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Autore: Rota    02/04/2010    2 recensioni
“Una volta, in inverno inoltrato, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva seduta accanto a una finestra dalla cornice d'ebano. E, mentre cuciva e alzava gli occhi per guardare la neve, si punse un dito e tre gocce di sangue caddero nella neve. Il rosso era così bello su quel candore, che ella pensò fra sé:
“Avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come il legno della finestra!".
Poco tempo dopo, diede alla luce una bimba bianca come la neve, rossa come il sangue e con i capelli neri come l'ebano; e, per questo, la chiamarono Biancaneve.”

[To Red, per il suo compleanno (L)]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: What if?, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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favole Questa ff è il regalo di compleanno per la mia Red chan ù.ù
Una SebastianCiel sul prompt “fiaba”-
Al solito, fa immensamente schifo ù.ù Ed è corta ù.ù Ed è oscena ù.ù Ma questo è ciò che mi è venuto ù.ù
Spero possiate gradire <3



Favole



Avvolto da spesse coperte pesanti, Ciel poggiava la schiena contro il grande cuscino candido rialzato in verticale, gravando appena contro la tastiera del letto.
Ad illuminare la stanza in penombra, accanto al letto imponente, ci stava un piccolo lume discreto che ballava con grazia a ogni spiffero della finestra lì vicina.
La notte era serena, la luna alta nel cielo splendeva di chiara luce – eppure nell’animo l’inquietudine non si calmava affatto, divenendo quasi pressante, quasi opprimente.

Gli animi semplici si concedono semplici piaceri, accontentandosi di una facile felicità da ricercare nelle cose immediate.
Gli animi torbidi invece hanno bisogno di trame con cui impegnare la mente, provando una voglia più fine – un ben preciso appagamento che non ha doppi nomi.
Quella sera, con volontà impetuosa, Ciel aveva ordinato al proprio Maggiordomo.
-Sebastian, leggimi una favola!-
Preferendo un silenzio dietro il quale nascondere mille pensieri ad una più sfacciata derisione plateale, il demone fece un piccolo inchino e chiese gentilmente.
-Che cosa vuole che le legga, Bo- chan?-
Il giovane conte indicò un armadio in fondo alla stanza – un grande, scuro mobile di legno.
Quasi annoiato, spiegò da che fatto quotidiano piuttosto tedioso una voglia simile gli era nata.
-Elisabeth mi ha regalato un libro di favole dei fratelli Grimm, scrittori tedeschi… sono libretti che vanno di moda in questo periodo… ce ne sono circa una ventina, scegli pure tra di quelle!-
Con passo svelto – e con un mite sorriso sulle labbra – Sebastian si avviò all’armadio, lo aprì e ne vide rivelato il contenuto.
Prese con mano sicura il primo volumetto che ebbe a portata di mano.
Biancaneve, questo fu quello che il Fato scelse – o le malefiche dita di un Maggiordomo fintamente incauto.

“Una volta, in inverno inoltrato, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva seduta accanto a una finestra dalla cornice d'ebano. E, mentre cuciva e alzava gli occhi per guardare la neve, si punse un dito e tre gocce di sangue caddero nella neve. Il rosso era così bello su quel candore, che ella pensò fra sé:
“Avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come il legno della finestra!".
Poco tempo dopo, diede alla luce una bimba bianca come la neve, rossa come il sangue e con i capelli neri come l'ebano; e, per questo, la chiamarono Biancaneve.”

La voce del Maggiordomo era chiara e ben udibile, ogni parola veniva scandita con precisione e accuratezza, il tono mantenuto uniforme in modo tale che l’ascolto non venisse ostacolato.
Seduto sul materasso, Sebastian teneva il libretto piegato verso la luce, sfruttando quella poca luce presente per leggere.
Ciel, completamente rilassato e con gli occhi chiusi, ascoltava placidamente in silenzio mentre la storia proseguiva lenta.

“Ma il settimo, quando guardò nel suo lettino, vi scorse Biancaneve addormentata. Allora chiamò gli altri che accorsero e, gridando di meraviglia, presero le loro sette candeline e illuminarono Biancaneve.
-Ah, Dio mio! Ah, Dio mio!- esclamarono -Che bella bambina!-
E la loro gioia fu tale che non la svegliarono ma la lasciarono dormire nel lettino. Il settimo nano dormì con i suoi compagni: un'ora con ciascuno, e la notte passò.”

Era come vederla, quella principessa dalla candida pelle.
Smarritasi nel bosco in cerca di salvezza, ritrovatasi a condividere casa e speranze – futuro – con dei piccoli sconosciuti.
Sola, aveva fatto affidamento sull’unica cosa su cui sapeva di poter contare: la propria forza di volontà.
E forse non era così anche per il giovane Conte? Sperduto in mezzo ad un bosco pieno di pericoli e minacce, non aveva forse teso la mano – inconsapevolmente – verso la prima forma di vita pronta a porgli il suo aiuto?
Che poi quello fosse stato un Demone, poco importava davvero.
Una volta rimesso in piedi, Ciel – come Biancaneve – aveva semplicemente deciso di andare avanti.
Peccato che il giovane Phantomhive, del proprio passato, aveva fatto un chiodo ben fisso in testa.

La storia continuava con i vari tentativi da parte della matrigna d’assassinare la fanciulla – quante volte Ciel aveva rischiato la vita per il proprio ideale? Non se lo ricordava neanche.
La morte, poi, seppur apparente, dell’immacolata eroina che quasi vede la vittoria dell’antagonista.
Decisamente, troppi collegamenti visibili…

“Indossate le sue belle vesti, ella andò allo specchio e disse:
-Specchio fatato, in questo castello, hai forse visto aspetto più bello?-
Lo specchio rispose:
-Qui sei la più bella, oh Regina, ma molto più bella è la sposina!-
All'udire queste parole, la cattiva donna si spaventò, e il suo affanno era così grande che non poteva più dominarsi. Da principio non voleva più assistere alle nozze, ma l'invidia la tormentò al punto che dovette andare a vedere la giovane regina.
Entrando, vide che non si trattava d'altri che di Biancaneve e impietrì per l'orrore. Ma sulla brace erano già pronte due pantofole di ferro: quando furono incandescenti gliele portarono, ed ella fu costretta a calzare le scarpe roventi e a ballarvi finché‚ le si bruciarono miseramente i piedi e cadde a terra morta.”

La storia alla fine si concluse, così che la voce di Sebastian si spense – e le sue labbra tornarono a sorridere al giovane padrone.
-Allora, Bo- chan… le è piaciuta la favola?-
Ciel sbuffò – come a voler apparire annoiato – e si rizzò, allontanandosi appena dal guanciale a cui era appoggiato.
-E’ stata una lettura noiosa, francamente mi aspettavo di meglio…-
Fissò il vuoto, ragionando con se stesso, interrotto però da una frase ambigua e impertinente del proprio Maggiordomo.
-Lei crede? Io l’ho trovata una lettura interessante, invece…-
Logico che un Demone non si facesse scappare l’occasione di sfoggiare una malizia degna del suo nome – ogni riferimento era velato eppure esisteva, pungolando la coscienza in maniera dolorosa.
Un bacio, un tocco, una carezza - un contatto più intimo di qualcosa che non poteva e non doveva essere definito...
Sebastian sapeva, bastava questo per renderlo pericoloso.
Ma Ciel non aveva intenzione di farsi giocare a quel modo, non a quella maniera.
Lo guardò male, tornando serio e imperioso – ignorando completamente la frase dell’altro.
-Ora basta, Sebastian! Metti via quel libro, voglio dormire!-
Il Demone sorrise ancora, piegando il capo in un leggero inchino.
E mentre sentiva l’uomo dirigersi verso l’armadio a riporre quel dannato libretto al suo posto, si sdraiò fra le lenzuola aspettando di venir coperto completamente dal proprio servo.
Chiuse gli occhi, appoggiandosi al cuscino portato nuovamente in posizione orizzontale.

Bastò un tocco per annullare ogni ipocrita serenità.
Un tocco leggero sulla guancia – e due occhi che si mostrano rossi alla vista, un istante solamente.
Forse semplicemente Ciel stava sognando, forse era già con la coscienza altrove in quel momento.
Ma giurò di aver sentito Sebastian pronunciare una frase, sussurrata nel sorriso demoniaco.
-Buona notte, mia Biancaneve…-
Un bacio sulla fronte, e poi la notte che portava sonni e incubi.


****************************************************

Con quelle mani grandi, Sebastian avrebbe sorretto Ciel fino a che la volontà non fosse mancata.
Con la sua forza, avrebbe aperto la strada sgombrando ogni possibile intralcio.
Con quelle labbra – che solo ogni tanto si distendevano abbandonando il sorriso malizioso – avrebbe coperto quelle del Conte ogni volta che questi si fosse sentito solo, in un mondo che rigettava e da cui veniva rigettato via.
Con i suoi occhi – rossi – avrebbe guardato per sempre il suo padrone, nudo o vestito che fosse, indifeso nell’anima come nel corpo davanti a lui. Perché l’ipocrisia era pane per i denti di un Demone – mai sazio di ombre e risentimenti, di odio e rancore.
Con il suo cuore, minuscolo e nero, avrebbe coccolato con tenerezza le membra stanche del giovane ragazzo, che ormai cedeva persino alle lusinghe di una falsità palese piuttosto che digerire tutta la realtà amara.

Sebastian non si sarebbe mai stancato di porgere quella dannata mano velenosa a Ciel – così come i nani mai si stancavano ad aiutare Biancaneve, sebbene questa rischiasse tutte le volte la morte.
Sebastian, semplicemente, avrebbe mantenuto fede al contratto stipulato.
Per obbligo o semplice divertimento poco importava. Erano i fatti a fare la differenza.
Il Maggiordomo ancora non si era stancato di quell’assurdo giochino.

Ma erano favole – favole! – insulse e prive di senso.
Non esisteva Biancaneve, non la matrigna, non i sette nani.
Esisteva solo il desiderio di vendetta che attanagliava il cuore stanco di un uomo racchiuso nel corpo di un bambino, quella volontà che sfociava nel semplice e puro odio senza senso – motivo assai irrisorio.
E quel maledetto Maggiordomo con le labbra piegate a sorriso, con le mani calde e gli occhi rossi.

Il resto, realtà o fantasia, era paragonabile ad una nuvola pellegrina.
Alta. Ed irraggiungibile.



Fonte per il testo della favola: http://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/biancaneve
   
 
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