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Autore: Feel Good Inc    23/04/2010    2 recensioni
Non era una cosa che gli fosse derivata dall’Organizzazione. Da quanto riusciva a ricordare, aveva sempre rifuggito i contatti e cercato la solitudine – sì, anche allora, anche quando tra le lettere del suo nome non figurava la x. [...]
Zexion sapeva che le cose non sarebbero cambiate. Aveva soltanto voglia di un libro nuovo.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Olette, Zexyon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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La parte bianca del lato nero ~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

{ Stranger, you look so different

Some other thoughts fill up your mind

And you just made it happen }

 

 

 

 

 

 

 

Lo Squarciatore Rapido si dissolse in una nuvoletta sfuggente di fumo nero, seguendo la stessa sorte già subita dai tre Disertori e dai vari Shadow che lo avevano preceduto. Sulla Piazza della Stazione, a Twilight Town, scivolò di nuovo il silenzio caratteristico di ogni cittadina tranquilla, sistematica e beatamente ignara. Zexion abbandonò la posizione di difesa. Missione compiuta.

Chiuse piano il Libro delle Illusioni e si tirò il cappuccio sul viso, poi si voltò per ripercorrere i propri passi verso il varco oscuro che l’avrebbe ricondotto al Castello. Era lieto che il Superiore non gli avesse affidato un partner per l’incarico del giorno; preferiva di gran lunga svolgere i suoi compiti da solo, senza la presenza di fastidiose compagnie – ci impiegava meno tempo e più concentrazione. L’esperienza gli aveva insegnato a guardarsi dalle missioni a coppie che coinvolgevano membri come i numeri VIII o IX, per i quali la serietà sul lavoro era semplicemente una seccante aspettativa altrui, e a prediligere invece il silenzio e la freddezza che poteva garantirgli soltanto il numero V, ma che trovava in primo luogo in se stesso.

Non era una cosa che gli fosse derivata dall’Organizzazione. Da quanto riusciva a ricordare, aveva sempre rifuggito i contatti e cercato la solitudine – sì, anche allora, anche quando tra le lettere del suo nome non figurava la x.

Imboccò la strada principale. Per il resto della giornata non avrebbe dovuto pensare a null’altro. E così dopo la missione del giorno seguente, e dopo quella del giorno dopo ancora, e poi ancora e poi ancora. Eppure qualche anno prima – quanto tempo era passato in realtà? – c’era stato lo studio a scandire il suo tempo; il bisogno di conoscere, capire, sapere. Oggi non c’era che la consapevolezza di essere un Nessuno. Di non avere un cuore. Di combattere creature che erano poco meno che suoi simili, nell’attesa che qualcosa potesse cambiare.

Ma alla fine non cambiava niente, e i giorni restavano tutti uguali.

Era quasi alla metà del Corso deserto quando, nascosti dal cappuccio, i suoi occhi distratti si posarono su qualcosa di – finalmente – diverso.

Tra i vari negozi anonimi affacciati sulla strada spiccava una libreria.

A sorpresa i pensieri del Burattinaio Mascherato mulinarono subito altrove. Ricordi confusi, sprazzi lontani della vita del Qualcuno che era stato gli si manifestarono a poco a poco, uno dopo l’altro – quella volta che Even lo aveva accompagnato alla biblioteca e quando Ansem gli aveva mostrato i nuovi libri che avrebbe dovuto studiare a anche sì quella notte che era rimasto sveglio a leggere fino al mattino e Dilan l’aveva trovato addormentato là dentro oppure quando – e all’improvviso si spensero, lasciandolo di nuovo lì da solo, in piedi in una strada vuota, a fissare una libreria senza mai essersi accorto di aver fermato i propri passi.

Era una bella libreria. Una di quelle che basta il nome per descriverle. Antica, polverosa e – da quel che si poteva intuire al di là della vetrina opaca – deserta.

Sbuffò seccamente, tornando alla realtà. Che cosa gli prendeva? Lui era andato là in missione, era in incognito. Non poteva certo permettersi il lusso di entrare in un negozio e mettersi a girare per gli scaffali in cerca dell’ultimo thriller di chissà quale famoso scrittore. Roba da matti – doveva decisamente darsi una scrollata, e tornare al Castello. Già.

Tirò il cappuccio ancor più in avanti, trattenendo a stento un’imprecazione. Forse di recente aveva passato troppo tempo con Axel o con Demyx.

 

 

 

La penna scorreva veloce sulla carta, interrotta di tanto in tanto solo dal frusciare nervoso delle pagine voltate. Erano ore che prendeva appunti su appunti. E pensare che quei due sfaticati di Hayner e Pence non ne volevano sapere, di studiare a loro volta. Bah. Sapeva già come sarebbe andata a finire: avrebbero copiato da lei, come al solito. Olette si fermò e guardò l’orologio appeso al muro. Sospirò.

Lo sapevo che non sarei riuscita a finire in tempo.

Posò la penna sul foglio e si stiracchiò. Aveva deciso da subito di prepararsi da sola per il compito in classe della settimana seguente, dal momento che i suoi sfaccendati amici non sembravano dare eccessivo peso alla cosa; ma era soprattutto per evitare le loro frecciatine che ogni pomeriggio si rintanava là dentro, nell’unica libreria della città – luogo che Hayner e Pence evitavano più che volentieri – a sfogliare testi da autodidatta e svolgere ricerche supplementari. Sì, aveva bisogno di solitudine e silenzio. A dirla tutta, cominciava ad essere stufa di essere chiamata secchiona da quelli che poi erano i primi della fila quando si trattava di copiare i suoi appunti.

La verità – anche se non l’avrebbe mai ammesso – era che era stufa e basta.

Twilight Town era così… così monotona. Così sempre uguale a se stessa. D’accordo, sì, certo, c’erano gli Heartless da cui guardarsi, sì. Ma anche quello costituiva soltanto un elemento da aggiungere alla piattezza cittadina; non c’era nulla di particolare, nulla di eccitante nel rischiare di imbattersi in una di quelle creature tutt’altro che gradevoli una volta svoltato un angolo o imboccato un vicolo. Semmai, tutto ciò contribuiva a rendere ancora più grigia l’atmosfera urbana, che già di suo era di una noia mortale. Hayner e Pence le avrebbero probabilmente dato addosso se lei avesse mai osato esprimere quei pensieri ad alta voce. L’uno avrebbe iniziato a decantare le meraviglie dello struggle, l’altro sarebbe partito a raffica con le sue sette meraviglie da verificare. Oh, certo, ragazzi, davvero molto interessante. Come no.

Portò una mano alla bocca per dissimulare uno sbadiglio. Per quel giorno potevano bastare – studio e riflessioni. Tra dieci minuti avrebbe incontrato i due ragazzi al solito posto, e per allora era meglio rivestire i panni della studentessa diligente ma allegra.

Ripose i libri nella cartella e si alzò, risistemando la sedia sotto il piano dell’unico tavolo da lettura presente nel negozio. Non si lamentava di quel posto; lo amava, al contrario. Era estremamente rilassante, studiare in quella libreria dimenticata da tutti – non solo perché la sua salda amicizia con la proprietaria le garantiva la possibilità di restare fino a tardi. Anche il semplice star lì da sola a leggere era una cosa cui non avrebbe mai rinunciato; forse perché un libro fa molto più effetto quando lo si legge circondati da scaffali annosi e silenziosi piuttosto che in una stanza anonima o una classe affollata.

Ripercorse in senso inverso il corridoio principale della libreria, circa a metà del quale avrebbe trovato la svolta che conduceva alla porta d’ingresso. Sfortunatamente – oppure no, questione di punti di vista – tale manovra la costrinse a passare davanti alla sezione Fantasy, quella che ogni sacrosanta volta la faceva attardare come una bambina in fila per parlare con il Babbo Natale del centro commerciale di turno.

Anche quella volta non sarebbe andata diversamente, si disse con un sorriso colpevole.

Guardò di nuovo l’ora. Sette minuti. Oh, via, quei due avrebbero anche potuto aspettarla – e nel pensarlo, già si disponeva alla contemplazione dei tre soliti vecchi scaffali.

 

 

 

Tanto per cominciare, cosa l’aveva convinto infine a varcare quella porta?

In fondo però avrebbe dovuto saperlo. Da quanto tempo non si concedeva di comprare un libro? Quelle poche volte che gli capitava ancora di leggere qualcosa – a parte quando si trattava di studiare come un tempo, ma questo non contava – erano sempre e soltanto libri che conosceva a menadito, quelli che avevano accompagnato la sua vita vera e che erano forse l’ultimo ricordo davvero tangibile di quegli anni; quelli che per tempi immemorabili erano rimasti ben conservati sotto il suo cuscino e quelli di cui, segretamente, era ancora in grado di recitare a memoria brani interi.

Zexion sapeva che le cose non sarebbero cambiate. Aveva soltanto voglia di un libro nuovo.

E tanti cari saluti all’incognito, pensò con stizza di se stesso.

La porta si era chiusa lentamente alle sue spalle, in un tintinnio di campanelli appesi all’architrave. Dal bancone alla sua sinistra una giovane donna dai capelli biondi aveva sollevato lo sguardo da un computer, aveva evidentemente cercato di dirgli qualcosa, poi aveva fissato con vago allarme il cappuccio che gli nascondeva il volto ed era tornata allo schermo del portatile, scoccandogli furtive occhiate preoccupate e diffidenti. Buffo come un lungo cappotto nero fosse in grado di spaventare in quel modo gli sconosciuti.

Si mosse lungo il corridoio, guardandosi intorno con discrezione. Era un locale piccolo, ma organizzato. A prima vista sembrava che i libri fossero disposti per temi. Bene, se non altro questo avrebbe reso la faccenda più veloce – in fin dei conti era suo dovere tornare presto al Castello, lì stava solo perdendo tempo.

Romanzi. Romanzi storici. Thriller. Saggi. Horror. Letteratura classica. Da dove cominciare? Non aveva una preferenza specifica, ricordava di aver letto un po’ di tutto. A parte forse i volumetti strappalacrime, quelli no, chiaro.

Voltò a sinistra – gli occhi della donna al bancone perforavano il suo cappuccio – e si fermò davanti ad uno scaffale in legno scuro, ebano forse. Una serie di titoli promettenti gli balzarono allo sguardo. Storie di fantasmi, di vampiri, di quei mostri che la gente chiamava mostri e non Heartless.

Sollevò una mano, incerto. Sfiorò le coste e si soffermò su un tomo pesante, voluminoso, rilegato in cuoio scuro. Era già quasi sul punto di sfilarlo dallo scaffale – ma qualcosa lo fermò. Non aveva molta voglia di un libro dell’orrore, a dirla tutta. Per quello bastava la sua realtà, no?

Si voltò di nuovo, e stavolta i suoi occhi si posarono su un cartello sovrastante la fila di scaffalature alla sua destra.

Sezione Fantasy.

Lo stesso istinto che lo aveva indotto ad attraversare la strada e ad entrare nella libreria indirizzò i suoi passi verso quella scritta.

Ma non fece in tempo ad arrivarvi.

D’improvviso, e alla velocità del fulmine, una figurina schizzò da un corridoio laterale dritta verso di lui, e l’urto fu inevitabile.

Zexion portò un piede indietro per ritrovare l’equilibrio, troppo sorpreso per fare qualsiasi altra cosa che ritrarsi. Nel movimento il cappuccio gli ricadde indietro, sulle spalle. Ebbe appena un secondo per maledirsi della propria imprudenza; subito dopo una testolina castana ed un paio di enormi occhi verdi entrarono prepotentemente nel suo campo visivo.

« Oh, chiedo scusa, è colpa mia, mi rincresce moltissimo! »

Zexion rimase immobile, attonito. Era una ragazzina o un uragano?

« Perdonami, ti prego – sono tremendamente in ritardo – non guardavo dove andavo – sono mortificata – non ti sei fatto male, vero? »

La pausa gli fece intuire che forse la sconosciuta era in attesa di una sua risposta. Non trovò nulla di sensato da dire, così si limitò a scrollare le spalle.

Lei sembrò rilassarsi, e Zexion si concesse qualche istante per osservarla meglio. Da vicino. Provò un’istintiva fitta di fastidio per la luce buona che emanavano le sue iridi verdi, per l’espressione tanto impensierita dei suoi tratti aggraziati, persino per il vago sentore di fiori del suo shampoo; era così spudoratamente una Qualcuno. Gli sembrò quasi di sentir battere il suo cuore, accelerato, fastidioso, assordante. Pensò anche che era il primo vero contatto che aveva da molto tempo con una persona esterna all’Organizzazione – con una persona che fosse davvero viva. E questo, in qualche modo, intensificò il suo desiderio di allontanarsi; o forse era soltanto che quel viso così vicino al suo gli rendeva più difficile respirare.

« Allora è tutto a posto? »

La ragazza non sembrava aver capito che la sua semplice presenza era per lui motivo d’impaccio e rifiuto. Zexion trovò più saggio ritrarsi ancora, piuttosto che spedirle addosso un’Illusione che la mettesse in fuga urlando – anche se, a pensarci bene, ne aveva in mente un paio niente male.

« Non eri in ritardo? » sbottò invece, quando fu al sicuro ad una distanza di non meno di tre passi da lei.

« Oh. » Lei rise, nervosa, mostrando timidamente il bianco dei denti. « Oh, ehm. Già. »

Zexion osservò con attenzione il rossore sulle sue guance. Gli sembrava di ricordare qualcosa in proposito; era… imbarazzo, vero?…

« Già. Ehm, bene, allora. Vado. »

La ragazza si sistemò una borsa sulla spalla, gli passò accanto e sfrecciò via, sparendo in fretta oltre la porta e facendo impazzire i campanelli. Lui la guardò allontanarsi lungo il Corso della Stazione, al di là dei vetri smerigliati – e soltanto allora si ricordò di riportarsi il cappuccio sulla testa.

Quando tornò a voltarsi, la sua attenzione fu catturata da un libro aperto sul pavimento scuro, abbandonato lì per terra come se fosse stato lasciato cadere in tutta fretta.

Si chinò e lo chiuse per poterne leggere il titolo.

La parte bianca del lato nero.

Un po’ insolito per un fantasy.

 

 

 

Aveva tanto sperato di non fare tardi.

Aveva sperato che servisse, uscire dalla libreria senza comprare niente e anzi piombando praticamente addosso a un povero ragazzo passato di là per caso – beh, insomma, magari così era un po’ troppo drammatico, ma gli era piombata addosso sul serio! – nel tentativo di arrivare puntuale all’appuntamento con Hayner e Pence.

Ma no, tanto per complicarle le cose la banda di Seifer si era posta sulla sua strada.

« Dai, Rajin… Ridammela. »

Niente da fare. Il nerboruto compagno di Seifer teneva la sua borsa in alto, fuori portata. Olette si malediceva per la propria statura ridotta, ma maledirsi non le sarebbe stato di grande aiuto.

« Sempre studiosa, la nostra Olette, eh? » Il gorilla faceva oscillare la borsa sopra la sua testa, avanti indietro, avanti indietro, sghignazzando. « Dev’essere piena di compiti, questa borsa, eh? E tu sei appena uscita da una libreria, eh? E tanto per cambiare stavi facendo la secchiona, eh? »

E tu tanto per cambiare stai facendo l’idiota, EH?!

Oh, come, come avrebbe voluto urlarglielo in faccia. Ma precedenti episodi vissuti in prima persona da Hayner le avevano insegnato a tenere la bocca chiusa.

Cercò con gli occhi Seifer, sperando che almeno si stufasse degli sproloqui dell’amico e lo facesse tacere una buona volta – ma lui e Fujin ghignavano l’uno accanto all’altra, sordi ai seccanti ‘Eh?’ di Rajin, o forse semplicemente troppo abituati a quell’intercalare per darvi ancora peso.

« Ragazzi… Per favore. »

Se avesse chiesto una cortesia al muro alle loro spalle avrebbe riscosso più successo.

« E allora, eh? Vogliamo vedere cosa c’è qui dentro, eh? » Rajin fermò il movimento ondulatorio, afferrando la borsa a due mani per aprirla. « Pagine e pagine di appunti, eh? Come pensavo » concluse, voltandosi per mostrare il contenuto a Seifer, « non si smentisce mai, eh? »

Seifer avanzò, gettò uno sguardo divertito alle molte pagine della ricerca di Olette, poi le puntò addosso uno sguardo sbruffone.

« Che cosa ammirevole, Olette. Hai studiato proprio tanto questo pomeriggio, vero? Sarebbe un peccato che un lavoro del genere andasse sciupato… »

Un terribile presentimento le serrò la gola. No, cavolo, no. Aveva studiato tanto. Aveva lavorato sodo per quegli appunti. Non potevano farlo…

Ma del resto la banda di Seifer era la banda di Seifer.

Sotto lo sguardo compiaciuto del capobranco, Rajin e Fujin lanciarono in aria i fogli, uno ad uno, e fu già tanto se non li strapparono tutti quanti. Olette si vide piovere davanti agli occhi le pagine solcate dalla sua piccola grafia, e in quel momento non le importò di sembrare una secchiona, non le importò di sembrare una stupida: aveva voglia di piangere e basta.

Ma all’improvviso accadde qualcosa di imprevisto.

Uno strano essere si materializzò dal nulla, al fianco di Olette. Lei rimase così sorpresa da dimenticare di spaventarsi.

Era una bestia quantomeno bizzarra: una sorta di enorme lupo nero dalle fauci schiumanti, con il manto troppo lungo per appartenere davvero alla razza canina, zanne sporgenti ed una luna bianca disegnata sulla fronte. Negli abissi della confusione e della riverenza – perché di riverenza, non di paura, si trattava – Olette si disse che l’animale non sarebbe stato fuori posto sulla copertina del libro che aveva adocchiato poco prima alla libreria.

Anche Seifer e i suoi seguaci rimasero di stucco all’apparizione del lupo, ma la loro sì, fu paura. No: puro e autentico terrore calzava meglio. Per qualche oscura ragione, Olette si sentì intimamente soddisfatta – strano, no? Avrebbe dovuto star lì a tremare pure lei… E invece…

Invece come mai la vicinanza del lupo, il tocco gentile della sua coda fremente intorno ai fianchi… era così rassicurante?

Lentamente, ringhiando, il lupo si accostò a Rajin. Lui lasciò cadere all’istante la borsa di Olette, con i libri e i pochi fogli che vi erano rimasti dentro. Sembrò volersi voltare verso Seifer, ma non riusciva a staccare gli occhi dal lupo.

« Eh… Seifer? »

Olette andò con gli occhi dal gigante al capobranco, passando per una Fujin con gli occhi fuori dalle orbite, e sentì che la giornata stava prendendo una piega piacevolmente diversa.

Seifer deglutì sonoramente. Poi strinse in una morsa convulsa i due compagni.

« Filiamo. »

Neppure il tempo di battere le ciglia, ed erano già al capo opposto del Corso, Rajin urlante in testa.

Olette si voltò di nuovo a guardare il lupo, un po’ disorientata. Vide che stava raccogliendo tra i denti, e con estrema delicatezza, i fogli sparpagliati al suolo. Si accosciò al suo livello e raccolse con gesti automatici la borsa, quindi accettò le pagine che il muso dello straordinario animale le tendeva.

« Oh… Uhm… Grazie…? »

Il lupo distolse lo sguardo, come infastidito. Per qualche strana ragione le ricordò il modo in cui il misterioso ragazzo della libreria si era affrettato ad allontanarsi da lei.

Poi la bestia tornò a guardarla, e in fondo ai suoi occhi di un blu freddo ma stupefacente brillò qualcosa di molto simile alla simpatia.

Alla fine, svanì com’era apparso.

Olette si rialzò in piedi senza fretta; non era certa di aver capito cosa fosse successo. Nel silenzio della strada ora deserta, si voltò di nuovo automaticamente verso la libreria.

Il ragazzo di poco prima era lì. Il viso nascosto dal cappuccio, sembrava che stesse infilando qualcosa in una tasca del lungo cappotto. Un libro?

« Sei stato tu? »

Gli aveva fatto la domanda senza aspettarsi davvero una risposta – senza neanche accorgersi di aver aperto bocca, in realtà.

Lui non si mosse. Però era sicura che, in quel buio che aveva sulla faccia, la stesse guardando.

« Non so di cosa parli. »

Chissà perché, non gli credette.

Il ragazzo estrasse un pacchetto da un’altra tasca e, senza aggiungere altro, glielo lanciò. Olette lo afferrò al volo sorpresa; quando lo aprì, rimase a guardare stupefatta il libro che poco prima aveva avuto voglia di comprare, salvo poi uscire in fretta ed incappare nella banda di Seifer.

La parte bianca del lato nero.

Quando sollevò di nuovo gli occhi per ringraziare lo sconosciuto, quello era sparito. Nel Corso della Stazione restava solo una strana aura che sembrava fatta di fumo nero.

 

 

 

Che peccato. Non sapeva neanche il suo nome.

Però quel giorno, forse, qualcosa era cambiato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ta-dan! Esperimento senza pretese su un pairing scoperto da poco e già schizzato tra i miei preferiti.

Perché Zexion merita amore. *-*

E perché Olette non se la fila (quasi) nessuno. xD

Scherzo. Questi due insieme mi piacciono davvero; in particolare mi è piaciuto giocare sul fatto che, così come vedo Zexion insoddisfatto della sua condizione di Nessuno, magari anche Olette potesse essere un po’ stanca della vita vuota di Twilight Town; ho scritto le due frasi finali in modo che risaltassero nel testo proprio per sottolineare che quelle parole si possono riferire ad entrambi.

Non so come mi sia venuta in mente la cosa del lupo. o__ò Mi serviva un’Illusione con cui Zexion difendesse Olette da quei tre pagliacci (oooh, Zexy-kun sa essere così protettivo, nevvero? *abbraccia Zexion* [O__O NdZexion] x’DD) e questo è ciò che ne è venuto fuori. Parimenti, temo di non aver specificato abbastanza il fatto che Zexion alla fine, invece di comprare qualcosa per sé, abbia preferito comprare il libro ad Olette; se la cosa non è chiara, perdonatemi. Sono pur sempre le due di notte – ma perché devo sempre scegliere questi orari assurdi per mettermi a scrivere? DX

Un’altra cosa: Rajin in Kingdom Hearts II non fa che ripetere “You know?” alla fine di ogni frase, ma mi sembrava un po’ stupido che dicesse: “Sei appena uscita da una libreria, sai?” xD, così per tradurlo in italiano ho ripiegato sul più semplice “Eh?”.

I versi iniziali sono tratti dalla canzone Stranger di Elisa. E poi, ultimissima nota: non esiste un romanzo intitolato La parte bianca del lato nero, ma queste parole non sono comunque mie. Si tratta di un verso della sigla di un cartone animato piuttosto idiota che mi pare si chiami Ruby Gloom – che non c’entra niente xD, ma subito, e non so perché, questa frase mi ha fatto pensare a Zexion. *-*

È tutto. Penso che scriverò altre cosucce su Zexy-kun, visto che ultimamente lo immagino coinvolto nei pairing più disparati *-* Fino ad allora, sayonara minna!

E un milione di grazie in anticipo a tutti i lettori. <3

   
 
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