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Autore: Elianne    20/04/2010    7 recensioni
Molte volte Abel non riesce a frenare i propri sentimenti per Georgie, così che la ragazza, confusa dagli strani atteggiamenti del “fratello", inizia ad averne abbastanza delle solite risposte inappaganti. Vuole saperne di più, vuole comprendere i sentimenti di Abel ma, non conoscendo la verità sulle proprie origini, non può ancora capire...
Quello che era successo tra lei e Abel era davvero una stupidaggine? Possibile che suo fratello fosse innamorato di lei nonostante avesse il suo stesso sangue?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Info-

Nick Autrice: Ai Kiyosugi
Titolo: She didn’t understand
Fandom: Georgie
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Drammatico
Protagonisti: I Butman
Frase: n° 33, "Stringimi"... "Non posso"
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot
Pairing: Abel-Georgie


She didn't understand



"Ahi Abel così mi tiri i capelli!"
"Se tu stessi ferma forse faremmo prima!" la rimbeccò suo fratello.
"Stringilo più stretto!" si lamentò Georgie, raccogliendosi i capelli sopra la nuca.
Georgie odiava i corpetti, per lei erano un supplizio inutile. Molte volte capitava che mamma, Abel o Arthur dovessero aiutarla nell’indossarli e nello stringere i lacci lungo la schiena. D’altro canto Abel odiava aiutarla in quel rituale e soprattutto l’effetto che gli faceva vedere la sua “sorellina” in biancheria intima, ma Georgie non poteva sapere, Georgie non poteva capire.
"Aspetta, qua c’è un laccio un po’difettoso" notò Abel, giocherellando con uno dei tanti laccetti del corpetto.
Georgie si voltò senza preavviso per controllare quel che poteva vedere della propria schiena e si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Abel, che era chinato su di lei. Il ragazzo avvertì un brivido lungo la colonna vertebrale.
"Vediamo" continuò lei noncurante "ora lo aggiusto io. Si girò dall’altra parte e si slacciò il corpetto, lasciando intravedere la schiena. Abel lo sapeva, sarebbe dovuto scappare se avesse voluto evitare l’irreparabile. Il problema era che non riusciva a distogliere lo sguardo dalla pelle bianca di Georgie , dai capelli morbidi e chiari che le ricadevano intorno alle piccole scapole.
"Ah! Ho capito! Guarda, bisognava tirare meglio da questa parte. Si vede che non ci sai fare!" rise lei.
"Sono cose da donne, è normale che io non ci sappia fare" rispose lui distrattamente, quasi sussurrando, l’aria febbrile, lo sguardo perso nel collo della ragazza.
"Ecco, ora per favore metti il laccio nel secondo occhiello" disse lei, indietreggiando. Perse l’equilibrio, maldestra come sempre, e andò a sbattere contro il petto del ragazzo. Lui la afferrò per i fianchi e la tirò a sé.
"Sei sempre la solita imbranata..." le sussurrò all’orecchio.
Georgie non capì come mai il fiato caldo di Abel l’avesse fatta rabbrividire, né riuscì a comprendere come mai le braccia di lui, serrate dolcemente intorno ai suoi fianchi, producessero in lei uno strano effetto. Il cuore le s’innervosì così tanto da sbatterle prepotentemente in petto.
"Abel... Il laccio... Devi stringere il laccio..." boccheggiò, cercando di respingere l’idea che quel contatto potesse turbarla così tanto.
Ma Abel non si allontanava, la stringeva con forza crescente, era chinato su di lei, il mento appoggiato alla sua spalla. Georgie riusciva a sentire il suo respiro solleticarle la pelle, un respiro che si faceva sempre più affannato. Avvertì le sue mani calde accarezzarle la schiena scoperta e sussultò nel momento in cui le sue labbra, che prima le sfioravano dolcemente le clavicole, salirono lungo il collo in un lento e umido bacio.
"Abel, cosa stai facendo?!" chiese spaventata, con un fil di voce. Abel allentò la presa e lei poté distaccarsi e voltarsi per guardarlo negli occhi. Per la prima volta non riuscì a leggere lo sguardo profondo di suo fratello.
Dal canto suo, Abel, nel breve istante in cui riuscì a guardarla, percepì dagli occhi di Georgie una profonda costernazione e tanta paura. Ecco! Non ce l’aveva fatta, aveva perso il controllo! Per un breve istante fu anche sicuro che quella non sarebbe stata l’ultima volta.
In quel momento ad interrompere i loro pensieri burrascosi fu mamma Mary che entrò di botto nella stanza.
"Georgie!" urlò "cosa state combinando?!"
" Mamma..." rispose la ragazza"Abel mi stava allacciando il corpetto..."
"Sei una buona a nulla, quand’è che imparerai a cavartela da sola? Sei una donna, Georgie! Non puoi farti vedere in questo stato da un uomo..." gridò dandole uno schiaffo.
"Ma lui è mio fratello!" obiettò Georgie con le lacrime agli occhi, la guancia arrossata "cosa c’è di male?"
Fratello... Abel si rese conto che quella parola stava iniziando a disgustarlo, ma prima che Mary aprisse bocca per ferire ancora una volta la sua amata Georgie si intromise tra le due.
"Mamma dacci un taglio, stai esagerando"
Mary si zittì, evidentemente non voleva litigare con Abel.
"Georgie vestiti, Abel tu vieni con me" concluse la donna con aria afflitta.
Quando la porta si chiuse, Georgie poté sfogare liberamente il proprio pianto. Si era accorta solo adesso che Abel era un uomo e che lei era una donna. Si sentì una stupida e provò tanta vergogna e turbamento. E poi la mamma... La mamma la odiava, l’aveva sempre odiata, la rimproverava per ogni minima cosa, per ogni stupidaggine. Nella ragazza sorse un’inevitabile domanda: quello che era successo tra lei e Abel era davvero una stupidaggine? Possibile che suo fratello fosse innamorato di lei nonostante avesse il suo stesso sangue? Quelle domande le suscitarono una sofferenza ulteriore che la costrinse in camera sua fino a quando Arthur non entrò per chiederle cosa fosse accaduto. Mai prima d’ora era stata così contenta di vederlo.
"Cos’è successo, Georgie?" le chiese Arthur, preoccupato e gentile.
"La mamma se l’è presa con me..."
"Che novità..." sospirò lui.
"Credo che questa volta abbia ragione" disse la ragazza, portandosi le ginocchia al petto.
"Perché?"
"Abel stava cercando di stringermi i lacci del corpetto, ma poi mi ha abbracciato e mi ha baciata... sul collo" rispose,  nascondendosi il viso con le mani.
Arthur rimase sbigottito e amareggiato nei confronti del fratello, ma continuò: "E mamma vi ha visti?"
"No, è entrata dopo, ma prima che potessi chiedere delle spiegazioni ad Abel. Se ci avesse visti non so cosa mi avrebbe fatto... Comunque mamma non si sbaglia, non devo farmi più vedere in quello stato da te e da Abel, ormai sono cresciuta."
"Ora capisco perché Abel non è ancora tornato. Se n’è andato pomeriggio, sembrava molto triste..."
Georgie cercò di reprimere i singhiozzi, di non comportarsi da bambina, ma Arthur la abbracciò dolcemente, con la gentilezza di un fratello, e si sentì libera di piangere.
"Non ti preoccupare, Georgie..." la rassicurò. Ma in realtà sapeva anche lui che c’era da preoccuparsi. Quella situazione non poteva avere per Georgie la stessa logica e lo stesso senso che aveva per gli altri componenti della famiglia che, invece, conoscevano la verità.
Quella sera Abel tornò molto tardi, cenò velocemente senza proferire parola e andò subito in camera sua. Non uno sguardo verso Georgie, non uno scherzo, non un sorriso.
Georgie continuava a non capire. Sapeva solo che doveva parlargli, doveva chiedergli delle spiegazioni e così lo seguì fino alla sua stanza. Arthur la raggiunse prima che potesse aprire la porta.
"Arthur, voglio parlargli a quattrocchi. Lasciami fare"
Arthur non poté che assecondarla, pregando in cuor suo che Abel non le svelasse il loro segreto.
"Va bene" rispose "buona fortuna", e tornò in cucina a malincuore.

Nel momento in cui posò la mano sulla maniglia della porta, Georgie si sentì mancare. Aveva stranamente paura della reazione di Abel, ma poi decise di non pensare più di tanto ma di agire.
La stanza era al buio, forse stava dormendo.
"A..Abel?" tentò. Nessuna risposta. Allora si avvicinò al letto, cercando, nel frattempo, di lasciar abituare la vista al buio. Finalmente distinse la figura longilinea di Abel distesa sul letto. Non dormiva.
"Abel... Lo vedo che sei sveglio" disse, sedendosi sul letto accanto a lui.
"Cosa vuoi?" disse lui, voltandosi dall’altra parte. Gli sembrò innaturale rispondere in quel modo a chi invece voleva dire “ti amo”.
"Vorrei parlarti..." rispose Georgie. Ci fu un lungo silenzio. Poi lei decise di iniziare dalle cose più semplici per non arrivare alle domande importanti troppo bruscamente.
"Dove sei stato pomeriggio?" azzardò.
"Da un’amica"
Georgie si meravigliò. Tra gli amici di Abel non c’erano ragazze. Erano bugie, solo bugie. Ma resse il gioco per cercare le risposte che tanto desiderava.
"E ti piace
lei?"
"Forse..." si limitò Abel, sentendosi uno stupido bugiardo, sentendo come non mai il desiderio di stringerla e di dirle tutta la verità.
"Ah... Allora... Stamattina mentre.. mentre mi abbracciavi pensavi così tanto a lei che invece hai abbracciato me, non è così?"
Georgie lo sapeva che non era così, ma quella domanda ne nascondeva un’altra. Lei gli stava chiedendo il perché di quel gesto.
Abel lo capì, ma fece finta di prendere alla lettera quella domanda un po’ inverosimile:  "Può essere..."
"Allora tra noi è tutto apposto, no?" chiese Georgie cercando di sorridere. Eppure non aveva ancora avuto un chiarimento.
Abel non rispose.
"Abel... Stringimi..." gli disse tutto d’un fiato. Era una pazzia, s’era pentita di quella richiesta nel momento stesso in cui l’aveva pronunciata, ma lei doveva capire... Doveva scoprire la verità a qualunque costo.
"Non posso..." rispose lui, gelido.
"Perché non puoi? Sono tua sorella! qual è il problema?"
"Georgie è tardi, è meglio che tu vada a letto. E poi ho anche sonno..."
"Non ho sonno, neanche tu ne hai Abel!" si spazientì lei "ora devi rispondermi! Perché stamane ti sei comportato in quel modo?! Non sembravi neanche mio fratello!"
"E INFATTI NON LO SONO!" urlò lui mettendosi a sedere e prendendola per le spalle "NON SONO TUO FRATELLO E NON VOGLIO ESSERLO!"
Georgie decise che Abel stava scherzando, sì, stava sicuramente scherzando e lei piangeva solo perché prima d’ora lui non aveva mai alzato la voce in quel modo. Sì, era per quello che piangeva, doveva essere così. Eppure perché si sentiva così spaventata e disorientata?
Abel, vedendola piangere, si sentì un essere mostruoso, si odiò come non mai. La abbracciò subito, in preda al rimorso. Aveva voglia di piangere insieme a lei. Le aveva fatto del male. Pensò di essere come sua madre, anche lui era stato insensibile nei suoi confronti.
"Georgie, ti prego, perdonami... perdonami... perdonami..." la implorò velocemente, la voce rotta e tremante, una morsa in gola.
Georgie continuava a singhiozzare in preda allo spavento.
"Georgie, amore mio, non dicevo sul serio... Ho esagerato, ero solo nervoso..."
Amore mio... Abel non l’aveva mai chiamata così... Non c'era niente di normale in tutta quella situazione. Cosa c’era sotto? Georgie non riusciva a capire, era tutto così insensato...
"MA COME PUOI SCHERZARE SU QUESTE COSE?!" esplose lei "PERCHE’ MI HAI BACIATA? E PERCHE’ NON TI COMPORTI DA FRATELLO? TUTTI MI STATE NASCONDENDO QUALCOSA!"
Abel la strinse a sé più forte. Non riusciva a ribattere, non sapeva se mentirle o svelarle tutto.
"Georgie, tranquillizzati, non c’è... niente di cui preoccuparsi... E’ colpa mia..." le disse, cercando di trattenere le lacrime di angoscia e di rabbia nei confronti della vita che lo costringeva a rinnegare i suoi veri sentimenti.
"Sei mio fratello, Abel? Dimmelo una volta per tutte" chiese lei improvvisamente, gli occhi ancorati ai suoi.
Abel dovette respirare a fondo per mentire senza tentennamenti:"Sì, certo che lo sono"
Forse fu il buio a salvare la situazione. Se Georgie avesse visto alla luce il suo viso non gli avrebbe creduto.
"Ti voglio bene, Abel..." sospirò lei, abbandonandosi al petto del ragazzo, stremata dai singhiozzi, alla ricerca di un calore semplicemente fraterno.
"Anch’io,
sorellina" rispose lui, arrendendosi al suono di quella parola. Cercò di tranquillizzarsi giocherellando con i suoi riccioli, poi la mandò a dormire.

Georgie non aveva ancora capito il motivo per cui Abel l’aveva abbracciata in quel modo quella mattina, ma decise di non pensarci più di tanto; forse non era un bel periodo per lui, forse aveva bisogno di esser confortato e lei ci sarebbe stata. Sì, gli avrebbe fatto sentire tutto il suo affetto e la sua vicinanza, si sarebbe di certo sentito meglio.
Il giorno dopo, però, quando Abel annunciò all’intera famiglia Butman di volersi imbarcare come marinaio, le piccole e un po’ rassicuranti certezze che erano nate nel cuore di Georgie vennero nuovamente distrutte. Continuava a non capire, i suoi dubbi crescevano, le sue domande ricevevano sempre le solite risposte senza senso dette da un sorriso un po’ nervoso. Come avrebbe fatto senza Abel? Tutto sarebbe stato noioso senza di lui! Per un istante sentì il pazzo bisogno di quella stretta e di quel bacio sul collo che tanto l’avevano spaventata il giorno prima. Poi rabbrividì al solo pensiero di aver concepito un’idea così malsana. Eppure si rese conto che la partenza di Abel le avrebbe fatto del male, non sapeva come prepararsi al dolore imminente... E non capiva, non capiva.

SPAZIO AUTRICE

Non so se i corpetti vadano indossati precisamente come l'ho descritto io nella mia fanfic. In ogni caso era solo una scusa per far avvicinare Abel a Georgie! uhuh! *_*

Ringrazio Hikary, Claura77, Andy Grim e Chocola92 per aver recensito ^_^

   
 
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