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Autore: Linktroll    20/04/2010    3 recensioni
Tutto quello che Himaruya ci ha tenuto nascosto sulla guerra d'indipendenza americana... [UsUk for Mana <3]
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Giudizio dell’autore: Essendo un Anti-UsUk convinto e un FrUk altrettanto convinto, questa fan fiction potrebbe non piacere a qualcuno. Non c’è bashing, e c’è sentimento, ma in maniera moooolto limitata dal punto di vista fisico. Ho tentato comunque di essere il più fedele possibile al carattere e al rapporto dei due, quindi spero vi piaccia ugualmente.
Un bacio a chi legge e due a chi commenta.

 
E seguitava a cadere, la pioggia.
Quella maledetta, maledetta pioggia.
La differenza era che dalla pioggia potevano trovare riparo.
Ma dal dolore che si sarebbe abbattuto sui loro cuori, no.

“Ehi, Alfred… come farai a colpire Arthur? Ne avrai davvero il coraggio?”
“Nnngh… chiudi il becco.”
“Sono solo preoccupato per le sorti della nostra guerra.”
“La vostra guerra, eh? Ti sei mai chiesto perché io sono il comandante e tu una semplice recluta?” Con un gesto veloce, Alfred aveva scaraventato giù dalla scrivania il portapenne, il bloc notes, la boccetta d’inchiostro, il calamaio e qualsiasi cosa avesse trovato sul suo cammino.
“N-non riesco a pensarlo, Alfred.”
“… Perché questa disperata e straziante guerra, sta pesando unicamente sulle mie spalle.”
Alfred non era mai stato bravo a mentire. Forse non ci aveva mai nemmeno provato. Di certo non era come Arthur, che nascondeva ogni sentimento dietro una scorza dura e impenetrabile.
Soffriva, soffriva terribilmente per la decisione che aveva preso. Ma fra amore e libertà, aveva deciso di camminare verso la seconda.
Se ci si ferma un attimo a riflettere, si può intuire facilmente come le due cose siano inconciliabili. Quando si ama, lo si fa unicamente verso una persona. Un patto non scritto, o ufficialmente riconosciuto col matrimonio, che ipostatizza la relazione amorosa, negandone qualsiasi altra.
Si ama per libertà di scelta, e la libertà di scelta nega la libertà.
Alfred si era spaccato la testa più e più volte, arrovellando il suo cervello in questi discorsi tortuosi. Voleva creare il Paese della libertà, e se ciò avrebbe comportato rinunciare al saldo legame che lo legava al britannico, allora vi avrebbe rinunciato. Avrebbe messo da parte la sua libertà in nome di una maggiore.
Il fatidico giorno avevano schierato le proprie truppe in maniera semplice, mettendo da parte ogni pensiero strategico. Tra i due non poteva esserci altro che uno scontro diretto. Sarebbe stata una carneficina? Chi si sarebbe fatto più male, loro due o il resto dei loro eserciti?
“Alfred, non vuoi proprio ripensarci? Guarda che l’esercito alle mie spalle è più numeroso del tuo.” Il britannico, a cavallo, si era posto davanti alle sue truppe, giusto prima dell’inizio della battaglia, in un ultimo disperato tentativo di negoziazione, nonostante sapesse che ormai la popolazione americana si trovasse al limite della sopportazione.
Forse c’è una sola cosa peggiore dell’odio, a questo mondo: ricorrere alla violenza per ferire qualcuno che ami. E adesso, quei due, uno di fronte all’altro, avrebbero trovato la forza per farlo?
“Non sarà motivato quanto il mio.”
“La tua forza fisica e d’animo è rimasta quella di un tempo.”
“E nemmeno le tue sopracciglia sono cambiate di un pelo, oniichan.”
“… Nnngh. Quel nome. Con che coraggio trovi ancora il nome di usarlo?”
“Perché, dopotutto, è quello che sei stato per me.”
“Già. Quello che sono stato. E che tu hai voluto gettare nel fango.” Rispose in tono acido Arthur, girando bruscamente il suo cavallo e facendo ritorno alle truppe che erano rimaste immobili dietro di lui.
“Non risparmiate nessuno. Non si faranno prigionieri. E lasciate Alfred a me. E’ un ordine. Si renderanno conto che chiunque deve inginocchiarsi, di fronte alla supremazia britannica.”
Alfred calò la testa, nel vedere il comportamento di Arthur. E così… era cominciato. Quello scontro fratricida, quell’infido scherzo del destino era cominciato. Ormai era impossibile tornare indietro. L’americano rabbrividì al sentire la tromba britannica che dava inizio allo scontro fra le due fazioni, e mentre stringeva saldamente i pugni sotto il cielo che iniziava a buttar via le prime gocce d’acqua, lo scontro era già cominciato.
I membri del suo plotone inneggiarono alla libertà, mentre si scagliavano contro il plotone britannico. Non servì molto tempo prima che il primo morto cadesse esanime sul terreno che incominciava ad infangarsi.
Alfred che non era ancora l’eroe che più tardi sarebbe stato riconosciuto: indugiava, osservando come i valorosi membri del suo esercito si fossero immersi in quel conflitto a fuoco senza alcun timore.
Valeva davvero la pena sopportare tutto questo in nome della libertà?
Sangue, sudore, fango, dolore: valeva tutto questo?
Un rumore di zoccoli alle spalle dall’americano lo scosse dai suoi pensieri. Doveva trattarsi di Arthur. Aveva probabilmente fatto il giro largo, passando da qualche posto poco in vista, per non finire preda dei fucili della resistenza americana.
Alfred trattene il fiato mentre, fucile sotto l’ascella, torse il corpo di colpo, puntandolo verso chiunque fosse alle sue spalle.
“Fermo o sparo.”
“Posa quell’arma barbara. Pare che tu ti sia dimenticato le buone maniere che ti avevo insegnato.”
“Ti ho detto di stare fermo.”
“E io ti ho detto di posare quell’arma. Ne ho una migliore per te. Un’arma da gentleman.”
Neanche aveva finito di parlare, e Arthur aveva già estratto, da una sacca che teneva allacciata alla sella, uno stocco di pregiatissima fattura, così lucido e splendente che esporlo alla sporca pioggia che stava scendendo sembrava un’azione ignobile.
“Vorresti… vorresti sfidarmi in un duello? Il mio posto non è qui. Il mio posto è con gli altri membri del mio esercito, a lottare per la libertà.”
“Stronzate. Il tuo posto è ancora accanto a me, come lo è sempre stato. Se proprio dobbiamo farla finita, beh… voglio che sia tu a farlo.”
“Arthur!”
“Muoviti e prendila. Non abbiamo molto tempo. Con quei dannati fucili, gli scontri sono destinati a durare poco. Noi ci divertiremo a modo nostro, come ti ho insegnato io, ti va?”
“Arthur… ma lo sai bene che, nella scherma, io…”
“Non dirlo!”
Ti supero di gran lunga.”
“Damn it all. Eppure te l’avevo detto, di non dirlo.”
Arthur usò il suo stocco per disarmare con grinta l’ingenuo Alfred, provocando una profonda rigatura sul fucile dell’americano, finito nel fango. Mentre con un balzo scendeva dal cavallo nero che lo aveva accompagnato in quella fatidica decisione, con un gesto altrettanto veloce si liberò del mantello, assicurandosi una piena mobilità per lo scontro imminente. Quindi, ormai pronto, lanciò l’altro stocco ai piedi dell’americano, che lo raccolse con qualche punta di indecisione ben visibile nei suoi occhi.
“Facciamolo.” Mormorò, mentre giusto due lacrime che gli sbucate fuori si confondevano con le prime gocce d’acqua che rigavano il suo volto.
“Non sono sicuro di…!” Colto alla sprovvista, l’americano non aveva potuto finire la frase. Impegnato nello schivare un velocissimo affondo del britannico, le parole gli erano morte in bocca.
“Allora fai sul serio?!”
“Non posso fare sul serio. Per quanto male possa riuscire a farti, non equivarrebbe mai al dolore che mi hai provocato tu.”
“Arthur, cerca di ragiona…!”
Un altro velocissimo affondo, che Alfred aveva parato muovendo impulsivamente lo stocco verso l’alto, dimostrando la sua netta superiorità nei confronti del britannico.
“Ragionare! Dimmi tu che cosa c’è di ragionevole nel voltare le spalle a chi si è preso cura di te per giorni, mesi, anni, con tutte le attenzioni che potesse riversare nei tuoi confronti.”
“Io penso che potrei ripagare in qualche mo…”
“RIPAGARE COSA!” In uno scatto d’ira Arthur aveva gettato il suo stocco ai piedi dell’americano, perdendo ogni minima voglia di lottare. Il suo corpo venne pervaso da singhiozzi, mentre ormai, perso ogni controllo, iniziava anche a lacrimare.
“Non mi sono solo preso cura di te. Io… ti ho anche amato.”
Umiliato dall’evolversi del duello, e imbarazzato dalle sue stesse parole, Arthur non poté far altro che calare la testa, aspettando una reazione dell’americano. Si arrese al fatto di poter solo piangere, conscio, da quello che aveva osservato poco prima, che persino il suo esercito aveva iniziato a ritirarsi, vedendosi mancare il suo leader ad indirizzarli.
“…”
“Non c’è rimedio ad un cuore spezzato. Questo almeno lo riesci a capire?”
“Guarda che… la mia decisione non è stata per niente semplice.” Mormorò l’americano con un filo di voce, straziato dall’immagine del britannico in quelle condizioni, e logorato dai sensi di colpa.
“Ma tu l’hai resa tale.” Il britannico era ormai ai limiti della sopportazione. Quando anche la forza di volontà lo abbandonò, anche il suo corpo cedette. In meno di un attimo si ritrovò in ginocchio di fronte all’americano.
“Se la tua vittoria equivale a separarmi da te, allora uccidimi. Prendi il fucile e sparami. Se hai deciso di rinunciare all’amore, fa’ godere anche me di questo diritto. Liberami da questo amore.”
“Non farò mai una cosa del genere.”
“Sei o non sei in debito con me? Ho passato parte della mia vita a darti ciò di cui avevi bisogno. ADESSO DAI A ME CIO’ DI CUI HO BISOGNO!” L’invocazione uscì potente dalla sua gola, consumando tutte le corde vocali. Che fosse disperazione, o un ultimo tentativo di riacquistare la sua autorità di educatore, ciò che conta è che lo straziò dentro, rendendolo ormai totalmente inoffensivo.
Gli occhi di Alfred si svuotarono in un solo colpo, scosso nel profondo dalla disperazione di quell’invocazione. Con gesto meccanico prese il fucile, posizionandolo sotto l’ascella, guardando ancora con occhi spenti quell’immagine pietosa di Arthur che al pari di un verme, poggiava con le ginocchia sul terreno fangoso, ormai completamente inzuppato e privo di energie.
Dei passi veloci risuonarono alle sue spalle: si voltò e scorse alcuni membri dell’esercito americano correre sotto la pioggia, segnati in volto dalla durezza dello scontro a cui erano stati sottoposti.
“Alfred! Alfred! Ce l’abbiamo fatta…”
Alfred inarcò le labbra giusto il minimo necessario per abbozzare un falso sorriso, mentre quei pochi soldati lo raggiungevano.
“Allora, anche tu hai vinto la tua battaglia a quanto pare? Cosa stai aspettando? Fai fuori questo demonio!”
“Ricordati la condotta da tiranno che ha adottato nei nostri confronti.”
“Elimina il suo brutto ricordo, in favore della libertà ormai conquistata!”
Preso tra le voci dei suoi compagni, e l’invocazione precedente di Arthur, Alfred si sentiva in una morsa. Incapace di pensare a mente lucida, decise di far viaggiare il suo cervello verso ricordi ormai lontani nel tempo.
Fu come ritrovarsi nei panni del suo corpicino da bambino. Arthur lo sovrastava, con la sua altezza, ma distruggeva ogni barriera di cinismo, di fronte al piccolo americano. L’aveva preso in braccio, gli aveva comprato vestiti, giocattoli, si era messo in imbarazzo pur di far comparire magicamente un sorriso sul volto del piccolo…
Era sempre stato più grande di lui.
Eppure adesso, a vederlo così, nessuno l’avrebbe mai detto.
Alfred abbassò lentamente il fucile, continuando a tenere lo sguardo fisso sul suo avversario, senza muovere un ciglio.
Sembravi… Sembravi così grande.” Mormorò con un filo di voce, mentre il fucile gli cadeva dalle mani, troppo impegnato a cercar di frenare le lacrime che con forza imploravano di uscir fuori dai suoi occhi.
Arthur non fece parola. Solo il battere della pioggia incessante dominava la scena.
Sì, dalla pioggia avrebbero potuto trovar riparo.
Ma dal dolore che si era ormai incancellabilmente scritto nei loro cuori, no.
“Lasciatemi da solo con lui. Devo definire le condizioni della sua resa. Dite agli altri abitanti che da oggi saranno dei cittadini liberi, e offrite a tutti i cadaveri una degna sepoltura.”
Senza fiatare, in segno di rispetto verso l’avversario ormai sconfitto, i membri dell’esercito si misero sull’attenti, muovendosi poco dopo, attraverso una rocambolesca corsa, verso il villaggio più vicino, per riferire le parole di Alfred.
“Allora? Cosa hai intenzione di fare?” Mormorò un Arthur che stringeva tra le mani la fanghiglia sulla quale era poggiato.
“… Quello che avrei dovuto fare prima di questo scontro deleterio.”
Alfred si sbarazzò del fucile, avvicinandosi cautamente al suo avversario. Quando gli fu accanto, ginocchioni sulla fanghiglia, avvicinò le sue labbra all’orecchio britannico, riferendogli finalmente le parole che aveva per lungo tempo taciuto.
“Ovvero dirti quanto ti amo.”
“Ngh.”
Arthur sussultò, dandosi una spinta all’indietro, come a scostare l’americano, finendo col sedere a terra. I loro sguardi per un attimo si incrociarono, e avendo il volto ancora segnato dalle lacrime, si riparò con un braccio, impedendo all’americano di osservare il penoso spettacolo.
Alfred senza scomporsi minimamente, strisciò con le ginocchia su quel marciume, per scostare quel braccio parato a mo’ di scudo. La resistenza fu minima, e con quel gesto di guadagnò la vista del britannico, dal volto ancora arrossato e dagli occhi lucidi.
“Fuck. Non osare avvicinarti più di tanto.”
“Arthur…”
Le mani dell’americano si insinuarono dietro le orecchie dell’inglese, attirandolo a sé in maniera irresistibile. L’americano appoggiò le sue labbra su quelle di Arthur, trasformando quel contatto in un sensuale quanto caldo bacio tra i due.
Era la prima volta che il loro rapporto si spingeva così lontano. Forse era un bacio di addio, o forse solo il sentimento che Alfred non aveva mai voluto esprimere in quel momento. Forse era solo il triste coronamento dell’amore sull’odio che si era perpetrata in quello scontro, o forse era solo un gesto avventato che l’americano aveva compiuto spinto dalle parole udite e dalla compassione che aveva suscitato in Alfred l’inglese.
O, era semplicemente amore fra i due.
Dopo aver strappato quel piccolo assaggio, Alfred distaccò le sue labbra, osservando il britannico in maniera imbarazzata.
“Questo… questo amore… ha lo stesso sapore della libertà.”
“Se è questa la libertà che vuoi… sei libero di prendertela.” Replicò mogiamente e desiderosamente l’inglese.
E si baciarono nuovamente.

Come non poter dedicare queste poche pagine a Mana, l’unica che poteva convincermi a scrivere UsUk? Nonostante odio questa coppia, in nome del nostro amore, sarò il tuo Alfred, per dieci, cento, mille notti d’amore <3

   
 
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