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Autore: Vale Fra    26/06/2003    3 recensioni
Quattro ragazzi...come potrà nascere l'amore?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’aria del mattino soffiava dolcemente increspando l’acqua, in una fresca giornata estiva. In un parco alla periferia della città una ragazza bionda, di circa diciotto anni, stava seduta sulla sponda di un laghetto, circondato da salici che lasciavano cadere le loro verdi fronde sulla superficie dell’acqua, creando piccoli cerchi concentrici attorno a loro. La ragazza indossava un abito fresco del colore del sole all’alba, sbracciato, che si appoggiava lievemente alle dolci curve del suo corpo. I piedi erano scalzi ed accanto ad essi era abbandonato un paio di sandali chiari; i suoi capelli, del colore del grano, erano raccolti in un’alta coda che lasciava cadere solo due piccoli ciuffi sul suo volto; la ragazza strinse le ginocchia al petto tentando di proteggersi dal fresco venticello che soffiava tutt’intorno a lei. A quel tempo le piaceva davvero molto stare semplicemente lì seduta, esclusa dal mondo esterno, e quei pochi attimi di pace assoluta la facevano sentire veramente bene; respirò a pieni polmoni l’aria attorno a lei e sorrise: sapeva di estate. Felice per un motivo che solo lei conosceva, intonò una canzone che in quel periodo le piaceva molto. Le note veloci e scorrevoli di quella melodia uscivano fluide dalle sue labbra finché un rumore poco lontano non la interruppe bruscamente. Qualcuno era scivolato lì accanto a lei. La bionda ragazza si voltò allarmata e notò che, a pochi passi di distanza, una ragazza dai capelli neri era sdraiata sul prato e guardava il cielo azzurro e limpido nel quale viaggiavano nuvole dalle forme più svariate.

-Ehi Ka! Ecco dov’eri finita! Non riuscivo più a trovarti!-

Le due ragazze si voltarono verso la voce che avevano sentito e videro entrambe un ragazzo molto carino con i capelli biondo scuro e gli occhi verde acqua, piuttosto alto e con un fisico atletico che stava in piedi davanti a loro; indossava un paio di pantaloni bianchi che gli arrivavano sotto le ginocchia e una maglietta rossa al cui collo erano appesi un paio di occhiali da sole. La bionda stava pensando che pur non essendo il suo tipo quel ragazzo non era niente male quando la morettina alzandosi di scatto si mise a parlare contro di lui:

-Insomma Brian! Lo sai che detesto quel nomignolo! Chiamami come ti pare ma non Ka! Capito!?-

-Va bene va bene! Isterica! Ti sembra questo il modo di trattare il tuo migliore amico?-

-Altro che migliore amico! Certe volte ti strozzerei!… Tu non sei per niente galante…invece il mio Eddie…- disse la ragazza assumendo uno sguardo sognante.

-Umpf! Quel pallone gonfiato! Già lo devo sopportare a basket! Ma quando ti accorgerai che c’è gente migliore di lui al mondo?- disse sbuffando il ragazzo e si sedette vicino alla sua amica.

-Tu è meglio che non parli caro il mio Sharp Bear!-

-Sharp Bear!?-

-Sì…è il tuo nuovo soprannome…-

-E potrei sapere che senso avrebbe?-

-Beh dato che certe volte sei simpatico come un’orsetto c’è Bear, ma dato che altre sei acido al massimo ecco Sharp…perciò il classico Teddy Bear si trasforma subito in uno Sharp Bear alias Brian!-

-…-

-Beh..che ne dici?-

-Dico che sei senza speranza!-

La bionda nel frattempo stava seguendo la scena sempre più sconcertata pensando che quei due probabilmente non erano esseri umani, ma alieni provenienti dal pianeta dei pazzi…soprattutto quella ragazza…

La morettina si alzò e si allontanò per poco, tornando quasi subito con due grossi coni gelato e rivolgendosi al ragazzo, con un sorriso smagliante, gli disse:

 -In segno di pace, caro il mio Sharpy, ti ho portato un gelato…fragola e limone…sono i tuoi gusti preferiti no?-

-Già…ma cosa sarebbe Sharpy? Una delle tue ultime trovate?-

-Semplicemente l’abbreviazione di Saharp Bear, infatti mi sono resa conto che è un po’ lungo…non è un’idea geniale?!-

-…-

Ad un certo punto il ragazzo si alzò in piedi e si avvicinò al laghetto; la ragazza dai capelli corvini non vi prestò attenzione, e sbagliò: lui aveva appena raccolto un po’ di acqua limpida tra le mani e la stava rovesciando sull’amica. Quella balzò in piedi esclamando:

-Brian! Tu sei pazzo! Avevo appena comprato questa maglietta! Questa me la paghi, mio caro!-

Detto questo si avvicinò anche lei all’acqua, ne raccolse un po’ e la lanciò ridendo verso Brian; la bionda lì accanto ritenne opportuno spostarsi da quei due, così raccolse i suoi sandali e fece un passo, ma si fermò dopo che sentì qualcosa di liquido e ghiacciato che le bagnava la schiena. Si voltò di scatto pronta a dirgliene quattro a quei due, quando la ragazza le si avvicinò di corsa esclamando:

-Oddio, mi dispiace! Scusa, davvero non ti avevo vista…ti serve un fazzoletto? No…?-

La bionda scosse la testa e sorrise, per far capire all’altra che era scusata. Quella le rivolse uno smagliante sorriso e le porse la mano dicendole:

-Va beh, comunque io sono Cassielyn, mentre lui…-, indicò il ragazzo, che le raggiunse subito,

-…è Brian!- La bionda strinse la mano della ragazza e poi quella di lui, dicendo:

-Piacere di conoscervi, io sono Leya-

-Mi dispiace ancora…ma sai, questo qui è un cretino…-, disse Cassielyn, indicandole nuovamente Brian. Lui la fissò imbronciato:

-Non darle ascolto, io sono un bravo ragazzo! Lei, invece…-

I tre parlarono un po’ del più e del meno, fino a che Brian guardò l’orologio ed esclamò:

-Scusate ragazze, ma devo andare! Eh, sì, lo so che vi dispiace, ma…sapete, è così la vita di noi vip!-

Cassielyn si voltò verso Leya aggrottando la fronte, poi chiese all’amico:

-Ah sì!? Ma ‘vip’ per cosa starebbe scusa? Per ‘very idiot person’?-

-Non sei per niente spiritosa, Ka!-

- Va bene…non ti arrabbiare…e dove vai di bello, ‘vip’?-

-All’allenamento di basket, mia carissima fan!-

Mentre lui si allontanava, Leya sgranò gli occhi e pensò: “Oh santo cielo, l’allenamento! Me ne era dimenticata!”. Guardò Cassielyn e le disse:

-Scusa Cassielyn, ma ora devo andare anch’io…ho un impegno che non posso rimandare…-

Lei si voltò sorridendo:

-Ok, allora ti va se ti accompagno!-

L’altra annuì, e le due si allontanarono dal parchetto camminando spedite. Dopo un po’ Cassielyn si rivolse a Leya:

-Scusa, ma dov’è che stiamo andando?-

L’altra le sorrise:

-A casa mia, devo andare dai miei fratellini se rimangono troppo da soli, dopo stressano…-

Cassielyn, felice di aver trovato un argomento di conversazione, chiese all’amica:

-Ah, fratellini? Tutti maschi?-

L’altra scrollò le spalle:

-No…un po’ e un po’…-

Le due camminarono ancora per un po’ sotto al viale alberato; i peschi lasciavano cadere i fiori rosa ed alcuni frutti ben maturi, mentre gli aceri si ergevano alti, nella loro verde bellezza. Le due giunsero davanti ad un enorme cancello e, mentre Leya armeggiava con le chiavi, Cassielyn si guardò un po’ in giro: la casa era molto grande, quasi come una villa, ma non così lussuosa; da questo punto di vista era più una semplice casa di campagna. Quando finalmente la bionda fece girare la chiave nella serratura un po’ arrugginita ed aprì il cancello cigolante, cinque o sei ragazzini sui dieci anni le corsero incontro:

-Ciao Leya, sei tornata!-

Lei annuì e gli sorrise, poi invitò Cassielyn a seguirla lungo il vialetto che precedeva l’entrata della grande casa; quella le stette dietro obbediente. Poco dopo le due vennero raggiunte da sette o otto bambine sui sei anni, ognuna con la propria bambolina di pezza in mano, più o meno sgualcita. Quelle raggiunsero la ragazza dicendole:

-Ciao sorellona! Dave ti sta aspettando dentro!-

Mentre Leya accelerava il passo verso l’entrata, Cassielyn si guardò intorno stupita: ci saranno stati una ventina di bambini, tutti di età diverse! Ma quanti fratelli aveva Leya?! Prima che potesse farle qualche domanda, però, le due giunsero alla porta, che si spalancò di scatto: ne uscì un ragazzo alto, con i capelli biondi un po’ spettinati ma tirati leggermente in su con il gel, una tuta da ginnastica ed un borsone della Nike sulle spalle, e due splendidi occhi color acqua che si assottigliarono subito non appena videro Leya sulla soglia. Cassielyn si voltò verso di lei in cerca di spiegazioni, ma quella guardava il ragazzo, restituendogli lo sguardo d’odio che era passato negli occhi di lui poco prima. I due si scambiarono i mazzi delle chiavi, poi lui si allontanò, e l’atmosfera si rilassò un poco; Cassielyn e Leya entrarono nella casa e la prima invitò l’amica a sedersi. Le due erano in una stanzetta rustica, che sapeva molto di campagna, e che doveva essere una cucina. Le pareti erano beige, c’erano quattro fornelli ed un lavandino su di un ripiano, poi un piccolo forno a microonde, una lavastoviglie ed un frigorifero. Al centro della stanza si trovava un piccolo tavolo e quattro sedie in legno; “evidentemente non mangiano tutti qui”, pensò Cassielyn. La ragazza mora si sedette e Leya si accomodò davanti a lei. Cassielyn poi si rivolse alla bionda:

-Ehm, scusa, ma quelli fuori sono tutti fratelli tuoi?-

-Più o meno…in più ci sono Alex, Sarah e Michelle che sono relegati a letto con la febbre…poverini! Però Alex ormai si è ripreso completamente, fa solo finta…non gli piace l’asilo! E…-

-Frena, frena Leya! Non capisco, tu hai più di venti fratelli?!-

L’altra sorrise:

-Eh eh, non sono certo naturali! Questo è un orfanotrofio, Cassie!-

La mora sbatté le ciglia, perplessa:

-Un orfanotrofio…? E tu vivi qui…? Ma allora…?-

Leya annuì:

-Sì, sono qui da quando sono nata…ma non preoccuparti, quest’anno me ne vado! Se riesco a trovare una casa e un lavoro…-

-Quanti anni hai?-

-Ne ho fatti diciotto il 20 maggio-

Cassielyn scrollò le spalle:

-Uff, io ne ho solo 17…comunque, chissà che noia vivere qui senza nessuno della tua età…ah, no, aspetta, c’era quel ragazzo di prima!-

Leya concentrò lo sguardo sulla spia spenta del forno a microonde cercando di non pensare alla domanda implicita che c’era nell’esclamazione di Cassielyn; quest’ultima, preoccupata dall’espressione improvvisamente vuota assunta dalla ragazza, la guardò perplessa e le chiese:

-Leya…? Ho detto forse qualcosa di sbagliato…?-

La bionda tornò con lo sguardo all’amica e scosse la testa, ma non poté evitare di abbassare gli occhi, dando così alla sua negazione un’aria poco convincente. Cassielyn continuò ad osservarla interrogativamente, cosicché l’altra le disse:

-Si chiama David e…io lo odio-

Allo sguardo ancora più perplesso di Cassielyn, la bionda rispose:

-Siamo entrambi qui da quando siamo nati, e ci siamo sempre odiati. E’ una cosa reciproca. Abbiamo provato ad andare d’accordo, cosa credi? Ma siamo troppo diversi, come due poli opposti, hai presente? E poi lui è così dispotico! Ogni smorfia, gesto, espressione, persino i suoi occhi sanno di arroganza! Le rare volte che ci parliamo, finiamo sempre per litigare, perciò preferisco evitare di parlare di quello lì, a meno che tu non voglia sentirti un’altra carrellata di insulti rivolti a lui…-

Cassielyn intervenì:

-Ok, ma tutti abbiamo un lato buono…anche lui avrà il suo, no?-

Leya sbuffò, ed il ciuffo che stava innocuo davanti al suo viso si alzò improvvisamente in volo, provocando una serie di risatine a Cassielyn, che contagiò Leya, facendo così cadere l’argomento David.

Passò circa una mezz’oretta, e Cassielyn si rese conto di essere in grosso ritardo rispetto ai tempi dettatile dal suo stomaco, e così salutò Leya ed uscì dall’orfanotrofio; davanti al cancello vide due coniugi, sulla cinquantina, che le si presentarono come i “genitori” dei bambini dell’orfanotrofio. Lo stomaco di Cassie fece poi un impercettibile brontolio e la ragazza fu costretta a salutare i due ed a fiondarsi a casa.

 

  
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