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Autore: Juuls AmazingEyes    25/04/2010    1 recensioni
"Tutto scivolava via dal mio pelo nero e
morbido, e solo i miei occhi rimanevano nell'oscurità della foresta, solo i miei
occhi in un corpo vuoto." Un'altra dimensione, otto ragazzi, otto antichi
spiriti, otto animali, tre trasformazioni. Un racconto come non se ne sono mai
visti, scava nei meandri della mente umana, tra i confini della realtà e
dell'immaginazione, qualcosa che toglie il fiato e fa smettere di battere il
cuore.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1: Principio

Eccolo. Stava venendo verso di me, così lento da farmi credere che non si muovesse neanche. Continuai a tenere gli occhi semichiusi e il respiro regolare, per dare l’impressione che stessi dormendo. Dovevo decidere cosa avrei fatto appena si fosse avvicinato, e in fretta. Sapevo benissimo che non avrei avuto possibilità in uno scontro corpo a corpo, ero troppo debole fisicamente, mentre il mio avversario era un colosso dotato di una potenza stupefacente. Sentivo i suoi piedi affondare nella terra umida e molla, facendo scricchiolare le foglie cadute. La pietra su cui ero appoggiata era liscia e fredda contro la mia pelle e la posizione scomoda mi aveva addormentato la mano, intrappolata sotto il mio petto. Uno…due…tre…quattro… altri sei passi e sarebbe arrivato a me, dovevo essere pronta. Cinque.. sei… sette… otto… Sentivo le sue dita fremere, la sua pelle raggrinzirsi dall’eccitazione e le gambe tremare. Aveva trovato la sua preda. Nove… “DIECI” urlai balzando in aria e staccandomi dal suolo di almeno tre metri, mentre vedevo il mio avversario tuffarsi nel punto in cui un momento prima c’ero Atterrai alle sue spalle, elegante come sempre, mettendomi in posizione di attacco.
“Alla fine sei venuto, Drums.” gli dissi tagliente.
Lui si voltò lento, con una luce folle negli occhi.
“Non sarei mai potuto mancare ad un appuntamento con te, Juduen.”
“Nessuno ti ha invitato, e non sei per niente gradito.” Sputai fra i denti. Si avvicinò con passo sicuro, ed un andatura troppo scattante per la sua mole. L’istinto mi diceva di arretrare, ma l’orgoglio prese il sopravvento facendomi restare lì, immobile. Tutti i miei sensi erano all’erta, ogni singola particella del mio corpo urlava “pericolo”, ma il mio spirito da combattente rispondeva “ce la posso fare”. Veloce, Drums si piazzò dietro di me, girandomi il polso dietro la schiena e bloccando ogni via di fuga. Affondò il naso nei miei capelli corti, inspirò, come si fa con la droga, poi si staccò da me per parlare.
“Hai sempre avuto un buon odore, ragazza.”
“Peccato che io non possa dire lo stesso di te.”- storsi il naso- “Da quant’è che non ti fai una doccia, amico? Hai forse paura dell’acqua?”
“Ed hai sempre avuto la lingua tagliente” Mi prese il mento con la mano libera, costringendomi a guardarlo.
“Non sei un bel panorama.”
“Sono i disagi del mestiere.” Un sorriso comparve sul suo volto segnato dal tempo e dalle cicatrici, che come fiumi in piena solcavano il suo viso rugoso, simile ad una catena di monti. La luce folle nei suoi occhi non si era spenta ma, se è possibile, si era accesa ancora di più. Dovevo fare qualcosa, perché non avevo nessuna intenzione di farlo vincere. E sapevo cosa avrebbe fatto, se io avessi perso. Dovevo usare la mia forza più grande, quella che mi aveva sempre permesso di sopravvivere: la mia testa. Cercai di addolcire il tono di voce, rendendolo vellutato e sinuoso, come solo una donna sa fare.
“Ti diverti a guardarmi?” chiesi facendo la boccuccia a cuore e gli occhi dolci. Bleah.
Sogghignò, abboccando.
"A quanto pare.."- disse scrutando ogni centimetro del mio viso, quasi scansionando ogni goccia di sudore che nasceva sulla mia pelle.
“Ma cosa ti piace guardare in particolare?” Mi guardò, con la bava alla bocca, e non so cosa mi aveva trattenuto dal tirargli uno calcio dritto nella zona calda. Forse l’istinto di sopravvivenza. Sembrava un vecchio cane bavoso che aveva visto per la prima volta dopo tanto un pezzo di carne, cotta a puntino e dall’odore invitante.
“I.. tuoi occhi sono.. bellissimi.” ansimò.
C’era cascato come un pollo. Sbattei le ciglia e spalancai gli occhi.
“Senti.. Sono un po’ scomoda così, non riesco neanche a vederti.” Finsi di lamentarmi.
“Ci vuole ben altro per mettermi nel sacco, volpe.”
“Ma no, basta che mi lasci libero il braccio, inizia ad addormentarsi!”
“Ti tengo dalle spalle.”
Ci mise un nanosecondo a lasciare la presa sul mio braccio e trasferirla sulle spalle, ma mi bastò. Sfuggii velocissima da lui, poi lo feci inciampare con uno sgambetto. Cadde a terra molto pesantemente e, come una tartaruga rivoltata sul dorso, era così grosso da non riuscire ad alzarsi. Spiccai un salto sopra di lui e atterrai affondando il ginocchio nel punto X, tanto per calmargli i bollenti spiriti. Dopo quella botta perse i sensi e io ne approfittai per riprendermi ciò che mi aveva sottratto: il mio ciondolo Ginseka. Più qualche soldo. Mi riallacciai il prezioso oggetto al collo, dove era sempre stato. Quando il freddo zaffiro toccò la mia pelle, mi senti pervadere da brividi di freddo, che stavano a simboleggiare il riacquisto di potere. Mi voltai, saltai in aria e mi trasformai. Un lampo di luce color ghiaccio mi avvolse per poi svanire una volta atterrata. Con le sembianze di gatto, corsi al di fuori della radura, sperando che nessuno mi avesse visto cambiare aspetto. Il gatto selvaggio che era in me adesso aveva sprigionato la sua potenza, e l’istinto era diventato più importante della ragione. Corsi via, veloce più di un giaguaro, cosa molto insolita per un gattino delle mie dimensioni. Ma io non ero un banale felino... no, io ero la reincarnazione dello spirito antico di Neko-inah, la dea-gatto, ed insieme alle altre otto reincarnazioni avevo un compito. Tutto questo l’avevo scoperto solo oggi, 22 dicembre, giorno del mio sedicesimo compleanno. Eamio, mio nonno, mi aveva svelato il segreto della mia natura. Da sempre ero stata una ragazza molto combattiva, agile e fiera, profonda. Dotata di un’astuzia impareggiabile, tipica dei felini, con sensi sviluppati oltre ogni limite, ero cresciuta come tante bambine del mio villaggio. Ma nella dimensione di Torihoko, dove tutto l’universo aveva avuto inizio, le cose inconsuete erano sempre fondamentali. Quando ancora stavo cercando di capacitarmi di tutto ciò, un gruppo di uomini della "Stella del Crepuscolo2 aveva fatto incursione alla festa, costringendomi a fuggire e distruggendo la mia famiglia. Non avevo avuto tempo di piangere i miei cari, perché nel giro di poche ore ero diventata una ricercata. Come avevano fatto quelli della "Stella del Crepuscolo" a sapere della mia vera natura prima di me, ancora rimaneva un mistero ai miei occhi. Quel ciondolo che da piccola credevo solo un semplice gioco, che tante volte avevo fatto cadere oppure dimenticato, adesso era tutta la mia vita e non potevo separamene. Per questo, quando Drums, emissario della potente setta me lo aveva sottratto, avevo fatto di tutto per attirarlo in una trappola e riprendermelo. Quell’energumeno però, non voleva riportarmi dal suo padrone. Da essere vomitevole e disonesto quale era, avrebbe detto che ero morta, caduta da un precipizio o sbranata dagli animali, ma in realtà mi avrebbe tenuta prigioniera, solo per far di me ciò che voleva. Correvo veloce e i miei pensieri si disperdevano col vento, che mi raccontava di danze, canti, parole e speranze di gente normale, che non aveva nulla di cui preoccuparsi se non di cosa avrebbe fatto domani. Io, invece, avevo indossato l’abito da guerriera e non l’avrei più tolto. Prima dell’attacco, Eamio mi disse che dovevo assolutamente trovare il campo di addestramento dove colui che mi aveva donato il ciondolo allenava gli altri sette ragazzi. Io, mi aveva detto nonno, ero l’ultima e la più giovane. Correndo così, insieme al vento, non mi preoccupavo più di ciò che era stato o ciò che sarà. La mia mente ormai era vuota e il mio cuore era indurito. Tutto quell’orrore che avevo visto, le facce della mia famiglia che moriva per proteggermi, avevano avuto in me l’effetto di un anestetico. Tutto scivolava via dal mio pelo nero e morbido, e solo i miei occhi rimanevano nell’oscurità della foresta, solo i miei occhi in un corpo vuoto.

  
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