[Scritta solo ed
esclusivamente per Elisa]
La citazione (un
po’ modificata) che vi sfido a
riconoscere è di Eddie Braben, la stessa che pensavo di
utilizzare per una
oneshot chilometrica, AU e non così pesante Yoite/Miharu.
Forse riciclerò
l’idea e più avanti nel tempo posterò,
però in questo momento non ho proprio
voglia XD E poiii, grazie a Furio per il tocco di classe finale *w* [XD] E poiii... un titolo inutile che non c’entra una
bega – ascoltavo la
colonna sonora di Bleach e sì, me ne sono resa conto, il
brano non c’entra
nulla con la fict XD O meglio...
Buona lettura?
Buona lettura.
Nube negra.
Non ti rivolgevi
spesso a quel moccioso, forse
più che altro perché non
esisteva alcun moccioso con cui
parlare. Qualche volta ti prendeva la tentazione di cominciare a
raccontare,
ricordare episodi che non avessero nulla a che fare gli uni con gli
altri, solo
per il gusto di scoprire a che punto potessero arrivare la sua
capacità di
sopportazione e quello sguardo impassibile, il volto praticamente
inespressivo.
Ti dicevi che sarebbe stata una crudeltà lontana dalla tua
natura, che ti
saresti sentito come uno stupido che tormenta con l’ombrello
chiuso una bestia
stanca e moribonda chiusa in una gabbia – “Pur
sempre una bestia,” pur sempre
esausta.
C’erano
volte in cui rischiavi di
dimenticare la sua presenza, seduto alla scrivania e assorbito dal
lavoro;
erano stati registrati altrettanti casi nei quali semplicemente evitavi
di
rivolgergli la parola per scoprire se avrebbe fatto lo stesso o avrebbe
sofferto la solitudine.
Un ragazzino montato, lo sguardo di un adulto e la
romantica disperazione
di un adolescente. Non volevi sapere cosa si celasse dietro quella
personalità
del tutto particolare: sicuramente non erano i mezzi a mancare
né la curiosità,
però il pensiero del dopo... Guardarlo allo stesso modo,
ancora capace di
combattere al suo fianco – temevi che non si sarebbe rivelato
affatto semplice.
Se trascorrere, rischiare la vita con qualcuno che non si conosce
è pericoloso,
pensavi, dieci volte più dannoso sarebbe il contrario.
Preferivi quindi
non sapere il perché dei
suoi comportamenti, saresti sopravvissuto anche senza scavare nel suo
passato alla
ricerca di qualcosa che avrebbe fatto del male a entrambi. A te,
l’uomo grande,
forte, responsabile, e a lui, il bocciolo reciso e destinato a morire
prima di
poter vivere.
Non volevi neppure dover immaginare la ragione delle sue parole, il suo
attaccamento morboso alla vita (altrui),
il pensiero costantemente rivolto alla morte (propria,
di altri, perché fare distinzione quando non
v’è più nulla?).
Rispondevi alle sue domande, rarissime, tanto strane, come un padre che
prende
spunto dalle intuizioni filosofiche del figlio e ci gioca, rende lo
stesso
concetto con altre parole per rendergli tutto più chiaro e
al tempo stesso
stupirlo.
Quella sera
avesti la tentazione di
offrirgli un sorso di birra, così, senza ragione.
Poi cambiasti idea – una persona la cui clessidra
è stata bucata con un trapano
e che s’impegna ora a lucidare per bene ogni singolo granello
di sabbia...
Okay, no, non sul serio. Un ragazzino che ti è stato
affidato, del quale devi
prenderti cura, dovrebbe anche
rubarti la birra?
Eresia.
«Che
cosa vorresti far incidere sulla tua
lapide?»
La sua voce era bassa, e le parole insieme producevano un suono strano,
particolare, quasi la frase fosse stata formulata più volte
in cerca
dell’ordine corretto e del significato più
aderente al reale.
Restasti in silenzio, guardando fisso Yoite che, a propria volta,
teneva la
testa bassa e lo sguardo fisso sulla tazza di limonata che aveva di
fronte. La
posizione nella quale eri stato colto era fastidiosa, così
ti sedesti a gambe
incrociate di fronte a lui: cercavi di sforzarti di capire
perché preferisse stare
a terra piuttosto che su una qualsiasi superficie, fosse il divano o
anche una
semplice giacca stesa a mo’ di tappeto.
Ora
più comodo, le braccia appoggiate alle
ginocchia, attendevi che il tuo compagno
alzasse gli occhi; per quanto inquietante e poco di compagnia, per
quanto poco
più di un bambino, per quanto nulla più
di un bambino spaventato,
restava una persona capace di utilizzare il Kira, restava che era stato
lo
stesso capo ad affidarlo alle tue cure.
«”Torno
fra cinque minuti,” ecco che ci
vorrei scritto».
Per un istante pensasti di doverti alzare con fare teatrale e tornare
al tuo
lavoro: rimanesti invece al tuo posto, le labbra serrate. Poi, Yoite
cedette,
poggiò ancora una volta la tazza e si abbracciò
le gambe, stringendole al
petto.
Sospirasti, prendendo un sorso di limonata al posto suo.
«Non pensi che sia una buona idea, ragazzino?»
[La
maggior parte degli
uomini sono come una foglia secca, che si libra nell'aria e scende
ondeggiando
al suolo. Ma altri, pochi, sono come le stelle fisse, che vanno per un
loro
corso preciso, e non c'è vento che li tocchi, hanno in se
stessi la loro legge
e il loro cammino.
Herman
Hesse]