Finalmente quella lunga giornata era arrivata al termine. Ora il principe Arthur poteva ritirarsi nelle sue stanze per
il meritato riposo. Ogni qual volta che ne varcava la soglia, sperava di trovare quell'incapace del suo valletto, che lo
accoglieva con il suo speciale sorriso che gli illuminava il volto scarno. Ma come accadeva da circa tre anni a quella parte,
la delusione si faceva spazio dentro il principe erditario.
Doveva oramai essersi abituato all'idea che nessuno lo aspettava la sera, che nessuno lo avrebbe accolto.
E , invece, Arthur continuava a illudersi che Merlin non fosse partito, ma fosse rimasto al suo fianco per servirlo, per proteggerlo. All'erede al trono era rimasto solo una promessa: che un giorno lui , terminato gli studi sulla magia,fosse
ritornato a Camelot per non andarsene più.
A causa dell'odio insensato di Uther per la stregoneria, Arthur aveva una sfilza lista di nemici, che alla prima occasione lo avrebbero ucciso. Colpire il figlio per colpire il Re.
Merlin gli aveva spiegato che i soli insegnamenti di Gaius non sarebbero bastati, e per questo se n'era andato presso Lady Vivian, la Dama del Lago.
Il biondo si tolse da solo l'armatura. Dopo aver avuto al servizio Merlin, non era riuscito ad avere altri servi, che fuggivano esasperati per i suoi continui capricci. Solo quel servo dalla lingua tagliente riusciva a sopportarlo. Ma forse a dirla tutta, il principe un pochino esagerava con richieste assurde, ma solo un pochino. E lo faceva solo per il gusto di vederli correre dalle sue stanze in preda a crisi di nervi. E perchè non ammettere anche che quel posto era solo di Merlin? Per queste ragioni Uther aveva rinunciato nel suo intento di sostituire il valletto personale di suo figlio.
Arthur era fermamente convinto che un giorno sarebbe tornato, si era semplicemente preso una lunga vacanza concessa dal suo buon cuore. Poco importava, che per Merlin quella "vacanza" fosse un ulteriore fardello sulle sue spalle.
Il principe si sporse verso la finestra, mentre si perdeva tra mille ragionamenti, e osservò sotto di lui tutta Camelot: il regno che un giorno avrebbe governato al fianco del suo Mago.
La luna non era ancora alta nel cielo: era ancora presto per andare a dormire. E visto che non c'era nessuno da tormentare, Arthur decise di indossare il suo pesante mantello da viaggio e uscire per andare in una taverna a bere.
***
Appena gli occhi di Arthur si furono abituati alla luce, notò che la locanda era affollata. Ciò che al primo momento lo
aveva accecato era il bagliore di un grande falò, poichè le tre lampade appese alle travi del soffitto emanavano una luce
fioca e quasi velata dal fumo.
Si accomodò ad un tavolo. D'un tratto notò un individuo dall'aria strana, segnato dale intemperie, che sedeva in ombra vicino al muro. Aveva un grosso boccale di metallo davanti a sé, teneva le gambe distese e portava degli stivali alquanto logori e ricoperti di fango. Un mantello di pesante panno verde scuro scolorito dal tempo lo avviluppava interamente, e malgrado il calore della stanza, egli portava un cappuccio che gli faceva ombra al volto: ma i suoi occhi che lo osservavano, brillavano nel mezzo dell'oscurità.
- Chi è quello? - chiese il principe quando ebbe l'occasione di sussurrarle all'orecchio dell'oste.
- Quello? - disse l'oste a bassa voce, lanciando un'occhiata nella direzione dello sconosciuto, senza però voltare la testa.
- Non saprei dire esattamente. È un tipo taciturno, ma se ci si mette, racconta storie veramente stravaganti. Credo sia di passaggio. Come si chiama veramente non l'ho mai saputo, ma tutti lo chiamano Emyrs. -
Arthur si accorse che l'uomo che tutti chiavano Emyrs lo stava guardando, come se avesse sentito o indovinato ciò che era stato detto sul suo conto. A un certo punto, con un cenno del capo e della mano, invitò il principe ad andarsi a sedere accanto a lui. Ma come si permetteva, non sapeva che lui non riceveva ordini da nessuno, pensò Arthur. Però, decise di assecondarlo.
- Mi hai fatto aspettare tanto! Finalmente sei venuto. Credevo non ti facessi più vivo! - disse lo straniero abbassando il cappuccio, scoprendo una capigliatura corvina.
- Merlin? - Esclamò esterefatto il biondo. Il principe no n si sarebbe mai aspettato che sotto quel panno si nscondesse quel piantagrane del suo servitore, nonchè mago.
- Ah, adesso sarei io che ti avrei fatto aspettare. Non tu che sparisci per tre anni, senza ricevere tue notizie, e poi spunti così all'improvviso, come per magia, in una taverna? - sbottò il biondo.
- Arthur! - lo chiamò il moro. - Io sono giorni che vengo qui. Ho avuto una visione, nella quale ci saremmo incontrati proprio
in questa locanda. -
- Una visione? - La faccia sconvolta del biondo rispecchiva i suoi dubbi sulla sanità mentale del suo valletto .- Ma che stai farneticando? -
- Ma cosa credi che abbia fatto in questi tre anni? Una lunga vacanza? Magari, me la meriterei proprio. - affermò offeso il mago. - Ho studiato senza sosta e ho sviluppato i miei poteri. Visto che l'Asino Reale, a cui sono legato indissolubilmente, è un'attiradisgrazie! -
- Cosa sarei, io? Ritira quello che hai detto... Subito! -
- È la verità, sire! -
- Lo sai una cosa, Merlin? -
- Che cosa, sire? -
- In questi tre anni non mi sei affatto mancato.... per nulla. Credevo di essermi liberto per sempre di te, ed invece ti ho
di nuovo in mezzo ai piedi. -
- Davvero? -
- Sì! -
- È strano, sapete! -
- Cosa è strano?
- Da quello che ho potuto vedere nelle mie visioni , non direi che vi sono mancato, anzi al contrario. Non vedevate l'ora di
rivedermi! -
- Mi hai spiato? -
Il mago ghignò divertito. - Non oserei mai farlo, mio Signore! -
- Mi stai prendendo in giro, non è vero? -
- A cosa vi state riferendo? Alle visioni su di voi o sul fatto che non lo farei mai? -
Arthur rimase per un attimo basito: Merlin non era per nulla cambiato . E questo era un bene, ma era meglio non farglielo sapere. Ma non è che sapeva leggere anche il pensiero?...
Poi un sorriso diabolico accarezzò le labbra del biondo. Merlin ne ebbe paura! Quel sorriso lo ricordava bene: per lui significavano solo guai in vista.
- Perchè state sorridendo, se mi è concesso saperlo! - disse deglutendo a vuoto. Aveva una brutta.... bruttissima sensazione
e non aveva bisogno di prevedere il futuro: c'era solo una cosa che in quei tre anni che era stato via da Camelot non aveva
nostalgia.
***
- Vi state divertendo, a quanto vedo. Siete solo un borioso, arrogante... - ma fu interrotto da un pomodoro che si spiaccicò
dritto in fronte.
- Moltissimo! Sai da quando te ne sei andato, la gogna non è stata utilizzata. Dovresti esserne onorato! Diciamo che è l'unico privilegio che ti spetta! - E scoppiò in una profonda risata, illuminando quegli occhi che per molto tempo erano stati spenti.
Nonostante la gogna, Merlin era contento di ritornare a Camelot, ma soprattutto dal suo bel principe che non aveva smesso neanche da lontano di sorvegliare! .... Quello era il suo Destino e per nulla al mondo lo avrebbe cambiato.
Ma era meglio che Arthur non lo venisse a sapere, non avrebbe fatto altro che ingrandire il suo reale ego, che secondo il modesto parere di Merlin: era già spropositato!