. Oggi mi ha detto chiaramente che vorrebbe morire per raggiungerlo.”
Umi la abbracciò e lei si lasciò andare a un pianto a dirotto fra le braccia del suo uomo. Non smise neppure quando lui la prese in braccio per portarla nella loro camera e la adagiò nel letto.
Quando, qualche minuto dopo, Miki si addormentò esausta, Umi lasciò la stanza e si diresse al telefono. Compose velocemente un numero e attese.
“Sono io. Kaori peggiora ogni giorno di più. È il caso che tu faccia qualcosa.”

La luce le feriva gli occhi. Ficcò la testa sotto il cuscino cercando di evitare quel bagliore che la infastidiva. Voleva tornare a dormire e riprendere il sogno che aveva appena lasciato, dove Ryo era ancora con lei. Sentiva il suo profumo e l'aroma della sua pelle tutto intorno a sé. Era sicuramente dovuto al fatto che dormiva nel suo letto, fra le sue cose e ormai aveva preso l'abitudine di indossare i suoi vestiti, ma voleva restare aggrappata a quel sogno più di ogni altra cosa al mondo.
Strinse gli occhi tentando di ignorare tutto ciò che la circondava, tranne il ricordo di lui. Stava quasi per crollare nuovamente nell'oblio, quando suonò la sveglia.
“Accidenti a te Miki!” urlò esasperata.
Sapeva benissimo di non avere impostato lei la sveglia, doveva essere stata la sua amica la notte precedente. Allungò la mano per spegnere la sveglia, ma non riusciva a trovare il tasto giusto. Irritata si alzò e prese fra le mani quell'aggeggio in cerca del tasto di spegnimento. In realtà non aveva idea di dove fosse. Quella era la sveglia di Ryo, lei non l'aveva mai usata. La rivoltò un paio di volte, ma quando trovò il tasto si rese conto che non funzionava. Furiosa, staccò con violenza la spina elettrica e il suono della sveglia finalmente smise si tormentarla. Con un sospiro si ficcò nuovamente sotto le coperte, ma voltandosi per un attimo verso la finestra vide un ombra. C'era qualcuno nella stanza. Ancora assonnata, balzò in piedi fuori dal letto e si mise spalle al muro in modo da avere la maggior distanza possibile con quell'uomo.
“Chi sei e cosa vuoi?” chiese armandosi della prima cosa che trovò, una lampada.
L'uomo non rispose e lei stringeva le palpebre per cercare di identificarlo nonostante la luce del sole che l'accecava. Aveva come la sensazione di conoscerlo e di non essere in pericolo, ma ultimamente non poteva fare affidamento sul suo istinto.
“Ti ho chiesto chi sei! Rispondimi!” urlò irritata da quel silenzio.
Lui continuò a non rispondere, ma fece dei passi verso di lei.
“Non ti muovere! Non ti avvicinare a me!”
Quell'uomo continuava a ignorare le sue richieste e si faceva più vicino. Si fermò quando si trovava a poco più di un metro di distanza da lei.
La sorpresa fu tale che Kaori rimase a bocca aperta e lasciò cadere la lampada che andò in frantumi.
“Tu...” riuscì solo a dire come ipnotizzata dall'uomo che aveva davanti.
“Ciao Kaori-chan.” replicò la voce che aveva sognato di risentire per quasi un anno.
“Ryo...” riuscì sussurrare prima di svenire.
Lui la prese fra le braccia un attimo dopo e poi la adagiò delicatamente nel letto. Si sedette accanto a lei e le accarezzò il viso e i capelli.
“Anche per me è bello rivederti Kaori-chan.” le sussurrò all'orecchio con un sorriso affettuoso.

L'aroma di caffè appena fatto le solleticava il naso. A fatica spalancò i suoi grandi occhi color nocciola ed ebbe bisogno di qualche minuto per ricordare cosa era successo.
“No, è impossibile. Devo essere malata e sto delirando. E questo profumo di caffè, deve essere Miki che lo prepara per me. Ryo è morto, è inutile che continuo a illudermi.” si ripeteva rassegnata.
Dei passi familiari si avvicinavano alla stanza, ma non erano quelli leggeri e delicati della sua amica. Era un passo deciso e veloce, un passo che non sentiva da un anno.
“Ben svegliata mia dolce Kaori.”la salutò Ryo entrando nella stanza con un vassoio in cui c'era una tazza di caffè, un succo d'arancia e dei biscotti.
Si rizzò a sedere sul letto spaventata. Allora non era un sogno? O forse stava impazzendo?
“Ryo, ma tu...”
“Kaori, so che hai tante domande, e ti giuro che ti spiegherò tutto, ma prima voglio che fai colazione e poi ti consiglio una bella doccia. Ti sentirai meglio e riuscirai a seguire meglio la mia spiegazione. Fidati di me, so come ci si sente dopo una sbronza.” la esortò lui con un sorriso ironico.
“Ma...”
“Niente “ma”. Il tuo stomaco ha bisogno di qualcosa di diverso dall'alcol. Inoltre, sei molto dimagrita, quindi voglio che mangi tutto.”
Lui si stava preoccupando per lei. In un altra occasione questo l'avrebbe fatta sentire felice, ma ora le dava la nausea.
“Non ho fame e tu non hai nessun diritto di darmi ordini o consigli. Pretendo delle spiegazioni e le voglio ora.” dichiarò risoluta.
“D'accordo.” acconsentì lui con un sospiro esasperato. “Sei sempre la solita testarda. Comunque, mi avevano assunto per un incarico sotto copertura all'interno della Yakuza. Dovevo infiltrarmi tra loro come tiratore scelto, ma per farlo nessuno doveva potermi associare a City Hunter, quindi ho dovuto fingere la mia morte.”
“Perché mi hai tenuto all'oscuro di tutto? Io sono la tua socia! Senza contare che io sono morta con te quel giorno! Come hai potuto farmi questo?” chiese lei in lacrime.
“Mi dispiace Kaori. Non potevo rischiare che la copertura saltasse. La mia morte doveva essere reale per tutti per essere credibile, anche per te.”
“Mi hai spezzato il cuore Ryo, te ne rendi conto?”
“Sì, lo so. Abbandonarti quel giorno è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto. È come se fossi morto realmente perché tu non eri più con me.”
“Chi è stato ad assumerti? Saeko?”
“No, nemmeno lei sa nulla. Mi ha assunto un vecchio amico americano che ora lavora per l'Interpol. Devo aiutarlo a sgominare un grosso traffico di droga.”
“Quindi nessuno lo sapeva? Nemmeno Mick? Nemmeno Falco?”
“Sì, loro lo sanno, ma solo perché gli ho chiesto di prendersi cura di te. In realtà l'ho chiesto solo a Falco, a Mick l'ho detto solo per metterlo in guardia.”
“In guardia da cosa?”
“Non volevo che approfittasse della mia assenza per... Beh... Lo sai.”
Kaori lo osservò incuriosita. Sembrava imbarazzato.
“Mi stai forse dicendo che hai confessato a uno dei tuoi più cari amici che avresti finto di morire, solo per evitare che lui cercasse di consolarmi eccessivamente?” domandò divertita.
“Conosco bene Mick, lo avrebbe fatto.”
“Evidentemente non conosci bene me. Mi credi così frivola?”
Lui si voltò a guardarla e incatenò i suoi occhi a quelli di lei. Era così tanto tempo che non si perdevano l'uno negli occhi dell'altra, ma per un attimo sembrò che non fossero passate che poche ore.
“No, Kaori. Non l'ho mai pensato, ma Mick sa essere davvero insistente e poteva approfittare di un tuo momento di debolezza. Non potevo permetterglielo.”
“È davvero ridicolo che tu ti preoccupi per me ora. Parli come se non sapessi che l'unica persona al mondo che mi ha ferito sei tu. Hai idea di quanto ho sofferto? Ti sei mai chiesto in questi mesi come stavo? O di quanto mi mancassi? Oppure sei tornato solo per qualche ridicolo senso del dovere?” lo rimproverò lei furiosa.
“Sono tornato perché mi ha telefonato Umi e mi ha detto che stavi molto male. E inoltre, perché mi mancavi immensamente. Non dovrei essere qui. Rischio di mandare a monte il lavoro di quasi un anno solo per vederti. Senza contare che se la Yakuza scopre che sono un infiltrato cercherà di uccidermi, ma mi rendo conto che per te non è abbastanza. Forse vorresti vedermi veramente morto per placare la tua rabbia!” replicò lui altrettanto irritato.
“Non dirlo nemmeno per scherzo!” urlò lei ancora più furiosa. “Sono felice che tu sia vivo, ma mi hai profondamente ferito. Una volta che questa storia sarà finita, me la pagherai. Lascia solo che ritrovi i miei martelli e vedi quello che ti faccio!”
Inspiegabilmente, Ryo scoppiò a ridere, in maniera spontanea e genuina.
“Kaori-chan non cambierai mai. Era un anno che non ridevo tanto, mi sei davvero mancata. Comunque, affare fatto. Facciamo una tregua per ora e poi potrai prendermi a martellate quando questa storia sarà finita.” acconsentì lui porgendole una mano e facendole l'occhiolino.
Lei gli strinse la mano per sigillare il loro accordo, e poi finalmente si sciolse in un sorriso. Era felice di riaverlo con sé. Persino le loro litigate le erano mancate.
“Ora vado a farmi una doccia. Sarai ancora qui quando avrò finito?”
Ryo guardò nervosamente l'orologio e poi annuì.
“Ho ancora un po' di tempo.”
“Bene. Non ci metterò molto.”
Kaori corse in bagno e si spogliò per entrare in doccia. Per un attimo si guardò allo specchio. Era molto cambiata in quell'anno. Era dimagrita e il suo viso aveva un aspetto sciupato. I suoi occhi erano cerchiati da profonde occhiaie e i suoi capelli ormai erano lunghi e senza una forma precisa. Si vergognava di se stessa e si chiese cosa aveva pensato di lei Ryo rivedendola dopo tanto tempo. Sicuramente aveva continuato a pensare che lei era un maschiaccio, tanto più ora che aveva un aspetto così trasandato. Si preparò con cura e di dedicò a rendersi presentabile e femminile. Quando diede un'ultima occhiata allo specchio prima di uscire dal bagno non era ancora soddisfatta di sé, ma era sicuramente in condizioni migliori di prima.
Attraversò la porta e andò a scontrarsi proprio con Ryo che stava per bussare.
“Scusami.”
“No, è colpa mia Kaori. Perdonami.”
Lei sorrise e lui ricambiò qualche secondo dopo. Sentì la mano di lui accarezzarle una guancia e poi i capelli con dolcezza. Chiuse gli occhi per assaporare quel momento tanto atteso e rimpianto. Sentiva il suo alito caldo sul viso e sperava che i suoi desideri si sarebbero realizzati e che finalmente Ryo l'avrebbe baciata, ma così non avvenne.
“Devo andare.” disse invece lui. “Il tempo a mia disposizione è scaduto, ma sono felice di averti visto.”
“Ti prego, resta ancora con me.”
“Non posso, ma il mio incarico è quasi terminato, poi potrò tornare a tormentarti.” ironizzò lui con un sorriso.
“Ti aspetterò.” promise prima di abbracciarlo.
Sentì le forti braccia di lui stringerla con dolcezza e il suo cuore mancò un battito quando le labbra di lui si posarono sulla sua fronte per un casto bacio.
“Tornerò presto mia dolce Kaori-chan.”
Così dicendo si congedò e uscì di casa lasciandola immobile a domandarsi se lui era realmente tornato o se era in preda a un sogno molto realistico.

Senza farsi notare e prendendo strade secondarie, giunse in una villa fuori città. Parcheggiò la sua anonima auto nel vialetto. Svogliato ne scese e si diresse all'ingresso. Un uomo armato lo riconobbe e lo fece passare. Percorse un lungo ed elegante corridoio sino ad entrare in una sala modestamente arredata. Alcuni uomini vestiti di scuro, mangiavano, fumavano e giocavano a carte. Con aria noncurante prese posto in un divano e si accese una sigaretta.
“Ehi, dove sei stato di primo mattino?” lo interrogò un uomo basso e con una cicatrice sulla fronte.
“Che ti importa dove vado? Anche se facciamo lo stesso mestiere non significa che io non preferisca compagnie più interessanti.”
“Ah, ho capito, sei andato a donne! Perché non l'hai detto subito?” domandò l'altro con un sorriso libidinoso. “Potevi dircelo, ti avremmo accompagnato.”
“Non amo condividere le mie donne.”
“Ma almeno raccontaci qualcosa! Come era la donna che hai avuto stanotte?”
“Era una donna splendida, questo ti basti.” chiuse definitivamente il discorso con tono serio.
L'altro sembrò intimorito e abbassò lo sguardo allontanandosi.
Ryo aspirò nuovamente la sua sigaretta e ripensò alla sua dolce Kaori.

Dopo tanti mesi era stato strano rientrare in casa. La prima cosa che l'aveva stupito era il disordine. Non aveva mai visto la casa in quelle condizioni. Kaori era sempre stata molto ordinata e non l'aveva trascurata nemmeno un giorno in tutti gli anni che avevano condiviso insieme. Questo era decisamente la conferma che la chiamata di Umi era più che fondata. La sua socia non stava bene. Si era diretto nella stanza di Kaori, ma lei non era lì. Il letto era fatto e sembrava non essere stato usato da molto tempo. Un sospetto lo colpì e si diresse verso la sua vecchia camera. La trovò che dormiva nel suo letto. Indossava una sua vecchia maglietta e sembrava dormire serena. Non poté fare a meno di notare quanto era cambiata. Era molto smagrita e pallida, i suoi capelli erano più lunghi e i suoi occhi erano cerchiati da profonde occhiaie. C'era qualcosa di profondamente diverso in lei. Nel suo viso leggeva i segni del dolore ed era come se in quell'anno lei fosse maturata all'improvviso. Non era più l'ingenua ragazza che aveva abbandonato.
Dormiva molto profondamente, probabilmente grazie all'alcol ingerito di cui lui riusciva a percepire perfettamente l'odore pungente. Kaori non si rese conto che Ryo caricava la sveglia e che si sedeva vicino alla finestra a osservarla. Era bello vederla di nuovo. La sua pelle d'alabastro continuava a incantarlo e le sue labbra rosee erano molto più che attraenti. Il suo sguardo si posò sulle palpebre chiuse della sua socia. Attese con ansia che lei le aprisse. Voleva perdersi nuovamente nei suoi grandi occhi color nocciola.
La vide aprirli timidamente e poi ficcare la testa sotto il cuscino e infine aveva riso silenziosamente vedendola litigare con la sveglia per spegnerla. Era rimasto immobile a fissare gli occhi spaventati di lei che lo osservavano perché non poteva ignorare che lei era ancora più bella di quanto ricordava e rendersi conto di quanto le fosse mancata l'aveva ammutolito. Quasi senza riflettere si era diretto verso di lei, ma in quei pochi secondi era riuscito a ritrovare il senno perduto e quando arrivò di fronte a lei era perfettamente sereno e aveva ritrovato il suo sangue freddo. Nonostante avesse ritrovato la calma, quando le fu davanti, riuscì solo a salutarla, giusto in tempo per prendere al volo Kaori prima che svenisse proprio sopra i resti della lampada rotta. Tenerla di nuovo fra le braccia era elettrizzante. L'aveva posata nel letto e poi era rimasto per mezz'ora a cullarla. Non riusciva a separarsi da lei. Solo con un grande sforzo aveva deciso di allontanarsi per prepararle una colazione. Era sicuro che Kaori ne avesse bisogno dopo la nottataccia passata.
Lasciò Kaori a riposare e si diresse i cucina. Un grande caos vi regnava. Lavò i piatti e preparò la colazione mentre pensava al dolore che doveva avere arrecato alla dolce socia. Era certo che ora avrebbe dovuto affrontare la sua ira e molto probabilmente i suoi martelli. Non era più abituato alle botte che lei gli dava quotidianamente, sarebbe riuscito a sopportarle nuovamente dopo quasi un anno? Si accigliò pensando che anche le peggiori martellate di Kaori erano niente in confronto al dolore che aveva provato nel separarsi da lei. Per fortuna quella sofferenza presto sarebbe finita e avrebbe potuto riunirsi a lei. Inevitabilmente si chiese se sarebbe stato un bene o un male riportarla nella sua vita, ma guardandosi intorno capì che stare lontani sarebbe stato molto peggio. Aveva ricevuto spesso informazioni da parte di Falco e sapeva che in quell'anno Kaori aveva sofferto molto per la sua assenza. Si era lasciata andare e aveva iniziato a bere regolarmente ma l'amico gli aveva detto che la tenevano sotto controllo. Questo sino alla notte precedente. L'amico non l'avrebbe allarmato se non fosse stato realmente necessario.
Quando tornò da Kaori con la colazione la trovò sveglia e con uno sguardo sorpreso e irritato.
Come immaginava, era furiosa per essere stata raggirata. Quello che più l'aveva colpito però era la delusione e il dolore che traspariva dai suoi occhi. Lui l'aveva profondamente ferita e ora la rabbia la invadeva.  Come poteva essere così ingenua? Non capiva che lui lo aveva fatto per proteggere entrambi ma soprattutto per ridarle la vita che aveva perso. Aveva sprecato la sua giovinezza accanto a lui, Ryo voleva solo restituirle la libertà.
Come prevedeva avevano iniziato a discutere. Sembrava quasi che fosse irritata per il fatto che lui fosse vivo. Preferiva davvero che lui rimanesse un ricordo del suo passato, un ombra dei suoi sogni, una lapide a cui portare i fiori? La rabbia si fece strada in lui sino a che Kaori non lo minacciò di prenderlo a martellate. Fu allora che scoppiò a ridere. La sua amata socia non era cambiata. Forse il suo aspetto era mutato, ma dentro era sempre la sua testarda, impulsiva, passionale e dolce Kaori-chan. La rabbia era svanita e quando l'aveva vista sorridere aveva capito che lei era contenta di riaverlo con sé. Nonostante si sentisse ferita, umiliata e raggirata, in realtà era felice. Anche lui lo era. Quell'ultimo anno senza di lei era stato un vero inferno. Era stato inutile affogare la nostalgia nell'alcol o nel vuoto sesso con donne di cui non ricordava nemmeno il nome. Quel giorno in cui aveva finto la sua morte in realtà era morto davvero perché aveva abbandonato lei, la sua anima.
Mentre lei si faceva una doccia, aveva riflettuto a lungo. Ancora qualche giorno e sarebbe potuto tornare da lei. In passato qualche volta aveva pensato che avrebbe potuto non tornare. Non importava se lui soffriva, voleva che lei fosse felice, ma era successo l'esatto opposto e aveva avuto la conferma dell'importanza di riunirsi con Kaori. Solo un dubbio lo assaliva: cosa sarebbe successo fra loro? Sarebbe tornato tutto come prima o ci sarebbero stati dei cambiamenti? Per molto tempo aveva negato a se stesso la possibilità di amare la sua dolce socia, ma la lontananza invece di affievolire i suoi sentimenti per lei li aveva scatenati ancora più violenti e intensi. Ormai era inutile mentire a se stesso. La amava profondamente e non sapeva se avrebbe potuto starle lontano nuovamente.
Mentre questi pensieri gli vorticavano in testa, cominciò a passeggiare nervosamente per il corridoio e alla fine si ritrovò davanti alla porta del bagno. Lei era lì, oltre la porta. Riusciva a sentire l'acqua che scorreva e immaginava il corpo nudo e bagnato di Kaori. Socchiuse gli occhi e si lasciò andare a pensieri decisamente poco casti su di lei.
Quando la porta si aprì lo sorprese e si ritrovò lei fra le braccia. Fu inevitabile e gli permise di inebriarsi del suo profumo. Un briciolo di senno gli ricordò che non poteva lasciarsi andare.
Era praticamente fuggito via da lei ma non prima di salutarla con un bacio sulla fonte che gli aveva lasciato sulle labbra il suo sapore. Era stata dura tornare al suo lavoro sotto copertura, fra delinquenti con un quoziente intellettivo molto vicino allo zero, ma il ricordo di quel semplice bacio lo avrebbe aiutato ad andare avanti sino al termine di quella missione.

Spense la sigaretta e si alzò per versarsi una tazza di caffè. Si diresse alla piccola dispensa posizionata in un angolo della stanza. Per arrivarvi evitò due uomini che si azzuffavano e un terzo uomo sbronzo e poi, finalmente, prese in mano la brocca del caffè ma purtroppo era vuota. Sbuffò mentre si occupava di prepararne un altra brocca, ma interruppe non appena la porta fu spalancata e due uomini scortarono il capo della banda al suo interno. Indossava un abito color antracite e un vistoso cappotto bianco. Un enorme sigaro pendeva dalle sue labbra.
“Siete tutti qui?”
“Sì.” risposero gli uomini in coro.
“Fatevi passare la sbronza. Stasera mi servite tutti. C'è un carico in arrivo al porto.”
“Ma capo, era previsto per domani!” obbiettò un uomo.
Il boss gli si avvicinò e lo schiaffeggiò.
“Non contraddirmi feccia! Se dico che è stasera tu non devi osare replicare! Sono stato chiaro?”
“Certo capo. Mi perdoni.” si scusò l'uomo inchinandosi sino a terra.
“Vi voglio tutti pronti e armati sino ai denti per le 23.” dichiarò l'uomo con il cappotto bianco prima di lasciare la stanza.
Ryo poggiò la brocca.  Finalmente quell'incarico sarebbe terminato. Ora doveva solo avvisare il suo contatto all'Interpol. Con aria non curante, uscì in giardino e si accese una sigaretta mentre girava intorno alla casa. Si incamminò in un viale alberato e si sedette su una panchina accanto a una grande fontana decorata con statue degli Dei della mitologia greca. Poco distante, una siepe divideva la grande proprietà dalla strada. Vi si avvicinò e vi gettò la cicca. Qualche minuto dopo, un gatto siamese attraversò la siepe e lo raggiunse strusciandoglisi a un piede.
“Ciao piccola.” la salutò Ryo prendendola in braccio e accarezzandole la schiena. Con naturalezza, la sua mano si avvicinò al suo collare e premette un bottone. Qualche secondo dopo lasciò andare il gatto fuori dalla siepe.  Un rapido sorriso gli si dipinse in volto mentre riattraversava il viale per tornare alla villa.

Quella mattina Kaori aveva deciso che sarebbe tornata quella di un tempo. Per prima cosa, si diresse in cucina a riassettare, scoprendo che i piatti erano stati tutti lavati.
“Ryo...” sussurrò sorridendo quando capì che doveva essere stato lui l'artefice.
Felice di avere ritrovato la sua ragione di vita, impiegò l'intera giornata a riordinare e pulire la casa. Al tramonto, la casa era tornata quella di una volta e ogni angolo luccicava e profumava di pulito. Esausta diede uno sguardo all'orologio e si rese conto che aveva poco tempo prima che i negozi chiudessero. Doveva fare provviste per il ritorno del suo amato socio. Dopo avere acquistato il necessario per riempire la dispensa, ritornò a piedi verso casa. Stava per svoltare l'angolo quando una macchina accostò accanto a lei.
“Kaori!” la chiamò una voce femminile.
“Ciao Miki, che fai qui?” si stupì vedendo l'amica scendere dall'auto.
“Sono venuta a vedere come stai. Non mi aspettavo di vederti con delle buste della spesa. Da quanto tempo era che non andavi in un supermercato?”
“Effettivamente da molto tempo.”
“È successo qualcosa? Il tuo sguardo è diverso da quello che avevi ieri notte.”
“No Miki. Non è successo nulla. Sto solo riprendendo il controllo della mia vita.”
“Mi stai nascondendo qualcosa? Perchè nessuno mi dice nulla? Anche Umi mi sta nascondendo qualcosa... Ti prego, dimmi che succede.”
“Nulla Miki, ti sbagli.” concluse Kaori continuando a camminare verso casa.
Si sentiva in colpa per averle mentito, ma non poteva dire nulla. Doveva continuare a proteggere Ryo. Se neanche Umi le aveva detto cosa succedeva, lei non poteva essere da meno.
Un'ora dopo aveva sistemato la dispensa e aveva preparato una cena leggera che si sforzava di mangiare. Il suo stomaco non gradiva quel cibo. Dovette fare molte pause per combattere gli spasmi  e l'istinto di vomitare. Quando infine terminò il pasto ormai era molto tardi. Esausta, si sdraiò sul divano e prese immediatamente sonno.

Un tonfo la fece sussultare e si rizzò a sedere. La stanza era immersa nel buio e ci mise qualche secondo per distinguere i profili delle cose presenti nella stanza. E poi lo vide. Era un profilo che non aveva a che fare con i suoi mobili. Era qualcosa disteso a terra e si muoveva quasi impercettibilmente. Continuando a osservare si rese conto che si trattava di una persona ed era apparentemente ferita. Chi era? Cosa faceva lì? Continuava a farsi mille domande ma in realtà sapeva chi si trovava di fronte. Si alzò con circospezione e raggiunse il corpo steso a terra.
“Ryo? Ryo rispondimi!” chiamò con un incrinatura nella voce quando notò una ferita d'arma da fuoco nella spalla del suo socio.
Con un balzo corse verso la scatola del pronto soccorso. Trascinò il suo corpo sul divano e poi vi puntò una lampada sopra per avere maggiore visuale. Cominciò a pulire la ferita con il disinfettante a fatica perchè, anche incosciente, Ryo si dimenava per il dolore. Quando finì di pulire la parte si rese conto con sgomento che non si trattava di una semplice ferita. Gli avevano sparato e la pallottola era ancora dentro la sua spalla. Non le era mai capitato di doverne estrarre una. Non era in possesso degli attrezzi necessari.
Senza pensarci due volte, tamponò la ferita e poi si diresse al telefono e fece un numero a memoria. Fu la voce di una donna assonnata a risponderle.
“Miki, sono Kaori. Scusami per l'ora, posso parlare con Umi?”
“Kaori che succede?”
“Scusami se ti ho svegliato Miki, ma è urgente. Puoi passarmelo?”
“D'accordo.” acconsentì di malavoglia l'amica.
“Pronto?” rispose una voce baritonale qualche secondo dopo.
“Umi sono Kaori. Ryo è ferito e io non sono in grado di aiutarlo.”
“Dove vi trovate?”
“A casa. È arrivato qua e poi è svenuto per l'emorragia.”
“Colpo di pistola?”
“Sì, alla spalla. La pallottola è ancora dentro.”
“Capisco. Prendo tutto il necessario e poi arrivo.”
Kaori chiuse il telefono e poi tornò al capezzale del suo amato socio. Con fare protettivo, accarezzò il suo viso e i suoi capelli. Le era mancato infinitamente, aveva sofferto ogni minuto di ogni giorno che gli era stato lontano. Ora era tornato da lei e non poteva accettare che se ne andasse di nuovo.
“Resta con me.” sussurrò mentre gli posava un delicato bacio sulla tempia.
“Non credo che sarà possibile.” disse una voce maschile alle sue spalle. “Ma tranquilla, tu lo raggiungerai subito.”
Kaori si voltò e vide un uomo di mezza età con un abito grigio e un cappotto bianco che gli puntava una pistola contro. Era stata così concentrata su Ryo che non si era resa conto che qualcuno era entrato in casa.
“Chi sei? Che cosa vuoi?”
“Sapevo che c'era qualcosa che non andava in lui, ma non avrei mai immaginato che si trattasse del famoso City Hunter.”
“Non so di che parli.” negò lei terrorizzata.
“Non fingere con me bambola. Lo sanno tutti che tu sei la donna di City Hunter. Nessuno si era bevuto la storia della sua morte e ti abbiamo tenuto sotto controllo per oltre sei mesi per assicurarci che fosse veramente morto. Chi l'avrebbe mai detto che invece si nascondeva trai i miei uomini?”
“City Hunter è morto. Questo non è...”
“Basta! Taci!” urlò l'uomo irritato. “Queste menzogne offendono la mia intelligenza.”
“Ma quale intelligenza?” replicò una debole voce maschile.
Kaori si voltò e vide che Ryo era cosciente e parlava a fatica.
“Solo un completo idiota come te poteva bersi la storia della mia morte.” continuò tirandosi su a sedere. “E ovviamente sei anche un gran vigliacco. Non mi avresti nemmeno sfiorato se non mi avessi fatto sparare alle spalle da quel traditore...”
Il boss cominciò a ridere sguaiatamente.
“Ah sì, il tuo amico dell'Interpol... Credevi davvero che ci saremo fatti beccare così?”
“In realtà sì e anche in maniera più stupida. Sapevo che non era una vera indagine dell'Interpol. Ecco perchè ho avvisato le autorità giapponesi.”
“Menti!”
“Non ne ho motivo sciacallo puzzolente! Sto morendo dissanguato, che vuoi che mi importi?”
“Hai ragione, ma di lei ti importa!” minacciò l'uomo puntando la pistola contro Kaori. “E ora le faccio saltare le cervella. Sei pronto a vederla morire? Tranquillo, non sono così crudele da voler  separare due persone che si amano. Vi riunirete molto presto...”
“E credi di riuscire a spararle prima che io spari a te?” replicò Ryo tenendo in mano la sua Python e puntandola verso il boss.
Kaori lo osservò. Era debole e la mano gli tremava. Sarebbe riuscito a mantenere la mira?
“Sei ridicolo! Non sei in grado di tenere in mano quell'arma!”
“Io starò anche morendo dissanguato ma posso ancora crivellarti di colpi prima che tu riesca a sbattere le palpebre!”
Con un ultimo sforzo Ryo premette il grilletto colpendo il boss alla mano. La sua arma cadde a terra, lui cercò di riprenderla ma Kaori lo precedette e gliela puntò in fronte. Sentì una rabbia montarle dentro. Voleva ucciderlo. Voleva fargli pagare le sofferenze dell'ultimo anno e punirlo per aver cercato di uccidere Ryo. Doveva pagare!
“Kaori...”
La voce di Ryo interruppe i suoi desideri di vendetta. Si voltò appena in tempo per vederlo cadere a terra in un tonfo. Senza rifletterci, corse verso di lui e si inginocchiò accanto a lui.
“Ryo! Ti prego resisti!”
Inevitabilmente, le lacrime le rigarono il viso.
“Non lasciarmi di nuovo amor mio...” lo implorò disperata.
Lo vide aprire gli occhi e sorriderle per un attimo prima di afferrarla con il braccio e scansarla nel momento esatto in cui il rumore di un proiettile rimbombò nella stanza.
Kaori aveva chiuso gli occhi per lo spavento e aveva il terrore di riaprirli e di vedere che lui era morto. Stava per farsi coraggio quando sentì una mano sfiorarle il viso. Timorosa, aprì gli occhi con circospezione. Ryo le sorrideva mentre la sua pistola ancora fumava. Un secondo dopo lo vide crollare a terra in un tonfo e perdere conoscenza.
“Ryo! Ryo no!” urlò quando vide una nuova ferita allo stomaco del suo socio.
Si voltò verso il boss ma era stato colpito da Ryo proprio in mezzo alla fronte.
“Non avresti dovuto! Non dovevi rischiare la tua vita per salvare me!” lo rimproverò in lacrime.
Lui dischiuse gli occhi per un secondo e le sorrise ancora.
“Non esistono altri motivi validi per rischiare la vita.” dichiarò prima di svenire nuovamente.
“Kaori!” urlava una voce femminile dalla porta d'ingresso. “Abbiamo sentito gli spari”
“Miki e Falco! Loro ti salveranno!” esultò Kaori andando ad aprire la porta ma fu preceduta da Falco che la buttò giù con un unica spallata.
“Dov'è?” chiese semplicemente il gigante.
“Da questa parte.” lo guidò immediatamente Kaori.
L'uomo si diresse verso Ryo senza degnare di uno sguardo il boss steso a terra.
Aveva portato con se una valigetta del pronto soccorso e dopo aver steso Ryo a terra e averlo liberato dei vestiti era pronto ad agire.
“Uscite di qui.” ordinò alle due donne.
“No, io non posso...” protestò Kaori in lacrime ma l'amica le avvolse un braccio attorno alla spalla e la attirò dolcemente fuori dalla stanza.
La porta si chiuse di fronte ai suoi occhi. Rimase a fissarla sentendosi impotente. Una parte di lei voleva ignorare la richiesta di Umi, liberarsi dall'abbraccio di Miki e correre dentro quella stanza, ma era pietrificata dalla paura. Se fosse stata lì non avrebbe potuto aiutarlo, anzi probabilmente avrebbe solo creato impiccio a Umi e non avrebbe potuto sopportare di guardarlo morire. Era in preda a questi sentimenti contrastanti quando sentì dei gemiti di dolore pervenire da oltre la porta.
“Ryo!” tentò di urlare ma dalle sue labbra uscì solo un fiato.
I suoi occhi erano colmi di lacrime e la vista le si stava offuscando.
“Andrà tutto bene...” le sussurrò l'amica stringendo di più l'abbraccio.
Pregava con tutta se stessa che fosse vero. Non poteva credere che il destino le giocasse un simile tiro. Ritrovare l'amore della sua vita per poi perderlo di nuovo. Se fosse successo davvero i suoi propositi di raggiungerlo nell'aldilà sarebbero divenuti realtà perchè il suo cuore non avrebbe tollerato nuovamente una simile sofferenza.
Passò un'ora di angoscia in cui Kaori non perse mai di vista la porta. Pregava che si aprisse, ma allo stesso tempo ne temeva l'esito. Quando finalmente accadde, per un attimo il suo cuore si fermò.
“Ho estratto i proiettili.” comunicò Umi con tono piatto.
“Si riprenderà?” chiese Miki precedendo Kaori.
“Sì, ha perso molto sangue, ma è ancora vivo. Ora deve solo riposare e bisogna controllare spesso le medicazioni. Di questo puoi occuparti tu Kaori? Io posso venire a controllarlo una volta al giorno.”
Kaori fissava il vuoto incredula. Quando aveva visto Umi uscire da quella stanza e aveva visto il suo volto, era sicura che le avrebbe portato una tragica notizia. Ora il suo cuore poteva riprendere il suo battito regolare.
“Kaori mi hai sentito?” chiese ancora Umi.
“Sì, certo. Mi occuperò io di controllargli i medicamenti, ma forse non dovremmo portarlo in ospedale?” chiese ritrovando la lucidità.
“Erano ferite di striscio. Non hanno colpito nulla di vitale. Ha solo perso sangue. È inutile portarlo in ospedale, e poi dovrebbe spiegare troppe cose. Comunque se ti fa stare più tranquilla, chiamerò Saeko e le chiederò se può occuparsi lei di tutto.”
“Grazie Umi. Non so cosa avrei fatto senza di te.” lo ringraziò sinceramente la ragazza. “Posso vederlo?”
“Certo, ma lascialo riposare.”
Kaori annuì ed entrò con passo silenzioso nella stanza. Il boss morto era lì dove lo avevano lasciato e Ryo era adagiato sul divano. I suoi vestiti sporchi di sangue erano in un angolo in terra e Umi gli aveva posato sopra una coperta di lana per tenerlo al caldo. Si avvicinò al divano e si inginocchiò a terra.  Con fare protettivo gli accarezzò la fronte. Sembrava essere un po' accaldato, probabilmente aveva un po di febbre.
“Non ti permetterò di lasciarmi mai più.”sussurrò lei prima di baciarlo delicatamente sulle labbra.

Era passata una settimana e Kaori era affaccendata in cucina quando sentì il suono di un campanello. Sbuffò e si diresse verso la camera da letto di Ryo.
“Che c'è adesso?” chiese spazientita.
“Mi porteresti qualcosa di fresco da bere?”
“Ryo ero qui cinque minuti fa, perchè non me lo hai detto prima?”
“Prima non avevo sete.” replicò lui con tono innocente e un sorriso.
Kaori scosse più volte la testa e si diresse in cucina. Se solo lui non fosse stato in convalescenza lo avrebbe preso a martellate. Non era mica una cameriera! Mise su un vassoio un bicchiere e una brocca con del succo d'arancia fresco e tornò da lui.
“Ecco. Prima che io vada, ti serve altro? Devo preparare il pranzo.”
“Beh, una cosa ci sarebbe...”
“E cioè?” sbuffò lei rassegnata.
Ryo le prese la mano e la attirò a sé costringendola a sedersi sul letto accanto a lui.
“Kaori-chan io... Grazie per quello che fai per me.” disse lui imbarazzato.
“Ryo, lo sai che per me è un piacere, ma non approfittare della mia pazienza.”
“Sì, lo so, perdonami se mi comporto in maniera infantile.”
Kaori sorrise. Ryo sembrava diverso. In quell'anno che erano stati distanti sembrava che lui fosse maturato, o almeno in parte.
“Non ti preoccupare. Va tutto bene. Ora vado. Il pranzo non si cucina da solo!” ironizzò lei.
“Aspetta!” la bloccò lui continuando a tenerla per un braccio. “Io...” iniziò lui senza però riuscire ad andare avanti.
Kaori intuì che voleva dirle qualcosa di importante ma che per qualche motivo non ci riusciva.
“Ryo, che c'è? Sai che puoi dirmi tutto.”
Lo vide chiudere gli occhi per un momento e poi sospirare. Avvenne tutto in un secondo. Si sentì tirare verso di lui e si ritrovò fra le sue braccia mentre le loro labbra si incontravano. Dopo un attimo di sorpresa, Kaori si lasciò trasportare in quel momento magico che aveva atteso tanto a lungo.
“Non posso vivere senza di te. Starti lontano per un anno intero è stato come fare violenza al mio cuore. Perdonami per quello che ti ho fatto passare, non ti farò più soffrire.”
Kaori era esterrefatta. Non riusciva a credere che Ryo le stesse aprendo il suo cuore senza remore come lei aveva sempre desiderato.
“Lo so che non mi farai più soffrire perchè io non te lo permetterò.” replicò lei sorridendo. Si avvicinò nuovamente a lui e lo baciò con trasporto. “Ti amo Ryo.”
“Anche io ti ho sempre amato Kaori.”
Chiuse gli occhi pregando silenziosamente che non fosse solo un sogno, ma quando li riaprì e vide il caldo sguardo di Ryo capì che era tutto vero. Nemmeno nei suoi sogni più sfrenati lui le aveva mai dichiarato i suoi sentimenti. Si lasciò cullare fra le braccia del suo amato godendosi quel momento perfetto.


FINE
   
 
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