Serie TV > Doctor Who
Ricorda la storia  |      
Autore: Little Fanny    15/04/2010    6 recensioni
“Riassumendo le ho per sbaglio, e sottolineo per sbaglio, affondato una nave nella battaglia contro l’Invincibile Armada. Non capisco perché se la sia presa così tanto.” Continuò perdendosi ancora una volta nei suoi ragionamenti a voce alta. “In fondo la battaglia l’aveva vinta. Era solo un normale vascello.”
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Martha Jones, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fandom: Doctor Who
Titolo: Il Dottore e la Regina
Personaggi: Dottore, Rose Tyler, Martha Jones, Regina Elisabetta I, William Shakespeare (accenni)
Rating: G
Genere: comico, avventura
Riassunto: “Riassumendo le ho per sbaglio, e sottolineo per sbaglio, affondato una nave nella battaglia contro l’Invincibile Armada. Non capisco perché se la sia presa così tanto.” Continuò perdendosi ancora una volta nei suoi ragionamenti a voce alta. “In fondo la battaglia l’aveva vinta. Era solo un normale vascello.”
Prompt: poetica @fuoco_dal_cielo 
Note: partecipa alla challenge F3.U.CK.S fest @fanfic_italia , per l’iniziativa della seconda settimana @fuoco_dal_cielo .
Avvertimenti: one-shot (quanto fa strano non scrivere slash!)
Dedica: a Alektos e Lady Hawke, che mi hanno fatto conoscere il meraviglioso fandom del Doctor Who e mi hanno fatto ammalare di dottorite acuta; a samek  anche lei affetta da dottorite e Torchwood e che si è lanciata nella lettura di una het; a maddythevampire  per le sue meravigliose icon che non manco mai di sgraffignarle; a iridania  e KillerQueen86 per i bellissimi commenti al mio primo esperimento col Dottore.
Ringraziamenti: a Alektos, Nonna Minerva , LupettaSlayer87 che mi hanno sopportato e supportato nella stesura di questa storia: dall’ambientazione, alle frasi, al titolo, al riassunto (!!!), alla connessione in biblioteca, al semplice sostegno psicologico. E un grazie alla fedele Wikipedia e Wikiquote.
Disclaimer: la storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto. Le figure di William Shakespeare e della Regina Elisabetta I appartengono alla storia, niente di quanto è raccontato è realmente accaduto. 

Il Dottore e la Regina


Entrarono di corsa nel TARDIS, richiudendosi veloci la porta alle spalle. Il Dottore posò esausto la schiena alla porta chiusa, sorridendo complice alla nuova compagna di viaggio.
“Ma è sempre così?” Domandò Martha mettendosi una mano sul cuore, cercando di frenare il battito impazzito.
“Nah…” commentò solo il Dottore avviandosi verso i comandi e muovendoli con mano sicura. Martha lo fissava scettica, con un sopracciglio inarcato e braccia incrociate, per niente convinta.
“A volte.” Cercò di scendere a patti il Dottore, muovendosi senza posa tra leve e pulsanti.
“Ok, a volte spesso.” Acconsentì poi buttandosi sulla poltroncina da viaggio e mettendosi comodo.
“Quindi questo è il tuo modo di viaggiare?” Martha si muoveva con calma nel piccolo abitacolo, guardando gli infiniti pulsanti della plancia e l’aspetto spartano dell’intera astronave.
“Prendi, scendi e corri?” Chiese posandosi su una colonna, incrociando le braccia al petto.
“Esatto!” Commentò euforico lui, balzando giù dalla sua postazione. “Allora, Martha Jones, non è stato interessante l’incontro con Shakespeare?” Le chiese avvicinandosi, tenendo sollevata la sfera di cristallo, dove le tre streghe si dibattevano ancora, cercando di scalfire il vetro con le unghie.
“Devo ammettere che è stato affascinante.” Disse sporgendosi, cercando di toccare con mano la sfera incantata.
“Ah, ah. Guardare ma non toccare, mia cara.” La ammonì lui, tirando indietro il braccio. Posò la sfera sulla console e inforcò gli occhiali. La osservò in tutte le direzioni, una mano sul mento.
“Interessante. Interessante davvero.”
“Cosa?” Domandò Martha che vedeva solo dei vivaci giochi di luce all’interno.
“È un agglomerato di energia: magia e potere allo stato puro.” Iniziò a spiegare il Dottore, usando uno stetoscopio e posizionandolo sul freddo rivestimento in vetro.
“Un composto particolarmente instabile. E geniale!” Esclamò sbattendo un pugno sulla plancia. “Sono un genio, assolutamente un genio.”
Colse con la coda dell’occhio lo sguardo assolutamente sbigottito della sua nuova compagna di avventure e si affrettò a spiegare il motivo della sua genialità.
“Queste onde delta sono pericolose, impossibili da ingabbiare da qualsiasi congegno umano. Ma, fortuna vuole che le streghe qui presenti,” indicò dando un colpetto alla sfera di vetro; “abbiano usato proprio il contenitore perfetto per controllarle. Le giuste parole pronunciate dalla persona adeguata e puff!” Esclamò con grandi movimenti delle braccia. “Le streghe sono state sconfitte e imprigionate!”
“Bene, ora, vediamo dove metterlo…” ragionò il Dottore, avviandosi verso l’interno dell’astronave.
“Dove vai?” Chiese la ragazza seguendolo attraverso un intrico di corridoi, attenta a non perderlo di vista per paura di smarrirsi in un quel dedalo infinito di stanze.
“Nello sgabuzzino! Ho lo spazio giusto giusto per loro, così possono urlare e graffiare quanto vogliono senza dare più fastidio a nessuno. Oh, bene.” Esclamò bloccandosi davanti a una porta dall’aspetto dismesso, così diversa dal resto dell’astronave.
Abbassò la maniglia e questa si aprì girando rumorosamente sui cardini fino a rivelare una stanza enorme.
“E questo sarebbe lo sgabuzzino?” Domandò Martha superandolo e addentrandosi tra quella catasta disordinata di oggetti, lo stupore ben dipinto sul suo volto.
“Certo! Perché c’è qualcosa che non ti piace?”
“No, è tutto… come dire… bellissimo…”
“Solo che?”
“Solo che, cioè, hai visto il tuo sgabuzzino?” Rispose Martha indicando lo spazio circostante con un ampio movimento del braccio.
“Ehm, si?” Ribatté, posizionando la sfera su un mensola in cima, sopra al teschio dello Sycorax che aveva trovato dietro le quinte del Globe. Con un balzo saltò giù dalla scala, atterrando di fianco alla sua compagna di viaggio, guardando ciò che la ragazza stava fissando con tanto stupore.
Martha roteò gli occhi, quell’uomo - anzi, alieno – a volte sapeva essere davvero impossibile, forse per lui le cose erano normali così, ma non lo erano sicuramente per lei.
“Di solito, le persone normali, hanno uno sgabuzzino piccolo.” Iniziò a spiegare lei, come se avesse a che fare con un bambino a cui bisognasse spiegare le cose per filo e per segno.
“Piccolo? Beh, voi umani siete davvero strani.” Commentò solo lui, prendendola sotto braccio e iniziando a condurla attraverso quell’accozzaglia di oggetti di ogni epoca e luogo.
“Dove potrei mettere tutte le cose che non mi servono se avessi solo un piccolo sgabuzzino? Tipo, guarda qui.” Disse indicando un braccio in pietra bianca, indubbiamente femminile, posato dietro a una credenza vetrata.
“È…?” Domandò Martha allungando una mano per sfiorare l’arto finemente intagliato nel marmo.
“Un braccio della Venere di Milo? Si, lo è. Indubbiamente.”
“Ma, come hai fatto?”
“Oh. Una lunga storia. Credo ci fosse di mezzo una scommessa.” Disse liquidando la faccenda con poche parole, portandola a scoprire le altre meraviglie nascoste all’interno.
Martha lo seguiva del tutto incredula di quante cose il Dottore possedesse e di quanti racconti e avventure fosse piena la sua vita. La sua, al contrario, sembrava così spoglia: scuola, casa, studio, mentre attorno a lei c’era un intero universo da scoprire.
“E questa scusa?” Lo interruppe afferrando una giacca di jeans abbandonata su una sedia. “Non mi sembra essere antica come tutto il resto dei tuoi reperti, che, diciamocelo, fanno invidia alle ricchezze dei più grandi musei di tutto il mondo.”
“Quella…” mormorò lui, prendendola dolcemente dalle mani di Martha e sistemandola con cura all’interno di un armadio. “È un ricordo.”
I suoi occhi si spensero un attimo, perdendosi in un mondo che solo loro potevano ancora vedere; una mano lisciò con cura le pieghe, prima di richiudere l’anta con un colpo secco.
“Bene, il tour è finito. Signorina, se mi vuole seguire, da questa parte!” La richiamò lui col miglior tono professionale in suo possesso, facendole strada verso l’uscita del suo piccolo sgabuzzino.
“Ho una curiosità!” Disse Martha trotterellandogli dietro, buttando velocemente uno sguardo sulle varie stanze che si affacciavano lungo quello stretto corridoio.
“Le reali dimensioni del TARDIS? È grande. Molto grande.” La anticipò, vedendo come i suoi occhi scattassero in tutte le direzioni.
“No, non è questo.” Rise lei, aggrappandosi al suo braccio. “Anche se… no, volevo sapere cos’è successo tra te e la Regina Elisabetta.”
“Ah, la cara Regina Elisabetta!” Esclamò con un sorriso sulle labbra.
Se lo ricordava come fosse ieri il loro ultimo incontro: un palchetto al Rose, sullo sfondo una delle più classiche tragedie shakespeariane.

* * *
 
“Eccoci arrivati!” Esclamò il Dottore facendo planare il suo fidato TARDIS in un vicolo della vecchia cittadina.
“Dove siamo?” Domandò Rose col solito tono felice, cercando di sbirciare qualcosa del mondo esterno dallo schermo posizionato sulla plancia.
“Sorpresa! Ora, va a metterti il vestito che ti ho lasciato in stanza, non vorremmo stravolgere la vita di queste povere persone prima del tempo.” La prese in giro lui, notando come, ancora una volta, la sua compagna avesse deciso di indossare la maglia con la bandiera della Gran Bretagna stampata sopra. Le stava bene, ma troppo patriottismo poteva nuocere gravemente alla salute dei suoi occhi.
Rose scomparve all’interno di uno dei corridoi facendogli la linguaccia, per poi riapparirne qualche minuto dopo perfettamente vestita secondo la moda dell’epoca.
Indossava un lungo vestito blu oltremare, finemente ricamato da un intricato disegno argentato. I polsi erano chiusi da piccoli bottoni di madreperla, mentre l’ampia scollatura era parzialmente coperta da pizzo bianco.
Per l’occasione Rose aveva raccolto i capelli intrecciandoli sulla nuca e sembrava del tutto raggiante nel suo nuovo abito.
“Come sto?” Chiese facendo un giro su se stessa, lasciando ondeggiare liberamente la lunga gonna.
“Sei incantevole.” Rispose il Dottore, guardando come ogni piega del vestito si adagiasse morbida sulle sue forme, facendola risplendere dei più luminosi colori della notte.
Rose arrossì all’insperato complimento.
“Tu non ti cambi mai? Non hai paura di-” si interruppe cercando di ricordare le esatte parole con cui l’aveva apostrofata lui solo pochi minuti prima per il suo abbigliamento non consono al periodo storico. “Ecco! -stravolgere la vita di queste povere persone prima del tempo?”
“Nah.” Dissi liquidando velocemente il problema e prendendola sotto braccio, avviandosi verso l’uscita del TARDIS. “Ho cambiato le scarpe, vedi?” Spiegò, alzando un piede per mostrarle le sue solite sneakers decorate con motivo scozzese.
Spalancò la porta e balzò fuori dall’astronave, voltandosi velocemente indietro per non perdersi la faccia stupita della sua giovane compagna.
“Dove siamo?” Chiese nuovamente lei, poggiandosi lungo l’argine del fiume e osservando l’andirivieni di barche e commercianti che si affaccendavano di sotto.
“Guarda là.” Indicò lui, puntando un dito al di là del fiume fino a farlo posare su un ben noto edificio.
“Ma è il Parlamento di Londra!” Affermò Rose estasiata, cercando di catalogare tutte le differenze tra quello e il Parlamento attuale.
“Esatto. E, se non mi sbaglio, dovrebbe essere uno degli ultimi giorni in cui lo potrai ammirare così.” Commentò lui con un velo di nostalgia, posando i gomiti sul muretto e lasciando vagare gli occhi a memorizzare la Londra di un tempo.
Si fermarono in silenzio ad osservare i movimenti di quei lavoratori instancabili, del tutto inconsapevoli che di lì a poche ore la loro vita sarebbe cambiata per sempre.
“Bene!” Esclamò tutto d’un tratto il Dottore risvegliandosi da quella lunga contemplazione. “Non lasciamo che sia la Storia a venirci incontro. Che ne dice se andiamo a trovarla, Madame Tyler?” Domandò lui esibendosi in un perfetto baciamano.
“Volentieri, Sir Dottore.” Acconsentì Rose, accettando di buon grado il braccio che le veniva offerto, iniziando a incamminarsi per le vie brulicanti di vita di quella cittadina in continuo fermento, allora come nei tempi moderni.
C’era gente ovunque, donne che si muovevano per la strada cariche di qualsiasi cosa: pane, frutta, verdura; bimbi che si rincorrevano a vicenda, altri che tiravano capre reticenti. Tutti parlavano e, davvero, non c’era molta differenza tra quella Londra antica e quella moderna, a cui Rose era abituata. Mancavano i taxi e i tipici bus londinesi, ma per il resto il traffico era già opprimente.
Forse gli abiti da uomo erano diversi. Bizzarri, potendoli descrivere con una sola parola. Indossavano delle calze a maglia colorate, scarpe con un po’ di tacco e delle camicie con le maniche a sbuffo.
“Ho capito perché non hai voluto cambiarti.” Commentò Rose ridendo, osservando un altro nobile farsi largo tra quell’accozzaglia di popolani.
Camminavano già da un po’ senza una meta precisa, facendosi trasportare da quel flusso ininterrotto di gente affaccendata. La popolazione londinese sarebbe rimasta sempre uguale nel tempo: sempre di corsa e sempre così concentrata in se stessa da non prestare attenzione ad un uomo che girava indossando un lungo impermeabile beige, attratto da qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino.
“Guarda qui!” Esclamò per l’appunto lui, afferrando un sacchetto contenente una pregiata qualità di cioccolato e sventolandoglielo sotto il naso. “Così è iniziata la vostra discesa nel peccato, la gola… Ma veniamo a noi!” Continuò sospingendola sul marciapiede prima che venissero travolti da una carrozza lanciata a folle velocità lungo quelle vie brulicanti di gente.
“Giusto! Perché siamo qui?”
“Ogni cosa a suo tempo, signorina Tyler. Prima di tutto cerchiamo di scoprire in che anno siamo.”
“Ma non siamo nel 1666? L’anno del Grande Incendio?”
“No, a giudicare dagli assurdi abiti dei nobili e dallo stemma su quella carrozza.” Spiegò lui indicando con un cenno del capo l’antico mezzo trainato da due possenti cavalli neri che si stava facendo largo tra la folla, fino a scomparire dietro un angolo.
“Cosa raffigurava?”
“L’emblema della Regina Elisabetta I.”
“Ed è un male?” Domandò Rose cogliendo la nota preoccupata nella sua voce.
“Nah… non ce l’avrà più con me, ormai.”
“Per cosa?”
Vedendo che il Dottore non accennava minimamente a risponderle, continuando a camminare tranquillo con le mani nelle tasche del suo completo gessato, lo afferrò per un braccio facendolo voltare bruscamente nella sua direzione, cercando i suoi occhi con lo sguardo.
“Sai che non puoi nascondermi nulla. Avanti, che hai fatto a questa Regina?”
“Uh… niente di che…” minimizzò lui passandosi una mano tra i capelli, rendendoli ancora più disordinati del solito.
“Qualcosa le avrai sicuramente fatto, visto che stai cercando la strada per tornare al TARDIS, che, no-” spiegò pratica lei, stringendo la presa sul suo braccio “-non è da quella parte.”
Il Dottore sbuffò spazientito, accasciandosi su una panchina. Possibile che la sua mente facesse cilecca proprio ora?
“Incredibile. Hai 904 anni, viaggi nello spazio e nel tempo, sai orientarti su qualsiasi pianeta, astronave o che dir si voglia, ma riesci a dimenticarti dove hai lasciato il TARDIS nella piccola Londra cinquecentesca.” Enumerò Rose sedendoglisi accanto.
“Non ho dimenticato dov’è il TARDIS. Sono solo diversamente orientato. Comunque,” continuò dispiegando il giornale che aveva trovato abbandonato sulla panchina; “siamo a Londra, nel 1597, per l’esattezza. Molto prima del Grande Incendio.”
“Interessante. Ma non mi hai ancora spiegato perché sei così terrorizzato da questa Regina.” Lo punzecchiò nuovamente lei, posando una testa sulla sua spalla, lasciando che il sole le riscaldasse il volto.
Il Dottore si stiracchiò sulla panchina, allungando le gambe davanti a sé, osservando compiaciuto il motivo scozzese con cui erano decorate.
“Oh… una vecchia storia, molto noiosa. Sei sicura di volerla sentire?” Domandò speranzoso di un risposta negativa, che, tuttavia non arrivò visto che la sua compagna di viaggio era difficile da trarre in inganno.
“Riassumendo le ho per sbaglio, e sottolineo per sbaglio, affondato una nave nella battaglia contro l’Invincibile Armada. Non capisco perché se la sia presa così tanto.” Continuò perdendosi ancora una volta nei suoi ragionamenti a voce alta. “In fondo la battaglia l’aveva vinta. Era solo un normale vascello.”
“Fammi indovinare.” Gli disse. “Un atterraggio sbagliato col TARDIS?”
“Non proprio… diciamo che non ho calcato tutte le variabili possibili e potrei aver, sempre per sbaglio si intende, speronato il vascello di Sua Maestà.”
Rose scoppiò a ridere.
“E immagino che quella non fosse una barca normale, giusto?”
“Potrebbe essere che fosse la sua preferita? Magari ricca del bottino di guerra?”
“Sei incredibile! Riesci a far arrabbiare ogni regnante inglese. Dovresti inserirlo sul tuo curriculum: Signore del Tempo, ultimo della sua specie, specializzato in viaggi spazio temporali con un’insana passione nel correre sempre e un’attitudine particolare nel far arrabbiare le Regine di Inghilterra.” Scherzò Rose alzandosi dalla panchina e porgendogli una mano.
“Andiamo, combina guai, Londra ci attende!”
“Visto che siamo in ballo, balliamo!” Commentò mestamente il Dottore, accettando la mano che gli veniva offerta. “A proposito, sai che epoca è questa?”
“L’età elisabettiana se c’è la Regina Elisabetta?” Rispose sarcastica Rose, stupita di saperne per una volta qualcosa di più del sempre informato Dottore.
“Oh, complimenti. E ti ricordi per cosa è famoso questo periodo?”
“La circumnavigazione del globo!” Esclamò la ragazza andando a ripescare dalla sua memoria le vecchie nozioni di storia.
“Si, anche quello, ma non ti ricordi qualcosa di più famoso?” Chiese con un sorriso sulle labbra zigzagando tra le bancarelle colme di ogni ben di Dio.
“Oh, una mela.”Affermò tutto d’un tratto, lanciando una moneta al bambino e prendendogli il frutto dalla mano.
Essere, o non essere, questo è il problema.(1)" Recitò con pathos, usando la mela come teschio improvvisato.
“Shakespeare!”
“Perfetto, signorina, le verrà segnato un più sul registro. L’età elisabettiana è famosa per il fiorire della cultura. Sono sorti i primi teatri: The Curtain Theatre, lo Swan,” elencò il Dottore come un vecchio professore di liceo; “il Rose e con essi si è sviluppata la più grande letteratura teatrale inglese con Shakespeare e Marlowe.”
“E guarda qui!” Indicò aprendo di nuovo il giornale. “Questa sera al Rose, Shakespeare mette in scena il Romeo e Giulietta!”
“Ci andiamo?” Chiese Rose speranzosa.
“Ma certo! Non possiamo farci sfuggire l’occasione di un incontro con Shakespeare. Avrei anche due o tre cose da proporgli…” Commentò il Dottore, perdendosi ancora una volta nei suoi pensieri.
“Non dirmelo, conosci anche lui?” Domandò la ragazza stupita. Era un po’ di tempo ormai che girava con lui, ma per quanto fosse abituata alle sue stranezze, rimaneva sempre allibita da quante persone conoscesse.
“Non ancora, ma non conosco proprio tutti.” Ragionò il Dottore. “Tipo la Rowling non la conosco affatto. Altrimenti le avrei sicuramente dato qualche dritta per la stesura del settimo libro.”
“E com’è?”
“Non te lo posso dire, rischierei di rovinarti la sorpresa. Ora, vediamo se ha studiato bene la letteratura contemporanea a suo tempo.”
Rose gli fece una linguaccia.
“Non c’è bisogno che ti vanti tanto con me per le tue infinite conoscenze, perché sai la pazzia, signore, se ne va a spasso per il mondo come il sole, e non c'è luogo in cui non risplenda.(2)"
“La so, la so!” Esclamò lui ammutolendosi poi di colpo. “Non la so. Strano, molto strano.”
Rose rise, era tanto che non potevano gustarsi un intero pomeriggio rilassante, loro due da soli a camminare per le vie di Londra: niente di cui preoccuparsi, nessun mondo da salvare da un attacco alieno. Solo una semplice passeggiata e una serata a teatro.
“Comunque, la senti l’aria che si respira?” Chiese il Dottore facendo una piroetta in mezzo alla strada. “Si sente un vento di cambiamento, il profumo della conoscenza si spande per le vie di Londra. Da oggi in poi niente sarà più lo stesso. Saranno fondate le basi delle letteratura inglese: tutto il mondo si rifarà poi al grande Shakespeare. La grande arte drammaturgica, ma anche la sua vena comica. Quali idee meravigliose sono nate dalla sua penna! E tutto questo è accaduto qui, mia giovane Rose.” Disse il Dottore mostrandole con un ampio movimento del braccio la città che si allargava per lasciare lo spazio al teatro.
“In quel teatro sono racchiuse le parole d’amore più belle che siano state mai recitate, parole di battaglia, capaci con una metrica perfetta di far crollare interi regni.” La prese per mano, conducendola verso i palchetti.
“Vai su, chiedi di John. Ti raggiungo fra poco.” Le urlò prima di scomparire tra la folla.

Dopo pochi minuti il Dottore salì i gradini a due a due, ricordando a memoria la strada verso il suo palchetto preferito. Spalancò la porta annunciando il suo teatrale arrivo, che non fu poi così teatrale, visto che si ritrovò straiato per terra, la vista completamente offuscata.
“Oh, mi scusi!” Disse un dispiaciuto Dottore rivolgendosi all’ammasso informe che mugugnava sotto di lui, completamente ricoperto da un vaporoso strato di vestiti e merletti.
“Non mi sento molto bene…” commentò la massa scomposta di gonne, con una voce femminile e particolarmente seccata a giudicare dal tono.
“Non si preoccupi!” Esclamò lui balzando in piedi e offrendo un aiuto a quella povera donna, ancora per terra e ricoperta dai suoi stessi vestiti. “Fortuna vuole che sono il Dottore!”
“Il Dottore chi, se mi facesse la cortesia di presentarsi?” Rispose lei sollevandosi in piedi ed ergendosi in tutta la sua magnificenza.
“Il Dottore. Solo il Dottore.” Rispose col sorriso sulle labbra, esibendosi in un perfetto baciamano. “Niente di rotto, spero. Ora, se mi vuole scusare, la mia signora mi sta attendendo.” Batté le mani e si voltò, avviandosi verso l’uscita del palchetto, lasciando una donna alquanto basita alle sue spalle.

“Eccomi.” Sussurrò sedendosi accanto a Rose.
“Finalmente. Ma dove sei stato?”
“Ho sbagliato palchetto.” Rispose lui, tornando a prestare attenzione allo spettacolo che si stava svolgendo sul palco.
Rose stava per commentare la sbadataggine che quel giorno aveva colpito il suo Dottore, quando sentì la sua mano stringere la sua, intimandole di fare silenzio e godersi la rappresentazione.
Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, e rifiuta il tuo nome! O, se non lo vuoi, tienilo pure e giura di amarmi, ed io non sarò più una Capuleti. (3) " Recitava la Giulietta-uomo dall’alto del suo balcone, proclamando il suo amore infausto.
Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. (4)" Le sussurrò il Dottore all’orecchio, recitando le battute di Giulietta e porgendole una rosa dalle tenui sfumature rosate.
Era tutto perfetto: l’atmosfera, il luogo, quando, improvvisamente, si sentì un urlo interrompere la rappresentazione: “Il Dottore! Il mio nemico giurato!”
“Cosa?” Esclamò lui sorpreso, sporgendosi per localizzare la fonte di quella voce.
“Dicevi che aveva dimenticato?” Commentò Rose, vedendo quella che indubbiamente doveva essere la Regina Elisabetta I sbracciarsi dal suo palchetto riservato, richiamando su di sé l’attenzione delle guardie.
“Tagliategli la testa!” Ordinò la Regina puntando il dito contro l’uomo dopo averlo finalmente individuato.
“Cosa?” Domandò lui, sempre più allibito.
“Lascia perdere i ‘cosa’. Corri!” Esclamò Rose, afferrando l’orlo della gonna con una mano e quella del suo Dottore con l’altra, visto che questi sembrava totalmente incapace di muoversi.
“Fermateli!” Urlava ancora la Regina, incitando la gente ad eseguire i suoi ordini. “Fermate quel pericoloso Dottore!”

“Non credevo serbasse rancore così a lungo!” Urlò il Dottore alla sua compagna che lo precedeva in quella folle corsa verso il TARDIS.
“Dovresti saperlo che una donna non dimentica uno sgarbo tanto facilmente, per di più se è la Regina d’Inghilterra!” Ribatté Rose usando la chiave per aprire le porte del TARDIS e, contemporaneamente, lanciandoci il Dottore all’interno.
“Andiamo!” Gli ordinò, sbattendo velocemente la porta e lasciando che le frecce scoccate dalle guardie andassero a conficcarsi sulla cabina.
“Oh, Rose Tyler.” Disse lui afferrandole una mano e facendole fare un giro su se stessa. “Vivi per essere la meraviglia e l'ammirazione del tuo tempo. (5) " Proclamò avviando il TARDIS pronti a portarli in un nuovo mondo, in un altro tempo.

* * *

“Non me lo ricordo proprio.” Sussurrò il Dottore rafforzando la presa sul braccio della ragazza.
Possiamo chiudere con il passato, ma il passato non chiude con noi. (6)” Mormorò Martha sottovoce, lasciandosi sospingere sulla strada del ritorno.
“Ora, Martha Jones, avevo detto un viaggio. Uno soltanto, ma…” continuò col suo solito tono allegro e scanzonato ritornando sui suoi passi fino alla console dell’astronave. “Dopo un ritorno nel passato, che ne dici di un salto nel futuro? Così: passato e futuro.”

FINE

Note:
1. Amleto: atto II, scena II
2. La dodicesima notte, atto III, scena I
3. Romeo e Giulietta: atto II, scena II; traduzione di Emma Caberlotto
4. Romeo e Giulietta: atto II, scena II
5. Macbeth: atto V, scena III
6. Il Mercante di Venezia
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: Little Fanny