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Autore: Tynuccia    20/04/2010    2 recensioni
[Gundam SEED] Dopotutto quelle attenzioni non potevano far altro che aiutarlo a dimenticare il lancinante dolore al braccio sinistro.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ferita

 

*

 

Shiho adorava quel posto.

Nonostante si trovasse effettivamente ancora sul terreno dell’Accademia di ZAFT sembrava appartenere ad un altro mondo, in cui lei non doveva studiare duramente per diplomarsi e fare finire quell’insensata guerra che stava succhiando tutte le energie delle Colonie. Quasi, appariva come il bel giardino di casa sua, immerso sempre in una pace eterea.

 Alzando gli occhi dal libro che stava leggendo si ritrovò a fissare le fronde, ricche di foglie, dell’albero contro cui era poggiata, il sole che filtrava attraverso di esse. Quel pomeriggio c’era davvero una tranquillità quasi surreale.

“Shiho!”

Fin troppa tranquillità, si ritrovò a pensare la giovane tedesca, infilando un pezzo di carta tra le pagine e voltandosi per guardare la sua compagna di stanza Jenny, con addosso la divisa arancione destinata a chi sarebbe poi diventato un Verde. A differenza della sua, scarlatta.

 “Tutto bene?” domandò Shiho, esaminando l’espressione trafelata della ragazza dai capelli corti. “Sembra che ti abbia appena travolta un uragano.”

 “Circa,” borbottò lei, incrociando le braccia sul petto e sbuffando vistosamente. “Stavo tornando in camera dopo i miei corsi del pomeriggio, ma indovina chi ho trovato davanti alla porta?”

Shiho roteò gli occhi viola, alzandosi e rassettandosi la gonna.

 “Senti, non ho voglia di fare questi giochetti,” replicò stancamente. “Questa mattina ho avuto un orario impossibile ed è già fin troppo dover essere interrotta durante il mio periodo di relax.”

 “Yzak Joule. Ecco chi. Vi somigliate fin troppo, alle volte,” mormorò Jenny, esalando un sospiro. “Mi ha abbaiato contro di andarti a chiamare il più in fretta possibile, e sinceramente non so neanche perché sono scattata ai suoi ordini.”

La tedesca ammorbidì lo sguardo, ascoltando il nome del suo improvvisato ospite, e scoppiò in una risata cristallina, scuotendo il capo.

 “Hai ragione, suppongo che mi abbia contagiata… comunque non è detto che un giorno lui diventi il tuo capitano, quindi devi comportarti bene.”

La ragazza sorrise a sua volta e le fece cenno di andare, prima che la furia dai capelli argentati distruggesse il dormitorio femminile vista la sua scarsa pazienza.

 

*

 

Quando la vide arrivare correndo, una smorfia contratta sul viso a causa della gonna che le stringeva troppo le gambe, decise che davvero ne era innamorato.

 Erano fidanzati da quando avevano sette anni, ma sicuramente non era stata una decisione che avevano preso loro due: Ezalia e Theodore si erano messi d’accordo, un po’ come avevano fatto Patrick Zala e Siegel Clyne con i loro figli, di unire i bambini, quando avrebbero avuto vent’anni, in un matrimonio politico con tanto di cappello; e non ascoltando le vivaci proteste di entrambi.

 Yzak Joule non voleva sposarsi, come prima cosa, e non con quella mocciosetta che, sebbene non giocasse con le bambole o i robot-cameriera e odiasse le gonne, a differenza di quella noiosa mortale di Lacus, non era di certo ciò che l’avrebbe potuto rendere felice per l’intera esistenza.

Erano amici, questo era vero, ed erano praticamente cresciuti insieme, trascorrendo in compagnia l’infanzia, troppo impegnati a rotolare giù dalle colline, di nascosto dalle severe regole di galateo che erano costretti a seguire, per rendersi conto di ciò che succedeva attorno a loro, ma non erano mai stati qualcosa di più.

 Poi, dopo l’inizio della guerra a seguito dell’esplosione di Junius Seven, quindi la morte della moglie di Theodore, si era arruolato nell’esercito e, trascorse un paio di settimane, aveva rivisto la sua promessa sposa, mentre sparava ad un bersaglio mobile. Non riusciva mai a prenderlo e, in quel momento, le era sembrata perfetta, quasi finta da tanto l’aveva reputata bella con la pistola stretta tra le mani e gli occhi pieni d’orgoglio rovinato dietro alle lenti azzurre di sicurezza. E l’idea di doverla sposare non era più sembrata così orribile.

 “Ora esigo sapere cosa diavolo ti prende per farmi venire a cercare con tutta questa fretta!” esclamò Shiho, sventolandogli sotto il naso il suo libro. “Per cinque fottuti minuti in completa e totale libertà…”

Yzak sbuffò e le strappò le chiavi di mano, aprendo la porta ed infilandosi nella sua stanza, soffocando una sonora bestemmia: se non avesse saputo che anche lei lo adorava quanto lui, allora, l’avrebbe ricoperta d’insulti. Perché se lo meritava pienamente.

 “Entra e taci, femmina. Se non fosse urgente non mi sarei neppure presentato.”

 “Appunto, ti fai vedere solo quando ne hai voglia tu,” disse lei, sibilando. Lo ammirò mentre si accomodava sul letto e le scoccava un’occhiataccia.

 “Ehi, non dipende da me!” abbaiò di rimando. “Ho delle lezioni deliranti ogni santo giorno! Se potessi verrei più spesso.”

Shiho sorrise e si sedette al suo fianco, guardandolo in silenzio per un po’ e studiandone l’espressione, ogni centimetro del suo viso, come se non l’avesse mai visto prima. “Allora, se è qualcosa di urgente dimmi in fretta di cosa si tratta,” incalzò, fin troppo curiosa. “Non dirmi che i nostri genitori vogliono organizzare un’altra di quelle cene a quattro perché ti giuro che vado fuori di testa.”

 “Ehi, non ho mica detto di essere arrivato con la più tremende delle notizie!” esclamò Yzak, fissandola mentre esalava un sospiro sollevato. “Beh… durante il corso di pugnale mi sono ferito al braccio sinistro, ma anche all’avambraccio, e l’infermiera aveva detto che se mi fossi presentato un’altra volta nel corso di una settimana mi avrebbe cacciato fuori a calci.”

Shiho dovette trattenere una risata e si sporse in avanti, stringendo gli occhi in due fessure incuriosite. “E quand’è stata l’ultima volta che sei stato lì?” domandò, conoscendo perfettamente la risposta, comunque.

 “Non è quello il punto!” urlò Yzak, furibondo ed imbarazzato al contempo, punto nel vivo come era: cacciarsi in guai di natura fisica era una sua particolare specialità, soprattutto quando erano coinvolti Athrun e la sua dannata bravura in praticamente ogni settore. “Toglimi la giacca, a me fa male il braccio.”

Shiho annuì e cominciò a slacciargli il colletto della divisa, diventando scarlatta come essa quando vide che sotto non indossava niente.

 “Come se fosse la prima volta che mi vedi a torso nudo,” la riprese il ragazzo, uno sguardo malizioso a riempirgli gli occhi cobalto. “Comunque, potresti andare a prendere il kit del pronto soccorso?”

La tedesca annuì, dirigendosi in bagno e tornando subito dopo in camera. Si concesse qualche secondo per vedere quanto gravi fossero le ferite e si ritrovò a fischiare ammirata, estraendo un batuffolo di cotone ed imbevendolo di mercuro cromo. “Ora mi spieghi com’è successo.”

Yzak si strinse nelle spalle, pensando alla maglietta che aveva dovuto buttare, dopo aver provato a tamponare il sangue. “Io e Dearka stavamo combattendo, quando il Bastardo ha atterrato Fred,” ringhiò a denti stretti, spostandosi un po’ alla sua destra, per farle spazio.

 “Caspita, Zala è davvero una potenza!” esclamò Shiho, con tanto entusiasmo che sentì il suo promesso sposo darle una leggera spinta con la mano. “Okay, scusa, ma devi ammettere che è la verità. Adesso non urlare, ma ti farà un bel po’ male.”

 “Non vuoi sentire il resto della storia?” chiese lui. “E comunque sono abituato a queste cose.”

 “Posso immaginarla,” gli sussurrò Shiho, applicando il cotone sul taglio, profondo sì, ma neppure così drastico da mandarla in confusione. “Ti sei distratto e Dearka ne ha approfittato, facendo il cretino come sempre. Gli è sfuggito di mano il coltello ed eccoci qua, a giocare al dottore nella mia camera.”

 “Cazzo, fa male, stacci un po’ attenta!” guaì Yzak, guardandola storto. Aveva gli occhi pieni d’involontarie lacrime e le guance scarlatte sia per la vicinanza con la sua fidanzata, sia per il tono da lei appena usato.

 “Ho fatto bingo, di’ la verità,” scoppiò a ridere Shiho, prendendo le bende. Cominciò a fasciare il suo avambraccio ed il braccio, perfettamente tonico. Sentì il bicipite perfetto e, unito all’unguento da lei appena usato per la ferita, era come un potente afrodisiaco. Scosse il capo e si abbassò, posando le labbra sulla pelle.

Yzak sorrise impercettibilmente, inclinando la testa e chiudendo gli occhi per non fronteggiare lo sguardo delizioso della sua infermiera improvvisata. Dopotutto quelle attenzioni non potevano far altro che aiutarlo a dimenticare il lancinante dolore all’intero braccio sinistro.

 “Quasi quasi la prossima volta vengo direttamente qui.”

 “Hm, quindi domani stesso, conoscendoti… non pensarci neanche,” borbottò Shiho, mentre apriva l’anta dell’armadio ed estraeva una federa bianca. Cogliendo lo sguardo interrogativo dell’albino durante la sua operazione si limitò a stringersi nelle spalle, prima di pararsi davanti a lui e passargli la stoffa appena squarciata attorno al suo collo. “Preferisco immobilizzartelo completamente. Non preoccuparti, parlerò io con la dottoressa e la convincerò a darti un’occhiata. Sarebbe meglio evitare di farti vedere in giro con un copri-cuscino addosso.”

Il ragazzo si concesse qualche secondo per guardarla, quasi incredulo, prima di ghignare sadicamente e poggiare la testa sulla sua spalla.

 “Sei una secchiona di merda. Fossi in te mi vergognerei.”

  
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