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Autore: Tynuccia    17/04/2010    3 recensioni
[Gundam SEED] Shiho lo guardò per qualche secondo, realizzando quanto le fossero mancate le sue scenate. Molto più di quanto credeva.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno

 

*

 

Shiho si fermò davanti alle porte automatiche, la mano premuta sul petto e lo sguardo sospettoso, nonchè preoccupato. Era a disagio, non poteva negarlo a se stessa, e la mobilia del bar in cui stava muovendo i primi, incerti passi non erano sicuramente adatti per farla sentire meno tesa, nonostante quel lusso ostentato avesse fatto parte della sua infanzia vista la posizione di suo padre nel Supremo Consiglio di PLANT.

 Inspirando a fondo, nel tentativo di calmarsi, si voltò verso una cameriera, decisa a chiedere informazioni, quando lo vide: seduto elegantemente ad un tavolo nell’angolo, impegnato a guardare la lista e praticamente uguale a due anni prima, ma senza la cicatrice che gli deturpava quel viso perennemente corrucciato che tanto le piaceva. Sospirò, prima di sorridere e lisciarsi l’impermeabile. Confidente come se fosse stata ancora sulla Vesalius, cominciò a camminare in direzione del suo Capitano, contenta di aver passato una ventina di minuti davanti all’armadio subito dopo la sua telefonata. Ancora ricordava perfettamente il pomeriggio, subito dopo la fine della guerra, in cui Dearka aveva invitato la sua fidanzata Natural al centro commerciale di Aprilius, trascinando all’appuntamento anche lei e l’iracondo albino. Miriallia, quello era il nome della ragazza, era sembrata abbastanza sicura nei modi di fare e non le era certamente sfuggito il modo in cui l’oggetto dei suoi desideri l’aveva osservata: era sembrato piuttosto affascinato dalla sua camminata o dalla sua risata spontanea. Una versione priva di rabbia di come era solito ammirare lo sfacciato ancheggiare dell’altra Natural, Fllay Allster, che aveva giocato alla casalinga con il Comandante La Kleuze durante le ultime, decisive fasi della guerra.

 Non voleva assolutamente imitare quella sgualdrinella razzista, ma aveva sperato intensamente di ricevere le medesime occhiate dal suo compagno per quella serata e, quando si appoggiò al tavolo con entrambe le mani, sporgendosi e lasciando che i suoi lunghi capelli castani sciolti cadessero morbidamente sul suo petto florido, notò un rapido guizzo nelle belle pozze cobalto che si era ritrovata a fissare tante volte durante gli incontri ricognitivi sul Ponte di comando della loro nave.

 ‘Sono una troietta e una poco di buono, cazzo,’ pensò mentre gli scoccava un sorrisetto. Alzò una mano, per spostarsi i ciuffi di frangia che le impedivano di vedere propriamente e fece un debole saluto militare di scherno. “È passato un po’ di tempo, signore.”

 “Già.” Yzak si alzò, esaminandola da capo a piedi, e tirò indietro la sedia imbottita, facendole cenno di accomodarsi. “Siediti e scegli cosa bere. Pago io.”

 “La ringrazio,” disse con un nuovo sorriso, meno seducente e più genuino. Attese, comunque, che lui fosse tornato al suo posto per accavallare le gambe ed afferrare la lista. Con la coda dell’occhio lo vide deglutire pesantemente.

 “Ho per caso interrotto un appuntamento galante, Hahnenfuss?” volle sapere Yzak, sventolando la mano in direzione di una cameriera. “È venerdì sera, è tardi e tu indossi davvero una minigonna,” spiegò poi, notando il suo sguardo confuso.

 “Ero a casa, signore,” precisò Shiho, decidendo di essere sì più provocante, ma anche sincera come sempre. “E ho pensato che sarebbe stato giusto vestirsi in maniera elegante. A differenza sua, se mi permette la sfacciataggine.”

 Yzak alzò un sopracciglio ed abbassò lo sguardo sull’uniforme nera da Ufficiale che stava indossando. Sbuffò scocciato, decidendo che non era il caso di farsi paranoie per non avere addosso uno dei suoi completi per quell’occasione che, dopotutto, reputava importante. “Sono rimasto alla Sede Centrale fino a poco prima di chiamarti, donna,” spiegò, comunque. “E anche questo nostro incontro è strettamente lavorativo.”

 Prima che Shiho potesse rammaricarsi per essersi fatta delle false aspettative, una donna di mezza età con la divisa da cameriera del posto si accostò a loro, salutandoli con un inchino. “I signori desiderano?”

 “Champagne,” disse Yzak, strappando la lista dalle mani della sua sottoposta e consegnandola alla donna, insieme alla sua. “Il migliore, se mi porta qualcosa che fa schifo la faccio licenziare.”

 “Come desidera,” replicò l’altra, abituata ai capricci dei ricchi.

 “Pensavo dovessimo lavorare, signore,” notò Shiho, non facendo trapelare la sua confusione di fronte a quell’ordine così impegnativo. “E se non mi piacesse?”

 “Cazzate, Hahnenfuss. Ti sei ubriacata per bene alla fine della guerra, durante la festa di ZAFT. E indovina cosa bevevi?” Yzak ghignò malefico di fronte al rossore sulle gote pallide della giovane. “In ogni caso non è male brindare mentre si discute di certi affari. Me l’ha insegnato mia madre.”

 ‘E sappiamo entrambi che fine ha fatto con le sue belle idee,’ si ritrovò a pensare Shiho, appoggiandosi allo schienale e sfilandosi l’impermeabile.

 “Avresti dovuto darlo a qualcuno quando sei entrata,” notò l’albino, guardando distrattamente fuori dalla finestra.

 “La smetta di sgridarmi come se fossi una cattiva bambina che va punita,” cinguettò la tedesca, voltandosi per appendere il soprabito sulla sedia. Gli rivolse una lunga occhiata maliziosa. “Non è che ora tira fuori un frustino da equitazione, signore? Sulla Vesalius giravano certe voci…”

 “Quali voci?!” urlò l’albino, perdendo immediatamente la pazienza e la sua determinazione a comportarsi con un minimo di classe. “Qualcosa sul mio inesistente essere sadico anche in certe situazioni, suppongo!”

 “Lo sa meglio di me, signore,” insistette Shiho, con falsa ammirazione e sporgendosi verso di lui. “Perché non me lo dice?” Sorrise, angelica. “Con quella Natural, per esempio. I miei sottoposti erano convinti che ci fossero incontri bollenti tra di voi, roba da porno di serie A,” suggerì, nonostante sentisse il cuore batterle violentemente nel petto al ricordo dei giorni trascorsi nel dubbio che i pettegolezzi di quei tre piloti da strapazzo fossero fondati. Non che fosse razzista a sua volta, ma essere battuta da una sciacquetta della Terra in campo affettivo la mandava fuori di testa e mai come in quel periodo aveva rimpianto la decisione di aver adottato la versione maschile dell’uniforme; non quando l’altra se ne andava in giro per la nave con quella gonna stretta che le fasciava in maniera seducente le belle gambe.

 “Non vorrai farmi vomitare il panino che ho mangiato al volo prima, spero,” borbottò Yzak, facendola uscire dalla sua momentanea trance. Arricciò il naso, incrociando le braccia sul petto. La guardò a lungo, senza parlare. La cameriera fece in tempo anche a servire loro il vino e versarlo in due calici. “Mia madre mi avrebbe strangolato se fossi tornato a casa innamorato di una Natural. Non è mica il padre di Dearka. Cazzo, io stesso non sono Dearka!”

 “Oh,” disse Shiho, senza riuscire a contenere la gioia che quella risposta le aveva procurato. Scosse violentemente il capo, pensando che se aveva iniziato a giocare alla femme fatale, allora, doveva continuare sulla stessa linea per risultare credibile. “Non brindiamo?”

 “Hm, certo.” Yzak annuì e levò il suo bicchiere. “Alla costruzione di tre nuovi, entusiasmanti Mobile Suit, che ci hanno fatto incontrare nuovamente.”

 “A quello,” sospirò la tedesca, portandosi alle labbra il calice e trangugiando il liquido frizzante. “Squisito, spero che il suo intento non sia quello di farmi ubriacare, signore, per poi approfittarsi di me.”

 “Di’ un po’, Hahnenfuss, in due anni ti sei per caso dimenticata chi è il tuo superiore?” L’albino alzò un sopracciglio, lanciandole un’occhiata di sfida. La fissò mentre sorrideva imbarazzata, ma comunque sfrontata. “Piuttosto. Ho saputo che hai lasciato ZAFT per unirti alle truppe della guerra d’indipendenza U.S.S.A., o le mie fonti non erano attendibili?”

 “Precise a dire poco, signore,” confermò Shiho, versandosi una nuova dose di vino. Fece roteare il bicchiere tra le dita e sospirò ancora. “Ho portato indietro la pellaccia senza cicatrici, ma è stata dura. Non mi pento della mia scelta, comunque.”

 “Come si conviene ad un membro del Joule Team,” disse Yzak, con un’espressione orgogliosa. “Housenka.” Guardò come la sua facciata cadde di fronte all’uso del soprannome che lui stesso aveva scelto per lei ed ammirò, internamente deliziato, le sue guance andare a fuoco, sotto al fondotinta pallido che aveva applicato sulla pelle. Bevve un po’ del suo champagne e si pulì gli angoli della bocca con un tovagliolo. Inspirò ed allungò la mano per sfiorare la sua, fugacemente. “Torna.”

 “Prego?” La tedesca sobbalzò di fronte a quella proposta così esplicita e bisognosa di una spiegazione al contempo. E anche per il contatto con il suo superiore, ovviamente.

 “Mi hanno promosso a Comandante di Vascello giusto oggi,” la informò Yzak, scrollando le spalle. “Questa uniforme non deve trarti in inganno. Sto formando una nuova squadra e vorrei che tu ne facessi parte. Tutto qua.”

 “I-io?” non riuscì a non balbettare, indicandosi. A poco serviva la camicetta scollata o i tacchi ai suoi piedi: al Comandante Joule bastavano poche parole, un determinato tono di voce ed i suoi sguardi persuadenti per farla tornare la solita ragazza composta e servizievole; nonché impacciata ai suoi occhi e per nulla confidente nelle sue doti femminili. ‘Fanculo, piano andato a puttane,’ pensò, scocciata.

 “Con Dearka presente, vedrai che sarà una bella sfida.” Yzak la guardò. “Un po’ come quando eravate le mie Guardie del corpo quando ricoprivo a tempo pieno la carica di Consigliere. Solo che ora saremo imbarcati sulle mie nave da guerra. La Voltaire e la Rousseau.”

 Shiho rimase in silenzio, stringendo il bicchiere e bevendo febbrilmente da esso, accettando volentieri ogni volta che il suo accompagnatore le versava altro champagne. Dentro di sé, comunque, stava combattendo una battaglia personale: ritornare o meno? Si era ripromessa di non indossare mai più la divisa, di rimanere una normale civile dopo la guerra d’indipendenza e dopo gli orrori visti durante quella del Bloody Valentine, ma la proposta di Yzak Joule, per cui aveva preso una forte cotta la prima volta che l’aveva visto, era sicuramente allettante. Le garantiva un lavoro ed una paga da capogiro, oltre ad un’ottima referenza sul suo curriculum vitae. Già si immaginava l’espressione ammirata di nuovi, ipotetici superiori quando avrebbero letto che lei, così giovane, era sopravvissuta al caratteraccio del soldato albino e poteva raccontarlo in giro senza ostentare una gamba rotta o qualche brutta cicatrice.

 Trascorsero la serata immersi nel silenzio, fino a quando lui si offrì di accompagnarla al suo appartamento. Lei accettò con un cenno del capo e si buttò addosso l’impermeabile distrattamente, dimenticandosi persino di ancheggiare come aveva fatto in precedenza per guadagnarsi un’occhiata affamata o due da parte del suo Capitano. Ritornò a parlare, comunque, quando lo vide estrarre le chiavi dell’automobile. “Casa mia non è lontana da qui, se non le dispiace possiamo raggiungerla a piedi. Seriamente, ci metteremmo più tempo se ci andassimo in macchina.”

 “Come preferisci.” Yzak fece spallucce e cominciò a camminare al suo fianco, fissando a lungo i suoi piedi. La cosa non sfuggì alla giovane che scoppiò a ridere.

 “Allora qualche pettegolezzo era fondato… è un feticista, signore?” domandò, sinceramente divertita.

 “Certo che no!” s’indignò l’albino, sbuffando. “Semplicemente mi stavo chiedendo se non è un problema per te fare due passi con quei trampoli.”

 “Lo è,” confessò Shiho, sospirando ed abbassando a sua volta gli occhi. “Fanno male da morire, non sono proprio abituata a certe cose.”

 “E allora perché li hai messi?” domandò, suonando abbastanza ovvio alle orecchie di entrambi. “Sicuramente ti danno un’aria diversa dal solito, ma se il prezzo da pagare sono una dozzina di vesciche sui piedi…”

 “Perché, signore, dopo la sua telefonata credevo che questo fosse un appuntamento di tutto rispetto,” rispose, vergognandosi della propria ingenuità. “Che ne so, forse mi avrebbe portata a ballare, o qualcosa del genere.”

 Nuovamente il silenzio fece da padrone tra loro, mischiato ad una scomoda cortina di imbarazzo, che divenne più spessa quando i due si fermarono davanti ad una porta. La sua porta.

 Rimasero immobili per qualche minuto, fino a quando Yzak si sporse in avanti e premette un interruttore. Immediatamente il gracchiare del campanello riempì l’aria, acuto e sgradevole.

 “No, non è quello della luce,” intervenne Shiho, come se avesse letto i pensieri del suo accompagnatore. “Uno sbaglio che fanno in tanti.”

 “Tanti, Hahnenfuss?”

 “Qualcuno è geloso, per caso?”

 “Cazzo, non perdiamo tempo a flirtare, Dio santissimo!” sbottò Yzak, gettando le braccia al cielo. “Non è proprio il momento adatto, ora. Mi devi ancora una fottutissima risposta e non essere irragionevole, mi raccomando.”

 Shiho lo guardò per qualche secondo, realizzando quanto le fossero mancate le sue scenate. Molto più di quanto credeva. “Ci vediamo lunedì in ufficio, allora?” tentò, con un sorriso divertito. “Comandante Joule?”

 “Può scommetterci il posto, Maggiore Hahnenfuss,” rispose Yzak, scattando sull’attenti. Incapace di resistere si esibì in uno dei suoi rari sorrisi. “Sono contento che abbia accettato.”

 “Speri solo che non cambi idea durante la notte: noi diciottenni siamo inclini a rivoluzionare le decisioni in un battito di ciglia,” scherzò lei, ottenendo solo un cipiglio innervosito da parte del suo superiore.

 “MAGGIORE HAH-” cominciò a urlare, ma lei gli premette la mano sulla bocca, impedendogli di andare avanti con la sua piazzata.

 “Si calmi e non svegli il vicinato, che quella che deve andare alle riunioni di condominio sono io e non lei. Era solo una presa per i fondelli, non si preoccupi,” lo informò, indietreggiando ed arricciando il naso al dolore che i tacchi le stavano effettivamente procurando. Si abbassò e tolse le scarpe, perdendo dieci centimetri in altezza, ma sentendosi in Paradiso al contempo. “Bene, grazie per la serata e buonanotte,” disse, infilando la chiave nella toppa. “A lunedì.”

 “Sa, Maggiore,” sibilò Yzak, facendo un passo in avanti, appoggiandosi alla porta con le braccia incrociate sul petto. “Sta bene vestita così. Fottutamente bene. Ma quei modi da puttanella li lasci pure alle donnicciole che Dearka si porta a letto da quando la sua Natural l’ha scaricato.”

 “Sono spiacente, signore,” si scusò Shiho, arrossendo come un peperone a quel complimento. “Avrei preferito farle credere che, durante questi anni, io fossi cambiata. Ma ho fallito.”

 “Miseramente,” asserì l’albino, con un ghigno. “Ha balbettato come quando l’aiutavo con il suo DEEP Arms sulla Vesalius, prima.”

 “Ottimo,” borbottò la tedesca, spalancando la porta. “Prima le aspettative tarocche, ora un’altra umiliazione. Sa che sto sinceramente rivalutando l’offerta?”

 “Allora gliene faccio un’altra, Maggiore,” disse Yzak, facendo un altro passo avanti, sfiorando la sua lunga chioma castana con le dita. Con fin troppa premura le portò una ciocca dietro all’orecchio, lasciando che i polpastrelli sfiorassero poi la sua guancia, nell’atto di ritirare la mano. Ammirò, sadicamente divertito, come il panico prese il sopravvento nella sua sottoposta e si abbassò su di lei, accostandosi al suo orecchio. “Che ne dice se domani sera facciamo un bis? Giuro che la porto a ballare, fosse l’ultima cosa che faccio.”

 “C-certo. S-sicuro.” Shiho annuì, indietreggiando. “E la smetta di fare il Dearka Elthman della situazione, la prego.”

 “Pensavo le piacesse.” Yzak aggrottò la fronte. Si strinse nelle spalle. “Un’ultima cosa e poi torno il solito, giuro.”

 “La scena è tutta sua, signore.”

 “Maggiore, si lasci dire che lei è sexy anche con la divisa maschile di ZAFT. La chiamerò domani pomeriggio per i dettagli. Buonanotte.” Detto questo, l’albino tornò con il suo inconfondibile cipiglio arrabbiato e si voltò per andarsene.

 “Può interpretare quel cazzone di Dearka quando vuole!” urlò Shiho, fissandolo mentre si allontanava. Sorrise felice, entrando in casa ed appoggiandosi alla porta nuovamente chiusa. Senza ombra di dubbio il suo ritorno in ZAFT sarebbe stato decisamente divertente.

  
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