La porta che sbatte, facendo tremare le pareti sottili di un camerino accampato, la solita fuga da una realtà piena di luci abbaglianti.
E dentro il buio, i profili morbidi degli attrezzi del mestiere, gli odori soprattutto, e la consistenza molle delle cose.
Del cerone pastoso sulla punta delle dita mentre ti sfiori il volto e l’alone sottile della lacca che si scioglie tra le mani mentre tiri i capelli alla ricerca di un punto di realtà a cui aggrapparti.
Ma il riflesso della verità l’osserva, attraverso quell’oggetto che sai essere il tuo più grande nemico.
E il tuo più forte alleato.
Senza di lui non saresti nessuno.
E lui lo sa, prendendosi meriti, divertendosi a giocare con la tua mente.
Nel buio la sua patina d’argento si accende involontariamente di bagliori dorati di una luce fievole appena accesa. Ti guarda, sogghignando nelle ombre di una scatola di cartone male illuminata.
Il volto la dentro sorride, in modo impercettibile, nascosto nelle pieghe di paura e vergogna.
“ancora problemi con quella battuta Pattinson?” , e ha già la risposta in quella pupille dorate che hanno perso da tempo la dolcezza del miele.
“vattene” mormori in risposta costringendoti a non guardarlo, a ignorare la pelle bianca che riluce con freddezza di cadavere e pietra sepolcrale.
“ti piacerebbe” ride osservandoti tra le dita che porti davanti al volto, i capelli scombinati, il trucco ormai sfatto che lascia intravedere una pelle arrossata dallo sforzo di non lasciarsi andare, e ride, con quel suo sorriso obliquo che l’ha reso famoso.
Che gli è valsa l’immortalità illusoria di una pellicola. “smettila di piangere, non sei più un moccioso” brontola l’altro vagamente annoiato,
“sei un uomo” e di nuovo il sorriso saccente di centenaria esperienza riempie la superficie liscia mentre i canini affilati scorrono sulle labbra esangui.
Ride, ricordandoti il problema, sbattendogli in faccia la realtà.
“non abbiamo tempo Robert” continua imperterrito, la voce suadente, “tic tac, tic tac, lo senti Robert? È il tempo che passa, devi rincorrerlo, devi essere più veloce, non puoi farti scappare i miei diciassette anni”.
Il ragazzo alza la testa dal rifugio delle sue braccia, richiamato da una verità che non può ignorare,
“è la tua occasione … vuoi veramente perderla Pattinson?” , e scuoti la testa lasciando che la cresta ondeggi nel movimento convulso, e l’altro sorride, cinico mentre i volti si avvicinano, riflessi in uno specchio che conosce la verità.
“bravo Robert” bisbiglia ad un millimetro dalle sue labbra, “fanculo Edward” risponde con alone caldo sulla superficie gelata.
Ed esce, riportandosi dietro un pallore naturale e la disperazione di un essere senz’anima sul set di un film che vive della sua giovinezza.



È un’idea che inseguiva da tempo. Considero il povero Robert uno degli attori più sotto pressione di questo momento. Non solo perché deve essere bello, bravo ecc ecc, ma perché devi misurarsi con qualcosa che sfugge a tutti gli esseri umani e che lui, che impersona un vampiro non può permettersi di lasciarsi scappare. Il tempo. Incastrato nel sue perenne ruolo da adolescente deve sentire passare i giorni con una velocità fustrante…