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Autore: Tynuccia    27/04/2010    3 recensioni
[Gundam SEED / Gundam SEED Destiny] Il peggio, comunque, arrivò quando gli adulti costrinsero i due a chiudersi nella camera di lei, per giocare.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beata Innocenza

 

*

 

 “Mi raccomando, Yzak,” iniziò a raccomandarsi Ezalia Joule, abbassandosi per sistemare la cravatta celeste al collo del bambino. Gli passò una mano sulla guancia paffuta, prima di sorridere confidente. “Vedi di non fare il cattivo, come al solito. Questi signori sono amici miei e di tuo padre e non vorremmo perderli solo perché sei una peste.”

Il tono mezzo serio e mezzo divertito che usò la donna fece desistere il piccolo albino dall’iniziare a scatenarsi e distruggere gli interni della loro limousine a morsi, e non imprecare, visto che di parolacce ne sapeva giusto due: scemo e cavoli. Ed entrambe sarebbero state estremamente offensive nei confronti della sua mamma.

 “Sì, giovanotto,” intervenne suo padre Henry, distogliendo l’attenzione dal bel volto della moglie. Gli scoccò un sorriso ed allungò la mano per scompigliargli affettuosamente i capelli fini. “Non fare come l’ultima volta, a casa del Comandante Rolle, ed andrà tutto bene.”

Memore dell’occhio nero che aveva procurato a quel damerino dai capelli viola che era il figlio del soldato di ZAFT, Yzak dovette reprimere un ghigno fin troppo malvagio per un bambino della sua età e si limitò a stringersi nelle spalle.

 “Questi Hahnenfuss hanno un qualche moccioso come gli altri?” domandò, curiosamente. Era abituato a dover trovare nei figli degli amici dei suoi genitori nuovi compagni di gioco e la cosa era andata in porto solo con Dearka Elthman ed Athrun Zala, sebbene avrebbe sicuramente venduto il suo amato orsetto Rudolphe piuttosto che ammetterlo ad alta voce; con Nicol Amalfi e Lacus Clyne le cose erano state più traumatiche e, a casa del primo, si era addormentato mentre il piccolo si destreggiava tra le note di un mastodontico pianoforte nero, mentre la seconda gli aveva urtato non poco i nervi, con i suoi modi di fare fin troppo zuccherosi ed ingenui. Che fosse graziosa l’aveva notato subito, ma il primo sorriso che gli aveva rivolto gli aveva fatto praticamente cariare i denti.

 “Un’adorabile signorina,” disse Ezalia, aiutandolo a scendere dalla macchina. Davanti a loro vi era una villa sfarzosa, come era solito notare quando si visitava la dimora di ogni membro del Consiglio Supremo di PLANT. “Spero ti piacerà. Chissà che, magari, un giorno voi due non vi sposiate.”

 “MADRE!” protestò Yzak, battendo un piede per terra, stizzito. “Lo sai che io non mi sposerò mai e che diventerò un ricercatore con Rudolphe!”

Henry scoppiò a ridere, sporgendosi per suonare il campanello ed Ezalia roteò gli occhi, scettica, prima di attirare a sé il piccolo in un abbraccio materno che lo fece avvampare fino alla punta dei capelli.

 Dopo alcuni secondi la porta si aprì ed una domestica, alta e secca, con l’aria austera e le labbra sottili strette in un’espressione severa, apparve davanti a loro. Fece un inchino decisamente profondo, che stupì Yzak come mai, prima di fare cenno loro di seguirla all’interno dell’abitazione.

Thea, questo il nome della donna, li condusse fino alla sala da pranzo, dove tre persone erano in piedi, posizionate in maniera che lasciava intendere che forse, di lì a breve, sarebbe arrivato un fotografo per un ritratto di famiglia.

 “Grazie, Thea,” disse l’uomo, con lunghi capelli castani. “Ezalia, Henry! È un piacere avervi finalmente qua.”

 “Possiamo dire lo stesso, Theodore,” disse il Consigliere Joule, sorridendo lusingata quando il tedesco si chinò davanti a lei, prima di stringere la mano al marito ed invitarlo nel suo studio per parlare di cose da uomini davanti ad un buon bicchiere di brandy.

 “Okaa-san?” parlò dopo qualche secondo la bambina che stava davanti ad una bellissima donna dai tratti somatici orientali e con i capelli corvini raccolti in una crocchia sulla sommità della testa. La piccola, comunque, era il ritratto del padre, occhi a mandorla e color ametista a parte. Aveva due trecce che le cadevano morbide sul petto ed un delizioso abitino estivo color miele, con parecchie balze e senza maniche. Tirò la gonna della donna, facendo un cenno di capo ai loro ospiti. “Perché quella bambina ha potuto mettersi i pantaloni e io no?”

 “Quale bambina, Shiho-chan?” domandò Kokoro, rannicchiandosi davanti alla figlia. “E non osare indicare perché giuro che chiamo il mostro delle dita.”

Impaurita, la piccola si stropicciò le mani e strascicò il piede per terra, abbassando lo sguardo. “La figlia dei signori Joule.”

Nella stanza calò un imbarazzante silenzio, fin quando Ezalia scoppiò in una risata divertita, imitando le movenze della giapponese e posando entrambe le mani sulla testa di Yzak, sicura che se non l’avesse fatto lui sarebbe corso dall’altra e l’avrebbe riempita di calci e pugni, incurante del fatto che fosse un mini-esponente del gentil sesso. Anzi, a maggior ragione… “Shiho, mia cara. Questo è Yzak, mio figlio.”

La bambina fece scattare la testa e spalancò gli occhi in direzione degli ospiti, per poi alzarli sulla madre, che si risolse ad annuire, divertita a sua volta dall’errore appena commesso. “O-oh… sembra proprio una femmina,” continuò Shiho, portandosi le mani sulle guance, senza sapere che la sua innocente curiosità l’avrebbe sicuramente cacciata in guai grossi. “Perché non gli taglia i capelli, signora Joule? Avete problemi di soldi? Okaa-san, non possiamo prestarglieli noi in caso?”

 “Shiho-chan,” rise Kokoro, togliendole qualche ciuffo della frangia dagli occhi. “Non è carino quello che stai dicendo. Probabilmente Ezalia-san preferisce quel taglio per il suo bambino, non è vero?”

La donna si risolse ad annuire, scossa da risate a sua volta. Aumentò la presa sul capo del figlio, che ormai scalpitava per poter uccidere quella bamboccia con il fermaglio a forma di fiore tra i capelli castani. “Ti assicuro che senza questo caschetto sarebbe bruttissimo. Invece, così, è carino. No? Cosa ne pensi, Shiho?”

Lei si concesse qualche secondo per poter ammirare il suo compagno di giochi per quella serata e si strinse nelle spalle, nascondendo le braccia dietro la schiena. “Abbastanza. Anche se il figlio degli Zala è molto più bello, vero okaa-san?”

 “Sono due tipi diversi di fascino,” spiegò Kokoro, che aveva notato il nuovo tic all’occhio destro del piccolo albino dopo quell’ennesimo innocente commento.

Bene o male, la serata trascorse tranquillamente. La giapponese si premurò di tappare la bocca della figlia con del cibo ogni volta che iniziava con i suoi sermoni esagerati e la francese fece di tutto per trattenere il figlio, ormai ai limiti della sopportazione umana. Il peggio, comunque, arrivò quando gli adulti costrinsero i due a chiudersi nella camera di lei, per giocare.

 “Ci sono troppe bambole,” si lamentò Yzak, incrociando le braccia sul petto e buttandosi sul letto enorme. “Sei proprio una femmina.”

 “Ti sembrava il contrario?” ritorse lei, accomodandosi al suo fianco e facendo dondolare i piedi nell’aria. “A differenza tua, io non assomiglio a uno dell’altra specie!”

 “Sei una scemetta!” ringhiò l’albino, afferrando uno dei corti ciuffi che le incorniciavano il volto pallido. Lo strattonò ed ascoltò soddisfatto l’urlo che uscì dalle sue labbra. Avrebbe voluto fare lo stesso con quei due peli rosa che Lacus Clyne si ritrovava in testa, ma la bambola umana non gli aveva mai dato motivo di perdere effettivamente le staffe; la figlia degli Hahnenfuss, invece, aveva messo alla prova la sua inesistente pazienza da che gli aveva messo gli occhi addosso.

 Dopo il perforante suono, comunque, Shiho si divincolò e portò la bocca sulla guancia del compagno di giochi, mordendogli la pelle con il poco vigore che si ritrovava in corpo, agitando le braccia in aria mentre lui continuava con la sua tortura verso la sua bella chioma, ma comunque schiamazzando, dolorante.

 Trascorso un quarto d’ora, i Joule e gli Hahnenfuss entrarono nella stanza, alla fine dei loro discorsi riguardanti PLANT e la sua delicata situazione, e sorpresero i figli sul letto, intenti a picchiarsi come due dannati, usando sia gli arti che i denti.

 “YZAK!” urlò Ezalia, mentre Henry afferrava il bambino e lo toglieva dall’altra wrestler improvvisata. Una volta con i piedi per terra sbuffò e non spiccicò parola.

 “Theodore, Kokoro, ci dispiace,” si scusò l’uomo, con un inchino. “Siamo mortificati.”

 “Oh, no,” si affrettò a dire la giapponese, alzando le mani dal braccio del marito. “Giudicando la beata innocenza di Shiho-chan devo ammettere che Yzak-kun è stato fin troppo paziente.”

La bambina si rimise a sedere sul letto, facendo vagare gli occhi fino al volto pieno di graffi dell’altro, ancora immerso nel suo silenzio. “Ciao.”

 “Ciao,” rispose, senza guardarla. Seguì i genitori, meno preoccupati e meno furenti dopo le parole della signora Hahnenfuss, e si godette il viaggio in macchina fino a casa.

 Quando Ezalia gli rimboccò le coperte e gli diede un bacio leggero sulla fronte, lui alzò le corte dita per sfiorarle la guancia e distogliere il suo sguardo di ghiaccio.

 “Se volete portarmi ancora a casa di quelli… va bene,” mormorò con le gote rosse.

 “Come vuoi, amore mio,” sussurrò la donna, con un sorriso smagliante. Si chiuse la porta alle spalle, proprio mentre Yzak abbracciava il suo Rudolphe e gli raccontava la sua serata, andata inaspettatamente bene.

 “Quella Shiho è una scema,” esordì, appoggiando la bocca contro l’orecchio dell’orsetto. “Però mi ha insegnato tre parolacce nuove: cretino, stupido e caccola. Dici che dovrei farmela piacere?”

Seguì l’ovvio silenzio del peluche, che il piccolo Yzak interpretò come una risposta positiva alla sua domanda. Per una volta tanto si addormentò con il sorriso sulle labbra.

 

*

 

Yzak e Shiho si guardarono, al termine del racconto di Ezalia, imbarazzati oltre ogni limite mentre i loro figli, Shirley e Alexandre, quasi si ribaltavano dal ridere.

 “Hai morso il papà?” domandò il bambino di quattro anni, rischiando di cadere dalla sedia. “Posso farlo anche io, mamma?”

Shiho sospirò, sporgendosi verso di lui ed accarezzandogli i capelli castani, tagliati esattamente come quelli del marito. “No, amore. Ho sbagliato all’epoca, e così vale per lui, vero tesoro?” domandò, voltandosi verso di lui.

Yzak annuì convinto, accogliendo Shirley in braccio, che aveva uno sguardo curioso, simbolo di una domanda che probabilmente scalpitava per uscire dalle sue labbra. “C’è qualcosa che vuoi dire, Principessa?”

 “Sì!” squittì la piccola di cinque anni e mezzo, aggrappandosi al collo del genitore, mentre si voltava per sorridere raggiante alla madre. “Quindi, in questo momento e con quella capigliatura buffa, Alex assomiglia a una femmina? Come il papà?”

Yzak si battè la mano libera sulla fronte, mentre Shiho cercava di trattenere il piccolo, che già voleva andare a picchiare selvaggiamente la sorella.

 “Bene, credo che me ne andrò a dormire,” annunciò pacatamente Ezalia, alzandosi dalla poltrona e mandando un bacio a tutti con la mano. “È bello avervi in vacanza su Martius.”

La coppia ringhiò simultanemente, maledicendo mentalmente l’ex-Consigliere per averli prima cacciati nei guai con i suoi racconti e poi lasciati da soli a sbrogliare la matassa che la sua nostalgia per i bei tempi andati aveva creato.

  
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