Trahi.
«Sire».
Con l’incertezza che fluttuava
fra le sue parole, Merlin si fece avanti. Il rimbombo secco dei suoi
passi fra
le ampie volute del soffitto era l’unico suono che udiva.
L’oscurità
che avvolgeva la sala del
trono lo sorprese tanto quanto il silenzio di Arthur. Incuteva terrore:
sembrava
fosse stata lasciata volutamente libera di divorare anche il
più misero lembo
di superficie.
«Arthur…?».
Lo
trovò scompostamente seduto sul
trono, la testa sorretta dal braccio appoggiato in malo modo sopra un
sostegno,
le gambe aperte e abbandonate. Accanto allo scranno d’oro
sporco, da una parte c’era
un basso tavolo rotondo sul quale erano state sistemate una coppa e una
brocca
colma – Merlin suppose – di vino; sembrava non
fossero state utilizzate. Dall’altra,
svettavano i contorni acuminati del trono della regina. Vuoto.
«Arthur».
Il re si
alzò dal trono con un ringhio
gutturale e un gesto così repentino e aggressivo che Merlin
inspirò
violentemente e, malgrado non volesse, si ritrovò ad
indietreggiare. Arthur
calciò il tavolino, facendolo ribaltare con un violento
fracasso. Gli oggetti prima
posti sopra di esso rotolarono sul pavimento e il legno ai piedi del
trono fu
macchiato dal liquido scuro del vino.
Le spalle di
Arthur, ampie e forti, per
un momento furono scosse da sussulti.
«Merlin…».
Merlin, che
osservava la scena ad occhi
dilatati, rinsavì. «Sì, mio
signore?».
«Vieni
qui e smettila con questa
dannata formalità».
Merlin
annuì con convinzione, seppure il
sovrano non potesse vederlo. Si fece avanti cauto, sostenendosi al
bastone di
quercia, le iridi bluastre che vagavano esitanti sulla testa bionda del
re ora
macchiata dal buio, piegata come in un gesto di resa.
«Arthur»,
ripeté sussurrando.
La risposta fu:
«Abbracciami».
Abbracciarlo
fino a soffocarlo, asfissiarlo,
fino ad appiattirgli il corpo assieme al dolore – e
trasformarlo in un coltello
da martirio, sottile, liscio, acuminato, così da poter
uccidere il colpevole.
Avrebbe voluto
non assistere mai a
quella scena – vedere le lacrime della rabbia solcargli il
volto, scendere a
saziarsi dei suoi lineamenti, avidamente.
A causa di lei,
a causa di loro. Dell’amore
sacrilego e tuttavia non così reo.
Merlin voleva
porgere le spalle e
ripercorrere i passi che l’avevano condotto da lui. Le gambe
si mossero d’istinto,
le mani lasciarono cadere il bastone e sfiorarono quei fili dorati e il
manto
nero sulle spalle in carezze leggere. Sentì le sue braccia
avvolgere il corpo
di Arthur, stringerlo, sostenerlo, custodirlo.
Il suo dolore si
unì a quello del suo
signore, e lo mischiò alla propria colpa.
N/A.
Altra
future-fiction, altro angst,
altra situazione direi piuttosto “celebre”.
L’abbandono di Ginevra/Guinevere e
il tradimento – il titolo, a tal proposito, parla chiaro.
Trahi viene dal francese
e significa “tradito”.
Non sono in vena
di happiness, scusate.
Vi ringrazio per i pareri
alla shot
precedente, siete stati davvero gentili (: