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Autore: Noth    01/04/2010    0 recensioni
Lei era irrimediabilmente morta. Per sempre, e lui doveva riuscire ad accettarlo. Basta rabbia, basta dolore...Basta.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Sono qui. Sarò qui fino alla fine della mia esistenza. Te lo prometto." Mormorò.
Lanciai un'occhiata fuori dalla finestra. La pioggia scendeva fitta e trasparente dalle nubi grigiastre e vaporose. E' da quando è morta Denise che non piove
pensai. Di colpo scossi la testa, freneticamente, provando a cancellare
quel pensiero dalla mia mente. Ci avevo messo mesi per non cadere in
ginocchio nel pensare al suo nome, non avevo intenzione di buttare via
tutto il mio lavoro per una giornata uggiosa.
Il vetro della
finestra si appannò, rendendo quella nuvoletta morbida, dovuta al
freddo inverno, un motivo per rendermi conto dell'ora. Era il primo
giorno di scuola. Avevo quasi perso l'anno precedente per colpa della
mancanza improvvisa di... bè non importa. Scesi le scale con la borsa a
tracolla mentre mi allacciavo la cintura con entrambe le mani. Afferrai
una fetta biscottata da sopra la tavola e la addentai affamato, ma non
mi sedetti.
"Daniel, fermati a mangiare" grugnì mio padre.
"Non
ho tempo" risposi seccato dal suo tono imperioso, non ero in vena di
discussioni. Non potevo rovinare questo primo giorno di scuola con una
litigata. Volevo impegnarmi, volevo eliminare...Denise. D'istinto
tossii rumorosamente ed il postino, in bicicletta, si girò nella mia
direzione. Lo salutai con un cenno del capo che lui non ricambiò.
La
scuola era relativamete vicina a casa mia, di conseguenza ci andavo a
piedi. Questo mi dava tempo per riflettere molto. Non era di certo una
cosa positiva. Tra i miei pensieri si infiltrava sempre.. lei. Ecco, lo
aveva fatto di nuovo. Trapelava da ogni discorso, ogni cellula del mio
corpo era rivolta a quella ragazza. Sbattei le palpebre per evitare di
sentire gli occhi inumidirsi. Uomo o no, non riuscivo a compensare la Sua assenza.
Il
vialetto di sterrato beige e sconnesso terminò, segnale che mancava
circa un chilometro al cancello di scuola. Quando l'anno prima non
avevo altri pensieri, prima di Denise, avevo pensato molto alla
distanza casa-scuola. Una vera noia. Poi era arrivata lei, e tutto
aveva preso colore, tutto aveva un senso, un posto, una collocazione.
Tutto... viveva. Ora sembrava tutto morto, perfino il suono dei miei
passi sull'asfalto pareva sordo e flebile. Arrivai al cancello, feci un
bel respiro, provando a cancellare quegli occhi nocciola dalla mia
testa, con scarsi risultati. Indossai il mio sorriso falso e mi avviai
verso i corridoi che portavano alla mia classe. Quando feci il mio
ingresso tutti tacquero di colpo. Un silenzio imbarazzante che non
smorzò però quella tesa linea che creava un solco allegro sulle mie
labbra.
"Daniel..." mormorò Todd. Il mio "migliore amico" li. Lo salutai con un cenno lievemente allegro.
"Ciao Todd" mi sforzai di dire senza sentirmi un completo idiota.
"Bè,
come te la passi? Spero meglio, per poco non ti abbiamo perso l'anno
scorso". Todd era una di quelle persone, con mancanza di tatto, così
stupide, che ti fanno venire voglia di strangolarlo.
"Bene, grazie"
risposi soltanto. Molti dei ragazzi di quella classe alzarono un
sopracciglio sanrcastici "davvero" aggiunsi, per sembrare credibile,
mentre sentivo il mio sorriso indebolirsi.
"Bene!" esclamò Todd
entusiasta "Ben tornato tra noi" mi sussurrò con enfasi, un enfasi che
non mi contagiò. Mi sedetti nell'unico banco libero, accanto ad una
studentessa che non ricordavo. Doveva essere nuova.
"Posso?" chiesi cortesemente, sorridendo fino a sentire la mascella stridere e indicando il posto vuoto accanto a lei.
Annuì.
Mi
sedetti di malavoglia, dopo quell'assenso così lieve, indicatore di
paura, o forse solo timidezza. Denise diceva sempre "Non giudicare il
libro dalla copertina, Daniel". Eccola rispuntare come un raggio di
sole nei miei pensieri, ma non dovevo abituarmi al sole, dovevo
cominciare a vivere nel buio, ora che ci stavo riuscendo così bene,
perchè se ci si abitua troppo al calore del sole, il buio fa paura.
"Allora..
" cominciai "sei nuova? Come ti chiami?" domandai alla mia compagna di
banco. Stare in silenzio non avrebbe favorito la socializzazione.
"Non
sorridere, se non ce la fai" mormorò lei, ed il mio sorriso si spense
come un palloncino bucato. "Sono Engeline. Sono in classe con te da tre
anni" mormorò ancora più lievemente, con il volto contorno in una
smorfia di disgusto. "Vedo che non mi hai mai notato" e sbuffò, come
per scigliere la tensione nel suo sguardo.

   
 
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