A Ciel Phantomhive le giornate paiono tutte interminabilmente lunghe e noiose, tutte uguali.
Una corsa verso la morte, così inevitabile che non vale nemmeno la pena di sprecarsi a frenare.
Accidia.
Il mondo così grigio, anche nelle giornate più splendide di sole; le persone che, stolte, non capiscono.
Non vogliono vedere il dolore, il marcio, quello che credono che rappresenti, quello che in realtà sono loro.
Superbia.
Il vedere quella gente stupida credersi così superiore a te fa scendere il tuo livello di autocontrollo.
Chi crede di essere, quella spazzatura, per giudicare il Conte Phantomhive, colui che controlla il Diavolo?
Ira.
Giudicano, senza vergogna, puntando il dito verso questo o quell’altro.
Cosa ne sanno loro della sofferenza? Della tua pena?
Invidia.
Soffri, sofferenza che riversi nei gemiti nascosti lungo il collo dell’unica persona che hai accanto.
T’imponi altro dolore e tanto, infinito, illegittimo piacere.
Lussuria.
Il piacere di toccare quella pelle, di baciarla, succhiarla, morderla.
È buona, è doloroso, è sbagliato, è stupendo, ne vuoi sempre di più.
Gola.
E lo vuoi, vuoi tutto, subito, lo pretendi, lo esigi.
Lo ordini, perché è un tuo diritto avere tutto, tutto e subito da tutti.
Avidità.
Il tuo maggiordomo aveva visto bene, quand’ha scelto la tua anima, Ciel.
Perché è l’anima più complicata che esista, poiché li contiene tutti.
I sette peccati capitali.