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Autore: Tranquil Forest    20/04/2010    2 recensioni
Crescendo, le nostre mani si sporcano delle conseguenze delle nostre azioni. Una donna guarda i suoi figli, che devono ancora venire macchiati dalla crudeltà del mondo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edea
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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INNOCENCE
scritto da Tranquil Forest, tradotto da Alessia Heartilly

Una brezza leggera soffiò sul campo aperto, portando con sé la ricca fraganza delle miriadi di fiori in boccio, mentre la primavera baciava madre natura dandole nuova vita. Attraverso la finestra aperta, osservò l'alba, e la gigantesca sfera di fuoco che saliva in cielo. In distanza, poteva sentire l'oceano, le onde che accarezzavano la sabbia della spiaggia.

Era solo una questione di secondi: presto il suono di piccoli piedi e giochi gioiosi avrebbe riempito la casa. Poteva sentire il cuore che le si scaldava al solo pensiero, perché quei suoni le avrebbero portato una nuova calma - diversa da quella che sentiva ora - e avrebbero tranquillizzato la sua mente turbata. Sapeva che questa previsione si sarebbe arrivata, perché era così che passava tutte le mattine.

Edea sorrise con calore e riportò l'attenzione su ciò che stava facendo. Preparare la colazione per sei stomaci affamati non era una cosa che si faceva da sé. Preparò la tavola, attenta a non posizionare vasetti o brocche troppo vicine al bordo o alle sedie dei bambini. Hyne sapeva quante caraffe e altri utensili di vetro avevano trovato la loro fine a quel modo.

Guardò brevemente l'orologio a cucù appeso al muro di pietra.

Quasi le sette, questione di attimi.

E di sicuro, passarono solo pochi secondi prima che un certo numero di piccole - e arruffate - teste sbirciassero in cucina. Vedendo che la Madre aveva già preparato la colazione per tutti, corsero a sedersi, aspettando impazienti.

"Buongiorno, avete dormito tutti bene?" chiese Edea, mentre iniziava a servire a una Selphie con l'acquolina in bocca la sua farinata d'avena.

"Sì!" rispose la vivace bambina, facendo dondolare felice le gambe che penzolavano a diversi centimetri dal pavimento.

"E voi, Irvine e Zell?" La donna si volse verso i due maschietti, che avevano iniziato una vera battaglia su chi avrebbe avuto il primo panino. Veloce, Edea tagliò il pane a metà, dandone un pezzo a ciascuno dei due contendenti. Quei due sembravano trovare sempre qualcosa su cui bisticciare, che fossero cibo o giocattoli.

"Ho sognato che siamo andati alla spiaggia!" le disse Zell eccitato, con gli occhi blu che luccicavano, già dimentico della sfida appena conclusa.

"Oh, che bello, forse potremmo farlo oggi," sorrise Edea, aiutando Irvine a spalmare bene il burro. I bambini si scambiarono occhiate felici. "E Quistis non ha sognato niente stanotte?"

La bimba bionda scosse la testa, nascondendo uno sbadiglio con la manina.

"Dove sono Squall e Seifer?" chiese Edea, notando che gli ultimi due bambini dovevano ancora arrivare. C'era da sperare che non avessero iniziato a litigare come prima azione della giornata.

"Eifer shta dormendo e Shquall non volea coazione," la informò Irvine, la bocca piena fino al suo limite.

"Non parlare con la bocca piena, tesoro," lo sgridò lei, anche se in maniera amichevole.

"Scusa," fece il bambino, vergognoso.

"Va tutto bene. Aspettate qui mentre vado a prenderli." Sapeva di poter contare sul fatto che i piccoli si sarebbero comportati bene mentre lei andava a prendere i due bambini. Era proprio di quei due che era preoccupata.

Camminò a larghi passi lungo il corridoio di pietra grigia prima di salire una rampa di scale, che portava alla stanza dei bambini. Bussò gentilmente alla porta di quercia prima di aprirla ed entrare nella stanza buia. Nel letto più vicino a lei c'era Seifer, ciocche di capelli biondi che spiccavano da sotto le coperte. I suoi occhi andarono più in là, e vide Squall, seduto con la schiena rivolta a lei, che guardava fuori dalla finestra. Sapendo che il bambino castano aveva bisogno di essere convinto più di quello biondo, scelse di chiamare prima Seifer.

In silenzio, si avvicinò al piccolo letto, chinandosi a livello dello sguardo del bambino e scuotendo appena il bozzolo addormentato.

"Seifer, è ora di alzarsi. La colazione è pronta," disse con calma. Lui grugnì e basta e si allontanò un po' da lei. "Ho fatto la farinata d'avena."

"Non ne voglio," piagnucolò il bambino.

"Come mai? Credevo che ti piacesse la farinata. Sai, l'ho cucinata apposta per te, solo perché so che ti piace tanto," insistette ancora Edea. Era vero, ogni tanto cucinava qualcosa che sapeva piacere parecchio a uno dei bambini - eppure teneva anche a mente che avrebbe dovuto essere qualcosa che potesse andare bene per tutti. Almeno, era qualcosa che poteva fare per loro, in quel mondo pieno di guerra e dolore.

La sua frase sembrò aver toccato le corde giuste nel bambino, perché si scoprì la faccia per guardarla, gli occhi verdeazzurri che erano all'improvviso pieni di speranza. "Davvero?"

"Davvero," annuì lei, sorridendo con calore.

"Allora va bene." Si alzò dal letto e buttò le gambe giù dal materasso, posando i piedi sul freddo pavimento di pietra. Senza un'altra parola lasciò la stanza. Lei lo seguì con gli occhi fino a quando non riuscì più a vederlo. La riempiva di dolore ogni volta quello sguardo così onesto nei suoi occhi, perché le ricordava soltanto come era finito lì.

Richiamò alla memoria il viso spaventato dalla giovane ragazza, ancora una bambina lei stessa. Gli stessi occhi di suo figlio l'avevano fissata imploranti, mentre allungava alla donna più anziana il piccolo fagotto di coperte. Non aveva borbottato nemmeno una sillaba durante il loro brevissimo incontro, prima di correre fuori nella notte piovigginosa.

Si tolse l'immagine dalla mente e camminò lentamente verso il secondo bambino, che era ancora nella stanza. Squall non si era mosso di un millimetro nel breve lasso di tempo in cui lei era stata nella stanza. Il letto scricchiolò appena quando gli si sedette accanto, ma nemmeno quello distolse l'espressione distante degli occhi azzurri e tempestosi del bimbo di solo quattro anni.

Oramai si era abituata al suo comportamento. Anche da neonato era stato spaventosamente quieto, facendo spesso preoccupare sia lei che suo marito. Ma ultimamente era anche peggiorato - e per quanto ci provasse non c'era nulla che lei potesse fare. Aveva provato, Hyne se ci aveva provato, ma lei non era comunque Ellione.

Non pensava che il piccolo fosse ingiusto per il solo fatto di non aver accettato i suoi sforzi. Come avrebbe potuto farlo, dopo che l'ultima parte di conforto gli era stata strappata, lasciandolo indietro a dubitare? La bambina appena più grande era l'unica parte rimasta della sua famiglia, e ora non gli era rimasta nemmeno quella.

"La Sorella non è tornata." La sua attenzione fu riportata allo scarno bambino castano accanto a lei. "Ho aspettato tutta notte," continuò.

Edea trattenne le lacrime che cercavano di forzarsi la strada nei suoi occhi. Sapeva che quello che aveva detto era vero, perché lei stessa era stata testimone della scena. Era piovuto a dirotto, eppure Squall era rimasto là in piedi, a guardare fuori verso il prato, pregando, implorando di vedere uno scorcio della figura della sua adorata sorella.

"Quando pensi che tornerà?"

Oh Hyne, perché la vita doveva essere così crudele? Edea chiuse gli occhi scuri, cercando di scovare una risposta sincera, ma allo stesso tempo confortante. Gentilmente posò una delle sue mani magre sulla guancia del piccolo, e gli sistemò le ciocche di capelli color nocciola via dagli occhi. "Non lo so, ma sono sicura che se ci credi, la incontrerai di nuovo, un giorno." Per svariati minuti un silenzio quasi soprannaturale riempì la stanza; entrambi erano incapaci di parlare.

"Ora esco," annunciò improvvisamente Squall, scendendo dal letto - più o meno nello stesso modo in cui era sceso Seifer poco prima.

"Non vuoi fare colazione, prima?" chiese Edea, pur conoscendo già la risposta.

"No." E con questo se ne andò.

Lei lo lasciò fare. Non aveva il diritto di provare a forzarlo a migliorare le cose, se lui non era pronto. Edea sperava solo che il dolore che sentiva nel suo giovane cuore diminuisse col tempo, rendendolo più forte e non rompendolo.

Immaginando che fosse ora di tornare dagli altri, si alzò dal letto e tornò lentamente in cucina. Fu sollevata nello scoprire che nella stanza non era esploso il caos totale durante la sua breve assenza. Di fatti, non avrebbe potuto immaginare uno scenario migliore di quello che aveva davanti.

Seifer e Selphie sembravano coinvolti in una conversazione, di cui lei non conosceva l'argomento, ma era evidente che entrambi si stavano divertendo, dato che avevano entrambi un sorriso ad ornare i visi angelici. Aveva notato che la vivace bambina castana sembrava avere l'effetto desiderato sul bimbo biondo appena più grande, forse grazie alla sua natura accogliente. Zell e Irvine giocavano a sasso, carta e forbice - senza dubbio per stabilire chi avrebbe avuto l'ultimo panino - sotto alla sguardo da supervisore di una giovane Quistis. Era una vista meravigliosa per occhi stanchi.

A volte si chiedeva come sarebbe stata la vita di questi bambini se non ci fosse stata lei a prendersi cura di loro e vederli crescere.

I genitori di Quistis sapevano che non sarebbero tornati quando l'avevano lasciata alle cure di una donna mai incontrata prima, per proteggere la loro figlioletta dalla guerra?

A Selphie avrebbero sparato se fosse andata con sua madre e suo padre alla piazza della città, quando i Galbadiani avevano aperto il fuoco?

Irvine sarebbe sopravvissuto all'abuso del padre dopo che sua madre se n'era andata?

Zell sarebbe stato un prigioniero di guerra se sua madre non l'avesse nascosto quando i soldati avevano teso un'imboscata alla loro casa?

La madre di Seifer avrebbe abbandonato il figlio lasciandolo morire, se non fosse arrivata lì come a un'ultima spiaggia?

Squall avrebbe sorriso se avesse ancora avuto una famiglia su cui contare?

La affascinava il fatto che nonostante il passato in grado di spezzare il cuore, ce l'avevano fatta tutti in un modo o nell'altro - ed era tutto dovuto al fatto che potevano contare gli uni sugli altri. Potevano non capire il vero significato della piccola famiglia che avevano creato, ma era sicura che avrebbe giocato un ruolo importante per le loro vite, negli anni a venire.

Pregava solo che l'innocenza continuasse a stendere il suo velo protettivo sui piccoli, riparandoli dal mondo crudele che dovevano ancora scoprire. Anche se era per poco tempo.

*****
Note dell'autrice: è abbastanza spaventoso farlo di nuovo, voglio dire, potrebbe essere pessimo, ma spero che non sia tanto male
Non sono sicura di quanto i bambini di 4-5 anni sappiano parlare; credo che dipenda dal bambino, ma ho cercato di non usare parole troppo complesse che non si adatterebbero al modo in cui parlano.
La ragione per cui ho scritto dell'orfanotrofio è che penso (opinione personale, ovvio) che ci siano troppo poche storie sui personaggi da bambini. Voglio dire, devono pure aver ricavato il loro comportamento da qualche parte. Spero che la parte in cui ho fatto una specie di lista delle ragioni per cui sono all'orfanotrofio non suoni come una lista noiosa di fatti. Ho solo pensato che conoscere pezzetti della storia di ciascuno potesse aiutare a capire cosa li ha resi le persone che sono nel gioco. Inoltre i pensieri di Edea dovrebbero essere permessi; dopo tutto è stata lei a dare a tutte queste persone un'altra possibilità di vivere. Coooomunque, cercherò di cominciare la mia fanfiction con qualcosa di diverso dall'alba e dai dolci risvegli la prossima volta. Giuro che ci proverò, ma non posso prometterlo.
Fino ad allora, buona fortuna e buona vita a tutti.

Nota della traduttrice: betata come al solito da El Defe che ringrazio sempre :) I commenti saranno tradotti e inviati all'autrice originale. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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