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Autore: selene_BB    13/04/2010    0 recensioni
Ellen, una ragazza di campagna, va a vivere a Boston dove conosce un ragazzo misterioso di nome Adam...
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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1.Ellen

 

 

Primo giorno nel nuovo liceo, mi guardo intorno circospetta cercando con lo sguardo qualcuno che conosco ma la mia mente si posa su ogni studente chiedendosi come erano loro al primo giorno. Anche quel gruppo di ragazze ben vestite provavano un senso di abbandono e spossatezza come me in quel momento? Magari anche quel ragazzo vestito come se dovesse andare a messa, aveva la nausea come me e magari anche quel bellissimo ragazzo infondo al corridoio guardava una ragazza affascinante come io guardo lui. I suoi capelli mi inducono a fissarlo, sono neri, sembrano addirittura tinti, ma io sento che non è il tipo da tingersi i capelli, anzi lo so. In quel momento è come se sapessi tutto di lui, come se ogni piccolo particolare della sua vita mi appartenesse, mi vengono in mente le lenzuola del suo letto, sento che sono a scacchi bianchi e rossi, anzi lo so. E’ una sensazione strana, che non ho mai sentito ma conosco un sacco di cose di lui, capisco che ha una sorella minore, la mia mente produce un suono strano, un urlo. Capisco che è in pericolo, si chiama Elena e devo aiutarla. Il suo grido mi spezza il cuore perché è la causa della solitudine di lui. Frequenta il terzo anno e si chiama Adam Stevens e ancora lo guardo, anzi lo fisso, la mia espressione è alquanto allucinata ma devo capire di più da lui, perché posso sapere tutto della sua vita, possiedo forse qualche potere soprannaturale? Anche lui sente lo stesso quando mi passa vicino. Cavolo, viene verso di me, forse si è accorto della mia espressione e mi chiede cosa voglio. Di sicuro non voglio questo, ho bisogno di andarmene ma le mie gambe non vogliono muoversi, mi sento di ghiaccio. Allora penso che magari viene da questa parte perché la sua classe è alla fine del corridoio dietro di me, magari va dalla sua ragazza, già me la immagino: gambe chilometriche, un corpo da urlo e di sicuro più fegato di me.

- Ciao.- Ecco una voce, lo sapevo, non era una buona idea, avrei dovuto andarmene subito e… un momento, il ragazzo è ancora in fondo al corridoio e si è fermato davanti alla porta della biblioteca. Faccio un sospiro di sollievo e finalmente mi volto.

Ho di fronte un ragazzo, sembra più grande di me, capisco che è del terzo anno come la sottoscritta. E’ carino, ma non assomiglia ad una divinità. Ha grandi occhi azzurri e un cespuglio di capelli castani in testa, è molto più alto di me e dal suo fisico intuisco che sia un giocatore di football. Sbatto le palpebre velocemente, un gesto che compio quando mi sveglio dai miei pensieri.

- Ciao.- Rispondo confusa e intimidita dai suoi muscoli, sembra che la sua maglietta stia per esplodere.

- Sei nuova vero? Mi chiedevo se ti eri persa.- Sbatto le palpebre ancora, che può volere uno come lui da me?

- Si, non so dove sia l’aula di biologia.- Lui accenna un piccolo sorriso e alza il pollice a qualcuno dietro di me, mi volto e vedo un gruppo di ragazzi che sghignazzano verso di noi. Ora capisco tutto, probabilmente una scommessa tra amici, c’era da aspettarselo da una combriccola di liceali.

- Io mi chiamo Jess, e tu sei...- Alza un sopracciglio facendomi arrossire, cavolo è davvero carino.

- Ellen.- Mormoro imbarazzata. Lui mi fa l’occhiolino e lancia uno sguardo ai suoi amici, dietro di me sento qualche fischio, non è il massimo stare al centro dell’attenzione di un gruppo di liceali strapieni di ormoni impazziti ma almeno il primo giorno ho un amico.

- La prima ora hai biologia? Fantastico anche io.- Nei suoi occhi si accende una luce, un po’ me ne compiaccio.

Imbocco il corridoio di sinistra seguendolo come un gattino spaventato, mi chiedo se ci vuole provare con me, ma poi capisco, certo che ci vuole provare, altrimenti perché viene da me a chiedermi se ho bisogno d’aiuto, per puro spirito altruista? Non penso proprio.

- Allora, da dove vieni?-

- Dalla Pennsylvania.- Rispondo sperando che lui non mi molli proprio in quel momento chiedendosi se una campagnola non sia un caso troppo disperato. Invece sorride mostrandomi i denti banchi.

- Perché sei venuta qui a Boston?- Chiede ancora con un sorriso idiota stampato in faccia, infondo lo ammiro per il suo coraggio e decido di rispondere anche se non mi va. Forse lui si aspetta una risposta sgarbata perché il sorriso sul suo viso scompare.

- Se non ti va di dirmelo…-

- No.- Mi affretto a rispondere, non voglio fare una brutta impressione.

- Non è un segreto. Mia madre è morta qualche anno fa e io e mio padre volevamo cambiare aria.- Dico tutto d’un fiato. In realtà la faccenda è più lunga, mia madre è morta in un incidente stradale mentre veniva a prendermi alla mia lezione di danza e io mi sentivo così in colpa che negli ultimi giorni avevo gli incubi, papà pensava che la causa fosse la nostra vecchia casa ma in realtà gli incubi continuano anche se ci siamo trasferiti.

Jess mi rivolge un sorriso di conforto che mi risparmia qualche lacrima.

- Ti capisco, mio padre è morto quando ero piccolo. Ma so che non è la stessa cosa.- Alza nuovamente il sopracciglio destro, mi piace molto quando lo fa.

Insieme entriamo nell’aula di biologia, il professor Kraft mi presenta alla classe, un altro momento di imbarazzo assoluto. Due ragazzi nell’ultima fila sghignazzano e Jess tira loro una matita, li riconosco, facevano parte dei suoi amici.

La prima ora la passiamo a ripetere il programma del secondo anno, cose già fatte, ma alcuni passaggi mi mancano così chiedo a Jess qualche spiegazione, ogni volta che mi parla vedo una luce nei suoi occhi, credo di piacergli davvero.

Con Jess parlo e rido ma è diverso dal ragazzo che ho visto in corridoio. Ho ancora in testa le sensazioni che ho provato nel vederlo, nessuno mi aveva mai attirato come lui, dal primo sguardo so che si chiama Adam e riesco perfino a capire che sua sorella è in pericolo ma perché? Non mi era mai successo niente del genere. Per quanto la cosa mi sconvolga non posso fare a meno di compiacermene perché comunque lui mi attrae, forse non come Jess, in un modo completamente diverso, ma so che in qualche modo sono legata a lui. Jess deve aver capito che qualcosa mi turba perché mi chiede in continuazione che cosa non va. Io non so rispondergli così gli dico solo che sono un po’ scombussolata dalla nuova scuola ma lui non è del tutto convinto. Finita la lezione di biologia mi aspetta matematica, li per fortuna la professoressa non mi presenta alla classe, finita la lezione mi chiede come erano i miei voti nell’altra scuola, io rispondo che andavo abbastanza bene anche se la materia in se non mi piace molto. Dal mio canto preferisco letteratura inglese. E’ la materia che quasi tutti gli studenti trovano noiosa e petulante ma per me è affascinante perché si legge molto e io adoro leggere, soprattutto i classici della letteratura come Shakespeare, oppure i racconti horror e fantsy. Quando parlo a Jess della mia passione per la letteratura lui sorride e alza il suo solito sopracciglio con aria ironica.

- Ma ti prego! Sul serio ti piace quella palla pazzesca?- Io annuisco e per la prima volta in tutta la giornata gli rivolgo un sorriso. Lui si azzarda a spostarmi una ciocca di capelli biondi dal viso. Nessun ragazzo mi aveva mai toccata e la cosa mi infastidisce un po’, infondo cosa so io di Jess, che vive con sua madre e gioca a football, per quanto ne so potrebbe essere un maniaco sessuale. Però c’è qualcosa nei suoi gesti che mi induce a lasciarlo fare, il suo sorriso radioso, i movimenti semplici che fa per scostarsi i capelli dal viso e poi i suoi occhi blu mi fanno impazzire. In Pennsylvania, dove vivevo prima, non c’erano ragazzi come lui. Avevo avuto una piccola storiella con Jonathan Kreu, il figlio del cliente di papà quando aveva il negozio di alimentari. Poi dovette venderlo perché il signor Kreu era il suo unico cliente. Jonathan non era un ragazzo molto attraente ma era l’unica persona della mia età che vivesse nei trentaquattro ettari di campo che la mia villetta aveva intorno e anche l’unico ragazzo nel raggio di quattrocento miglia. Avevo altri vicini di casa, i signori Marr, una coppia di anziani e i Bart, una coppietta di giovani che da due anni dal loro matrimonio avevano già quattro figli, nessuno che superasse i quattro anni d’età. Così Jonathan da loquace compagno di giochi era diventato un timidissimo primo amore del quale mi pentii già dalla prima settimana che stavamo insieme, chiaramente per modo di dire. Lui doveva aiutare suo padre nei campi, io dovevo studiare danza, fino a quando non ci vedemmo più, troppo occupati dalle nostre faccende. Mentre ci penso mi viene in mente che tecnicamente sarei ancora insieme a lui, questo pensiero mi strappa un sorriso, il secondo della giornata.

Arriva l’ora del pranzo e Jess, che mi segue da tutto il giorno, si offre da accompagnatore, sono un po’ agitata, temo che mi faccia conoscere i suoi amici, invece mi accompagna ad un tavolo con poche persone. Li conto, sono tre ragazzi e due ragazzine, forse del secondo anno. Sembrano più piccole di me per i loro tratti anche se sono più alte, a dire la verità non ho ancora conosciuto qualcuno più basso di me, o almeno che sia alto come me.

- Ragazzi vi presento Ellen, è nuova.- Sorride ancora e io arrossisco, per fortuna nessuno di loro fa commenti su di me. Solo la ragazza più bassa si avvicina a Jess. Ho paura, in quel momento temo che lei sia la sua ragazza, che lo stia per baciare. Tiro un mezzo sospiro di sollievo quando lei gli da una gomitata dicendo:

- Ti sei già trovato la ragazza. Eh, Carter?- Per la prima volta lui arrossisce, e delizioso quando lo fa, anzi a dire il vero è delizioso quando fa qualsiasi cosa, è così imbranato da farmi tanta tenerezza.

- Io sono Yasmine.- Mi porge la mano la ragazza. E’ molto carina, ha un viso color zucchero caramellato e due fossette sulle guance. Mi piacciono i suoi capelli ricci e scuri, tirati all’indietro da una coda di cavallo.

- Ciao.- Farfuglio tra me.

Si presentano gli altri ragazzi, il ragazzo alto e magro di chiama Scott, quello dai capelli rossi è Derek, quello con gli occhiali spessi è Jack e l’altra ragazza, timidissima si chiama Jane. Saluto tutti con un sorriso, anche loro ricambiano.

Il mio vassoio è pieno di roba, sono abituata a mangiare tanto ma stranamente quel giorno lascio tutto nel piatto, non ho molta fame. Comincio ad abituarmi subito agli amici di Jess, proprio quando comincio a prendere gusto nella conversazione, arrivano gli altri amici, giocatori di football accaniti. Li conto, sono cinque. Uno di loro, che Jess chiama Kevin, si siede vicino a Jane e le ruba una mela, lei fa per ribattere ma lui la blocca prendendola per i fianchi, gli altri ridono dell’espressione di Jane, sembra così timida e impacciata, poi capisco che si tratta di Kevin, Jess mi sussurra che loro stanno insieme. Kevin si volta verso di me e mi osserva con attenzione.

- Guarda chi abbiamo qui, la nuova ragazza di Carter.- Sghignazza mettendo un braccio attorno alle spalle di Jane. Jess gli tira la forchetta ma lui la prende al volo con una mossa che io non mi sarei mai sognata, sbarro gli occhi, non avevo mai visto nessuno fare qualcosa del genere.

- Ciao io sono Kevin.- Mi dice, porgendomi la mano, gliela stringo con vigore mormorando il mio nome.

- Il giullare di corte.- Aggiunge Yasmine e tutti scoppiano a ridere. Jess si permette di toccarmi la mano, sussulto nel sentire il calore della sua pelle. Kevin ci guarda divertito, deve aver notato il mio rossore. Si presentano anche gli altri ragazzi, Joe, Steve, Mark e Jason mi guardano con curiosità come fossi il nuovo giocattolo di Jess, non mi disturba che mi osservino a quel modo, vorrei poter fare parte del loro gruppo.

Le lezioni pomeridiane sono solo tre, di cui due sono letteratura, Jess è con me solo l’ora di pittura che passa velocemente. Sono contenta di aver conosciuto Jess, mi è simpatico e so che potremmo diventare amici, o forse anche di più perché ho notato il modo in cui mi guarda e lo trovo semplicemente delizioso. Finita la lezione ci diamo appuntamento fuori dalla scuola, si offre di darmi un passaggio, ha già sedici anni e quindi la patente, accetto volentieri. Entro nell’aula di letteratura e mi sorprendo di vedere Adam Stevens seduto in ultima fila, vorrei parlargli ma non ne trovo il coraggio. E’ seduto in banco da solo e li vicino c’è un posto libero, mi conforto dicendomi che la cosa migliore è affrontarlo così mi dirigo verso di lui e mi siedo vicino. Lui mi osserva, lo sento, anzi lo so. Penso che magari potrei chiedergli perché lo fa con tanta intensità ma mi dico di no, non è una buona idea. Lui allunga la mano verso di me e dopo un po’ con voce vellutata mi dice:

- Ciao, sono Adam Stevens. Ma immagino che questo tu lo sappia già.- Rimango pietrificata da quella frase, allora lui sa, sa che cosa conosco di lui, sa che vorrei aiutarlo. Una terribile sensazione mi invade, come vorrei dirgli che si sbaglia, ma non posso. Ho un terribile bisogno di sapere cosa mi capita.

- Perché?- Chiedo voltandomi di scatto verso di lui. I suoi occhi scurissimi mi penetrano fino alle viscere.

- Perché posso sapere tutte quelle cose di te?- Chiedo in preda alla rabbia. Sono furiosa con lui perché lo ritengo responsabile di quello che mi è successo e anche un po’ della morte della mamma.

Adam sospira, capisco che vorrebbe che sapessi tutto, anzi lo so, ma non è una cosa che posso capire da lui, è qualcosa che lui mi deve spiegare.

Ancora una volta mi fissa, ma ora ha l’aria stanca, di chi ha combattuto troppo e ora vuole un po’ di pace.

- Ti prego Ellen, ho bisogno di te.- La sua bellezza mi mozza il respiro in gola.

- Non posso.- Rispondo secca, ne soffrirei troppo, lo so.

- E non capisco, soprattutto. Come è possibile?- Addolcisco il tono, lui mi fa un po’ di tenerezza, sembra così stanco.

- Lo so che è insolito.- Mi risponde con comprensione. So che vorrebbe spiegarmi tutto ma non è facile per lui.

- Vorrei spiegartelo ma non qui.- Mi dice abbassando la voce.

- Saresti disposta a saltare qualche ora di scuola?- Mi chiede Adam sussurrando.

In cuor mio un po’ mi dispiace perché non vorrei saltare letteratura, ma se questo serve a capire cosa mi succede allora farò un sacrificio.

- Va bene.- Acconsento, lui mi rivolge uno sguardo serio, ma carico di gratitudine.

- Grazie. Ora devi solo fingere di svenire.-

- Svenire?- Chiedo confusa, perché mai dovrei svenire? Lui mi fa capire che devo fidarmi e lo faccio, chiedo l’attenzione della professoressa e le dico che mi sento male. Lei dice ad Adam di accompagnarmi in infermeria e ci firma il permesso. Usciamo entrambi nel corridoio, io tengo la mano sulla fronte, come per far capire che sto male sul serio, barcollo leggermente così da sembrare più credibile, Adam mi sorregge, il contatto con la sua pelle mi provoca un brivido, è molto strano, nonostante la sua temperatura corporea sia come la mia, sento freddo. Ci dirigiamo verso la porta principale.

- Conosco un posto dove nessuno ci troverà.- Sento un altro brivido percorrermi lungo la schiena, ma i suoi pensieri mi confortano, so che andrà tutto bene.

Una porta dietro di noi sbatte, mi fermo di colpo, un calore improvviso proviene da li. Resto ferma in mezzo al corridoio, Adam mi dice di correre se non voglio essere scoperta ma io resto ferma. Sento dei passi veloci verso di noi e sono attratta da loro, ho bisogno di loro. Proseguo verso la parte opposta da quella detta da Adam, lui mi segue per un po’, poi non sento più i suoi passi. Faccio in tempo a notare solo un ragazzo che corre verso di me, dietro di lui altri, in tutto sono nove, li conto. Poi due braccia forti mi prendono al volo, sto morendo, mi dico. Mi duole la testa, un sacco, me la tocco ma la vista mi si appanna. Faccio in tempo a voltarmi verso Adam ma lui non c’è più, al suo poto Jess mi tiene in braccio. Mi sento così protetta con lui vicino, vorrei vederlo sorridere perché so che quelle sono le ultime cose che vedrò, so che sto morendo. Ma sono felice perché morirò tra le braccia del ragazzo che mi piace. Mi tiene ancora in braccio quando perdo i sensi, tutto diventa nero ma la sua presenza resta, “Sono morta” penso.

  
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