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Autore: Andy Grim    05/04/2010    3 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9: Chi non muore si rivede

Capitolo 19: L’amichevole nemico

 

UCPFH 19

 

 

L

a vita di Neal Legan, almeno fino a quel momento, non era stata esattamente cosparsa di rose e di fiori. Quando l’ostetrica le aveva sistemato fra le braccia quel pargoletto dal viso leggermente rincagnato e dalla carnagione troppo scura per i suoi gusti,[1] il sorriso della giovane Lilith Andrew in Legan, ultimogenita del più facoltoso magnate d’America, si era un po’ storto dal disappunto, salvo convincersi che molti neonati non avevano precisamente un bell’aspetto, appena dopo il parto e sicuramente, di lì a pochi giorni, il suo secondo figlio avrebbe assunto i deliziosi[2] lineamenti della piccola Iriza.

Le cose, però, non erano andate esattamente in questo modo… non che il piccolo Neal fosse diventato propriamente “brutto”, ma aveva mantenuto una leggera durezza nei tratti somatici che contrastava fastidiosamente con la gentile eleganza della sorella. Quasi a voler completare l’opera, anche il carattere del bambino aveva mostrato delle spigolosità che giustificavano in modo notevole quel suo inquietante sguardo luciferino.

La signora Legan e la figlia Iriza non riuscivano, con tutta la loro buona volontà, a non farsi influenzare da queste peculiarità del loro congiunto e l’affetto che pur sentivano di dovergli dare ne rimaneva purtroppo intaccato. Tuttavia quel bambino adorava la madre e voleva molto bene alla sorella, dalla quale cercava faticosamente quell’affetto e quella complicità che dovrebbero sorgere spontanee fra consanguinei.

Speranza vana. La vanitosa Iriza, accortasi che la madre aveva per lei una considerazione palesemente diversa, s’era convinta - complice l’impietosa schematicità della psicologia  infantile -  che il fratello fosse inferiore a lei e lo trattava quindi come tale!

Quanto aveva sofferto, il futuro comandante del Fox 815, per quella triste sufficienza che permeava dalle persone per lui più importanti. Avrebbe dato l’anima per un po’ di considerazione in più… e purtroppo, in un certo senso, l’avrebbe poi data.

Avendo notato - sempre con l’acuto senso d’osservazione dei bambini - che meglio lo trattava Iriza, meglio lo trattava la madre, s’era imposto di assecondarne al massimo i capricci, trasformandosi ineluttabilmente nel suo imperituro sodale. Così facendo, la sufficienza della sorellina era andata lentamente trasformandosi in benevolenza, rischiarando fiocamente le tenebre che avvolgevano l’animo di quel povero bambino.

È facile immaginare la mazzata ricevuta nel sentire la richiesta che l’ingrata parente aveva un giorno rivolto alla madre: “Voglio un’amica che mi faccia compagnia!”

*Ma come?!* si era chiesto il disgraziato, in preda al batticuore *Sono io il suo amico! Perché, Iriza?*

Cosa poteva capirne, allora, del bisogno che aveva una ragazzina di poter finalmente parlare con una coetanea del suo stesso sesso?

Aveva provato quindi un notevole sollievo nel constatare, in seguito, che l’amicizia fra la sorella e la nuova venuta non era di certo sbocciata! Non solo per la delusione della piccola Candy nello scoprire d’essere stata assunta come semplice “dama di compagnia” anziché adottata come figlia dai Legan, ma soprattutto per l’incompatibilità esistente fra l’energica bontà della bionda orfanella e l’acida altezzosità della signorina dai boccoli ramati.

La guerra feroce che Iriza Legan aveva iniziato contro la mancata “sorella adottiva” non poteva che vedere il fratello Neal nella sciagurata veste di perfido complice, non soltanto per il suo morboso e incessante bisogno di mantenere la considerazione della sorella, ma pure per quella sorta di “rivalità” derivante dal timore che, se putacaso Iriza e Candy avessero cominciato ad andare d’accordo, l’avrebbero magari emarginato entrambe. E questo sarebbe stato micidiale!

Ma il prezzo pagato per rimanere nella grazie della sorella maggiore era stato pesante. Senza quasi rendersene conto, Neal era diventato il suo “aguzzino per procura” non facendole solo da spalla nelle sue cattiverie contro la povera Candy, ma inventando addirittura anche lui qualche diabolico piano da presentare poi fieramente alla compiaciuta Iriza.

Le conseguenze di questo suo agire erano state - peraltro giustamente - del tutto negative: odiato da Candy, disprezzato dai cugini, ignorato dal padre, tollerato dalle tre “arpie” della famiglia Andrew (sorella, madre e prozia), aveva trascorso un’esistenza da “reietto di lusso” certamente non felice.

Come se tutto ciò non bastasse il destino gli aveva in seguito giocato il suo tiro più mancino: si era innamorato di Candy! Dapprincipio ne era rimasto sbalordito, ridendo addirittura di sé stesso… salvo rendersi poi conto che, per quanto assurda sotto tutti gli aspetti, quella sua infatuazione era diventata una cosa seria: più tentava di togliersela dalla testa, più quella bella, buona e vitale ragazza gli si cristallizzava nel cervello, senza volerne più uscire. Tanto che, alla fine, non ce l’aveva fatta più e aveva iniziato a farle la corte!

Inutile dire che i suoi pessimi precedenti, la sua immaturità, l’inesperienza in materia e soprattutto l’ingenua speranza che la molta acqua passata sotto i ponti avesse prescritto nell’animo di Candy le sue “marachelle” peggiori, avevano prodotto i risultati più disastrosi, aggravando - se possibile - la considerazione negativa della “cugina” nei suoi riguardi.

Per Neal Legan, a questo punto, rimanevano aperte due sole possibilità: togliersi la vita o cambiarla radicalmente. E, dal momento che gli mancavano sia il coraggio per la prima soluzione che la forza per la seconda, s’era deciso a minacciare la sua famigliola che si sarebbe arruolato nell’esercito se non lo avessero aiutato a fidanzarsi con Candy!

Visto poi che il suo progetto sentimentale[3] non era andato a buon fine nemmeno con l’aiuto del parentado, tanto valeva mettere in pratica quel suo folle proponimento. Pazienza se l’uniforme gli avrebbe tolto la protezione della sua classe sociale, né si curava del fatto che avrebbero potuto spedirlo al fronte, a farsi uccidere. Ciò che voleva era introdursi in un contesto del tutto diverso da quello in cui era cresciuto, che lo avrebbe mutato anche a dispetto di sé stesso. Tanto peggio se ci avrebbe rimesso la salute o addirittura la pelle: l’importante era  lasciarsi alle spalle quell’ambiente ipocrita e marcio che lo aveva reso un miserabile.

Era stata dura, ma ce l’aveva fatta (grazie anche a un certo aviatore che aveva scommesso nel suo “recupero”) e ancora gli scaldavano il cuore le lettere giuntegli da casa: quella del padre (Sono orgoglioso del mio figliolo), della madre (Abbi sempre cura di te) e addirittura della sorella (Buona fortuna, fratello mio).

Forse si ricordava male, ma era la prima volta in vita sua che quella viperetta gli dimostrava un pochino d’affetto: persino quando i famigliari erano venuti a Quonset Field per salutarlo alla partenza per l’Inghilterra, l’abbraccio di Iriza era stato troppo freddo e formale (forse quel nome sul  muso del B-17 non le era piaciuto).

E adesso… quel maledetto incidente sopra il bersaglio avrebbe probabilmente distrutto tutta la dimensione decente che si era faticosamente costruito. Neal lo sapeva benissimo perché il comandante del 22° Gruppo aveva raccomandato di non colpire per sbaglio nemmeno un comignolo di quella Eiser-non-sapeva-cosa. Tempo addietro aveva avuto col sottotenente Archibald Cornwell, inquadrato nel 45° Gruppo d’Attacco del 2° Stormo, un paio d’incontri non troppo burrascosi,[4] durante uno dei quali il cugino gli aveva confidato quello che oramai era un segreto di Pulcinella: il comandante in capo della Decima Air Force era legato da profonda amicizia con l’oberstleutnant Schultz von Heindrich della Luftwaffe, la cui famiglia abitava esattamente in quel posto dannato!

Cristo, s’è sganciata!” aveva gridato Tom Steeve, all’improvviso, proprio quando stavano per sorvolare il paese… e quasi non fosse sufficiente, dopo una manciata di secondi Bobby Malone aveva aggiunto, dalla coda: “Ma cosa fa quel pazzo, su quel Thunderbolt?!”

“Mio Dio, sta picchiando sulla bomba!!” rincarò la dose Tony Chaklies, dalla torretta inferiore.

Era troppo per il povero Neal, che istintivamente iniziò a spingere la barra di comando per far scendere il Candy Candy e forse sarebbe anche tornato indietro, se la voce del colonnello Richardson non avesse gracchiato seccamente negli auricolari: “Legan, torna in formazione. Che diavolo credi di fare?!”

“Neal…!!” esclamò Jimmy, stringendogli il braccio destro.

Il comandante lo guardò con occhi stralunati: “Jimmy… il generale… è il generale che sta picchiando…!!”

“Non possiamo farci niente, amico mio” replicò il co-pilota, scuotendo la testa e guardandolo con occhi comprensivi “abbiamo otto compagni da riportare a casa!”

“Maledizione…” imprecò il capitano Legan, al colmo dell’impotenza “…maledizione!!”

 

***

*Se il mio vecchio m’avesse visto fare questa fesseria, non ci avrebbe pensato due volte a prendermi a nerbate… alla faccia del mio grado e dell’età!* pensava Andy Greason cercando di mantenere l’assetto del caccia meglio che poteva.

Si ricordava ancora del manrovescio che lo aveva steso piatto davanti al prato di casa sua, quand’era riuscito ad atterrare col Neuport del padre, dopo essere furtivamente decollato per suo conto. Quello che però gli aveva fatto più male erano stati i singhiozzi della madre, che se lo era stretto al seno, quasi stritolandolo: “Non farlo più, bambino mio… mai più!”

Bambino, già… che avesse già compiuto 12 anni, per la signora Maggie Greason non contava niente; né avrebbe contato qualcosa ora, che ne aveva 37. Per fortuna che i suoi stavano a Philadelphia…

A parte che ci avrebbe pensato qualcun’altro a sfasciargli il sedere, se per caso fosse riuscito a riportarlo alla base. Il che non era per nulla scontato.

Rabbrividendo per gli spifferi gelati provenienti dagli squarci apertisi sul fondo del cockpit, Andy osservò le gocce di sangue che trasudavano dalla stoffa dei calzoni e decise che era venuto il momento di prendere una decisione drastica.

*Perdonami, tesoro!” disse, sfilandosi la sciarpa di seta che la consorte gli aveva amorevolmente confezionato. Ne addentò un lembo e la strappò, dividendola in due parti, annodandosele poi ai polpacci, a guisa di lacci emostatici. Subito dopo si accorse che un altro P-47, della versione bubbletop,[5] si stava affiancando a lui facendo oscillare disperatamente le ali, onde attirare la sua attenzione. Ricordandosi di aver prima staccato i contatti, tornò a infilare lo spinotto della cuffia nella presa radiofonica e risettò il canale sul ricetrasmettitore.

“Eagle One a Eagle Two… mi ricevi, James?” domandò.

La risposta non fu troppo pacata: “Cinque su cinque,[6] stupido idiota senza cervello!! Hai proprio deciso di farmi venire l’infarto?!”

“Volevo vedere se Schultz era in licenza, dato che prima non c’era piombato addosso…”

“Imbecille!! Fammi subito rapporto!”

Juggy deve avere qualche buco sotto al pancino, stando alla corrente d’aria…”

“Me ne frego di Juggy! Sei ferito?!”

“Qualche graffio negli stinchi” minimizzò Andy per non turbare il compagno “per fortuna il sedile blindato e il paracadute[7] hanno salvato il resto!”

“E i serbatoi?” insistette il secondo.

Andy sospirò, stringendo i denti per il dolore alle gambe “Il principale dev’essersi forato di brutto. Ho già trasferito tutto il carburante nell’ausiliario.”

“Quanto segna il televel?”

100 galloni circa…”[8]

“Cristo” imprecò Stone “non vedrai neanche le scogliere di Dover!!”

“Temo di no…”

“Hai almeno intenzione di provarci?!” chiese James con voce leggermente stridula, non piacendogli affatto il tono fatalista del compagno.

“Si capisce: la mia signora potrebbe pensare che ho architettato tutto per scaricarla in favore di Marika!”[9]

“E allora comincia a correggere la rotta” ribatté Stone, indeciso se irritarsi o rallegrarsi per quel sarcasmo “perché stai andando nella direzione sbagliata!”

Silenzio. Il vice-comandante della Decima attese di vedere lo Yankee Eagle cambiare direzione, poi tornò ad azionare il laringofono: “Beh, che stai aspettando?! Procedi per tre-due-sette, svelto!”

“Jimmy, lo farei molto volentieri… se non avessi le gambe paralizzate!”

A Stone si gelò il sangue. Se Andy non poteva più muovere le gambe, come diavolo l’avrebbe azionata la pedaliera per virare?[10] In quel momento il muso del suo Thunderbolt era puntato sulla direzione 349: troppo a nord per dirigersi verso il Belgio e la Manica. Mantenendo quella rotta lo Yankee Eagle sarebbe arrivato dritto sulla Happy Valley,[11] dove avrebbe fatto allegramente da bersaglio ai serventi della Flak, se qualche collega della Luftwaffe non lo avesse beccato prima!

“Allora usa le mani” buttò lì James dopo qualche istante di riflessione “spingi il pedale sinistro con le mani, forza!!”

“Wilco… ci provo!”

Dopo aver preso una buona boccata d’ossigeno puro dalla maschera, Andy si slacciò la cinghia di sicurezza, piegò il busto più che poté e stese il braccio sinistro fino a toccare la parte superiore del pedale, cercando di spostare il piede per ostacolare la mano il meno possibile.

“Andy, ci sei? Riesci a raggiungere il pedale? Over…”

“Affermativo… lo sto toccando.”

“Ok… ora spingilo mentre tieni d’occhio la bussola magnetica. Continua fino a quando l’indice non arriva a 327!”

“Roger…!”

Con lentezza esasperante la sferetta del girodirezionale iniziò a ruotare verso il numero indicato. Dopo avere superato di poco la linea dei 330 gradi, Andy rimise la pedaliera in posizione “neutra”.

“327… confermi, Jim?”

“Affermativo: sei in rotta!”

Espirando di sollievo, il pilota si rimise seduto, riagganciandosi al sedile. Attorno a lui si erano posizionati tutti i compagni della 10a Squadriglia, lasciando alle altre due il compito di scortare le Fortezze del 22° Gruppo.

Risolto il problema più pressante, il maggior-generale Stone tornò a contattare l’amico: “Eagle Two a Eagle One… mi ricevi, Andy?”

“Cinque su cinque…”

“Come ti senti?”

“Come se un gruppo di gentili sartine stessero usando i miei polpacci come puntaspilli, oltre ad essere mezzo congelato dagli spifferi che arrivano in cabina. A parte questo, sto da Dio!”

“E l’aereo?”

“Sta facendo onore al suo nome.”

“Il motore tiene sempre?”

“È meno compresso di prima per via dei buchi sulla pancia,[12] ma tira ugualmente come uno stallone di prima categoria. È la sua intemperanza che mi preoccupa…”

“Già… speriamo che non imiti il suo pilota!”

“Se mi riporta dalla mia famiglia, giuro che divento astemio!”

“Bada che lo riferisco a tua moglie!”

“Fai pure…” rispose l’asso senza esitazione, tergendosi il sudore dalla fronte.

“Ok…” commentò James, sospirando “…e adesso speriamo che i crauti ci lascino in pace!” e aggiunse, fra sé *Sarebbe il minimo, dopo quel che hai combinato!*

 

***

L’oberstleutnant Schultz von Heindrich, Croce di Ferro di Prima Classe con Fronde Intrecciate, Spade e Brillanti[13] si stava rilassando nell’ascolto della musica leggera trasmessagli in cuffia dalla stazione di Radio Berlino mentre sorvolava il confine fra la Bavaria e la Slesia. Versi e melodia della popolarissima Lilì Marlene si mescolavano al ronzio del Daimler Benz 600 che stava alzando in quota il suo vetusto ma fidato Emil, con il quale aveva colto i suoi primi successi all’epoca della Battaglia d’Inghilterra.[14]

Era decollato dieci minuti prima dall’aerodromo della fabbrica di Regensburg, dove i tecnici della Messerschmitt gli avevano revisionato il caccia da cima a fondo (anche lui, come Andy Greason, si rifiutava ostinatamente di cambiarlo) e si stava dirigendo verso il campo di Poznan, in Polonia. Data la scarsa comodità del claustrofobico abitacolo, era lieto di non possedere l’autonomia necessaria per un volo senza scalo fino a Briansk, dov’era al momento acquartierato il suo Geschwader,[15] sebbene in quei lontani e infernali giorni sulla Manica avesse desiderato ardentemente i famosi serbatoi ventrali da 300 litri, tante volte promessi dal “ciccione”[16] e mai arrivati in zona operativa.

Non erano mica scemi, quelli della “concorrenza”, ad aver preteso i serbatoi supplementari prima di azzardarsi a scortare i loro bombardieri fin nel cuore della Germania, anche se Schultz non invidiava di certo i compari del suo “amichevole nemico”, che dovevano sorbirsi quei voli da otto-dieci ore, fra andata e ritorno.

Già, Andy… chissà dov’era, adesso, quel matto d’uno yankee!

Non l’aveva più rivisto da quando si erano salutati presso quell’avamposto italiano vicino a Foggia, dopo che i soldati del maggiore Broccoletti li avevano dovuti liberare perché le alleanze si erano “capovolte”. Com’era rimasto contento, quel birbante, quando avevano sentito alla radio il messaggio di Badoglio!

Ach… gli amerikaner volevano l’Italia dalla loro parte? Bene, che se la tenessero. Se ne sarebbero accorti, quei dummkopf![17]

All’improvviso la bella voce di Lala Andersen fu interrotta da uno spiacevole fischio, che avvertiva il pilota di cambiare  frequenza. Fatto ciò, poté ascoltare il massaggio trasmesso dal Controllo Aereo di Norimberga: “Achtung… achtung… Mutter Gans a Sparver Drei… messaggio urgente per Sparver Drei… mi ricevete?”

Schultz si premette sul collo la piastrina del laringofono: “Hier spricht Sparver Drei… vi ricevo perfettamente, Mutter Gans” rispose, con voce annoiata “parlate, prego!”

L’operatore parve esitare, prima di procedere: “C’è stata un’incursione nemica vicino ad Eiserfeld… i danni non sembrano gravi… se desiderate recarvici, potete fare rotta per l’aerodromo di Siegen… passo!”

Von Heindrich ebbe un subitaneo tuffo al cuore e gli parve che la temperatura dell’abitacolo calasse paurosamente. Dovette umettarsi le labbra per proseguire la comunicazione: “Mutter Gans… qui Sparver Drei… ricevuto! Procedo per Siegen. Datemi la rotta, prego…”

“Direzione due-nove-sette. Distanza 365 chilometri. Avete carburante sufficiente, Sparver Drei?”

Schultz dette un’occhiata veloce all’indicatore di livello: “Affermativo, Mutter Gans… ce la posso fare.”

“Bene, Sparver Drei. Siete autorizzato ad assumere il nuovo piano di volo. Buona fortuna, herr oberstleutnant!”

“Danke, Mutter Gans… chiudo.”

Febbrilmente l’asso più titolato del Terzo Reich, dopo aver virato di bordo, spinse a fondo la manetta e sentì subito lo schienale trasmettergli la spinta del suo 109, mentre la lancetta dell’anemometro correva verso i 570 orari… al massimo regime il suo caccia ci avrebbe impiegato quasi 40 minuti per raggiungere l’aeroporto. Poi, ammesso di trovare subito a disposizione un veicolo, ce ne sarebbero voluti altrettanti per raggiungere il suo paese. Quasi un’ora e mezza di angoscia…!

In teoria avrebbe potuto richiedere via radio a Siegen che chiamassero Eiserfeld: i suoi non avevano telefono, ma il Municipio sì… ma la paura di ricevere brutte notizie anzitempo era troppo forte!

I danni non sembravano gravi aveva detto il Controllo. Già… ma quanto “non gravi”?

E poi perché Eiserfeld era stata bombardata? Perché colpire un obiettivo così insignificante?

Schultz von Heindrich non poteva concepire che gli Alleati, pur nella loro feroce determinazione a sconfiggere il regime hitleriano, organizzassero un’incursione con l’unico scopo di distruggere una misera cittadina di provincia. Rischiare la vita di centinaia di aviatori soltanto per quello era ridicolo e gli americani erano troppo pragmatici per essere così stupidi!

A meno che non lo avessero fatto per vendicarsi, dal momento che Eiserfeld era la sua città… forse qualche spia russa aveva riferito a Mosca che l’oberstleutnant von Heindrich (bestia nera dell’aviazione alleata) stava rientrando in Germania; Mosca lo aveva riferito agli alleati occidentali e quelli, convintisi che lui fosse andato in licenza, avevano cercato di beccarlo! Ma chi lo poteva sapere che la sua famiglia risiedeva proprio laggiù? L’unico che ne fosse al corrente, in campo avverso - su questo ci avrebbe scommesso la pelle - non lo avrebbe rivelato nemmeno sotto tortura!

Dopo un volo senza storia, che comunque il povero Schultz avrebbe ricordato per tutta la vita, davanti al muso dell’Emil comparve all’improvviso, mezzo nascosto fra le nuvole, un combat box di Fortezze Volanti. Quella vista fu un vero pugno nello stomaco per l’aviatore tedesco e la smania di annientarli fu domata a fatica dal buon senso del veterano, che gli rammentava quanto precario fosse, per un singolo caccia, l’attacco ad un intera formazione nemica; tralasciando il fatto che non vedeva l’ora di arrivare dai suoi.

*Per stavolta v’è andata bene* pensò il pilota, mantenendo la sua rotta *ma presto ci rivedremo, dannati yankies!*

Finora non li aveva mai attaccati con odio, non tanto per i suoi sentimenti antinazisti, quanto per il fatto che dentro quegli aerei con la stella a cinque punte volavano i connazionali del suo migliore amico. E del resto, solo quattro anni prima, non aveva lui stesso scortato gli Heinkel e i Dornier diretti su Londra? Non avevano, nello stesso periodo, uomini come Andrew Steve Greason e Alistear Cornwell Andrew, protetto le città della Cina dai bombardieri del Mikado?

“Oggi siamo gatti, domani siamo sorci!” si disse von Heindrich, con estremo disgusto. Poi, quasi per istinto, manovrò il sintonizzatore della radio di bordo, con l’intento di captare le trasmissioni nemiche. Era sempre interessante ascoltarle e anche molto istruttivo…

 

***

“Vulture One a Vulture Eleven… si può sapere cos’avete in corpo?! Tenete la posizione, razza di deficienti!”

“Vulture Eleven a Vulture One… chiedo scusa, colonnello… il mio comandante è rimasto scioccato da quello che è successo!”

“Di che diavolo parla, tenente?”

Il co-pilota del Candy Candy esitò qualche attimo, ma poi si decise a parlare: “Il nostro mitragliere di coda ha visto tuffarsi un P-47 sopra l’abitato vicino al bersaglio, signore!”

“E perché diamine lo avrebbe fatto?”

“Io… non saprei, colonnello!” titubò Jimmy Curtright.

“O piuttosto non vuoi dirmelo?” insistette, implacabile, John Bart Richardson.

“Le giuro che…”

“Basta, maledizione” lo interruppe il povero Neal, esasperato “voleva salvare la ghirba a quei kartofen, là sotto. Ecco perché l’ha fatto!”

“Si può sapere di che stiamo parlando?” ruggì allora il colonnello, assai spazientito.

Il comandante del Delta-Fox lanciò un paradossale appello telepatico alla madrina del suo apparecchio: “Capitano Legan, colonnello… a rapporto… desidero darle un chiarimento in merito…”

“Sputi, allora!” lo incitò il Group Leader.

“C’è stato un incidente, a bordo… una M44, rimasta incastrata sopra il bersaglio, s’è sganciata mentre sorvolavamo la cittadina di Eiserfeld, signore!”

Un’imprecazione talmente irriferibile da far sussultare persino lo spregiudicato Charlie Boyle risuonò nelle cuffie degli undici equipaggi di ritorno dalla missione, a cui fecero seguito le parole di Richardson: “Adesso lo sappiamo chi s’è buttato su quella bomba!”

Poi, dopo avere ordinato al suo marconista di commutare la radio sul canale riservato alla caccia di scorta, cercò subito di mettersi in contatto con la medesima: “Vulture chiama Eagle, Vulture chiama Eagle… mi sentite? Over…”

“Vulture da Eagle Six” rispose il CO della 20a Squadriglia “cinque su cinque, over…”

“Roger, Eagle Six… dov’é  Eagle One?”

“La 10a Squadriglia ha seguito il capo” la voce di Samuel Harris era nettamente alterata “devono trovarsi ancora a bassa quota. La 30a sta sgombrando la rotta di rientro. Noi vi siamo sopra. Non potevamo certo mollarvi!”

Richardson sospirò: “Grazie, capitano… sappiamo quanto vi sta costando. Animo, comunque: il capo ha la pelle dura!”

“Certo, signore… anzi, appena atterrati, gli prepareremo un megaparty: stasera si festeggia!”

“Questo è parlare. Eagle Six da Vulture One, chiudo!”

***

Quantunque quei messaggi fossero stati trasmessi nella lingua di Shakespeare e non in quella di Goethe, il pilota di quel solitario Messerschmitt che tallonava la formazione celandosi furtivamente tra le nubi li aveva compresi perfettamente.[18]

Ma Schultz von Heindrich non ne aveva inteso il solo senso letterale. Come un fattore conosce i suoi polli, l’expert[19] tedesco conosceva “il suo aquilotto” e non nutriva nessun dubbio su chi fosse il misterioso “capo” che s’era tuffato col P-47 contro quella fantomatica bomba sganciata accidentalmente sul suo borgo natio, né conservava riserve di alcun genere sull’involontarietà dell’accaduto, dato che il bombardiere che ne era stato protagonista apparteneva alla Decima Air Force. 

Senza indugiare oltre, il buon Schultz spinse avanti la barra di comando, portando il suo Emil in picchiata attraverso la coltre di nuvole, senza la minima apprensione per un’eventuale collisione con le colline circostanti (dopotutto aveva in testa la carta nautica di tutta la Germania). L’unico pensiero che aveva in testa era reperire al più presto un Thunderbolt color verde oliva, con una scacchiera sul muso e possibilmente intatto!

E fu proprio ciò che vide, con immenso sollievo, quando il suo altimetro indicava quota 5000, alle ore 12, oltre il parabrezza blindato: il caccia più temuto da tutta la Luftwaffe, accompagnato da sette gemelli che lo circondavano con affettuosa protezione, mentre risalivano tutti verso la quota di sicurezza.[20]

Con mano febbrile l’oberstleutnant premette il laringofono, ma la voce stentava ad uscirgli di bocca… stava per commettere un’azione censurabile come alto tradimento, perché, se avesse contattato Andy, gli Alleati sarebbero venuti a conoscenza che il nemico aveva scoperto una delle loro frequenze operative!

Ma nella vita ci sono momenti che costringono un individuo a decidere secondo la propria coscienza… proprio come aveva fatto il suo amico nel costringere gli equipaggi dei suoi bombardieri a sganciare ad una quota tale che, se vi fosse stata della contraerea a difendere l’obiettivo, li avrebbe fatti a pezzi. Così facendo, l’asso americano s’era comportato in un modo spaventosamente ingiusto verso tutti i colleghi affidati a lui, ma aveva anche salvato la vita a tutti i suoi concittadini. Per l’arbitrio di Schultz von Heindrich, questo gesto era più che sufficiente.

“Pronto… pronto… parlo alla squadriglia americana davanti a me… sono l’oberstleutnant von Heindrich, comandante del 234° Geschwader… non ho intenzioni ostili… chiamo il vostro caposquadriglia… rispondetemi, prego… passo…”

A sette membri su otto del’unità avversaria venne quasi una sincope! Imprecando contro sé stessi per non aver posto sufficiente attenzione allo spazio circostante, rimanendo troppo concentrati sul loro comandante ferito, il capitano John Maxim e i due gregari della sua sezione, s’affrettarono a rompere la formazione virando a sinistra e a destra per piombare poi alle spalle dell’intruso, quando la voce dell’aquila americana ruppe l’etere a sua volta: “Questa sì, che è una sorpresa… sei proprio tu, zuccone d’un kraut?”

“Sono proprio io, diavolo d’uno yankee svitato!”

La voce di Andy, forzatamente allegra e quella di Schultz, tremante per l’emozione, erano entrambe cariche d’affetto, al di là di quegli epiteti, chiaramente ironici.

“Hai fatto bene a venire a trovarmi” motteggiò l’americano “sentivo proprio la mancanza del mio crucco preferito!”

“Veramente sei tu che mi sei venuto a trovare…” precisò il tedesco, sempre lottando col suo nodo in gola.

“Hai ragione… mi starò rimbambendo con l’età” rispose Andy, stringendo gli occhi per una fitta improvvisa alle gambe “sono passato da te, infatti, ma non eri in casa… sei stato gentile a venirmi incontro!”

“Figurati” stette al gioco l’altro “per quello che avevo da fare…”

Nel frattempo i piloti della sezione di Maxim, comprendendo che il generale non avrebbe gradito una loro iniziativa ai danni dell’asso tedesco, erano rientrati nei ranghi e, per ironia della sorte, il CO del 10° Squadron venne a trovarsi proprio in coda al caccia di von Heindrich…

*Quanto sarebbe facile buttarlo giù, stavolta!* masticò, amaro, il texano.

Amico del comandante o no, il pilota di quel Messerschmitt era pur sempre lo stesso individuo che aveva strappato dal cielo parecchi suoi connazionali e alleati. Sia nella Decima Air Force statunitense, come nel 234° Stormo tedesco, non erano in molti, nonostante il carisma dei rispettivi capi, ad apprezzare in modo particolare quel loro fingere che la guerra non ci fosse!

“Però, venirci addosso tutto da solo…” continuò lo yankee “…ho sempre apprezzato il tuo spirito sportivo, ma lasciati dire che qualche scampolo di pazzia lo devi tenere anche tu, in quel cervello da kartofen!”

“Saranno le mie pessime frequentazioni” alluse Schultz “ma almeno io non mi diverto a mitragliare le bombe in picchiata!”

“Come fai a…” chiese l’amico, stupito, ma non troppo.

“Fatti miei” troncò subito il tedesco “si può sapere che t’era preso, piuttosto? T’ha dato alla testa tutta la Coca-Cola che ti scoli?”

“Ero in vena di forti emozioni!”

“Sei proprio matto” rispose Schultz, strizzandosi gli occhi umidi “matto…!”

“Adesso basta, voi due imbecilli” sbottò finalmente James Stone, non potendone più di quell’assurda conversazione salottiera “herr oberstleutant, visto che è qui e ha già capito tutto, posso chiederle se sarebbe disposto a garantirci l’immunità dai suoi colleghi? La informo che il nostro leader non sarebbe in grado di manovrare!”

“Sono qui per questo” rispose Schultz, semplicemente “tenetemi dietro e vi guiderò fuori dal nostro spazio aereo.”

“Che umiliazione” ironizzò Andy, con finto disgusto “respinto dal nemico, col foglio di via!”

“Fammi un favore, Andy: stattene zitto!!” sbottò il suo secondo.

“Va bene, va bene…!”

Mentre i bombardieri del 22° Gruppo, scortati dal resto dei caccia del 99°, dovettero ancora fronteggiare alcuni attacchi della Jadgwaffe tedesca (durante i quali venne purtroppo abbattuta la Little Audrey del capitano Boman), la squadriglia di Andy scivolò via indisturbata fin sopra l’Olanda, dove Schultz von Heindrich si congedò a malincuore, non avendo il suo 109 l’autonomia sufficiente a proseguire oltre (dovette infatti, di lì a poco, atterrare nell’aerodromo più vicino).

“E bada di conservarti quella pellaccia da schizzato. Hai capito?!” trasmise per ultimo all’amico, con voce rotta.

“Roger, kraut… ce la metterò tutta. E tu vedi di fare altrettanto!”

“Contaci, yankee…!” concluse Schultz, soffocando un singhiozzo.

 

 

 

 

 

 



[1] Sono stato tentato dal far venir fuori che Neal fosse il frutto d’una “scappatella” del signor Legan con una qualche creola incontrata nei suoi viaggi d’affari in Centro-America. Poi ho deciso di soprassedere!

[2] Se alcune gentili lettrici vogliono metterci le virgolette, lo facciano. Io, cavallerescamente, mi astengo.

[3] Non me la sono sentita di chiamarlo sogno d’amore…!

[4] Dopotutto li “accomunava” la medesima “antipatia” per un certo attore…

[5] Ovvero dotato di capottina a goccia. Il Thunderbolt di Andy era invece della versione razorback (a dorso di rasoio), dotato del più tradizionale tettuccio a “serra”.

[6] Sta per ricezione massima (Uno su Cinque vorrebbe dire ricezione minima).

[7] Per anni mi sono spaccato il cervello per capire dove diavolo lo tenessero i piloti da caccia degli anni ’40… prima di capire che lo sistemavano sotto il sedere, a mo di cuscino!

[8] Indicatore del carburante. 100 galloni sono quasi 380 litri.

[9] La sorella di von Heindrich. Dietro sua insistenza, l’asso tedesco aveva fatto pervenire al collega anche una sua fotografia e lui aveva dovuto ammettere che assomigliava leggermente a una certa collega di sua moglie. Il che…

[10] Come si sa, negli aeromobili il timone direzionale viene azionato tramite i pedali posti davanti alla barra di comando.

[11] Valle Felice: soprannome ironico affibbiato dagli Alleati alla regione della Rhur, il polo industriale della Germania nord-occidentale, dov’erano concentrate circa la metà delle difese antiaeree tedesche.

[12] Le schegge della bomba avevano chiaramente danneggiato il condotto che portava l’aria dalla presa anteriore al compressore, situato dietro la cabina di pilotaggio.

[13] Una delle massime decorazioni concesse ai combattenti del Terzo Reich.

[14] È così chiamato l’insieme degli scontri fra la RAF e la Luftwaffe, protrattisi dall’Agosto all’Ottobre del 1940, attraverso i quali l’aviazione germanica tentò di conquistare il dominio del cielo per consentire il progettato sbarco sulle Isole Britanniche, conclusosi però con la vittoria dei britannici che, abbattendo 1740 aerei tedeschi contro 915 dei loro, costrinsero Hitler a rinunciare all’invasione. In quel periodo i caccia della Luftflotte 2, comandata da Albert Kesserling e basata fra la Lorena e la Normandia, erano quasi tutti Messerschmitt 109 della versione E, soprannominata Emil.

[15] Stormo.

[16] Il Reichmarshall Hermann Goering, comandante in capo della Luftwaffe, così nominato per la sua stazza, non proprio mingherlina!

[17] Sciocchi, ingenui. L’episodio qui accennato è descritto in un capitolo della biografia completa dell’asso statunitense.

[18] Inutile specificare che i due famosi “amici-nemici” erano bilingue. Oltre ad avere fortuitamente studiato a scuola ognuno il linguaggio dell’altro, si erano dati alcune reciproche lezioni di aggiornamento, le rare volte che avevano passato del tempo insieme.

[19] Asso, nel gergo dell’aviazione tedesca.

[20] Quell’altezza che li avrebbe messi al riparo sia dalla contraerea pesante, che dalla maggior parte dei caccia nemici. Naturalmente l’altimetro di Schultz era tarato in metri, al contrario di quello di Andy che, tarato in piedi, avrebbe segnato 15000 (16404, per l’esattezza).

  
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