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Autore: pralinedetective    29/04/2010    3 recensioni
Quella sera avesti la tentazione di offrirgli un sorso di birra, così, senza ragione.
Poi cambiasti idea – una persona la cui clessidra è stata bucata con un trapano e che s’impegna ora a lucidare per bene ogni singolo granello di sabbia... Okay, no, non sul serio. Un ragazzino che ti è stato affidato, del quale devi prenderti cura, dovrebbe anche rubarti la birra?

[Dedicata a Mitsuki19]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kazuhiko Yukimi, Yoite
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[Scritta solo ed esclusivamente per Elisa]

La citazione (un po’ modificata) che vi sfido a riconoscere è di Eddie Braben, la stessa che pensavo di utilizzare per una oneshot chilometrica, AU e non così pesante Yoite/Miharu. Forse riciclerò l’idea e più avanti nel tempo posterò, però in questo momento non ho proprio voglia XD E poiii, grazie a Furio per il tocco di classe finale *w* [XD] E poiii... un titolo inutile che non c’entra una bega – ascoltavo la colonna sonora di Bleach e sì, me ne sono resa conto, il brano non c’entra nulla con la fict XD O meglio...

Buona lettura? Buona lettura.
















Nube negra.

Non ti rivolgevi spesso a quel moccioso, forse più che altro perché non esisteva alcun moccioso con cui parlare. Qualche volta ti prendeva la tentazione di cominciare a raccontare, ricordare episodi che non avessero nulla a che fare gli uni con gli altri, solo per il gusto di scoprire a che punto potessero arrivare la sua capacità di sopportazione e quello sguardo impassibile, il volto praticamente inespressivo.
Ti dicevi che sarebbe stata una crudeltà lontana dalla tua natura, che ti saresti sentito come uno stupido che tormenta con l’ombrello chiuso una bestia stanca e moribonda chiusa in una gabbia – “Pur sempre una bestia,” pur sempre esausta.

C’erano volte in cui rischiavi di dimenticare la sua presenza, seduto alla scrivania e assorbito dal lavoro; erano stati registrati altrettanti casi nei quali semplicemente evitavi di rivolgergli la parola per scoprire se avrebbe fatto lo stesso o avrebbe sofferto la solitudine.
Un ragazzino montato, lo sguardo di un adulto e la romantica disperazione di un adolescente. Non volevi sapere cosa si celasse dietro quella personalità del tutto particolare: sicuramente non erano i mezzi a mancare né la curiosità, però il pensiero del dopo... Guardarlo allo stesso modo, ancora capace di combattere al suo fianco – temevi che non si sarebbe rivelato affatto semplice.
Se trascorrere, rischiare la vita con qualcuno che non si conosce è pericoloso, pensavi, dieci volte più dannoso sarebbe il contrario.

Preferivi quindi non sapere il perché dei suoi comportamenti, saresti sopravvissuto anche senza scavare nel suo passato alla ricerca di qualcosa che avrebbe fatto del male a entrambi. A te, l’uomo grande, forte, responsabile, e a lui, il bocciolo reciso e destinato a morire prima di poter vivere.
Non volevi neppure dover immaginare la ragione delle sue parole, il suo attaccamento morboso alla vita (altrui), il pensiero costantemente rivolto alla morte (propria, di altri, perché fare distinzione quando non v’è più nulla?). Rispondevi alle sue domande, rarissime, tanto strane, come un padre che prende spunto dalle intuizioni filosofiche del figlio e ci gioca, rende lo stesso concetto con altre parole per rendergli tutto più chiaro e al tempo stesso stupirlo.

Quella sera avesti la tentazione di offrirgli un sorso di birra, così, senza ragione.
Poi cambiasti idea – una persona la cui clessidra è stata bucata con un trapano e che s’impegna ora a lucidare per bene ogni singolo granello di sabbia...
Okay, no, non sul serio. Un ragazzino che ti è stato affidato, del quale devi prenderti cura, dovrebbe anche rubarti la birra?

Eresia.

«Che cosa vorresti far incidere sulla tua lapide?»
La sua voce era bassa, e le parole insieme producevano un suono strano, particolare, quasi la frase fosse stata formulata più volte in cerca dell’ordine corretto e del significato più aderente al reale.
Restasti in silenzio, guardando fisso Yoite che, a propria volta, teneva la testa bassa e lo sguardo fisso sulla tazza di limonata che aveva di fronte. La posizione nella quale eri stato colto era fastidiosa, così ti sedesti a gambe incrociate di fronte a lui: cercavi di sforzarti di capire perché preferisse stare a terra piuttosto che su una qualsiasi superficie, fosse il divano o anche una semplice giacca stesa a mo’ di tappeto.

Ora più comodo, le braccia appoggiate alle ginocchia, attendevi che il tuo compagno alzasse gli occhi; per quanto inquietante e poco di compagnia, per quanto poco più di un bambino, per quanto nulla più di un bambino spaventato, restava una persona capace di utilizzare il Kira, restava che era stato lo stesso capo ad affidarlo alle tue cure.

«”Torno fra cinque minuti,” ecco che ci vorrei scritto».
Per un istante pensasti di doverti alzare con fare teatrale e tornare al tuo lavoro: rimanesti invece al tuo posto, le labbra serrate. Poi, Yoite cedette, poggiò ancora una volta la tazza e si abbracciò le gambe, stringendole al petto.
Sospirasti, prendendo un sorso di limonata al posto suo.
«Non pensi che sia una buona idea, ragazzino?»

 

 

 

[La maggior parte degli uomini sono come una foglia secca, che si libra nell'aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri, pochi, sono come le stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c'è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino.

Herman Hesse]

  
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