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Autore: Appleeatyou    23/04/2010    4 recensioni
Fanfiction partecipante al 2010: a year together, indetta dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }
Non si muore a trentun anni. Solo un Dio crudele avrebbe potuto far morire un uomo di trentun anni per un incidente sfortunato.
Contiene la risposta alle recensioni di "Final CountDown"
Genere: Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Inuyasha, Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo del Vinti.'
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Fanfiction partecipante al 2010: a year together, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

Ringraziamenti a Final CountDown -15 Aprile-
Rosencratz:
Grazie mille per i complimenti. Sono contenta che ti sia piaciuta la mia piccola storia.
Yesterday: So che è strana, ma sono felice che ti sia piaciuta comunque! Grazie e ancora grazie per i complimenti.
Infine, grazie a coloro che hanno aggiunto la storia tra i preferiti, le seguite e le storie da ricordare!
Grazie mille a tutti, davvero!



Il Resuscita-Morti

 

La leggenda che sto per narrarvi mi è stata raccontata durante il mio soggiorno in Russia per il progetto Intercultura della mia scuola.

La leggenda dice che esiste un particolare tipo di liquore, un whisky russo, con una gradazione alcolica estremamente alta, che viene chiamato ancora oggi Resuscita Morti proprio perché si dice che una zarina avesse riportato alla vita il figlio morto assiderato, il futuro zar, versandogli nella gola questo liquore pesantissimo.

Lo zar in questione era forse Svjatoslav I, che regnò assieme alla reggente-madre Olga fino al 969 d.C.

La leggenda faceva riferimento anche a Frigg, una dea della Mitologia scandinava, che era apparsa in sogno alla zarina Olga avvertendola di distillare questo liquore ancor prima della nascita del figlio, dato che il ragazzino sarebbe morto in giovane età sprofondando nelle gelide acque del Lago di Kiev.

Però credo davvero che sia solo una leggenda del paese in cui sono stata ospite, perché non ne ho trovata notizia né su internet, né facendo ricerche sui libri. Tuttavia i riferimenti storici sono giusti, dato che Kiev divenne capitale della Russia nell’882 d.C.

L’unica cosa che non capisco è perché la dea che comparve in sogno ad Olga fosse scandinava e non russa… ma può darsi che abbia capito male io, o che forse Frigg sia una dea comune anche al pantheon russo.

In ogni caso, questa leggenda mi ha sempre affascinata. Soprattutto questo fantomatico liquore russo, che non ha altro nome se non Resuscita Morti… è macabro e misterioso.

Quella che segue è una storia molto breve dedicata a questo liquore e alla leggenda alla quale è legato. C’è qualche differenza, ma spero vi piaccia lo stesso. :D

Buona Lettura.

 

 

 

 

IL RESUSCITA MORTI -23 Aprile

 

Sesshomaru Primakov.

27 Ottobre 1976-  31 Dicembre 2007

 

Era quasi un’ora che Inuyasha fissava quella breve e striminzita scritta su quella lapide. Un nome, una data di nascita e una di morte.

Ecco cosa era rimasto di loro. Una pietra scolpita e un po’ di neve mezza sciolta attorno.

Il vento gelido soffiava tutto intorno a lui, eppure Inuyasha non l’avvertiva minimamente: le punte delle dita erano ghiacciate, la porzione di viso che non era coperta dalla pesante sciarpa rossa era diventata del tutto insensibile, il soprabito rosso e il maglione di lana bianco non riuscivano ad impedire che il freddo gli penetrasse nelle ossa.

Eppure, lui era troppo ghiacciato dentro per accorgersene. Nonostante fosse arrivata la primavera e fossero passati quattro mesi da allora, il gelo non se n’era più andato da quando Inuyasha gli aveva spalancato le porte della sua anima.

Solo il gelo aveva potuto aiutarlo in quei mesi. Solo il gelo gli aveva permesso di andare avanti, di farcela, di sopportare il dolore.

Inuyasha detestava commiserarsi, eppure era perfettamente cosciente di essere ancora troppo giovane per poter sopportare un peso così grande. Non si può perdere a diciannove anni la persona che si ama. No, non si può. Certe cose dovrebbero accadere il più tardi possibile, o non accadere affatto.

Dopo quasi otto anni di un noi, ora era rimasto un misero io e un triste lui. Dopo sette anni, tre mesi e quattordici giorni di noi stiamo insieme, era rimasto un io sono solo e un lui è morto.

Non si muore a trentun anni. Solo un Dio crudele avrebbe potuto far morire un uomo di trentun anni per un incidente sfortunato.

Solo un Dio crudele avrebbe lasciato cadere un mattone dall’alto di uno stabile, un proiettile assassino lanciato a folle velocità verso il suolo, e solo un Dio perverso avrebbe fatto cadere quel mattone esattamente sul cranio di un essere umano. Solo un Dio sadico avrebbe fatto soffrire Sesshomaru e lui, Inuyasha, per quasi nove mesi di agonia in ospedale.

Solo un Dio senza cuore avrebbe poi reso inutile quella lenta sofferenza e quella strenue lotta, prendendosi Sesshomaru e lasciando Inuyasha con un pugno di mosche in mano e un pezzo di cuore in meno.

Una giovane donna vestita di nero da capo a piedi sorpassò Inuyasha senza degnarlo di un’occhiata, asciugandosi gli occhi in un fazzolettino bianco come lo zucchero. Era così diversa da lui, immersa nel nero tanto quanto lui era immerso nel rosso, sciarpa compresa, scura di capelli tanto quanto lui era chiaro, bassa tanto quanto lui era alto. Eppure, erano lì per lo stesso motivo.

La pelle del viso di quella ragazza era quasi grigia, chiara come neve sporca, che risaltava sul completo nero carbone: sembrava quasi un fantasma, una creatura eterea destinata a dissolversi in un alito di vento. Inuyasha ricordò distrattamente come invece Sesshomaru avesse sempre prediletto i colori chiari per il suo abbigliamento: anche lui era molto chiaro di pelle, e più di una volta gli aveva detto di non voler assomigliare ad uno spettro vestito di nero… o un giullare vestito di rosso, come aveva spesso definito Inuyasha.

Erano stati otto anni di rimbrottii, insulti e arrabbiature di vario genere, soprattutto per la poca pazienza di Inuyasha e l’aria decisamente antipatica di Sesshomaru. Erano stati due micce in continua esplosione, loro due.

Eppure, c’era stato anche l’amore. Soprattutto l’amore. Erano stati insieme per tutti quegli otto anni, incuranti della differenza di età e della loro condizione di diversi, anche se non potevano di certo lamentarsi per il trattamento che avevano ricevuto. I loro concittadini erano sempre stati estremamente menefreghisti, immersi nella propria vita e incuranti di due giovani uomini che passeggiavano insieme per strada.

Il massimo che era capitato loro era stata qualche occhiata perplessa dai passanti e, naturalmente, insulti scherzosi da parte delle persone che li conoscevano. Come una coppia normale. Anzi, quasi meglio di una coppia normale: non c’erano stati tradimenti [ Inuyasha era ragionevolmente sicuro che Sesshomaru non avesse mai avuto due piedi in una scarpa. Non era il tipo, prima di tutto, e poi non credeva che Sesshomaru si sarebbe fatto scrupoli a lasciarlo.], scambi di coppia, pause di riflessione o rancori. I loro caratteri si erano incastonati alla perfezione, come due tessere dello stesso puzzle, e perfino i numerosi litigi erano stati più che altro dei temporali tropicali, intensi ma di breve durata.

C’era sempre stata quella cosa al di sopra di tutto. L’amore maledetto, che ora faceva così male.

Il ragazzo smise di giocherellare con la bottiglietta che aveva nella tasca del pesante cappotto rosso e la issò fuori, tenendola per il collo. Era una fiaschetta lunga, dalla forma elegante, riempita di un liquido scuro. Inuyasha la tenne per qualche istante stretta fra le mani, poi svitò il tappo con attenzione: l’odore forte dell’alcool gli colpì le narici nonostante l’infuriare del vento, e il ragazzo non si diede il tempo di pensare: verso il contenuto della fiasca nella nuda terra, dove riposava in eterno l’uomo che amava.

Attese.

Attese ancora, col fiato sospeso.

Il vento si calmò, ma a parte quello non accadde altro per diversi minuti. Dopo un quarto d’ora di attesa, Inuyasha si arrese.

Si morse le labbra, tentando di tenere a freno la cocente delusione che stava sbocciando nel suo petto. No, un ragazzo non poteva perdere a diciannove anni l’amore… perché questo lo portava a fare cose stupide, come versare sulla terra dove era seppellito il suo amore il Resuscita Morti, credendo ad un’insulsa leggenda metropolitana risalente al Chissa-Quando-d.C.

In fondo, quello che aveva versato non era che whisky russo. Alcolico fino all’estremo e una vera legnata per il fegato, ma pur sempre uno stupidissimo whisky. Non certo l’elisir della Resurrezione, che diavolo.

Cretino lui per averci creduto. Stupido, stupido davvero.

Fu allora che le lacrime cominciarono a scorrere sul suo volto. Il gelo intorno al cuore si sciolse un poco, e il ghiaccio squagliato si trasformò nelle lacrime che correvano sulla sua pelle, morendo sul suo mento e cristallizzando le proprie scie come minuscoli fiumi di ghiaccio.

Piangeva per se stesso, per essersi ridotto a credere a stupide leggende popolari. Piangeva per il whisky, che era solo una stupidissima bevanda alcolica. Piangeva per Sesshomaru, che era sotto la terra da quasi quattro mesi e non sarebbe ma più tornato indietro.

Qualche grossa lacrima di Inuyasha bagnò la terra, dove era caduto il liquore, ma il ragazzo non se ne accorse. Voltò le spalle alla tomba, non voleva più nemmeno sentirne parlare. Gli bastavano gli incubi durante la notte, maledizione.

Si era allontanato di qualche passo quando un rumore lo fece fermare all’improvviso. Un suono soffocato, come di qualcosa che si muove sotto una pesante coperta.

Inuyasha girò lentamente la testa verso la tomba di Sesshomaru: le zolle dove era seppellito… si stavano muovendo.

Una talpa,pensò incoerentemente Inuyasha. Però le talpe non ci sono nei cimiteri, giusto? Il custode non lo permetterebbe, vero?

Una zolla di terra più grande esplose verso l’alto, mentre una cosa che sembrava una mano fuoriusciva dal terreno.

Inuyasha rimase immobile. Attonito. Sbalordito.

Le dita, o quelle cose che sembravano dita, si flessero con uno schiocco sinistro, come se stessero tentando di afferrare l’aria. Come se stessero chiedendo aiuto. O come se volessero invitarlo ad avvicinarsi.

Oh mio Dio, non è possibile.

La fiaschetta, che Inuyasha non si era neppure accorto di stringere ancora in mano, cadde nella morbida terra con un suono sordo.

Le dita parvero rispondere a quel rumore flebile, muovendosi con più energia. Un’altra zolla di terra cadde, e il metacarpo consumato della mano fuoriuscì dalla sua prigione di terra, assieme ad un pezzetto di polso. Si vedevano le ossa cubiche, del polso.

Oh mio Dio, non è assolutamente possibile.

“ Inuyasha” disse il vento, e Inuyasha mosse le labbra per rispondere. Tentò più volte di far uscire la voce, ma non ci riuscì. Il richiamo si ripeté più di una volta, sempre in quel tono basso e roco.

Non poteva sbagliarsi. Non poteva assolutamente sbagliarsi.

Quella era la voce di Sesshomaru.

 

 

 

Fine…?

  
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