La parte bianca del lato nero ~
{ Stranger,
you look so different
Some other thoughts
fill up your mind
And you just made it happen }
Lo Squarciatore Rapido si dissolse in una nuvoletta sfuggente
di fumo nero, seguendo la stessa sorte già subita dai tre Disertori e
dai vari Shadow che lo avevano preceduto. Sulla
Piazza della Stazione, a Twilight Town,
scivolò di nuovo il silenzio caratteristico di ogni cittadina
tranquilla, sistematica e beatamente ignara. Zexion
abbandonò la posizione di difesa. Missione compiuta.
Chiuse
piano il Libro delle Illusioni e si tirò il cappuccio sul viso, poi si
voltò per ripercorrere i propri passi verso il varco oscuro che
l’avrebbe ricondotto al Castello. Era lieto che il Superiore non gli
avesse affidato un partner per l’incarico del giorno; preferiva di gran
lunga svolgere i suoi compiti da solo, senza la presenza di fastidiose
compagnie – ci impiegava meno tempo e più concentrazione.
L’esperienza gli aveva insegnato a guardarsi dalle missioni a coppie che
coinvolgevano membri come i numeri VIII o IX, per i quali la serietà sul
lavoro era semplicemente una seccante aspettativa altrui, e a prediligere
invece il silenzio e la freddezza che poteva garantirgli soltanto il numero V,
ma che trovava in primo luogo in se stesso.
Non
era una cosa che gli fosse derivata dall’Organizzazione. Da quanto
riusciva a ricordare, aveva sempre rifuggito i contatti e cercato la solitudine
– sì, anche allora, anche quando tra le lettere del suo nome non
figurava la x.
Imboccò
la strada principale. Per il resto della giornata non avrebbe dovuto pensare a
null’altro. E così dopo la missione del giorno seguente, e dopo
quella del giorno dopo ancora, e poi ancora e poi ancora. Eppure qualche anno
prima – quanto tempo era passato in
realtà? – c’era stato lo studio a scandire il suo tempo;
il bisogno di conoscere, capire, sapere. Oggi non c’era che la
consapevolezza di essere un Nessuno. Di non avere un cuore. Di combattere
creature che erano poco meno che suoi simili, nell’attesa che qualcosa
potesse cambiare.
Ma
alla fine non cambiava niente, e i giorni restavano tutti uguali.
Era
quasi alla metà del Corso deserto quando, nascosti dal cappuccio, i suoi
occhi distratti si posarono su qualcosa di – finalmente – diverso.
Tra
i vari negozi anonimi affacciati sulla strada spiccava una libreria.
A
sorpresa i pensieri del Burattinaio Mascherato mulinarono subito altrove.
Ricordi confusi, sprazzi lontani della vita del Qualcuno che era stato gli si
manifestarono a poco a poco, uno dopo l’altro – quella volta che Even
lo aveva accompagnato alla biblioteca e quando Ansem
gli aveva mostrato i nuovi libri che avrebbe dovuto studiare a anche sì
quella notte che era rimasto sveglio a leggere fino al mattino e Dilan l’aveva trovato addormentato là dentro
oppure quando – e all’improvviso si spensero, lasciandolo di
nuovo lì da solo, in piedi in una strada vuota, a fissare una libreria
senza mai essersi accorto di aver fermato i propri passi.
Era
una bella libreria. Una di quelle che
basta il nome per descriverle. Antica, polverosa e – da quel che si
poteva intuire al di là della vetrina opaca – deserta.
Sbuffò
seccamente, tornando alla realtà. Che cosa gli prendeva? Lui era andato
là in missione, era in
incognito. Non poteva certo permettersi il lusso di entrare in un negozio e
mettersi a girare per gli scaffali in cerca dell’ultimo thriller di
chissà quale famoso scrittore. Roba da matti – doveva decisamente
darsi una scrollata, e tornare al Castello. Già.
Tirò
il cappuccio ancor più in avanti, trattenendo a stento un’imprecazione.
Forse di recente aveva passato troppo tempo con Axel
o con Demyx.
La penna
scorreva veloce sulla carta, interrotta di tanto in tanto solo dal frusciare
nervoso delle pagine voltate. Erano ore che prendeva appunti su appunti. E pensare
che quei due sfaticati di Hayner e Pence non ne volevano sapere, di studiare a loro volta. Bah.
Sapeva già come sarebbe andata a finire: avrebbero copiato da lei, come
al solito. Olette si fermò e guardò l’orologio
appeso al muro. Sospirò.
Lo sapevo che non
sarei riuscita a finire in tempo.
Posò
la penna sul foglio e si stiracchiò. Aveva deciso da subito di
prepararsi da sola per il compito in classe della settimana seguente, dal
momento che i suoi sfaccendati amici non sembravano dare eccessivo peso alla
cosa; ma era soprattutto per evitare le loro frecciatine che ogni pomeriggio si
rintanava là dentro, nell’unica libreria della città –
luogo che Hayner e Pence
evitavano più che volentieri – a sfogliare testi da autodidatta e
svolgere ricerche supplementari. Sì, aveva bisogno di solitudine e
silenzio. A dirla tutta, cominciava ad essere stufa di essere chiamata
secchiona da quelli che poi erano i primi della fila quando si trattava di
copiare i suoi appunti.
La
verità – anche se non l’avrebbe
mai ammesso – era che era stufa e basta.
Twilight Town era così… così monotona. Così sempre
uguale a se stessa. D’accordo, sì, certo, c’erano gli Heartless da cui guardarsi, sì. Ma anche quello
costituiva soltanto un elemento da aggiungere alla piattezza cittadina; non c’era
nulla di particolare, nulla di eccitante
nel rischiare di imbattersi in una di quelle creature tutt’altro che
gradevoli una volta svoltato un angolo o imboccato un vicolo. Semmai, tutto
ciò contribuiva a rendere ancora più grigia l’atmosfera urbana,
che già di suo era di una noia mortale. Hayner
e Pence le avrebbero probabilmente dato addosso se
lei avesse mai osato esprimere quei pensieri ad alta voce. L’uno avrebbe
iniziato a decantare le meraviglie dello struggle, l’altro sarebbe
partito a raffica con le sue sette
meraviglie da verificare. Oh, certo, ragazzi, davvero molto interessante. Come
no.
Portò
una mano alla bocca per dissimulare uno sbadiglio. Per quel giorno potevano
bastare – studio e riflessioni.
Tra dieci minuti avrebbe incontrato i due ragazzi al solito posto, e per allora
era meglio rivestire i panni della studentessa diligente ma allegra.
Ripose
i libri nella cartella e si alzò, risistemando la sedia sotto il piano
dell’unico tavolo da lettura presente nel negozio. Non si lamentava di
quel posto; lo amava, al contrario. Era
estremamente rilassante, studiare in quella libreria dimenticata da tutti –
non solo perché la sua salda amicizia con la proprietaria le garantiva
la possibilità di restare fino a tardi. Anche il semplice star lì
da sola a leggere era una cosa cui non avrebbe mai rinunciato; forse
perché un libro fa molto più effetto quando lo si legge
circondati da scaffali annosi e silenziosi piuttosto che in una stanza anonima
o una classe affollata.
Ripercorse
in senso inverso il corridoio principale della libreria, circa a metà
del quale avrebbe trovato la svolta che conduceva alla porta d’ingresso. Sfortunatamente
– oppure no, questione di punti di vista – tale manovra la
costrinse a passare davanti alla sezione Fantasy, quella che ogni sacrosanta
volta la faceva attardare come una bambina in fila per parlare con il Babbo
Natale del centro commerciale di turno.
Anche
quella volta non sarebbe andata diversamente, si disse con un sorriso
colpevole.
Guardò
di nuovo l’ora. Sette minuti. Oh, via, quei due avrebbero anche potuto
aspettarla – e nel pensarlo, già si disponeva alla contemplazione
dei tre soliti vecchi scaffali.
Tanto
per cominciare, cosa l’aveva
convinto infine a varcare quella porta?
In
fondo però avrebbe dovuto saperlo. Da quanto tempo non si concedeva di
comprare un libro? Quelle poche volte che gli capitava ancora di leggere
qualcosa – a parte quando si trattava di studiare come un tempo, ma
questo non contava – erano sempre e soltanto libri che conosceva a
menadito, quelli che avevano accompagnato la sua vita vera e che erano forse l’ultimo
ricordo davvero tangibile di quegli
anni; quelli che per tempi immemorabili erano rimasti ben conservati sotto il
suo cuscino e quelli di cui, segretamente, era ancora in grado di recitare a
memoria brani interi.
Zexion sapeva che le cose non sarebbero
cambiate. Aveva soltanto voglia di un libro nuovo.
E
tanti cari saluti all’incognito, pensò con stizza di se stesso.
La
porta si era chiusa lentamente alle sue spalle, in un tintinnio di campanelli
appesi all’architrave. Dal bancone alla sua sinistra una giovane donna
dai capelli biondi aveva sollevato lo sguardo da un computer, aveva
evidentemente cercato di dirgli qualcosa, poi aveva fissato con vago allarme il
cappuccio che gli nascondeva il volto ed era tornata allo schermo del
portatile, scoccandogli furtive occhiate preoccupate e diffidenti. Buffo come
un lungo cappotto nero fosse in grado di spaventare in quel modo gli
sconosciuti.
Si
mosse lungo il corridoio, guardandosi intorno con discrezione. Era un locale
piccolo, ma organizzato. A prima vista sembrava che i libri fossero disposti
per temi. Bene, se non altro questo avrebbe reso la faccenda più veloce –
in fin dei conti era suo dovere
tornare presto al Castello, lì stava solo perdendo tempo.
Romanzi.
Romanzi storici. Thriller. Saggi. Horror. Letteratura classica. Da dove
cominciare? Non aveva una preferenza specifica, ricordava di aver letto un po’
di tutto. A parte forse i volumetti strappalacrime, quelli no, chiaro.
Voltò
a sinistra – gli occhi della donna al bancone perforavano il suo cappuccio – e si fermò davanti ad
uno scaffale in legno scuro, ebano forse. Una serie di titoli promettenti gli balzarono
allo sguardo. Storie di fantasmi, di vampiri, di quei mostri che la gente chiamava
mostri e non Heartless.
Sollevò
una mano, incerto. Sfiorò le coste e si soffermò su un tomo
pesante, voluminoso, rilegato in cuoio scuro. Era già quasi sul punto di
sfilarlo dallo scaffale – ma qualcosa lo fermò. Non aveva molta
voglia di un libro dell’orrore, a dirla tutta. Per quello bastava la sua
realtà, no?
Si
voltò di nuovo, e stavolta i suoi occhi si posarono su un cartello
sovrastante la fila di scaffalature alla sua destra.
Sezione Fantasy.
Lo
stesso istinto che lo aveva indotto ad attraversare la strada e ad entrare
nella libreria indirizzò i suoi passi verso quella scritta.
Ma
non fece in tempo ad arrivarvi.
D’improvviso,
e alla velocità del fulmine, una figurina schizzò da un corridoio
laterale dritta verso di lui, e l’urto fu inevitabile.
Zexion portò un piede indietro per
ritrovare l’equilibrio, troppo sorpreso per fare qualsiasi altra cosa che
ritrarsi. Nel movimento il cappuccio gli ricadde indietro, sulle spalle. Ebbe appena
un secondo per maledirsi della propria imprudenza; subito dopo una testolina
castana ed un paio di enormi occhi verdi entrarono prepotentemente nel suo
campo visivo.
«
Oh, chiedo scusa, è colpa mia, mi rincresce moltissimo! »
Zexion rimase immobile, attonito. Era una
ragazzina o un uragano?
«
Perdonami, ti prego – sono tremendamente in ritardo – non guardavo
dove andavo – sono mortificata – non ti sei fatto male, vero? »
La
pausa gli fece intuire che forse la sconosciuta era in attesa di una sua
risposta. Non trovò nulla di sensato da dire, così si
limitò a scrollare le spalle.
Lei
sembrò rilassarsi, e Zexion si concesse
qualche istante per osservarla meglio. Da
vicino. Provò un’istintiva fitta di fastidio per la luce buona
che emanavano le sue iridi verdi, per l’espressione tanto impensierita
dei suoi tratti aggraziati, persino per il vago sentore di fiori del suo
shampoo; era così spudoratamente
una Qualcuno. Gli sembrò quasi di sentir battere il suo cuore,
accelerato, fastidioso, assordante. Pensò anche che era il primo vero
contatto che aveva da molto tempo con una persona esterna all’Organizzazione
– con una persona che fosse davvero viva.
E questo, in qualche modo, intensificò il suo desiderio di allontanarsi;
o forse era soltanto che quel viso così vicino al suo gli rendeva
più difficile respirare.
«
Allora è tutto a posto? »
La
ragazza non sembrava aver capito che la sua semplice presenza era per lui
motivo d’impaccio e rifiuto. Zexion trovò
più saggio ritrarsi ancora, piuttosto che spedirle addosso un’Illusione
che la mettesse in fuga urlando – anche se, a pensarci bene, ne aveva in
mente un paio niente male.
«
Non eri in ritardo? » sbottò invece, quando fu al sicuro ad una distanza
di non meno di tre passi da lei.
«
Oh. » Lei rise, nervosa, mostrando timidamente il bianco dei denti. «
Oh, ehm. Già. »
Zexion osservò con attenzione il
rossore sulle sue guance. Gli sembrava di ricordare qualcosa in proposito; era… imbarazzo,
vero?…
«
Già. Ehm, bene, allora. Vado. »
La
ragazza si sistemò una borsa sulla spalla, gli passò accanto e
sfrecciò via, sparendo in fretta oltre la porta e facendo impazzire i
campanelli. Lui la guardò allontanarsi lungo il Corso della Stazione, al
di là dei vetri smerigliati – e soltanto allora si ricordò
di riportarsi il cappuccio sulla testa.
Quando
tornò a voltarsi, la sua attenzione fu catturata da un libro aperto sul
pavimento scuro, abbandonato lì per terra come se fosse stato lasciato
cadere in tutta fretta.
Si
chinò e lo chiuse per poterne leggere il titolo.
La parte bianca del
lato nero.
Un
po’ insolito per un fantasy.
Aveva
tanto sperato di non fare tardi.
Aveva
sperato che servisse, uscire dalla
libreria senza comprare niente e anzi piombando praticamente addosso a un
povero ragazzo passato di là per caso – beh, insomma, magari
così era un po’ troppo drammatico, ma gli era piombata addosso sul serio! – nel tentativo di arrivare
puntuale all’appuntamento con Hayner e Pence.
Ma
no, tanto per complicarle le cose la banda di Seifer
si era posta sulla sua strada.
«
Dai, Rajin… Ridammela.
»
Niente
da fare. Il nerboruto compagno di Seifer teneva la
sua borsa in alto, fuori portata. Olette si
malediceva per la propria statura ridotta, ma maledirsi non le sarebbe stato di
grande aiuto.
«
Sempre studiosa, la nostra Olette, eh? » Il
gorilla faceva oscillare la borsa sopra la sua testa, avanti indietro, avanti
indietro, sghignazzando. « Dev’essere
piena di compiti, questa borsa, eh? E tu sei appena uscita da una libreria, eh?
E tanto per cambiare stavi facendo la secchiona, eh? »
E tu tanto per
cambiare stai facendo l’idiota, EH?!
Oh,
come, come avrebbe voluto urlarglielo in faccia. Ma precedenti episodi vissuti
in prima persona da Hayner le avevano insegnato a
tenere la bocca chiusa.
Cercò
con gli occhi Seifer, sperando che almeno si stufasse
degli sproloqui dell’amico e lo facesse tacere una buona volta – ma
lui e Fujin ghignavano l’uno accanto all’altra,
sordi ai seccanti ‘Eh?’ di Rajin, o forse
semplicemente troppo abituati a quell’intercalare per darvi ancora peso.
«
Ragazzi… Per favore. »
Se
avesse chiesto una cortesia al muro alle loro spalle avrebbe riscosso
più successo.
«
E allora, eh? Vogliamo vedere cosa c’è qui dentro, eh? » Rajin fermò il movimento ondulatorio, afferrando la
borsa a due mani per aprirla. « Pagine e pagine di appunti, eh? Come pensavo
» concluse, voltandosi per mostrare il contenuto a Seifer,
« non si smentisce mai, eh? »
Seifer avanzò, gettò uno
sguardo divertito alle molte pagine della ricerca di Olette,
poi le puntò addosso uno sguardo sbruffone.
«
Che cosa ammirevole, Olette. Hai studiato proprio
tanto questo pomeriggio, vero? Sarebbe un peccato che un lavoro del genere
andasse sciupato… »
Un
terribile presentimento le serrò la gola. No, cavolo, no. Aveva studiato tanto. Aveva lavorato
sodo per quegli appunti. Non potevano farlo…
Ma
del resto la banda di Seifer era la banda di Seifer.
Sotto
lo sguardo compiaciuto del capobranco, Rajin e Fujin lanciarono in aria i fogli, uno ad uno, e fu
già tanto se non li strapparono tutti quanti. Olette
si vide piovere davanti agli occhi le pagine solcate dalla sua piccola grafia,
e in quel momento non le importò di sembrare una secchiona, non le
importò di sembrare una stupida: aveva voglia di piangere e basta.
Ma
all’improvviso accadde qualcosa di imprevisto.
Uno
strano essere si materializzò dal nulla, al fianco di Olette. Lei rimase così sorpresa da dimenticare di
spaventarsi.
Era
una bestia quantomeno bizzarra: una
sorta di enorme lupo nero dalle fauci schiumanti, con il manto troppo lungo per
appartenere davvero alla razza canina, zanne sporgenti ed una luna bianca
disegnata sulla fronte. Negli abissi della confusione e della riverenza –
perché di riverenza, non di
paura, si trattava – Olette si disse che l’animale
non sarebbe stato fuori posto sulla copertina del libro che aveva adocchiato
poco prima alla libreria.
Anche
Seifer e i suoi seguaci rimasero di stucco all’apparizione
del lupo, ma la loro sì, fu paura. No: puro e autentico terrore calzava meglio. Per qualche oscura
ragione, Olette si sentì intimamente
soddisfatta – strano, no? Avrebbe dovuto star lì a tremare pure lei… E invece…
Invece
come mai la vicinanza del lupo, il tocco gentile della sua coda fremente
intorno ai fianchi… era così rassicurante?
Lentamente,
ringhiando, il lupo si accostò a Rajin. Lui lasciò
cadere all’istante la borsa di Olette, con i libri e i pochi fogli che vi
erano rimasti dentro. Sembrò volersi voltare verso Seifer,
ma non riusciva a staccare gli occhi dal lupo.
«
Eh… Seifer? »
Olette andò con gli occhi dal
gigante al capobranco, passando per una Fujin con gli
occhi fuori dalle orbite, e sentì che la giornata stava prendendo una
piega piacevolmente diversa.
Seifer deglutì sonoramente. Poi strinse
in una morsa convulsa i due compagni.
«
Filiamo. »
Neppure
il tempo di battere le ciglia, ed erano già al capo opposto del Corso, Rajin urlante in testa.
Olette si voltò di nuovo a guardare
il lupo, un po’ disorientata. Vide che stava raccogliendo tra i denti, e
con estrema delicatezza, i fogli sparpagliati al suolo. Si accosciò al
suo livello e raccolse con gesti automatici la borsa, quindi accettò le
pagine che il muso dello straordinario animale le tendeva.
«
Oh… Uhm… Grazie…? »
Il
lupo distolse lo sguardo, come infastidito. Per qualche strana ragione le
ricordò il modo in cui il misterioso ragazzo della libreria si era
affrettato ad allontanarsi da lei.
Poi
la bestia tornò a guardarla, e in fondo ai suoi occhi di un blu freddo
ma stupefacente brillò qualcosa di molto simile alla simpatia.
Alla
fine, svanì com’era apparso.
Olette si rialzò in piedi senza
fretta; non era certa di aver capito cosa fosse successo. Nel silenzio della
strada ora deserta, si voltò di nuovo automaticamente verso la libreria.
Il
ragazzo di poco prima era lì. Il viso nascosto dal cappuccio, sembrava
che stesse infilando qualcosa in una tasca del lungo cappotto. Un libro?
«
Sei stato tu? »
Gli
aveva fatto la domanda senza aspettarsi davvero una risposta – senza neanche
accorgersi di aver aperto bocca, in realtà.
Lui
non si mosse. Però era sicura che, in quel buio che aveva sulla faccia,
la stesse guardando.
«
Non so di cosa parli. »
Chissà
perché, non gli credette.
Il
ragazzo estrasse un pacchetto da un’altra tasca e, senza aggiungere
altro, glielo lanciò. Olette lo afferrò
al volo sorpresa; quando lo aprì, rimase a guardare stupefatta il libro
che poco prima aveva avuto voglia di comprare, salvo poi uscire in fretta ed
incappare nella banda di Seifer.
La parte bianca del
lato nero.
Quando
sollevò di nuovo gli occhi per ringraziare lo sconosciuto, quello era
sparito. Nel Corso della Stazione restava solo una strana aura che sembrava
fatta di fumo nero.
Che peccato. Non sapeva
neanche il suo nome.
Però quel giorno,
forse, qualcosa era cambiato.
Ta-dan! Esperimento senza
pretese su un pairing scoperto da poco e già
schizzato tra i miei preferiti.
Perché
Zexion merita amore.
*-*
E
perché Olette non se la fila (quasi) nessuno. xD
Scherzo.
Questi due insieme mi piacciono davvero; in particolare mi è piaciuto
giocare sul fatto che, così come vedo Zexion insoddisfatto
della sua condizione di Nessuno, magari anche Olette
potesse essere un po’ stanca della vita vuota di Twilight
Town; ho scritto le due frasi finali in modo che risaltassero nel testo proprio
per sottolineare che quelle parole si possono riferire ad entrambi.
Non so
come mi sia venuta in mente la cosa del lupo. o__ò Mi serviva un’Illusione
con cui Zexion difendesse Olette
da quei tre pagliacci (oooh, Zexy-kun
sa essere così protettivo, nevvero? *abbraccia
Zexion* [O__O NdZexion] x’DD)
e questo è ciò che ne è venuto fuori. Parimenti, temo di
non aver specificato abbastanza il fatto che Zexion
alla fine, invece di comprare qualcosa per sé, abbia preferito comprare
il libro ad Olette; se la cosa non è chiara,
perdonatemi. Sono pur sempre le due di notte – ma perché devo
sempre scegliere questi orari assurdi per mettermi a scrivere? DX
Un’altra
cosa: Rajin in Kingdom
Hearts II non fa che ripetere “You know?” alla fine di
ogni frase, ma mi sembrava un po’ stupido che dicesse: “Sei appena
uscita da una libreria, sai?” xD, così per tradurlo in italiano ho ripiegato sul
più semplice “Eh?”.
I versi
iniziali sono tratti dalla canzone Stranger di Elisa. E poi, ultimissima nota: non esiste un
romanzo intitolato La parte bianca del
lato nero, ma queste parole non sono comunque mie. Si tratta di un verso
della sigla di un cartone animato piuttosto idiota che mi pare si chiami Ruby Gloom –
che non c’entra niente xD, ma subito, e non so
perché, questa frase mi ha fatto pensare a Zexion.
*-*
È
tutto. Penso che scriverò altre cosucce su Zexy-kun,
visto che ultimamente lo immagino coinvolto nei pairing
più disparati *-* Fino ad allora, sayonara minna!
E un
milione di grazie in anticipo a tutti i lettori. <3