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Autore: sushiprecotto_chan    03/04/2010    5 recensioni
Il fuoco era sempre stato un enorme interrogativo, per Aang.
[Aang POV, Introspettiva.] [Aang/Zuko, accenni Aang/Katara.]
Questa fiction partecipa al One Hundred Prompt Project indetto da BlackIceCristal.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aang, Zuko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Fire – I don’t understand.
Fandom: Avatar – the last Airbender.
Personaggi/Pair: Aang, Zuko (nominato), implied Aang/Zuko, accenni Aang/Katara.
Disclaimer: All © Nikelodeon, fiction scritta unicamente per divertimento personale, nulla è di mia proprietà tranne la storia stessa.
Rating: Verde.
Conteggio parole: 990 (senza il titolo).
Introduzione/Riassunto: Il fuoco era sempre stato un enorme interrogativo, per Aang.
Note: 1. Aang POV, ambientata all’incirca durante la prima stagione.
2. Partecipante al One Hundred Prompt Project con il prompt “fuoco”.
Note Autrice: Seconda infiltrazione nel fandom, prima fiction Aang/Zuko del sito. *_*
Lo ammetto volentieri: Aang/Katara a parte (che tra l’altro continua a piacermi il giusto), questa è stata la prima coppia a cui ho pensato guardando Avatar. E la prima coppia di cui volevo trattare – ed ora che l’ho fatto mi sento abbastanza soddisfatta, risultati (discutibili) a parte. XD
Bon; spero che la fiction sia di vostro gradimento!
The One Hundred Prompt Project Image and video hosting by TinyPic


Fire – I don’t understand.

Aang osservò distrattamente Katara, Sokka, Appa, Momo e il fuoco, mentre il suo sguardo cadeva in esso. Il suo sguardo finiva sempre col cadere in quest’ultimo, ultimamente.
L’Airbender si avvicinò piano a quella forma di calore, non cercando neppure di evitare che la cosa accadesse.
Era notte, stavano tutti dormendo e non c’era nessuno che potesse attaccare il gruppo di soppiatto – Aang era convinto che il luogo dove si erano accampati fosse abbastanza sicuro da ogni possibile attacco diretto, e abbastanza lontano da non essere raggiunto facilmente – quindi quella volta sarebbe stato impossibile non ritrovarsi lì davanti, a pensare.
Quel momento della giornata era l’unico che potesse prendersi per stare da solo e avere la possibilità di ragionare e perdersi con la mente in pace. Lo aveva atteso perché sapeva che gli era necessario, seppure non fosse sicuro di quanto gli sarebbe stato utile.
Ormai era finito a meno di un metro dalla fonte di calore, e quindi tanto valeva ragionarci sopra.
Il fuoco era sempre stato un enorme interrogativo, per Aang.
Non era il suo elemento antipode – quello era la solida e realista terra, di cui si sarebbe occupato più avanti – quindi era strano averne così tanto timore, ed eppure a lui sembrava una cosa inevitabile.
Ma non era tanto questo a turbarlo: era il fatto di non riuscire a comprenderlo.
Con l’acqua era stato da subito piuttosto facile, Katara ne era l’essenza pratica, e la sua mentalità – di Katara e dell’acqua – gli era stata subito confacente. La capiva, e l’utilizzo delle tecniche non era stata cosa difficile da imparare – tutt’altro. Ma il fuoco?
Il fuoco era irrefrenabile. Il fuoco era impadronibile – il fuoco era pericoloso, si ricordò Aang, pensando al male che questo aveva fatto a Katara.
Il fuoco riusciva a distruggere, a ferire facilmente. Era iroso, pieno di rabbia e d’un sentimento d’insaziabilità, il fuoco. E faceva parte di una mentalità che Aang non riusciva a comprendere.
Essere l’Avatar, avere il compito di avere a che fare con tutti gli elementi ed unirli nella pace e nella via dello spirito, implicava una conoscenza – non base, ma approfondita – di tutti e quattro i poteri della natura e il diventare bender di ognuno di questi. Atto che comportava sapere ogni cosa di loro e raggiungerli spiritualmente e fisicamente (l’allenamento era essenziale tanto quanto la forza spirituale).
Aang si rivolse di nuovo ad osservare il fuoco, mentre qualcosa gli si attorcigliava nello stomaco.
Il suo pensiero si soffermò istintivamente ai ricordi che ancora possedeva delle persone che avevano a che fare con quell’elemento, e pian piano gli riaffiorarono alla memoria persone che aveva conosciuto cento anni prima, quando ancora non era fuggito dal suo destino e finito ibernato dentro un iceberg. Ricordava bene com’era stata la Nazione del Fuoco, ai suoi tempi d’oro. Ricordava firebender particolarmente abili e fiere e mercati e banchetti di festeggiamento e le famose danze di quella terra.
Subito dopo, tuttavia, nella memoria di Aang si fece spazio il ricordo del suo maestro dell’arte del fuoco, di ciò che gli aveva insegnato e che lui non aveva ascoltato. Scacciò immediatamente quel pensiero, mentre l’idea di poter rivivere tramite la memoria il momento in cui aveva ferito Katara gli faceva sentire un dolore acuto al petto.
Il Signore del Fuoco e tutto ciò che ne conseguiva fu un argomento troppo importante ed essenziale per evitarlo. Con orrore ripensò a tutto ciò che gli uomini del fuoco avevano fatto alle altre terre, al suo stesso terrore all’idea che molto presto – troppo presto – sarebbe finito tra le braccia del Firelord, al fine di affrontarlo, (possibilmente) pronto a sconfiggerlo. Si limitò a far durare quell’immagine il meno tempo possibile, mentre mentalmente già passava alla questione successiva.
Zuko. Aang ci si soffermò a lungo, ricordando a memoria i momenti in cui lo aveva visto, le espressioni e i movimenti che aveva fatto, il modo in cui era solito parlare o lottare. Il suo volto svenuto mentre lui lo portava in salvo verso un luogo sicuro, tra le altre cose.
L’airbender aprì gli occhi, che per tutto il tempo aveva lasciati chiusi per aiutare la sua concentrazione. Aveva più volte cercato di capire Zuko, ma più lo faceva meno gli sembrava di riuscire nel suo intento.
Del resto, come poteva comprendere una persona che prima cercava di attentare continuamente alla vita – nonché sanità mentale – sua e dei suoi compagni e che poi gliela salvava?
Aang rivolse lo sguardo ancora una volta al fuoco, pronto a testare ogni suo aspetto. Il fuoco era caldo, inafferrabile, ribollente di rabbia e pericoloso. Era anche il centro della casa e della comunità, l’elemento attorno al quale – in fondo – si riunivano sempre anche lui e i suoi compagni.
Se ti avvicinavi troppo, finivi per bruciarti, se ti allontanavi, ti mancava il giusto calore. Perché il fuoco era anche benevolo, fondamentale in tutte le azioni del giorno e, in fin dei conti, essenziale. Irraggiungibile, incomprensibile, pericoloso e pieno di rabbia, ma essenziale. Poetico, nel suo modo di danzare tra le fiamme. Quasi morbido, nei movimenti.
Il ragazzo distolse gli occhi dal fuoco ancora per un attimo, mentre un sospiro gli arrivava irrimediabilmente alle labbra.
«Non è strano, Zuko? Non siamo neanche gli antipodi. E il vento finisce per alimentarlo, il fuoco.»
E mentre formulava questo pensiero, sussurrando le parole e decidendo finalmente di farsi una bella dormita, senza volerlo si ritrovò ancora una volta ad osservare il fuoco.
Mise il suo sacco a pelo direttamente davanti a questo, curandosi solo di coprirsi in modo quanto meno minimo. E rimase a guardare il centro della fiamma, le palpebre appena socchiuse ed il volto intorpidito dalla forza del calore che aveva davanti.
«Proprio assurdo.» concluse tra sé e sé, abbandonandosi pian piano alle braccia di Morfeo.
Ma prima o poi avrebbe compreso quell’elemento, in tutta la sua essenza.
Faceva parte del suo destino, dopotutto.
   
 
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