{Con
questa fanfiction partecipo al "Multifandom
& Originali: movies contest"
indetto da Himechan84 nel forum di EFP.}
-Info-
Nick
Autrice: Ai Kiyosugi
Titolo: She didn’t understand
Fandom: Georgie
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Drammatico
Protagonisti: I Butman
Frase: n° 33, "Stringimi"... "Non posso"
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot
Pairing: Abel-Georgie
She didn't
understand
"Ahi Abel così mi tiri i
capelli!"
"Se tu stessi ferma forse faremmo prima!" la rimbeccò suo fratello.
"Stringilo più stretto!" si lamentò Georgie, raccogliendosi i capelli
sopra la nuca.
Georgie odiava i corpetti, per lei erano un supplizio inutile. Molte
volte
capitava che mamma, Abel o Arthur dovessero aiutarla nell’indossarli e
nello
stringere i lacci lungo la schiena. D’altro canto Abel odiava aiutarla
in quel
rituale e soprattutto l’effetto che gli faceva vedere la sua
“sorellina” in
biancheria intima, ma Georgie non poteva sapere, Georgie non poteva
capire.
"Aspetta, qua c’è un laccio un po’difettoso" notò Abel,
giocherellando con uno dei tanti laccetti del corpetto.
Georgie si voltò senza preavviso per controllare quel che poteva vedere
della
propria schiena e si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Abel, che
era
chinato su di lei. Il ragazzo avvertì un brivido lungo la colonna
vertebrale.
"Vediamo" continuò lei noncurante "ora lo aggiusto io. Si girò
dall’altra parte e si slacciò il corpetto, lasciando intravedere la
schiena.
Abel lo sapeva, sarebbe dovuto scappare se avesse voluto evitare
l’irreparabile.
Il problema era che non riusciva a distogliere lo sguardo dalla pelle
bianca di
Georgie , dai capelli morbidi e chiari che le ricadevano intorno alle
piccole
scapole.
"Ah! Ho capito! Guarda, bisognava tirare meglio da questa parte. Si
vede
che non ci sai fare!" rise lei.
"Sono cose da donne, è normale che io non ci sappia fare" rispose lui
distrattamente, quasi sussurrando, l’aria febbrile, lo sguardo perso
nel collo
della ragazza.
"Ecco, ora per favore metti il laccio nel secondo occhiello" disse
lei, indietreggiando. Perse l’equilibrio, maldestra come sempre, e andò
a
sbattere contro il petto del ragazzo. Lui la afferrò per i fianchi e la
tirò a
sé.
"Sei sempre la solita imbranata..." le sussurrò all’orecchio.
Georgie non capì come mai il fiato caldo di Abel l’avesse fatta
rabbrividire,
né riuscì a comprendere come mai le braccia di lui, serrate dolcemente
intorno
ai suoi fianchi, producessero in lei uno strano effetto. Il cuore le
s’innervosì così tanto da sbatterle prepotentemente in petto.
"Abel... Il laccio... Devi stringere il laccio..." boccheggiò,
cercando di respingere l’idea che quel contatto potesse turbarla così
tanto.
Ma Abel non si allontanava, la stringeva con forza crescente, era
chinato su di
lei, il mento appoggiato alla sua spalla. Georgie riusciva a sentire il
suo
respiro solleticarle la pelle, un respiro che si faceva sempre più
affannato.
Avvertì le sue mani calde accarezzarle la schiena scoperta e sussultò
nel
momento in cui le sue labbra, che prima le sfioravano dolcemente le
clavicole,
salirono lungo il collo in un lento e umido bacio.
"Abel, cosa stai facendo?!" chiese spaventata, con un fil di voce.
Abel allentò la presa e lei poté distaccarsi e voltarsi per guardarlo
negli
occhi. Per la prima volta non riuscì a leggere lo sguardo profondo di
suo
fratello.
Dal canto suo, Abel, nel breve istante in cui riuscì a guardarla,
percepì dagli
occhi di Georgie una profonda costernazione e tanta paura. Ecco! Non ce
l’aveva
fatta, aveva perso il controllo! Per un breve istante fu anche sicuro
che
quella non sarebbe stata l’ultima volta.
In quel momento ad interrompere i loro pensieri burrascosi fu mamma
Mary che
entrò di botto nella stanza.
"Georgie!" urlò "cosa state combinando?!"
" Mamma..." rispose la ragazza"Abel mi stava allacciando il
corpetto..."
"Sei una buona a nulla, quand’è che imparerai a cavartela da sola? Sei
una
donna, Georgie! Non puoi farti vedere in questo stato da un uomo..."
gridò
dandole uno schiaffo.
"Ma lui è mio fratello!" obiettò Georgie con le lacrime agli occhi,
la guancia arrossata "cosa c’è di male?"
Fratello... Abel si rese conto che quella
parola stava iniziando a disgustarlo, ma prima che Mary aprisse bocca
per
ferire ancora una volta la sua amata Georgie si intromise tra le due.
"Mamma dacci un taglio, stai esagerando"
Mary si zittì, evidentemente non voleva litigare con Abel.
"Georgie vestiti, Abel tu vieni con me" concluse la donna con aria
afflitta.
Quando la porta si chiuse, Georgie poté sfogare liberamente il proprio
pianto.
Si era accorta solo adesso che Abel era un uomo e che lei era una
donna. Si
sentì una stupida e provò tanta vergogna e turbamento. E poi la
mamma... La
mamma la odiava, l’aveva sempre odiata, la rimproverava per ogni minima
cosa,
per ogni stupidaggine. Nella ragazza sorse un’inevitabile domanda:
quello che
era successo tra lei e Abel era davvero una stupidaggine? Possibile che
suo
fratello fosse innamorato di lei nonostante avesse il suo stesso
sangue? Quelle
domande le suscitarono una sofferenza ulteriore che la costrinse in
camera sua
fino a quando Arthur non entrò per chiederle cosa fosse accaduto. Mai
prima
d’ora era stata così contenta di vederlo.
"Cos’è successo, Georgie?" le chiese Arthur, preoccupato e gentile.
"La mamma se l’è presa con me..."
"Che novità..." sospirò lui.
"Credo che questa volta abbia ragione" disse la ragazza, portandosi
le ginocchia al petto.
"Perché?"
"Abel stava cercando di stringermi i lacci del corpetto, ma poi mi ha
abbracciato e mi ha baciata... sul collo" rispose, nascondendosi
il
viso con le mani.
Arthur rimase sbigottito e amareggiato nei confronti del fratello, ma
continuò:
"E mamma vi ha visti?"
"No, è entrata dopo, ma prima che potessi chiedere delle spiegazioni ad
Abel. Se ci avesse visti non so cosa mi avrebbe fatto... Comunque mamma
non si
sbaglia, non devo farmi più vedere in quello stato da te e da Abel,
ormai sono
cresciuta."
"Ora capisco perché Abel non è ancora tornato. Se n’è andato
pomeriggio,
sembrava molto triste..."
Georgie cercò di reprimere i singhiozzi, di non comportarsi da bambina,
ma
Arthur la abbracciò dolcemente, con la gentilezza di un fratello, e si
sentì
libera di piangere.
"Non ti preoccupare, Georgie..." la rassicurò. Ma in realtà sapeva
anche lui che c’era da preoccuparsi. Quella situazione non poteva avere
per
Georgie la stessa logica e lo stesso senso che aveva per gli altri
componenti
della famiglia che, invece, conoscevano la verità.
Quella sera Abel tornò molto tardi, cenò velocemente senza proferire
parola e
andò subito in camera sua. Non uno sguardo verso Georgie, non uno
scherzo, non
un sorriso.
Georgie continuava a non capire. Sapeva solo che doveva parlargli,
doveva
chiedergli delle spiegazioni e così lo seguì fino alla sua stanza.
Arthur la
raggiunse prima che potesse aprire la porta.
"Arthur, voglio parlargli a quattrocchi. Lasciami fare"
Arthur non poté che assecondarla, pregando in cuor suo che Abel non le
svelasse
il loro segreto.
"Va bene" rispose "buona fortuna", e tornò in cucina a
malincuore.
Nel momento in cui posò la mano sulla
maniglia della
porta, Georgie si sentì mancare. Aveva stranamente paura della reazione
di
Abel, ma poi decise di non pensare più di tanto ma di agire.
La stanza era al buio, forse stava dormendo.
"A..Abel?" tentò. Nessuna risposta. Allora si avvicinò al letto,
cercando, nel frattempo, di lasciar abituare la vista al buio.
Finalmente
distinse la figura longilinea di Abel distesa sul letto. Non dormiva.
"Abel... Lo vedo che sei sveglio" disse, sedendosi sul letto accanto
a lui.
"Cosa vuoi?" disse lui, voltandosi dall’altra parte. Gli sembrò
innaturale rispondere in quel modo a chi invece voleva dire “ti amo”.
"Vorrei parlarti..." rispose Georgie. Ci fu un lungo silenzio. Poi
lei decise di iniziare dalle cose più semplici per non arrivare alle
domande
importanti troppo bruscamente.
"Dove sei stato pomeriggio?" azzardò.
"Da un’amica"
Georgie si meravigliò. Tra gli amici di Abel non c’erano ragazze. Erano
bugie,
solo bugie. Ma resse il gioco per cercare le risposte che tanto
desiderava.
"E ti piace lei?"
"Forse..." si limitò Abel, sentendosi uno stupido bugiardo, sentendo
come non mai il desiderio di stringerla e di dirle tutta la verità.
"Ah... Allora... Stamattina mentre.. mentre mi abbracciavi pensavi così
tanto a lei che invece hai abbracciato me, non è così?"
Georgie lo sapeva che non era così, ma quella domanda ne nascondeva
un’altra.
Lei gli stava chiedendo il perché di quel gesto.
Abel lo capì, ma fece finta di prendere alla lettera quella domanda un
po’
inverosimile: "Può essere..."
"Allora tra noi è tutto apposto, no?" chiese Georgie cercando di
sorridere. Eppure non aveva ancora avuto un chiarimento.
Abel non rispose.
"Abel... Stringimi..." gli disse tutto d’un fiato. Era una pazzia,
s’era pentita di quella richiesta nel momento stesso in cui l’aveva
pronunciata,
ma lei doveva capire... Doveva scoprire la verità a qualunque costo.
"Non posso..." rispose lui, gelido.
"Perché non puoi? Sono tua sorella! qual è il problema?"
"Georgie è tardi, è meglio che tu vada a letto. E poi ho anche
sonno..."
"Non ho sonno, neanche tu ne hai Abel!" si spazientì lei "ora
devi rispondermi! Perché stamane ti sei comportato in quel modo?! Non
sembravi
neanche mio fratello!"
"E INFATTI NON LO SONO!" urlò lui mettendosi a sedere e prendendola
per le spalle "NON SONO TUO FRATELLO E NON VOGLIO ESSERLO!"
Georgie decise che Abel stava scherzando, sì, stava sicuramente
scherzando e
lei piangeva solo perché prima d’ora lui non aveva mai alzato la voce
in quel
modo. Sì, era per quello che piangeva, doveva essere così. Eppure
perché si
sentiva così spaventata e disorientata?
Abel, vedendola piangere, si sentì un essere mostruoso, si odiò come
non mai.
La abbracciò subito, in preda al rimorso. Aveva voglia di piangere
insieme a
lei. Le aveva fatto del male. Pensò di essere come sua madre, anche lui
era
stato insensibile nei suoi confronti.
"Georgie, ti prego, perdonami... perdonami... perdonami..." la
implorò velocemente, la voce rotta e tremante, una morsa in gola.
Georgie continuava a singhiozzare in preda allo spavento.
"Georgie, amore mio, non dicevo sul serio... Ho esagerato, ero solo
nervoso..."
Amore mio... Abel non l’aveva mai chiamata così... Non c'era
niente di
normale in tutta quella situazione. Cosa c’era sotto? Georgie non
riusciva a
capire, era tutto così insensato...
"MA COME PUOI SCHERZARE SU QUESTE COSE?!" esplose lei "PERCHE’
MI HAI BACIATA? E PERCHE’ NON TI COMPORTI DA FRATELLO? TUTTI MI STATE
NASCONDENDO QUALCOSA!"
Abel la strinse a sé più forte. Non riusciva a ribattere, non sapeva se
mentirle o svelarle tutto.
"Georgie, tranquillizzati, non c’è... niente di cui preoccuparsi... E’
colpa mia..." le disse, cercando di trattenere le lacrime di angoscia e
di
rabbia nei confronti della vita che lo costringeva a rinnegare i suoi
veri
sentimenti.
"Sei mio fratello, Abel? Dimmelo una volta per tutte" chiese lei
improvvisamente, gli occhi ancorati ai suoi.
Abel dovette respirare a fondo per mentire senza tentennamenti:"Sì,
certo
che lo sono"
Forse fu il buio a salvare la situazione. Se Georgie avesse visto alla
luce il
suo viso non gli avrebbe creduto.
"Ti voglio bene, Abel..." sospirò lei, abbandonandosi al petto del
ragazzo, stremata dai singhiozzi, alla ricerca di un calore
semplicemente
fraterno.
"Anch’io, sorellina" rispose lui, arrendendosi al
suono di quella parola. Cercò di tranquillizzarsi giocherellando con i
suoi
riccioli, poi la mandò a dormire.
Georgie non aveva ancora capito il motivo per
cui Abel
l’aveva abbracciata in quel modo quella mattina, ma decise di non
pensarci più
di tanto; forse non era un bel periodo per lui, forse aveva bisogno di
esser
confortato e lei ci sarebbe stata. Sì, gli avrebbe fatto sentire tutto
il suo
affetto e la sua vicinanza, si sarebbe di certo sentito meglio.
Il giorno dopo, però, quando Abel annunciò all’intera famiglia Butman
di volersi
imbarcare come marinaio, le piccole e un po’ rassicuranti certezze che
erano
nate nel cuore di Georgie vennero nuovamente distrutte. Continuava a
non
capire, i suoi dubbi crescevano, le sue domande ricevevano sempre le
solite
risposte senza senso dette da un sorriso un po’ nervoso. Come avrebbe
fatto
senza Abel? Tutto sarebbe stato noioso senza di lui! Per un istante
sentì il
pazzo bisogno di quella stretta e di quel bacio sul collo che tanto
l’avevano
spaventata il giorno prima. Poi rabbrividì al solo pensiero di aver
concepito
un’idea così malsana. Eppure si rese conto che la partenza di Abel le
avrebbe
fatto del male, non sapeva come prepararsi al dolore imminente... E non
capiva,
non capiva.
SPAZIO AUTRICE
Non
so se i corpetti vadano indossati precisamente come l'ho descritto io
nella mia
fanfic. In ogni caso era solo una scusa per far avvicinare Abel a
Georgie!
uhuh! *_*
Ringrazio
Hikary, Claura77, Andy Grim e Chocola92 per
aver recensito ^_^