Disclaimer:
i
personaggi sono copyright della sensei Amano (la cosa davvero illegale sono le
boiate per cui li sfrutto).
Prompt:
Condom dell’iniziativa della
community fiumidiparole WWF (Warning Week Fest).
Note: tutto questo non ha senso,
lo giuro. *muore definitivamente*
Credo che sia semplicemente la dimostrazione di quando un’autrice vuole scrivere qualcosa, ma cade nella disperazione di non sapere come attenersi ad un prompt senza sconfinare tragicamente nel porno. X°°° Altrimenti, davvero non so come spiegare tutto ciò *si eclissa per il bene comune*
Tenere fuori dalla portata dei bambini
Lambo
non era proprio la massima preoccupazione di Tsuna di solito: non perché non
tenesse a lui come agli altri membri della Famiglia – non solo quella dei
Vongola, ma anche quella più “normale”, che una volta era stata formata
semplicemente da lui, sua madre e suo padre che però non c’era quasi mai.
Quella
che adesso sembrava veder spuntare parenti aggiunti o presunti tali come
funghi, e che aveva portato Tsuna a ritrovarsi con una schiera di fratelli
minori capeggiati da Fuuta e Lambo che aveva il terrore non avrebbe mai smesso
di aumentare di numero – e una sorellina, cioè I-Pin.
Eppure
non poteva rimanere impassibile quando persino sua madre si diceva impensierita
dal piccolo dei Bovino: era vivace, perciò si erano abituati al fatto che fosse
perfettamente in grado di uscire sano come un pesce e tornare come
un’ammaccatura vivente.
Nella
classifica di Fuuta Lambo era il primo tra “i mafiosi capaci di cadere più di
cinquanta volte in un solo giorno” e questo la diceva molto lunga –
specialmente perché le classifiche di Fuuta, salvo giorni di pioggia, non
sbagliavano mai.
Per
questo si erano abituati un po’ a tutto quando si trattava di lui.
Piangeva
spesso e per le sciocchezze, e ogni minimo colpo che riceveva – inciampando,
giocando, addirittura sparandosi addosso da solo, perché Lambo era
capacissimo anche di questo.
Ma
c’era una cosa di cui bisognava sempre preoccuparsi quando si trattava di lui:
era tanto vero che Lambo era capriccioso quanto era vero che amava i dolci, e
la frutta e il cibo in generale.
E
considerando quante volte temessero per una sua indigestione, non c’era altro
da aggiungere in proposito.
Per
questo, quando sua madre gli aveva detto: «Lambo-chan ultimamente mangia meno
snack del solito.» Sawada Tsunayoshi si era sentito assolutamente in diritto di
farsi prendere dal panico.
In
sequenza si era assicurato in primis che non ci fosse lo zampino di Reborn –
che all’Arcobaleno non dispiacesse fare terrorismo psicologico su Lambo non era
un mistero – e poi che non fosse arrivata l’Apocalisse secondo qualche
calendario stellare più o meno conosciuto.
E
solo quando il paranormale era stato totalmente escluso dalle possibili cause
di quella stranezza Tsuna aveva dovuto rivolgersi proprio a Reborn, che con
sorriso enigmatico se ne era completamente lavato le mani sostenendo che fosse
compito dello stesso Tsuna in quanto Boss occuparsi di ciò che poteva mettere a
repentaglio la salute dei suoi sottoposti.
E
allora Tsuna si era armato di determinazione, perché anche se quella cosa del
boss rimaneva ancora da definire secondo lui – era indubbio che l’avrebbe avuta
vinta Reborn alla fine, ma la speranza di una vita normale era sempre l’ultima
a morire – restava il fatto che dopotutto Lambo era solo un bambino.
Considerando
poi che Sawada Tsunayoshi aveva pietà persino dei suoi presunti nemici,
figurarsi con un innocente di appena cinque anni verso il quale sentiva in
qualche modo di avere delle responsabilità.
E
decise che avrebbe scoperto quale fosse il problema: magari per una volta la
super intuizione made in Vongola sarebbe tornata utile.
Giorni
e giorni passati a cercare di capire.
Lo
aveva seguito ovunque, tanto che si era seriamente chiesto quando il primo
adulto per la strada lo avrebbe notato e additato come un pazzo che inseguiva
quel povero bambino vestito da mucca.
Fortuna
che non era successo. Non ancora almeno.
Ma
indagare era stato difficile, tanto che alla fine aveva chiesto consiglio ai
compagni, decidendosi poi a rivolgersi specialmente a Kyoko ed Haru: loro
dopotutto erano ragazze, con una sensibilità sicuramente maggiore – non che ci
volesse molto impegno ad avere nei confronti di Lambo più sensibilità di
Gokudera, ma quello era un altro discorso.
E
l’illuminazione era giunta come un fulmine a ciel sereno, rivelandosi come
spesso succedeva nelle scene comiche della televisione la cosa più ovvia che
puntualmente proprio per questo ti sfuggiva, passava lì sotto il tuo naso e
zampettava via – testuali spiegazioni di sua madre, e non si sarebbe soffermato
a ricordare il terrore con cui da bambino cercava queste fantomatiche soluzioni
con gambe grassocce come se dovessero apparire da chissà dove e portarselo via.
«Forse»
aveva detto Haru, trovando Kyoko dello stesso parere: «Lambo-chan ha un amico,
o qualcosa del genere, e mangia fuori pasto quando è giocare lontano da casa.»
E
allora via, a chiedere ad I-Pin se era capitato che negli ultimi giorni si
fosse allontanata da Lambo quando uscivano a giocare; un continuo pomeriggio di
“vai qui” e “gira di là” per seguire passo passo le tappe che quei due facevano
– ma quanto camminavano? Ecco perché poi a cena erano insaziabili!
Quando
erano finalmente tornati a casa, senza aver trovato nessuno che confermasse di
aver mai nutrito Lambo con cadenza giornaliera – ogni tanto gli do qualcosa,
ma sono giorni che quel bambino non passa più, è successo qualcosa? – Tsuna
era letteralmente sfinito.
A
quel punto era parso chiaro che non ci fosse nient’altro da fare: sarebbe stato
difficile, ma l’unica speranza ormai era chiedere al diretto interessato.
Già
quando Lambo alla sua domanda più chiara possibile aveva ridacchiato com’era
solito fare nel momento in cui era convinto di aver scoperto una grande verità
della vita, Tsuna avrebbe dovuto capire che c’era decisamente qualcosa di poco
rassicurante.
Qualcosa
che, non importava cosa fosse esattamente, avrebbe dovuto preoccuparlo
seriamente e ancora di più quando Lambo era corso via nascondendo qualcosa alla
sua vista canticchiando con voce insopportabile – o forse i suoi nervi non ne
potevano più di tentativi di ricerca, semplicemente – qualcosa fin troppo
simile a: «Questa è roba di Lambo-san! Lambo-san non la darà a nessuno, nemmeno
se ImbranaTsuna prega Lambo-san!»
E
Reborn doveva aver avuto pietà di lui – no, si era detto poi Tsuna quando lo
aveva visto sparare proiettili che sperava seriamente non fossero veri
contro Lambo, più che pietà per il suo allievo doveva aver esaurito la
sopportazione delle urla del giovane Bovino – perché aveva bloccato il
ragazzino nella stanza di Tsuna.
…Dove
non doveva essere.
Dove
il castano gli aveva esplicitamente vietato di entrare in sua assenza.
Dove
il castano pregò stesse entrando per la prima volta quando notò il cassetto del
suo comodino rovinosamente rovesciato per terra, vuoto del contenuto di vecchi
quaderni e qualche penna, insieme a qualche risparmio probabilmente risalente
all’ultimo regalo di compleanno dei nonni, e quel qualcosa che un maschio
adolescente gradirebbe non fosse scoperta mai nonostante sia cosciente del
pessimo nascondiglio che gli ha trovato.
Ma
era come in un film: il peggio doveva ancora venire.
Il
pavimento ospitava dei palloncini.
Dei
palloncini che non erano quelli delle feste di compleanno manco per niente.
Piccoli,
non eccessivamente gonfiati, di non più di cinque colori diversi – e perché
diamine Fuuta e I-Pin ci stavano giocando ridendo come se fosse il passatempo
più divertente del mondo?!
Sentì
Lambo ridere sguaiatamente, liberatosi della minaccia di Reborn al quale il
castano lanciò uno sguardo allucinato e quasi indignato mentre il ragazzino
andava saltellando a far chiasso fra i palloncini, gettandoli all’aria: «Perché
lo hai lasciato andare, Reborn?!»
«Ne,
Fuuta» furono le parole di Lambo che segnarono la sua fine, alle quali si voltò
in tempo per vederlo portare uno dei palloncini ancora sgonfi alla bocca
nemmeno fosse il pessimo sostituto di un lecca lecca: «Quello di Lambo-san sa
di fragola!» esultò e Tsuna non ebbe la forza né di controllare cosa stesse
facendo Fuuta per rispondergli con aria pensosa “questo sa di menta”, né di
guardare oltre, né di togliergli quella roba di mano mentre arrossiva
furiosamente e si schiaffava una mano in faccia.
Con
Reborn che ovviamente dimostrava la sua massima comprensione con un: «Sai che
per questo Hibari ti ucciderà, ne DameTsuna?»