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Autore: mikeles    15/04/2010    4 recensioni
Nel giorno del loro primo incontro, Heles e Milena affrontano una mattinata alquanto insolita...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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1. Di primo mattino


Era irrequieta, non riusciva a capirne il motivo ma si sentiva addosso uno strano senso di ansia che non le permetteva di concentrarsi. Aveva già rovesciato il the della colazione, messo la maglietta al contrario e non riusciva a ottimizzare i tempi, continuando a girare per casa a vuoto invece di seguire la routine quotidiana del pre-scuola. Passando davanti alla porta vetrata del balcone, in salotto, si era anche innervosita nel vedere una ragazza con la divisa uguale alla sua incamminarsi tranquillamente verso la scuola.

"Certa gente non ha proprio niente da fare al mattino..." si disse, attribuendo colpa a chi esce di casa in anticipo e discolpandosi automaticamente del ritardo.

Tra un disastro e un pensiero fu pronta solo pochi minuti prima dell'inizio delle lezioni.

"Dannazione..."

Fece un ultimo giro della casa per recuperare lo zaino e la giacca giusta (aveva già infilato quella leggera, inadatta per la moto...), poi uscì velocemente di casa dimenticandosi come al solito di chiudere la porta a chiave. Pigiò il tasto per chiamare l'ascensore ma, senza aspettare più di un secondo e mezzo, si fiondò di corsa giù dalle scale. Per niente affaticata dalle decine di rampe bruciate in due minuti scarsi, aprì il garage, salì sulla moto, la accese e la spinse più che potè per non aggiungere altro ritardo a quello già accumulato.


Percorrendo la strada a tempo di record, arrivò in pochi minuti nei pressi della scuola. Controllando che non stesse arrivando nessuno dalla parte opposta, mise la freccia e svoltò a sinistra, entrando nel cancello del complesso scolastico. Fortunatamente erano quasi tutti all'interno degli edifici e il passaggio era praticamente libero. Dato il ritardo clamoroso trovò un parcheggio libero solo nei posti più lontani dall'ingresso. Spense il motore, smontò di sella e si precipitò verso le aule, togliendo il casco mentre correva.

"Sempre più tardi, Tenou?" le disse scherzosamente Akira, il bidello, chiudendo la porta di ingresso alle sue spalle.

"No comment!" gli rispose schietta, ancora di corsa.

Mancavano una trentina di metri alla sua aula. "Fa che non sia dentro... Fa che non sia dentro...". Ma eccolo comparire dall'altra cima del corridoio. "Merda...". Vedendolo aumentare il passo corse ancora più velocemente. Si fermò in scivolata davanti alla porta dell'aula, a pochi metri da lui. "Buongiorno prof..." ed entrò in classe senza tanti convenevoli, ignorando la voce alle sue spalle: "Un giorno o l'altro rimarrai fuori, Tenou!". Senza farsi notare sorrise all'idea che potesse arrivare seconda al prof di matematica... Non se ne parlava nemmeno, se si trattava di velocità. Raggiunse il suo posto con fierezza, come farebbe un gatto col pesce in bocca, dopo aver raggiunto la distanza di sicurezza dal pescatore.




2. Sospetti


Quella mattina si alzò prima del solito, senza un motivo particolare. Semplicemente si era riposata abbastanza e generalmente stare troppo nel letto le provocava un mal di testa lieve ma persistente. Così si preparò con calma, fece colazione guardando il notiziario delle 7, controllò di aver preso tutto per le lezioni della giornata e avanzò ancora tempo. Le venne voglia di suonare un po' il violino ma, abitando in condominio, pensò che i vicini non avrebbero gradito la sveglia, anche se non era da tutti poter ascoltare la musica suonata da Michiru Kaioh già a quell'ora del mattino e senza pagare il biglietto di ingresso al teatro. Così si trattenne e, dopo aver rifatto il letto e sistemato la camera praticamente già in ordine uscì di casa con la massima calma e, con largo anticipo, si diresse a piedi verso scuola.

Arrivò davanti al cancello nello stesso momento in cui veniva aperto. "Buongiorno signor Akira" disse sorridendo. "Michiru, cosa ci fai già qui?" e, senza aspettare risposta, aggiunse con un sorrisetto malizioso e tirandole una lieve pacca sulla spalla: "Non dirmi che finalmente ti sei decisa a cedere alle lusinghe di qualche ammiratore... Hai un apuntamento, vero?". Il suo tono, allegro come sempre, era carico di genuina aspettativa.

Il suo sguardo la fece sorridere. "Non vorrei deluderla, ma non ho nessun appuntamento galante."

Sospirò. "Ma quando mi darai la soddisfazione di vederti accompagnata da un bel giovincello? Guarda che inizio a diventare vecchio, io, sai? Se non ti sbrighi vado in pensione senza aver conoasciuto il fortunato..."

"Non si preoccupi" rispose prontamente, senza abbandonare il sorriso, per niente imbarazzato. "verrò a trovarla a casa col fortunato, quando sarà in pensione..."

"Ho capito, ho capito, se insisto oltre perdo solo tempo. E' meglio se rientro... Buona giornata Michiru, tienimi aggiornato, ok?".

"Senzaltro, buona giornata a lei!". Lo osservò rientrare; aveva il sorriso sulle lebbra, ma dentro si sentiva un po' turbata, non tanto per l'intromissione, alla quale era abituata e che costituiva parte del legame con Akira. La realtà era che si sentiva bene così com'era e la mancanza di qualcuno al suo fianco non le causava alcun peso, anzi... Era proprio questo che la turbava: avrebbe mai cambiato idea? Decise che era un argomento troppo complesso da affrontare in prima mattinata e poi, comunque, non aveva una soluzione ma implicava ragionamenti fini a loro stessi. La giornata era piena di cose più importanti a cui pensare: le lezioni, la piscina e, soprattutto, il saggio di musica alla sera. Abbandonò così il pensiero e attese l'arrivo di Elsa per entrare in aula.

Il suo banco era vicino alla finestra. Era tra le poche persone che potevano permettersi quel privilegio, perchè la sua attenzione durante le lezioni era tale da non farsi distrarre da quanto accadeva all'esterno. Si sedette e iniziò a preparare il libro e il quaderno di filisofia. Aspettando il suono della campanella puntò i gomiti sul banco, appoggiò distrattamente la testa sulle mani e si mise a guardare fuori dalla finestra. La giornata era assolata, anche se ormai l'autunno era alle porte. Le foglie dei tigli iniziavano a cadere in strada e un vento leggero le faceva rotolare a tratti. Le ultime persone stavano entrando dal portone di scuola ridacchiando a gruppetti. Era tutto tranquillo, tutto normale. La sua attenzione fu però attirata da una moto: era arrivata a tutta velocità e stava entrando nel cortile, un po' troppo velocemente per essere in uno spazio praticamente pedonale. La seguì con lo sguardo finchè si fermò in un parcheggio abbastanza distante dall'ingresso. Il centauro scese velocemente dal mezzo e schizzò verso l'ingresso. "Se non ti sbrighi resti fuori" pensò. Ma stava già correndo a una velocità invidiabile. Sempre in corsa si tolse il casco e fece in tempo a rimirare pochi secondi i suoi capelli biondi prima che scomparisse alla sua vista.

"Michi... E' tutto ok?"

La voce di Elsa la richiamò alla realtà. Non se ne era accorta, ma si era alzata in piedi e aveva appoggiato una mano al vetro della finestra. La distolse subito e si voltò a guardare Elsa, la bocca ancora semiaperta. "Oh, sì..." rispose semplicemente. Si sedette imbarazzata. Il suo cuore aveva preso a battere appena più velocemente del solito: per la prima volta in vita sua, dopo aver distolto lo sguardo da qualcuno, si sentì incompleta. La cosa la turbò ancor più di prima e quella mattina guardò fuori dalla finestra anche senza voltarsi, anche tra le pagine dei libri, anche a occhi chiusi.



3. Un po' di sole


Quello che le ci voleva era una bella corsa, ma gli allenamenti erano solo al pomeriggio e dovette passare la mattinata con le gambe sotto il banco; continuava a muoverle nervosamente e a sbuffare per il troppo lento trascorrere del tempo. Finalmente suonò la campanella dell'intervallo. "Minchia, solo l'intervallo?! Per me potrebbe già essere ora di pranzo..." pensò appena vide l'aula svuotarsi. Si alzò per ultima, come se saltare in qualche modo la pausa potesse renderle il privilegio di andarsene prima della fine delle lezioni. Uscì in corridoio, ma la solita calca di gente davanti alle macchinette le diede sui nervi. Deviò verso il cortile e attraversò la nuvola di fumo che si formava sempre attorno alle stesse persone, tutti i giorni, ad ogni pausa dalle lezioni. Quella mattina, però, la attraversò con meno rapidità del solito e si appoggiò al muro poco distante da loro, dove ancora poteva inspirare l'odore di fumo. Era forse la prima volta che desiderava una sigaretta... Chiuse gli occhi e, con la testa appoggiata al muro e le mani in tasca, restò col viso rivolto verso il sole, cercando di calmarsi. Ma non le risultò semplice, dato che non aveva un motivo concreto per sentirsi così. Ripensò alla sera precedente, ma non trovò niente di diverso dalle altre sere che potesse giustificare l'irrequietezza di quella mattina. Era come se dovesse prepararsi a qualcosa, come se avesse un appuntamento al quale non voleva andare, qualcosa che le stava sfuggendo. Eppure non aveva niente di particolare da fare, se non il consueto allenamento di atletica.

Il fatto che non ci fosse alcun motivo per agitarsi la innervosì ancora di più. Decise di rientrare in aula. Fece per riattraversare il gruppo di ragazze che fumavano davanti all'ingresso, ma udì una risata che la fece voltare. Poco distante, seduta sul muretto della recinzione, c'era la ragazza che quella stessa mattina aveva visto andare verso la scuola con almeno venti minuti di anticipo. L'aveva riconosciuta dai capelli, l'unica cosa che si poteva distinguere dall'altezza del suo appartamento: lunghi, del colore del mare intenso, leggermente mossi, il tanto che bastava per farli sembrare leggeri e dinamici. Di fronte a lei c'era Elsa. "Siamo a posto, se è amica di quella lì..." pensò, come per volersi liberare immediatamente dal pensiero di lei. Quindi non si soffermò a lungo ad osservarle. Fu solo un attimo, un istante di esitazione che non fu notato neanche dalle ragazze del primo anno che la osservavano continuamente con sguardo sognante, come se fosse la loro unica ragione di vita.

Ma quella risata, leggera e delicata, le rimase in testa.

Rientrò in aula e si sedette al suo posto in ultima fila, il più lontano dalla finestra. Perchè le avessero assegnato proprio quello non riusciva a capirlo, ma le andava bene: da lì poteva anche far finta di seguire le lezioni senza dare troppo nell'occhio e intanto farsi un po' i fatti suoi, preparando le tabelle degli allenamenti o pensando a come migliorare le prestazioni della moto per il prossimo gran premio.

Aveva ancora qualche minuto di pausa e, dato che le relazioni sociali non erano il suo forte, decise di ascoltare un po' di musica per non pensare ad altro. Ma quando aprì la tasca dello zaino si accorse di aver dimenticato di rimettervi l'ipod dopo averlo usato il giorno prima.

"No... Che palle...". Appoggiò scompostamente un piede sul banco e si lasciò andare indietro, contro lo schienale della sedia. Quel giorno, proprio, non stava prendendo una bella piega.



4. Distrazioni


Parlava con Elsa quando, all'intervallo, la vide appoggiata al muro della scuola con gli occhi chiusi, girata verso il sole. I suoi capelli risplendevano alla luce. Non la fissò a lungo, anzi, quello che le restò in mente era un solo fotogramma. Più che la sua figura, le restò impressa la personalità che trasmetteva. Il suo modo d'essere, solitario e indipendente, aveva un fascino che la attraeva. In quel momento pensò che avrebbe voluto più di ogni altra cosa far parte di quel mondo, entrare nella sua testa e nel suo cuore, vedere con i suoi occhi.

E' stupefacente la velocità in cui i pensieri si formano e prendono concretezza nella nostra mente. In una manciata di secondi aveva formulato quello strano desiderio e non riuscì a comprendere come Elsa avesse potuto accorgersene.

"Ma non mi ascolti?"

"Come?"

"Non mi stai ascoltando... Michi, che ti prende? In certi momenti sembra che ti imbamboli a fissare il nulla... non è da te..."

Si sforzò di non spostare ancora lo sguardo verso la ragazza bionda, altrimenti si sarebbe fregata con le sue stesse mani.

"Ti ascoltavo invece, mi stavi dicendo del prof di scienze..."

"Seee... Lasciamo stare va... Piuttosto, quando ti deciderai a dirmi qualcosa del fortunato?" Siccome la guardò con aria interrogativa, Elsa dovette specificare: "Oh andiamo, si vede lontano un chilometro che sei innamorata cotta!" Avvicinò il viso al suo e sorrise. "Anche Akira sospetta, non ci scapperai per molto, cara!"

A queste parole, Milena non poté fare a meno di ridere. Il complotto tra i due durava ormai da tempo, ma ancora non si erano mai spinti così avanti, ipotizzando che si vedesse davvero con un ragazzo o che fosse lì lì per farlo.

"Non ti preoccupare Elsa, prima di presentarlo ad Akira lo farò conoscere a te, se hai la pazienza di aspettare un tempo indeterminato." la liquidò quando si riprese dalla risata.

Elsa alzò gli occhi al cielo e lei ne approfittò per guardare ancora verso la ragazza bionda, ma non era più lì e per non far vedere all'amica che stava guardando in giro il suo sguardo non indugiò oltre per cercarla tra le compagne. Tuttavia non potè fare a meno di constatare che in lei era nato un forte desiderio di vederla, di osservare i suoi movimenti senza interromperli, scrutandoli a distanza. I suoi silenzi, la sua solitudine e l'aura di mistero che emanava erano diventati improvvisamente attraenti, quasi indispensabili. "Non essere ridicola, non hai bisogno di niente e di nessuno, hai già tutto quello che puoi desiderare" cercò di convincersi. Ma la sua mente, per quanto possibile, era sempre più assorbita dal pensiero di lei.


Nel primo pomeriggio sarebbe dovuta andare a casa di Elsa per studiare e solo successivamente in piscina, ma avrebbe finito per doverle dire tutto e proprio non voleva che accadesse. Optò quindi per anticipare la piscina, liquidando l'amica dicendo semplicemente che le gare si avvicinavano e aveva bisogno di allenarsi. Mezza verità.

Il calore fuori dalla vasca era sempre piacevole e la invogliava ancora di più a tuffarsi in acqua. Ma prima doveva riscaldarsi. Si posizionò sul bordo della vasca, dando le spalle alla vetrata aperta sul cortile interno del complesso scolastico. Uno, due, tre, quattro... Nel momento in cui iniziò il riscaldamento si sentì già meglio e niente la deconcentrò più. Dopo una decina di minuti mise la cuffia e finalmente si tuffò in acqua. Uno slancio veloce, si allungò completamente, la schiena morbida, le linee eleganti. Nessuno spruzzo. Come se l'acqua l'avesse avvolta dolcemente. Riemerse a metà vasca senza interrompere i movimenti. Si sentiva in forma, aveva tanta energia da liberare, molta distanza da porre tra lei e la realtà, la sensazione di vuoto da colmare, o quantomeno da dimenticare.


5. Sguardi


Corse 45 minuti di fila, spingendo i muscoli più che poté, inspirando ed espirando l'aria fresca autunnale con un ritmo sostenuto. Generalmente la corsa la rilassava, liberandola da pensieri e preoccupazioni. Non quel giorno. Nonostante ci provasse da tempo, non riusciva a liberarsi dall'agitazione che la opprimeva da quando si era alzata. Non riusciva a non avere davanti agli occhi il colore dei suoi capelli, nelle orecchie il suono della sua risata. E il suo cervello continuava a chiedersi come fosse possibile: niente e nessuno aveva mai infranto la legge della corsa, la sua sintonia con l'aria...

E poi chi diavolo era? Cos'aveva di tanto speciale?

"Assolutamente niente" continuava a ripetersi.

Decise di tornarsene a casa: magari fuori dall'ambiente scolastico avrebbe finito per non pensarci più.

Dopo aver fatto la doccia uscì dagli spogliatoi e si diresse verso il cancello con lo sguardo basso, ancora immersa nei pensieri. Cercava di concentrarsi su altro: "Per cena ci sta un bel kebab. Sì, che figata, danno anche Fast and Furious II! No, cazzo, devo fare ancora i compiti di matematica... Che palle di uomo quello, non aveva di meglio da fare nella vita che rompere i maroni agli studenti? ...chi se ne frega, io mi mangio il kebab e matematica la faccio domani alla prima ora, tanto quel tonto di filosofia non lo segue mai nessuno, figuriamoci adesso che..." Il filo di pensieri si interruppe. Le era sembrato di vedere, con la coda dell'occhio...

"No dai, non è possibile...". Fece ancora qualche passo e si voltò.

Non riuscì a vedere altro, i suoi occhi restarono fissi in quelli della ragazza che da quella mattina la ossessionava. Non aveva ancora incrociato il suo sguardo, prima. Nessuna delle due abbassava gli occhi, si fissavano come in un gioco, come se nessuna volesse desistere, ma in realtà per entrambe il tempo si era fermato e il cuore aveva smesso di battere. Intorno non esisteva più niente, c'erano un solo cuore, pieno, e una sola mente, serena. Attraverso quello sguardo, senza che lo volessero e senza che se ne accorgessero, si misero a nudo e videro l'una l'intimo più profondo dell'altra, la delicatezza e la determinazione, le paure e l'amore per la vita.

Uno... due... tre... Dieci, venti... Non si accorsero per quanto tempo restarono immobili, come in trance.

Una goccia d'acqua cadde inaspettatamente sulla guancia di Heles, che sbatté gli occhi interrompendo il contatto con l'altra ragazza. Riportò subito lo sguardo nel suo. Aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma appena dopo la richiuse senza emettere alcun suono. Si voltò e riprese a camminare verso casa.

Guardò in alto: il cielo era sereno. Solo, più lontano, nuvole grige si stavano dorando alla luce del tramonto.

Era una goccia portata dal vento, che si era alzato leggero senza che se ne accorgesse.

Cosa assai strana, ora che ci pensava...

  
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