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Autore: Kicchina    12/04/2010    2 recensioni
[Tyki;Lavi - TykixLavi][Non sense; DeathFic; Splatter(?)]
«Potresti sempre provare ad usarla su di te.»
«Ti piacerebbe.»
Genere: Generale, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rabi/Lavi, Tyki Mikk
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nome: Even in Death

Rating: Arancione

Pairing: Tyki; Lavi -->TykixLavi (velato)

Avvertimenti: AU; OneShot; Shounen'ai(?); Non Sense; Death Fic; Splatter(?)

Note: Prima di tutto, due cosa importanti:

1- Se c'è da alzare il rating, ditemelo.

2- Il titolo non c'azzecca un ciufolo con la fic – è la canzone che ascoltavo mentre la creavo.

E' una non sense. Che vuol dire? Che non ha senso. Non so manco io che cavolo succede qua dentro... Ah, mi piace, quindi, per favore, fatemi sapere voi che ne pensate.

Ci sono alcuni verbi e costruzioni all'interno delle frasi che ho usato che non tanto sono sicura siano italiane...fatemi sapere anche questo hehe.

Ah, a me le Lucky non piacciono – perché mi ostino a scriverle? Perché tra di loro mi diverto a farli morire – è così romantica e dolce, lei!

Ah e se qualcuno sa dirmi che cazzo devo togliere dall'html per non far venire questi dannati spazi ad ogni accapo glie ne sarei grata, davvero.

Buona lettura (si spera)!



Even in Death




Lavi alzò nuovamente lo sguardo al sole delle 17.00. Era coperto da fitte nubi invernali, non si vedeva, eppure era lì. Lo sapeva, Lavi poteva sentirlo.

L'uomo al suo fianco alzò la mano alle labbra, la punta della piccola stecca bianca si accese di un rosso un po' morto per pochi attimi, il braccio scese di nuovo e nell'aria si sentì un forte odore di fumo. Più forte di quello che era stato presente fino a quel momento, comunque.

Sospirò, il rosso, le mani affondate nelle tasche ed il naso nascosto dalla sciarpa. Borbottò parole senza senso, fece un giro rapido dinanzi al moro suo compagno, per sgranchirsi le gambe, per allentare la tensione, perché non sapeva che fare e di lì se ne voleva andare.

Fu un attimo. La mano scivolò fuori dalla profonda tasca, il braccio si alzò rapido e quell'oggetto in metallo luccicante fece bella mostra di sé per pochi millesimi.

L'azione si concluse con un botto assordante, Lavi poté vedere i corvi volare lontano e gracchiare fastidiosamente per lo spavento.

Tyki assaporò l'ultimo tiro della sigaretta, per poi gettarla in terra e voltare lo sguardo verso il giovane compagno. Sorrise, o meglio, ghignò compiaciuto, soffiando il fumo direttamente sul volto del rosso, che chiuse gli occhi – l'occhio – e tossì infastidito.

«Cosa pensavi di fare?»

Il portoghese si fece scorrere lentamente il dito sulla tempia, lì dove sarebbe dovuto esserci un foro facilmente imputabile al proiettile di una 9mm. Se lo portò dinanzi al volto, trovandolo piacevolmente sporco di sangue.

Lavi fece schioccare le labbra scocciato, arrabbiato, dannatamente annoiato da quella stupida scena che ostinata gli si ripresentava dinanzi agli occhi ogni sacrosanto giorno.

Gettò lontano l'arma, la rincorse e la calciò ancor più lontano, si girò e tornò al proprio posto.

Imprecò a denti stretti sentendo il peso dell'oggetto nuovamente nella propria tasca destra.

«Quanto ancora deve andare avanti 'sta storia?»

Il portoghese portò l'indice sinistro alle labbra, ripulendolo dal sangue, e con la mano destra cercò il pacchetto di sigarette all'interno della giacca, sfilando l'oggetto sottile e sostituendolo al dito.

«Non troppo, spero – masticò le parole a labbra semichiuse, mentre faceva scattare l'accendino ed inspirava la prima boccata – mi stanno finendo.» concluse, agitando la scatoletta di cartone dinanzi agli occhi del più giovane.

Lavi si lasciò scivolare lungo il muretto in mattoni, ritrovandosi seduto tra l'erba umida ed i rami secchi. Sospirò.

«Prima o poi dovrai pur morire.»

«Potresti sempre provare ad usarla su di te.»

Lo strattonò per un braccio, il rosso, facendolo cadere al proprio fianco con un tonfo poco elegante ed un'imprecazione nemmeno tanto mascherata.

«Ti piacerebbe.» ghignò, riportando lo sguardo al cielo lontano.

Il sangue dalla tempia di Tyki colava lento sino alla mascella, scivolava lungo il collo e si insinuava sotto la camicia candida. Non la macchiava.

«Il sangue – mormorò improvvisamente Lavi, mentre si mordeva il labbro inferiore, perso nei propri ragionamenti – questa volta è uscito il sangue.»

Tyki rise. Una risata sottile, beffarda, forse ironica. Fece cadere la cenere sul terreno, riportò la sigaretta alle labbra.

«Non fa' male. Non c'è nemmeno il buco, comunque.»

«Ma è uscito il sangue.»

«Non sporca neanche la maglia, non sa' neppure di ferro!»

«Ma è uscito il sangue.»

Tyki alzò le mani in senso di resa, sorrise ancora, gettò il mozzicone e lo calpestò con il tacco della scarpa laccata di nero.

Lavi infilò nuovamente la mano in tasca, la pistola tornò a luccicare sotto la luce soffusa della giornata grigia e nuvolosa. Doveva ammetterlo, il portoghese, la sensazione della canna premuta contro il proprio cranio iniziava a dargli fastidio.

«Guercio.»

Il rosso non rispose, mantenne lo sguardo puntato sulle nuvole lontane. Sparò un colpo, il sangue scese copioso sul mento del moro. Ne sparò un altro, e Tyki cominciò a ridacchiare e domandarsi quando avrebbe smesso. Un altro ancora, gli occhi di Lavi parevano sempre più lontani ed il più grande iniziava a cercare, invano, di raccogliere le gocce rosse dal proprio mento con la propria lingua. Il dito fece scattare ancora una volta il grilletto, ed i proiettili vennero terminati.

«Hai finito?»

«Torneranno anche loro.»

«Non serve a nulla continuare così.»

«Prima o poi morirai. Morirai per forza.»

Silenzio. Soffice ed ovattato, interrotto dal vento leggero che soffiava nelle orecchie . Lavi non lo sentiva.

«Muori, Tyki.»

«Fosse così semplice.»

Sentì lo scatto nella mano, le vibrazioni nel palmo e nelle dita, più che il vero e proprio rumore.

Il portoghese si sporse verso il rosso, la sua lingua prese ad accarezzargli la gola, salì lenta lungo la giugulare, tormentò leggera le labbra chiuse in un'espressione seria.

La mano sinistra del rosso si mosse automatica, così come la destra. La prima si poggiò sul petto ampio del moro, spingendolo lontano in uno scatto d'ira. L'altra alzò l'oggetto metallico e lo puntò alla sommità del naso, tra gli occhi dorati e suadenti.

«Oh, e piantala una buona volta!»

Un ulteriore sparo. E gli occhi di Lavi si dilatarono, un conato di vomito gli attanagliò la gola e lo stomaco. Per qualche secondo non riuscì a pensare a nulla.

Gli erano saltate le cervella. Oddio, faceva letteralmente vomitare.

Poteva vedere gli occhi ancora aperti ed il sangue e la carne ovunque e...e...ma davvero c'era tutto quello schifo nel cranio di un essere umano?!

Lavi sentiva distintamente il proprio volto sporco di quella roba, la sentiva scivolare tra le labbra schiuse per lo stupore, il sapore metallico e viscido sulla lingua.

Ci mise qualche secondo a realizzare che Tyki era morto, ci mise qualche secondo a capire che lo aveva ucciso. Altrettanto a rendersi conto che era ancora lì.

«Cazzo!» imprecò, sputando tra l'erba la saliva intrisa di quel gusto orribile, pulendosi la faccia alla male e peggio. Gettò lontano la pistola, si passò una mano tra i capelli, alzandosi e prendendo a camminare.

«Non erano questi i patti!»

Camminò qualche ora, camminò pochi secondi. Percorse due metri, o forse venti chilometri.

Poi si ritrovò dinanzi lo stesso muretto di prima, il cadavere del portoghese steso tra rami e foglie secche e il suo volto trasfigurato ancora ghignante, ancora suadente – a modo suo, in maniera macabra e perversa, un modo disgustoso e raccapricciante. E quel dannato peso tornò a far visita alla sua tasca destra.

Si lasciò cadere in ginocchio, Lavi. Gli mancava la forza di fare qualunque cosa.


Un singolo sparo, al centro della tempia destra.

Il suo occhio piangeva una lacrima silenziosa, non era tristezza, non era rassegnazione, non era dolore o qualunque altro sentimento.

Era l'ultima, era da sola, era scesa perché, Dio, che spreco lasciarla lì.

Piangeva una lacrima amara, il suo occhio destro e coperto dalla benda.

Un singolo sparo, al centro della tempia destra.

Forse doveva andare così fin dall'inizio.


  
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