SANPO
La testolina
di Tsuki fece capolino dalla porta del salotto, i suoi vispi occhietti verdi,
eredità del papà, saettarono in ogni direzione, incontrando solo sagome adulte e
non trovando chi cercava.
“Ehi,
piccolo, dove eri finito?”
La voce
profonda dello zio fece trasalire lo scricciolo, che uscì goffamente dal suo
nascondiglio dietro la porta, leggermente in imbarazzo; le teste degli altri zii
e dei genitori si voltarono in simultanea verso di lui, che stava sulla soglia,
tutto rintuzzato nel suo maglioncino rosso: “Cercavo Sei****, qualcuno l’ha
visto per caso?” pigolò, muovendo nervosamente i piedini ravvolti nei
calzini.
Shun si
guardò attorno dubbioso: “In effetti prima è passato di qua per sgraffignare un
pezzo di torta.” notò il papà, “sicuro che non sia in bagno?” domandò; il
piccolo scosse la testa, “ho controllato ovunque ma non c’è da nessuna parte.”
ammise.
Heather
poggiò il vassoio con le tazze da thè sul tavolino, leggermente inquieta:
“magari è uscito per giocare…” azzardò la giovane donna, senza però eccessiva
sicurezza nella voce; “senza avvertire? La vedo dura…” disse con tono
preoccupato Shiryu, alzandosi e affacciandosi alla finestra, il cortile era
deserto, malgrado la bellissima giornata.
Anche Ikki e
Shun si alzarono, il primo prese in braccio il nipotino, e si diressero
all’esterno, il prato era baciato dal sole, e tutto splendeva di smeraldo, come
il mondo fatato di Oz, il piccolo boschetto vicino casa invogliava a prendere
sonno sotto i grandi rami pieni di foglie odorose; Ikki fece segno al fratellino
di restare lì, mentre lui esaminava attorno
casa.
Nel
frattempo, a lui si erano uniti gli altri
fratelli.
Ma del
piccolo Sei nessuna traccia.
Tsuki aveva
le lacrime agli occhi, il musetto rincantucciato contro il petto dello
zio.
Ikki gli
diede un buffetto gentile sul naso: “Vedrai che lo scricciolo sarà andato a
giocare da qualche parte, adesso lo troviamo… Ma dove diavolo è Seiya quando
serve…?” sbuffò, notando la mancanza del fratello minore; Shiryu doveva aver
pensato la stessa cosa, perché si avvicinò a Hyoga, mormorandogli qualcosa
all’orecchio, per poi fargli cenno di rientrare.
Si riunirono
a Shun e a Heather, guardandoli in viso: “Seiya dov’è?” chiese glaciale il
Cigno.
In effetti,
anche il più piccolo dei Kido mancava
all’appello.
Tsuki si
avvinghiò alle spalle dello zio, guardandosi attorno con aria triste: “non è più
qui…” sussurrò, “non lo sento più.” disse a voce bassa, “mio fratello è lontano
da qui.”.
L’espressione
di Shun si fece ansiosa e quasi impaurita, Ikki fu rapido a circondargli le
spalle con un braccio: “Heather, prova a chiamarlo al cellulare.” disse Shiryu,
cercando di consolare il nipotino, che si tormentava le manine sporche di
pennarello; la donna annuì, pallida in volto, e corse in
casa.
Un attimo
dopo, si udì distintamente il suono del telefonino del Pegaso provenire da
dentro casa, abbandonato sul tavolo della
cucina.
§§§§§§§
“Ehi,
rallenta piccolo! Non riesco a starti dietro!”
La voce
allegra del guerriero della Dea risuonò dolce sotto le fronde degli alberi
millenari, mentre sfrecciava alle calcagna del nipotino, in sella a una piccola
bicicletta a poca distanza da lui: “ZIO!*** È MERAVIGLIOSO!” gridò il piccolo
felice, percepiva il vento sfiorargli il viso con delicatezza, provava una gioia
immensa; attorno a loro, il paesaggio scivolava dolcemente, avvolgendoli di
odori e profumi d’estate.
Seiya sorrise, vedendo l’espressione piena di vita della peste, sentì il cuore gonfiarsi e librarsi lassù nel cielo più blu; una leggera fitta al petto lo fece trasalire, imprecò a mezza voce, massaggiandosi il punto dove sapeva esserci la cicatrice della spada di Hades: “Non adesso…” soffiò, tossendo appena, artigliando con la mano destra la maglietta, "Non adesso... Per favore.".
Il dolore
scemò un poco, lasciandolo profondamente prostrato, quegli attacchi si facevano
sempre più frequenti, anche se cercava di dissimularli, non ci riusciva mai del
tutto; una lacrima scivolò dagli occhi color cioccolato, per un attimo gli mancò
l’aria.
La bicicletta
sbandò e lui si ritrovò a terra tra i cespugli, il viso dolorante per la
botta.
“OJICHAN!!”
la vocina preoccupata di Sei lo fece trasalire, si mise seduto, massaggiandosi
il naso dolorante un attimo prima che una saetta rossiccia lo assalisse con un
moto affettuoso: “Ti sei fatto male?” chiese con ansia il bambino, balzandogli
in braccio, “niente di niente!” assicurò con un gran sorriso il ragazzo, “c’era
una pietra sulla strada e mi ha fatto cadere… ma sono tutto intero!” esclamò
Seiya.
Il bimbo
sfregò il nasino sul suo petto, abbracciandolo: “Sicuro sicuro?” chiese con aria
indagatrice, “Mamma dice che un bacino fa passare la bua!” esclamò con aria
convinta, “con me funziona!”.
Pegasus
scoppiò a ridere, scompigliandogli i capelli color rame: “non fare come papà,
sto benissimo, non vedi? Andiamo, prima di pranzo voglio farti fare ancora un
giro.” disse il guerriero, rialzandosi con lo scricciolo in braccio e
recuperando lo zainetto, “Zia Seika ci ha fatto dei bento deliziosi, non vuoi
assaggiarli?” lo tentò.
Sei annuì e
cercò di sollevare la bicicletta del maggiore, ma era troppo grande per lui,
troppo pesante per quelle braccine così sottili; ridacchiando, il ventenne la
tirò su senza sforzo alcuno, uscendo dall’intrico di rami: “Forza,” disse,
scuotendosi di dosso la terra e le foglie, “Andiamo.” disse con un gran
sorriso.
Il bambino
s’imbronciò: “Sono un pasticcione…” sbuffò, saltando in sella alla sua, “non
dire così, sei ancora piccino, dai tempo al tempo.” lo rassicurò,
inginocchiandosi per raggiungere la sua altezza, “ti racconto una cosa… Quando
avevo la tua età, zio Jabu e io ci picchiavamo dalla mattina alla sera, e
sistematicamente vinceva lui, mentre papà cercava sempre di separarci, eppure
non ci riusciva mai. E io perdevo sistematicamente. Ma poi, crescendo, non c’è
più riuscito a vincere. Vedrai che crescerai, cuccioletto!” lo rimbeccò
Pegaso.
Ma il piccolo
restò triste.
Allora lo zio
prese lo zaino e tirò fuori un sacchetto pieno di dolci: “Guarda qui..” disse
con espressione sorniona, “se non ti muovi, me li mangio tutti io!” sogghignò;
Sei sgranò gli occhi, digrignando i dentini, “Cattivo!! Li voglio anche io!!”
gridò, cercando di prendere il pacco, ma era troppo in alto, “Allora andiamo!”
replicò semplicemente Pegaso, inforcando la bicicletta e sfrecciando
via.
I due
percorsero per circa un’ora i sentieri deserti sino a giungere nei pressi di un
meraviglioso prato delimitato da una staccionata, con una graziosa casa che si
ergeva vicino a un boschetto di lecci; Seiya gli fece cenno di poggiare il ciclo
contro la struttura lignea e di seguirlo.
“Ma, zio… non
possiamo stare qui.” bisbigliò il bimbetto con aria inquieta, “chissà di chi
è..” sospirò, guardandosi attorno e tendendo l’orecchio per sentire se ci fosse
qualche cane; “Tu forse non te ne ricordi, ma qui ci sei già stato.” lo
rassicurò, “e mi hai fatto impazzire col tuo gemello, sempre a zonzo.” sorrise
divertito, “tu e Tsuki, o gattonavate, oppure vi arrampicavate sulle mie povere
spalle.” si lamentò platealmente, “per fortuna ci pensava Saori a ripescarvi
ogni tanto, eravate così teneri in braccio a lei.” lo abbracciò con aria dolce,
“vi siete anche addormentati! Ci stavate così bene.” lo prese in
giro.
Dallo zaino
levò una tovaglia a quadri rossi, e cominciò a disporre con ordine le vivande, i
due bento colorati, uno per ciascuno, stavano al centro, i dolci erano stati
presi in custodia dal bimbo, che li cullava come se fossero stati un tesoro:
“Ecco a te!” annunciò Seiya, passandogli il suo con tanto di bacchettine, “Zia
Seika ti ha fatto gli okonomiyaki e le carote in tempura. E poi ci sono anche
gli onigiri, quelli buoni che fa lei.”, gli occhi del bimbo di riempirono di
luce, “Con gli spinaci?” chiese speranzoso, “Naturale, Seika-neesan fa tutto
molto attentamente!” giurò il ragazzo.
Senza
aggiungere altro, il piccolo attaccò felice il pranzo preparatogli, in breve
ebbe le labbra cosparse di chicchi di riso.
Restarono a
lungo lì, godendosi la pace e la tranquillità del luogo e fu solo verso metà
pomeriggio che ripresero il cammino.
Giunsero
infine presso un grazioso villaggio, decorato di fiori di ciliegio, ogni casa
aveva almeno una decina ghirlande delicatamente intrecciate sul portico, la
lunga e sinuosa strada maestra era piena di persone che lavoravano alacremente,
giovani uomini e donne si prodigavano ad aiutarsi nel trasportare colli alla
vista molto pesanti; incuriositi, zio e nipote si fermarono presso una villetta,
una ragazza dell’età di Seiya stava annaffiando i fiori: “ehi, cosa sta
succedendo?” chiese il maggiore, smontando con un leggero inchino; lei smise di
lavorare e ricambiò il saluto, “è solo un ballo, una festa.” disse con un
accento strano, “io sono qui da poco, ma so che lo fanno ogni anno.” spiegò con
aria sognante.
Nella piazza
principale del paesello, un gruppo di bambini di tutte le età, dalle vesti
semplici e scolorite dalla luce del Sole giocava a pallone, sotto lo sguardo
attento degli adulti che addobbavano con festoni colorati gli alberi e gli
edifici.
“ZIO!
GUARDA!!” esclamò tutto contento e agitato Sei, “Posso giocare con loro?”
chiese, puntando i suoi occhioni sulla figura alta e snella del bruno, che si
grattò incerto la testa: “non so…” disse vago, guardandosi nervosamente attorno,
“se poi ti fai male, mamma chi la sente…” rifletté il giovane uomo, quando un
grido giunse al suo orecchio. Voltosi di scatto, i sensi tesi come una corda di
violino, il Cosmo crepitante, scattò in avanti: “ATTENZIONE!” gridò, spingendo
via uno dei bambini.
Il piccolo si
ritrovò a terra senza una ragione apparente,
dolorante.
Un clangore
metallico, seguito dall’urlo terrorizzato di Sei ruppe la calma che regnava
nella piazza: gli adulti si radunarono attorno al punto dove il ragazzo era
scomparso, travolto da un cumulo di lamiere arrugginite; il bimbo mollò la
bicicletta, che cadde a terra con un tonfo, e con tutta l’agilità che le sue
gambette permettevano, cercò di farsi strada in mezzo a quei giganti spaventosi,
le lacrimucce agli occhi.
Una grossa
mano lo afferrò per le braccia, cercando di allontanarlo: “Piccolo, non puoi
stare qui, è pericoloso!” gli disse con tono burbero, ma il brunetto si
divincolò, riuscendo a districarsi dalla calca, davanti ai suoi occhi comparve
un gruppo di persone che cercava di sollevare una trave di ferro, ma senza
successo, una donna si era incaricata di tenere lontano i ragazzini, con la coda
dell’occhio il fanciullino vide un coetaneo con le lacrime agli occhi, un
ginocchio sbucciato, e capì che si trattava del bimbo che lo zio aveva
salvato.
“SEIYA-OJIICHAN!” Sei si gettò sul
mucchio di piastre metalliche, le mani
tremanti.
Imponendosi
di calmarsi, socchiuse gli occhi, concentrandosi per percepire il Cosmo del
Pegaso, cercò disperatamente di richiamare alla mente gli insegnamenti del papà,
Tsuki era sempre stato più bravo di lui, in quel momento avrebbe voluto avere il
fratello lì con lui, sicuramente sarebbe riuscito a mantenere la calma senza
problemi.
Nel suo cuore
sentiva paura, ma provò in ogni modo di tenerla lontano, “in fondo,” si disse,
“lo zio è fortissimo.” ricordò, “non gli fa niente nessuno. È il migliore, come
papà.” si ripeté, il respiro si tranquillizzò, regolarizzandosi col battito del
cuore
Finalmente,
il bambino percepì il familiare calore delle stelle pulsargli sotto le dita, la
montagnola di pezzi di ferro ebbe un tremito, una mano piena di graffi riemerse
faticosamente da sotto, e poi anche il resto del corpo del guerriero, la
maglietta era leggermente strappata in più punti, un graffio piuttosto profondo
gli cingeva la fronte: “Ahia…” si lamentò, massaggiandosi la spalla dolorante,
“grazie Sei,” disse, mentre il piccolo lo aiutava a uscirne, “sono tutto intero,
non mi guardare così...” ridacchiò, scompigliandogli i capelli, “ho ancora un
sacco di cose da fare, non è così facile farmi fuori.” sorrise, mentre il nipote
gli gettava le braccine al collo.
Con facilità,
si alzò e si lasciò scivolare giù dal cumulo, tutti gli si strinsero attorno,
preoccupati, c’era una gran confusione, voci e strattoni, che impaurì il
piccolo, strettosi al petto del ragazzo più grande: “Ok, ora basta.” disse
tranquillo Seiya, accarezzando la testolina del nipote, “lo state spaventando.”
dichiarò severo, dando un bacio sulla fronte del
bambino.
Tutti si
allontanarono un poco, i due passarono attraverso due ali di folla silenziosa:
“Su, va tutto bene.” sussurrò all’orecchio del piccino, che si aggrappò ancora
più intensamente al suo collo; protettivo, Seiya lo portò sino a una vicina
panchina, proprio accanto alle loro biciclette: “Va meglio?” gli chiese,
asciugandogli con il fazzoletto da tasca i lacrimoni; Sei annuì, tormentandosi
le manine leggermente macchiate di pennarello verde, “Tu?
pigolò.
Pegasus lo
guardò sorpreso: “Io? Io sto benissimo!” scoppiò a ridere allegro, battendosi
una mano sul petto, “non mi sono fatto nulla!” lo rassicurò, prendendolo per le
ascelle e facendolo volteggiare come un bambolotto; in breve, l’espressione
triste e spaventata del fanciullino lasciò posto a una allegra e ridanciana, i
grandi occhi si riempirono di luce mentre aveva la sensazione di sfiorare con le
dita le nuvole nel cielo, di volare come gli
uccelli.
“Torawo
torunara torawo toru yori toriwo tore…?”** disse tra le risate il piccolo,
agitando le corte braccia come se stesse veramente volando: “toriwa otorini
torawo tore!"** concluse Seiya, prendendolo al volo in braccio, “Sei un bambino
cattivo, gli scioglilingua non sono il mio forte!” replicò il guerriero,
mettendoselo a cavalcioni sulle spalle, “lo sai, lo fai per mettermi in
difficoltà!”.
Sei batté le
mani allegro, poggiandosi coi gomiti sulla
testa.
Un’altra
fitta improvvisa mozzò il respiro a Seiya, ma strinse i denti, il bambino
sembrava non essersene accorto; con cura, lo zio lo prese per i fianchi,
poggiandolo a terra: “Se fai il bravo e fai attenzione, ti lascio andare a
giocare con quei bimbi. Ma tieni conto che tra qualche ora dovremmo prendere il
treno.” si raccomandò con piglio paterno, “non allontanarti troppo!” gridò,
quando ormai il piccolo si stava allontanando.
“Sicuro di
stare bene, ragazzo?”
La voce
burbera di uno degli uomini impegnati nei lavori lo fece sorridere, un gruppo di
persone gli si era stretto attorno, guardandolo con un misto di curiosità e
preoccupazione: “Certo, solo qualche graffio.” dichiarò con baldanza,
“piuttosto, avete bisogno di una mano?” chiese, notando la presenza del cumulo
di lamiere ancora al centro della piazza, “Se volete posso darvi una mano io!”
si offrì, dondolandosi sui talloni, le mani intrecciate dietro la
schiena.
Quello che
sembrava il più anziano tra tutti scoppiò a ridere: “Cosa mai potresti fare,
mingherlino come sei? Certo non ci saresti di grande aiuto, con quelle braccia
corte che ti ritrovi.” lo schernì, scompigliandogli i capelli, “Quanti anni hai,
quindici, sedici?”; Pegaso lo fissò senza dire nulla, con passo lento e
tranquillo si avviò verso il mucchio di rottami e cominciò con estrema facilità
a spostarli, sollevò i pezzi più pesanti con assoluta tranquillità, quasi stesse
trasportando piume, un moto di stupore serpeggiò tra gli operai con la velocità
di una freccia e, in pochi minuti di lavoro, lo spiazzo fu sgombrato,
permettendo al gruppo di bambini impegnati col pallone di circondarli con le
loro risate e il loro impeto fanciullesco.
Seiya
sogghignò, sfregandosi le mani per ripulirle dalla polvere: “Diceva?”.
§§§
Calava la
sera su Tokyo, il Sole sfiorava dolcemente la superficie del mare, andando a
rifugiarsi oltre l’orizzonte, il cielo azzurro si dipinse di tenui sfumature
viola, come se le ali dei gabbiani fossero state energici pennelli nelle mani di
un pittore.
L’odore di
salsedine avvolse i polmoni di Seiya con affettuoso slancio, strappandogli uno
starnuto di troppo; il bimbo sulle spalle mugugnò disturbato, per poi rigirarsi
tranquillamente e riprendere il sonno da dove era stato quasi bruscamente
interrotto: “Marmotta…” lo apostrofò scherzosamente, sistemandoselo meglio sulla
schiena.
La strada era
deserta, le ombre della notte si allungavano sull’asfalto, ma ormai erano quasi
arrivati.
il pomeriggio
era passato in allegria, gli era rimasta nel cuore la gioia dei bambini quando
Sei si era unito a loro, la tristezza quando erano dovuti partire, la sua
marmotta preferita era crollata addormentata non appena toccato il sedile del
treno, stanca per la giornata trascorsa.
Con un
sospiro stanco, il ragazzo più grande salì agilmente le scale che l’avrebbero
portato a casa.
Fuori sul
pianerottolo ingombro di cose, vecchie ceste, palle mordicchiate dagli
innumerevoli cani a cui stava dietro, perfino un sonaglino che era senza dubbio
appartenuto ai due gemelli e finito lì chissà da quanto tempo, c’erano un paio
di lucidi sandali color ocra sul tappeto
d’ingresso.
Sorridendo,
si levò le proprie consunte scarpe da ginnastica e le levò anche al nipotino,
suonando poi il campanello: “Neesan!” gridò, “aprimi!” esclamò
allegramente.
Si udì un
tramestio aldilà della lucida porta dipinta di verde, poi questa si aprì,
mostrando un paio di dolcissimi occhi color cioccolato, uguali a quelli del
ragazzo, e una folta chioma di riccioli rossicci come le fiamme, intorno alla
vita aveva un grembiule sporco di macchie variopinte e dalla natura in certi
casi ormai indefinibile; Seika guardò con aria stupita il fratello, in mano
aveva ancora un mestolo sporco di sugo: “Seiya-chan, ma dove eri finito?” chiese
sorpresa, facendolo entrare, “ti stanno cercando tutti!” poi notò il frugoletto
placidamente addormentato sulle spalle del minore, i pugnetti stretti attorno a
un lembo della maglietta del Pegaso.
Intenerita,
la rossa lo prese tra le braccia, depositandolo sul divano, alla luce del sole
ormai morente che filtrava dalla finestra i ciuffi color rame sembrarono
plasmati nell’oro liquido, gli cingevano la fronte come una coroncina angelica;
gli diede un affettuoso buffetto sulla spalle, spingendo poi il fratello verso
la cucina: “cosa diavolo hai combinato? Heather-chan è matta di rabbia e
preoccupazione.” chiese la donna, armeggiando con le pentole per preparare
qualcosa anche per il piccino; Seiya si sedette sulla sedia a capotavola,
incrociando le braccia al petto, “Tsuki-kun e Ikki-niisan sono dei despoti, non
me lo lasciano mai, sembra una loro esclusiva. Avrò pur diritto a stare un
pochino con Sei, no?”.
Seika sospirò
rassegnata, spignattando rapidamente e attentamente le vivande per la cena:
“fratellino, sai che domani potresti seriamente incorrere in una vendetta da
parte del gemellino del nostro cucciolotto di là? Oltre che di tuo fratello,
naturale.” disse seraficamente, assaggiando il sugo, “Mmm, manca di sale…”
mormorò, allungandosi per prendere il barattolo colmo della polverina
cristallina, “Dai, neesan… non gettarmi in pasto alla tigre.” implorò con gli
occhioni lucidi, “Per stasera lasciamo dormire qui Sei-kun, per favore! Domani
cercherò di fuggire da qualche parte, promesso!” la pregò infantile,
intrecciando le dita e portandosele dinanzi al
volto.
La sorella lo
guardò con aria divertita, poi si levò il grembiule, cominciando ad
apparecchiare: “Vai a prendere la peste, si mangia.” ridacchiò lei, “E va a
preparare il letto per lui, le lenzuola sono nell’armadio nella mia camera,
dovrebbe esserci anche un futon. Ah, naturalmente, ci dormirai te.” sorrise
sorniona la ragazza.
§§§§§§
Seiya
s’abbandonò esausto sul divano, sospirando e
sbadigliando.
La sorella
gli si sedette accanto, accarezzandogli il viso pallido e stanco: “Stai bene?”
gli domandò preoccupata, “hai una faccia…” sussurrò la ragazza; il fratellino
scosse la testa, “Ha ripreso a fare male.” decretò il guerriero, “più forte del
solito… e più volte nel corso della giornata.” ammise, portandosi una mano al
petto.
Seika
impallidì: “Ne hai parlato con Lady Saori? Potrebbe essere grave…” sostenne lei,
sfiorandogli la fronte calda, “hai di nuovo la febbre, niichan.” affermò,
alzandosi per andare a prendergli un bicchiere d’acqua, “Neesan, sono quasi
dieci anni che mi porto dietro questa situazione, cosa mai potrebbe fare? È
l’eredità di Hades, ormai me la devo tenere… Spero solo che Sei-chan non se ne
sia accorto.” borbottò il ventenne, affossando la testa sotto il cuscino
colorato.
Il dolore si
fece più forte, tanto da strappargli il
respiro.
“Se non
gliene parli tu, lo farò io. Sei pur sempre un suo guerriero, sono certa che
saprà darti un buon consiglio… Ma avresti dovuto andare da lei quando ha ripreso
a fare male, subito, non aspettare dieci anni!” lo sgridò la maggiore,
porgendogli il bicchiere pieno d’acqua; Seiya riemerse dai cuscini,
accoccolandosi in grembo a lei, cercando affetto: “Se avessi voluto un gatto, ne
avrei preso uno.” disse la fanciulla ridendo, stringendolo a sé con tenerezza,
“Ora però dormi un po’… Resto io a sorvegliare Sei, d’accordo?” mormorò,
accarezzandogli i ciuffi corti e sudati.
Il ragazzo
annuì, abbandonandosi contro il morbido cuscino e cadendo
addormentato.
Seika si alzò
con attenzione e lo coprì con un vecchio e rattoppato plaid dalle allegre stampe
di soli, lune e stelle; restò un po’ a contemplare il fratellino addormentato,
con il braccio a fargli da guanciale, poi gli posò un delicato bacio sulla
guancia, come a volerlo ulteriormente
rassicurare.
“Zia…”
Il timido
pigolare dell’altro piccolo di casa fece voltare la giovane donna, che notò
subito la figuretta barcollante e appisolata del bambino sulla soglia, il
coniglietto di peluche che aveva regalato tempo prima a Seiya saldamente stretto
tra le sue manine piccine; la rossa lo prese in braccio: “hai fatto un brutto
sogno?” gli chiese. Lo scricciolo annuì, affossando il musetto tra le orecchie
del pupazzo, i grandi occhioni verdi si riempirono di lacrime: “Sai cosa
facciamo? Ti canto una ninna-nanna, me la insegnò la mia mamma per far
addormentare lo zio.” disse con tono allegro, riflettendo un momento per
raccogliere le idee.
Un attimo
dopo, la voce della donna si modulò in un delizioso gorgheggio, una delicata
melodia vibrò fino alle stelle, fuori dalla finestra e in tutto il firmamento,
una canzone più bella il bimbo non l’aveva mai udita, aveva il sapore del sogno:
“Akirameru wake wo hanasu yori mo, dekirukoto wo kazoeru hou ga
iiyone…”*.
Anche lui,
scivolò dolcemente tra i flutti dell’oceano del sogno, lasciandosi cullare dal
lento movimento delle onde e dal canto di quella sirena che, poteva quasi
vederla, stava su uno scoglio, i lunghi capelli rossi mossi dalla brezza marina,
il corpo cosparso di gocce d’argento luccicante sotto i raggi del Sole, come le
sirene del libro illustrato che Hyoga-ojiichan gli aveva regalato per il suo
compleanno.
E restò lì,
col suono dell’acqua e del canto a carezzargli
l’udito.
§§§§
Il porto era
deserto a quell’ora del mattino, quando una macchina elegante e signorile si
fermò dinanzi alla piccola darsena.
Ne scese una
giovane donna dai lunghi capelli castani, vestita di un semplice tailleur color
seppia, che alzò lo sguardo al cielo, sorridendo appena alla vista dei gabbiani
che sfioravano leggeri le nuvole; poi, s’incamminò verso l’edificio dipinto di
blu all’angolo della strada e salì lentamente le scale in metallo, fermandosi
davanti alla porta in cima alle scale. Con un sorriso, notò tre paia di scarpe
sullo zerbino, di cui un paio innegabilmente troppo piccine per appartenere a
uno dei suoi protetti.
Trattenendo
una risatina, bussò tre volte.
§§§§
Seika stava
appena tentando di svegliare il fratello quando udì bussare alla
porta.
Il nipote
sedeva al tavolo della piccola cucina, su una pila di morbidi cuscini, intento a
fare colazione, ma coi grandi occhioni verdi puntati sulla porta di casa: “Vado
io, tu finisci di mangiare.” lo rassicurò, avvicinandosi
all’uscio.
Armeggiò per
qualche istante con le chiavi fino a identificare quella giusta, che fece
scattare sordamente la vecchia serratura, un raggio di sole s’intrufolò
nell’ingresso immerso nella penombra; la porta scivolò lentamente sui suoi
cardini, mostrando la figura snella e alta della Dea: “Buongiorno Seika.” salutò
lei con un dolce sorriso e un inchino, “Scusami per l’ora, ma cercavo…” disse
lei. La ragazza le fece cenno di entrare, porgendogli le babbucce per gli
ospiti: “Nessun disturbo, Saori-san, entri pure. So benissimo chi cercava.”
ridacchiò lei, “mio fratello ne ha fatta un’altra delle sue, vero? Scommetto che
stanno tutti cercando Sei-kun.”.
La giovane
giunse infine in cucina, dove trovò il suo figlioccio**** intento a divorare una
fetta di torta al cioccolato, le labbra sporche di crema e zucchero; sorpreso
con le mani nel sacco, il bimbo cercò svelto un fazzoletto per pulirsi la bocca,
ma il rotolo era troppo lontano per lui.
Poté solo
abbozzare un saluto con la manina, coperta per metà dalla manica del
pigiama.
Lady Saori
trasse dalla tasca un fazzoletto di lino ricamato e si prodigò a levare le
tracce di cacao, inginocchiandosi leggermente per arrivare alla sua altezza:
“Tsuki, mamma e papà erano preoccupati per te. Che dici, svegliamo Seiya e
torniamo a casa?” sorrise lei, vedendo l’espressione imbarazzata del bimbetto;
in quel momento, con un gran sbadiglio, il Pegaso si svegliò, stiracchiandosi
come un gatto e sfregandosi gli occhi.
Fu un attimo
prima di accorgersi della presenza della Dea nella sua
cucina.
“Ben
svegliato, dormito bene?” chiese lei, prendendo in braccio il gemellino e
guardandolo con aria materna, “sono venuta a prendervi. Shun e Heather erano
preoccupati per Sei, ho l’impressione che ti aspetti una scenata arrivati a
casa.” disse Athena; il guerriero schizzò in piedi, visibilmente nel panico più
totale, quasi incespicò nella coperta caduta a
terra.
Una decina di
minuti dopo, la Dea e i suoi fedelissimi scesero dalle scale e raggiunsero la
macchina, che partì subito non appena salirono a
bordo.
§§§
Tsuki-chan
scattò come un razzo fuori dalla sua stanza ancora prima che tutti si fossero
svegliati.
Ancora col
pigiama, salì su una sedia che stava accanto alla finestra lasciata aperta la
sera precedente, scrutando attentamente fuori nel cortile; tutto era pace e
silenzio, tranne che per la figura nobile e gentile di Saori che, seguita dagli
zii dei piccoli, percorreva a passo svelto il vialetto che conduceva alla casa
tra gli alberi.
“SEI!!” gridò
il moro, balzando giù dalla sedia e correndo
fuori.
A piedi nudi,
percorse a balzelli la breve distanza che lo separava dal gruppo e si avventò
con affetto sul fratellino, abbracciandolo e baciandolo sul nasino; scoccò
un’occhiataccia allo zio, cingendo protettivo le spalle del gemellino. Seiya
sbuffò: “parola mia, stai troppo a contatto con quell’orso di Ikki, mica l’ho
rapito. Avrò diritto a stare col mio nipotino??” esclamò
platealmente.
Il brunetto
si godette quell’abbraccio da parte del fratello, ma notò qualcosa di strano:
“Tsuki, non hai freddo ai piedi?” chiese ingenuamente, indicando le zampette
nude del gemello. Questi scostò all’istante il viso,
avvampando.
“SEIYA!!!!”
la voce di Heather risuonò furibonda nel cortile mentre il Silver Saint di
Perseus usciva di casa di corsa, seppur in camicia da notte, con un aria non
propriamente cordiale nei confronti del ragazzo; Pegasus si nascose dietro la
sorella, tremando di paura: “Non volevo fare nulla… davvero…” balbettò,
facendosi il più piccolo possibile dietro la schiena della
rossa.
Seika si
allontanò improvvisamente, lasciandolo privo di
protezione.
Fu difficile
per il ragazzo sfuggire alla furia della madre del bimbo, mille volte meglio uno
Specter che affrontare l’amica.
In quel
momento, fu colto da un improvviso capogiro e un dolore intenso alla ferita gli
strappò un mezzo grido a stento trattenuto; si rannicchiò su sé stesso,
tenendosi la maglietta con forza, quasi strappandola, cadde in ginocchio e poi a
terra.
“OJIICHAN!!”
gridarono i bambini, lasciandosi e correndo accanto al ragazzo rannicchiato sul
vialetto; i piccoli cercarono di scuoterlo, ma il giovane uomo non rispose. Con
lo sguardo cercarono l’aiuto della mamma, che non tardò a raggiungerli:
“Seiya-chan, cosa hai?” chiese Heather preoccupata; dal portico sentiva
l’avvicinarsi del compagno e dei suoi fratelli ma non bastò a
rassicurarla.
“Cosa è
successo?” chiese Shun, inginocchiandosi accanto alla ragazza, si levò il
maglione, mettendolo sotto la testa del fratello, “non lo so, all’improvviso è
caduto a terra.” disse lei sconvolta, la voce gli tremava, sembrava sul punto di
piangere, “si stava tenendo…” mormorò, una consapevolezza improvvisa la fulminò,
facendole sgranare gli occhi; Saori fece sollevare in piedi i piccoli, tenendoli
per mano, si strinsero a lei impauriti.
Shiryu passò
le braccia sotto il corpo del fratellino, sollevandolo con cura, il Pegaso
stringeva saldamente in pugno un lembo della maglietta, l’espressione
sofferente: “Dannazione…” mormorò, sfiorandogli la fronte rovente, “ehi,
cucciolo.. mi senti?” sussurrò, ma il compagno non dava segno di
ripresa.
“è la
ferita…” pigolò Seika, cadendo in ginocchio, “la ferita della spada…” singhiozzò
lei, nascondendo il viso tra le mani, “dovete fare qualcosa… sta
male…”.
Hyoga la
abbracciò, cingendole le spalle con un braccio, ammutolito e senza parole, si
limitò ad accompagnarla in casa.
Fuori,
rimasero solo lady Saori e i bimbi, troppo sconvolti per muoversi:
“Seiya-ojiichan… starà bene… vero? È stata tutta colpa mia… Sta male perché
siamo andati in giro senza dire nulla a mamma e papà.” piagnucolò Sei,
nascondendo il viso tra le pieghe della corta gonna della madrina; la donna
scosse la testa, guardando cupa il cielo che s’era improvvisamente rannuvolato,
“no, piccolo mio… non è stata colpa tua…” bisbigliò lei con aria triste, “non è
colpa tua…”.
§§§
“SAORI-SAN!!!!”
Seiya si
svegliò di soprassalto, sudato e febbricitante, aveva la gola in fiamme e il
petto dolorante; per un attimo, restò senza fiato, costretto a puntellarsi su un
gomito per stare dritto.
Non
riconosceva il posto dove si trovava.
Un moto di
paura lo assalì con violenza.
“Seiya-ojiichan… Stai bene,
vero?”
La voce
sottile e preoccupata di Tsuki, proveniente da qualche punto lontano
dell’oscurità attorno a lui lo rincuorò un poco, il giovane riuscì a mettersi
seduto, accorgendosi di trovarsi su un letto, avvolto da una coperta; sulla
fronte poggiava una pezza ancora umida e
tiepida.
Un peso
considerevole gli atterrò in grembo, un peso che il guerriero riconobbe come i
suoi due nipotini: “Ehi… che è successo?” chiese lui confusamente, sfregandosi
la fronte dolorante, “Sei caduto.. mamma pensava di averti fatto male… non ti
muovevi..” singhiozzarono i piccoli, abbracciandolo, “abbiamo avuto tanta
paura…” pianse Sei.
Pegasus
imprecò a mezza voce, stringendo i pugni, ormai il dolore era passato, ma il suo
segreto era stato scoperto.
Come diavolo
avrebbe potuto spiegare?
“Andiamo a
chiamare mamma e papà.” propose Tsuki, “noi torniamo subito zio.” disse serio,
“riposati.”, ma Seiya scosse la testa, alzandosi: “Adesso sto bene.” cercò di
sorridere lui, “vengo con voi.”.
Quando i tre
uscirono dalla stanza, gli occhi del maggiore venero feriti dalla luce del
corridoio, dalle finestre si scorgeva ormai il buio della sera, ma quanto aveva
dormito?
Dal salotto
si udivano i bisbigli concitati dei fratelli e della Dea, la voce rotta della
sorella e di Heather e un gradevole odore di caffè e biscotti; sentendo
improvvisamente fame, si avvicinò alla porta, i due folletti che gli facevano da
guardia del corpo lo presero per mano e lo accompagnarono all’interno del caldo
ambiente: “ZIO SEIYA S’È SVEGLIATO!” annunciarono allegri i bambini,
saltellandogli attorno. Senza troppe cerimonie, cacciarono dal divano Ikki e il
papà, e fecero sedere il brunetto, ancora confuso e intontito dal lungo
sonno.
“Niichan!!
Come ti senti?” chiese subito Seika, inginocchiandosi davanti a lui e
prendendogli le mani, “Rintronato…” ammise lui, guardandosi attorno, “BAKA!
BAKA! BAKA!” gridò Shun, i lucciconi agli occhi, “potevi dircelo! Da quanto stai
così male?!” esclamò il giovanotto, stringendo i pugni, “Shun ha ragione.” disse
severo Ikki, poggiando i gomiti sullo schienale del divano, “Seika-san ha detto
che è dall’ultima Guerra che sei in queste condizioni… Ti rendi conto che
avresti potuto peggiorare in ogni momento? E invece no, tu, testardo più di un
mulo, non hai aperto bocca. Sino a quando alla fine sei collassato. Ti immagini
quanto siamo stati male?!” lo sgridò, dandogli un pugno sulla
spalla.
Un paio di
braccia snelle lo abbracciarono da dietro, stringendolo fortissimo e con grande
tenerezza: “Stupidotto… perché non ci hai detto nulla…? È stato tremendo… come
se Hades fosse tornato e ti avesse colpito di nuovo…” mormorò Shiryu al suo
orecchio, “siamo rimasti in ansia tutto il giorno, razza di idiota!” esclamò
Hyoga, la sua voce gli giunse attutita attraverso la presa del
Dragone.
La stretta al
cuore si fece più forte, e il rimorso s’acuì quando comprese che ora erano le
dita della sua Dea a serrare le sue, scaldandole: “Seiya-kun… sicuro di stare
bene adesso?” si preoccupò la donna, sfregandole dolcemente; il Dragone si
scostò improvvisamente e il ragazzo ci restò male per un secondo, prima di
venire avvolto in una stretta erculea e piena d’affetto, “se solo ci riprovi, ti
uso come scendiletto…” singhiozzò Perseus, sfregandogli le braccia per
scaldarlo, il ragazzo tremava.
“Heather… mi
stai soffocando..” tossicchiò Pegaso, cercando di divincolarsi; lei si scostò,
poggiandogli le mani sulle spalle: “ti và una fetta di torta?” propose lei con
un sorriso, qualunque cosa fosse successa prima ormai era dimenticata; Seiya
annuì, sorridendo appena, “Allora è deciso, Seika-san, mi aiuteresti a preparare
il thè?” disse lei, asciugandosi non vista una
lacrima.
La rossa
annuì e si diresse dietro l’amica, non prima di aver rivolto una carezza gentile
sul viso smagrito del fratellino: “tu sta qui, buono e tranquillo.” gli disse,
dandogli un bacio in fronte; elegantemente, anche Saori si alzò dalla poltrona
in cui si era accomodata e si eclissò in cucina con le più
giovani.
Il bruno si
lasciò sprofondare ad occhi chiusi tra i cuscini del divano, lasciando
ciondolare la testa sul morbido schienale; si sentiva così leggero ora che il
suo segreto era stato scoperto. Era strano, provava una sensazione di calore e
tranquillità che non aveva mai provato prima, le mani dolcemente abbandonate in
grembo vennero delicatamente sollevate da qualcuno che si era seduto al suo
fianco baciandogliele piano e con amore .
Seiya cercò
di mettersi dritto, ma una mano gentile lo prevenne, sospingendolo nuovamente
contro il soffice giaciglio, le palpebre si sollevarono leggermente,
distinguendo la sagoma sfocata del Dragone che lo guardava severamente: “non
osare alzarti.” gli intimò il ragazzo più grande, alzandosi per recuperare una
coperta dalla pila ordinata in un angolo della stanza; un peso improvviso gravò
sulle sue ginocchia e sul suo petto, un peso caldo e affettuoso: “Credo che il
temibile duo abbia deciso di darti una mano.” la voce di Hyoga alle sue spalle
suonava divertita, mentre Shun, dall’altra parte del salotto, ne distingueva la
sagoma rannicchiata sulla poltrona, praticamente in braccio a Ikki, mormorava
preoccupato qualcosa.
Le braccia di
Pegasus andarono a stringersi attorno ai due gemelli che si erano arroccati
sulle sue gambe, beatamente accoccolati con le testoline sulle sue
spalle.
Sorridendo,
si lasciò avvolgere da quel dolcissimo tepore che sapeva di casa e famiglia,
abbandonandosi a un sonno privo di incubi.
§§§§
Shun e Ikki
si alzarono dalla poltrona, avvicinandosi silenziosamente al tenero trio
addormentato.
Il maggiore
cinse con un braccio le spalle del fratellino, sorridendo sornione: “anche tu
quando dormi sei così tenero e pacifico” disse, dandogli un buffetto sulla
spalla, “deve essere di famiglia.” scherzò la Fenice, scostando la coperta per
prendere in braccio uno dei gemellini; Shun arrossì violentemente, scostando lo
sguardo imbarazzato, “non scherzare niisan…” mormorò intenerito, sfiorando con
le labbra la fronte del più piccolo dei figli, che si era rannicchiato contro il
suo petto, ravvolto nel maglione di lana, “io non sto scherzando, otooto.”
affermò con aria seriosa la Fenice, scompigliandogli i capelli come quando erano
ragazzi, “per quanti anni passino, non cambierete mai. Sarete sempre e comunque
i piccoli di casa.” decretò, dirigendosi verso la camera dei bimbi con Tsuki
sulle spalle.
§§§§
“OTOU-SAN!!!
MUOVETEVI!!”
La voce acuta
e allegra di Tsuki strappò un sorriso ai cinque fratelli che sfrecciavano sotto
le fronde profumate dietro ai due gemelli: “Aspettate!” gridò Shun preoccupato,
“Lasciali fare, si stanno divertendo!” lo rimbeccò Seiya, superandolo
facilmente, “vacci piano!” gli intimò Shiryu dal fondo del gruppo, “e attento
alla strada.”.
Il Pegaso gli
fece una linguaccia impertinente, ma ridusse il ritmo, facendosi raggiungere da
Hyoga: “non farlo infuriare, è parecchio nervoso…” gli disse, “credo non approvi
molto questa uscita.”.
Il ragazzo
fece per ribattere, ma un forte accesso di tosse gli troncò il respiro: “è
passato..” sussurrò, vedendo il fratello incupirsi, “tutto a posto.” lo
tranquillizzò con un sorriso, “ho solo preso freddo. Forza, raggiungiamo le
pesti prima che a Shun saltino i nervi.” sogghignò, aumentando la
velocità.
“Ehi!
Aspettami!!” gridò il Cigno, andandogli dietro.
I due bambini
li aspettavano al bivio, ridendo sotto i baffi: “Siete lenti, zietti!” esclamò
Sei, battendo le manine, “anche Tsuki-niisan ha imparato in fretta!” sorrise
allegro, “non è che ci voglia tanto.. e poi, tu vai talmente veloce che se non
ti sto dietro io, ti perdi.” borbottò l’altro bimbo, stringendo il manubrio;
Hyoga frenò dietro al fratello minore, smontando dalla bicicletta, “ormai siamo
quasi a casa, aspettiamo gli altri qui.” decretò il russo, facendo cenno a Seiya
di spostarsi leggermente, “Sicuro di stare bene?” gli chiese a mezza
voce.
Seiya annuì:
“Riuscirò a ritornare a casa senza finire fuori strada, te lo prometto
Hyoga-niisan…” lo rassicurò, “ho intenzione di passare il pomeriggio a dormire
sul prato, quindi è nel mio interesse evitare di spaccarmi qualche osso in
qualche fosso.” rise lui, inforcando la bicicletta e andando dietro ai piccoli
che, nel frattempo, si stavano allontanando alla chetichella verso
casa.
§§§
Shiryu uscì
nel giardino che ormai era tardo pomeriggio.
Tutti, dentro
casa, riposavano o erano intenti al lavaggio dei piatti usati per pranzo, in un
clima di totale rilassatezza perfino Saori-san si era concessa un riposino sulla
sedia a dondolo sotto il portico e ora nuotava ancora nell’oceano dei sogni, un
leggero plaid deposto sulle gambe.
Il Dragone
scese i pochi scalini a piedi nudi, scrutando scrupolosamente attorno a
sé.
La sua
attenzione venne attirata da una chioma color cioccolata che risaltava
maggiormente con lo smeraldo dell’erba; sorrise intenerito nel vedere il più
giovane dei fratelli placidamente appisolato sulla soffice erba, l’espressione
beata e tranquilla.
Il giovane
uomo si inginocchiò accanto a lui, il vento faceva ondeggiare delicatamente i
rami poco distanti da loro, era così tenero e indifeso, aveva le labbra
semiaperte, da cui esalava un debole e regolare respiro, il colorito leggermente
arrossato del viso per il sole che lo toccava, totalmente
rilassato.
Gli accarezzò
la fronte, imperlata di sudore, trovandolo troppo caldo; con aria severa, lo
prese in braccio, portandolo all’ombra degli alberi, lo depose delicatamente con
la schiena contro l’ampio e robusto tronco, il ragazzo non si era minimamente
mosso, continuando a dormire saporitamente; Shiryu prese di tasca un fazzoletto
candido, gli asciugò con cura il sudore dal viso, con la delicatezza di una
farfalla.
Restò per
qualche minuto in contemplazione, poi gli sfiorò la spalla: “Ehi, dormiglione…”
disse, sorridendo appena; Seiya borbottò, sollevando leggermente le palpebre,
cercando di proteggersi gli occhi dalla luce che lo infastidiva, “Ma cosa..?”
balbettò. Un paio di labbra morbide e profumate si poggiarono piano sulle sue
per qualche istante, il Dragone gli sollevò il busto, facendolo poggiare con la
testa sulla spalla: “Non dovresti stare al sole..” lo rimproverò, “ti è salita
la febbre.” notò preoccupato, vedendolo debole.
Lo sdraiò a
terra, dandogli un ultimo bacio: “aspettami qui.” gli sussurrò, correndo verso
il retro della casa.
Ne tornò poco
dopo, portando un secchio pieno d’acqua: immerse parte del fazzoletto nel
limpido e fresco liquido per poi passare il frammento di stoffa bagnata su tutto
il viso e sulle labbra secche del compagno: “Va meglio?” gli chiese premuroso,
rinfrescandogli i polsi; il più giovane annuì, sbadigliando, “i bambini mi hanno
del tutto esaurito…” ammise, grattandosi la testa, “avevo veramente bisogno di
riposo…”.
Il Dragone lo
guardò severo, dandogli un buffetto sulla spalla: “Saori-san è in veranda,
avresti potuto stare lì.” lo rimbeccò, inginocchiandosi dinanzi a lui, dandogli
le spalle, “Forza, ti riporto dentro. Sali.” disse e senza troppe cerimonie lo
aiutò a issarsi su; Seiya cinse con le braccia il collo del compagno più grande,
poggiando la testa sull’ampia schiena: “Grazie…” sorrise, “come farei senza di
voi?” sussurrò.
“Siamo una
famiglia, stupidotto, e lo saremo sempre, non dimenticarlo mai. Ognuno c’è
sempre per gli altri, e noi ci saremo sempre per te, piccolo. Sei sempre stato
la nostra anima e anche se ti ho già fatto questo discorso tanti anni fa, te lo
ripeto. Non esistono segreti in famiglia, le paure e i dolori, così come le
gioie, sono di tutti, tienilo sempre a mente. Quindi, la prossima volta, parla
anziché tenerti tutto dentro, d’accordo?” disse Shiryu serio, camminando
lentamente verso il portico.
Il bruno annuì, lasciandosi condurre in casa.
NOTE:
*: Ho scelto di usare come ninnananna un brano tratto da "Chikyuugi", la opening del Chapter Hades-Sanctuary dei Saint per una ragione ben precisa. Spesso la uso anche io come ninnananna per addormentarmi^^
**: "Invece di catturare una tigre, cattura un uccello e usalo per catturare la tigre.". Questo è uno scioglilingua piuttosto famoso in Giappone, tutto giocato sui suoni tori (uccello) e tora (tigre) che sono foneticamente quasi uguali; è una cosa in più, che mi piaceva come suonava e ho voluto introdurla.
***: Seiya viene chiamato zio non a caso ma proprio perchè è lo zio delle piccole pesti^^ Essendo i gemelli figli di uno dei suoi fratelli, automaticamente lui e Seika, quest'ultima forse un po' alla lontana, sono zii. Quindi, tutti i fratelli Kido sono zii del duo di pesti (e si, anche Jabu, Ichi, Nachi, Geki e Ban).
****: E qui giungiamo al fanon. Sei e Tsuki sono stati creati come figli gemelli di Shun e del successore di Argor di Perseus, appunto Heather. Quando sono nati, Lady Saori è stata scelta come madrina dei piccini e lei prende molto sul serio questo suo ruolo, soprattutto perchè è molto legata a entrambi, anche per la sua componente divina che la porta a essere Dea e mamma allo stesso tempo.
Per ulteriori delucidazioni, rivolgetevi al Boss^^
ANGOLO
DEL LEMURE:
Buonasera!
Dopo una
lunga e travagliata riflessione, eccomi con una nuova one-shot sui
Saint.
Premetto
fin da ora che Sei, Tsuki e Heather non sono miei, bensì del mio Boss,
PERSEOEANDROMEDA, da cui ho ricevuto licenza di utilizzarli! Perciò non infrango
alcun copyright nè compio alcun plagio.
Questa
fic è infatti un regalo per lei, con i miei più affettuosi
abbracci^^
Ti voglio
bene Boss^^
Ah, sia
chiaro. Se pesco qualche plagio di questi chara in giro, come già in precedenza
è successo per un' altra creazione dei Boss, potrei diventare molto
cattiva.
Chi ha
orecchie per intendere, intenda.
Per il
resto, che dire, divertitevi!
SHUN