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Autore: Seppy    02/05/2010    2 recensioni
"Chi sono...questa è una delle domande che continuo a pormi, giorno dopo giorno, perché non so proprio chi io sia".
Il passato di Vivi Orunitia che non è mai stato ben descritto nel gioco, secondo il mio pensiero e le mie idee.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vivi Orunitia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sorrow - The Diary Of Vivi Orunitia
Chi sono...questa è una delle domande che continuo a pormi, giorno dopo giorno, perché non so proprio chi io sia. Respiro, mi nutro, mi piace giocare come tutti i bambini, ma non cresco e non ho l’aspetto di un umano.
Ricordo benissimo quel giorno, quando Quan mi salvò la vita, quest’inutile esistenza, e stranamente gli sono comunque grato. Mi pescò un giorno di sei mesi fa, nascosto in un fiume di nebbia, una coltre tanto fitta, come quella che annebbia la mia mente che non mi permette di leggere la mia memoria. Non ricordo chi io sia stato prima di essere salvato, come se la mia vita iniziasse proprio da quel giorno. Provo a ricordare il passato, quello che accadde alla mia nascita, ma niente, sempre un velo di nebbia che oscura tutto.
Ormai ho una vita nuova, il mio nome è Vivi Orunitia, e vivo con il mio nonnino Quan. Molte volte mi siedo sul pendio su cui mi trovò, e guardo continuamente di sotto notando solo nebbia, ormai m’immedesimo in essa, come se io stesso fossi fatto di quella roba.
Il mio sguardo era sempre triste, malinconico, anche di carattere ero molto timido e chiuso, cosi tanto che adesso sono balbuziente. Il nonnino quando mi vedeva così si preoccupava, si sedeva accanto a me, facendo respiri profondi. Mi metteva una mano sulla spalla, guardandomi negli occhi con quella sua buffa faccia, che quasi mi mettevo a ridere solo per quello. Senza che io gli dicessi nulla riusciva a capire cosa provavo, cosa pensavo, ma non era difficile da immaginare dopotutto.
“Devi capire che la vita è un dono e dobbiamo essere tutti felici di questo. E se esistiamo, è perché siamo destinati a grandi cose”. Questa frase mi rimase impressa nella testa, vivere era bello, ma soffrivo, sempre solo, senza amici, senza simili. Ognuno esiste perché è destinato a compiere grandi cose, quando gli chiesi cosa intendesse esattamente mi rispose con degli esempi alquanto particolari. “Vedi questa farfalla Vivi? Prima era un bruco, che non aveva uno scopo nella vita, ma ha lottato cosi tanto da diventare una bellissima farfalla. Ora sta compiendo il suo destino, ovvero rendere il mondo più bello”.
Forse sono anch’io un bruco che deve solo evolversi? Mi sento così inutile, non sono per nulla sociale, non sono bello come una farfalla, so solamente pensare. Alla mia età i bambini passano la maggior parte del tempo a giocare, mentre io penso, ecco un'altra cosa che mi rende “diverso”. Il nonnino mi diceva che pensare non vuol dire essere diversi, ma essere persone più mature e intelligenti. Mentre eravamo su quel pendio, gli dissi “Come puoi provare che esisti...? Forse non esistiamo...”, era una mia citazione si può dire, e lui sembrò deciso a farmi cambiare idea.
Un giorno mi fece entrare nella sua biblioteca, il nonnino era uno studioso di filosofia. Diceva che se studiavo tale materia forse potevo capire qualcosa di più sull’esistenza e mi avrebbe tirato su di morale. Passavo i giorni a leggere in quella biblioteca, grandi filosofi come Socrate o Platone, quell’argomento mi faceva sentire “vivo”. Secondo Cartesio il solo fatto di pensare prova la nostra esistenza, e questo mi faceva capire che sono qualcuno in questo mondo. Uno delle citazioni che mi colpì di più, però fu quella di Socrate: “Conosci chi sei e non presumere di essere di più”. Tornai dal nonno, chiedendogli come potessi scoprire chi ero, e lui mi rispose con una semplice affermazione: “Vivendo la vita”. Iniziai così a uscire di nascosto dalla grotta in cui vivevo con il nonno, facendo lunghe passeggiate nelle pianure dell’altopiano della nebbia. Rimanevo in piedi sul precipizio a osservare l’orizzonte e sotto i miei piedi, la nebbia, ormai non so se la odio o la adoro per quanto ci penso. Il tramonto, poi, è stupendo, mi riscalda il cuore al sol vederlo, una visione davvero bella e rassicurante.
Lì vicino c’era Toleno, la città dalla notte eterna che non dorme mai, sempre illuminata dalle luci, e con una visione delle stelle magnifica. Il nonnino mi diceva di non andare in quella città, perché era pieno di persone che non trattava per nulla bene coloro diversi da loro. Disobbedii e ci andai, dovevo vivere la mia vita e scoprire cose nuove, e quel giorno la mia vita cambiò radicalmente.
I bambini m’ignoravano, anzi, mi spingevano senza chiedere scusa, agli adulti non interessavo per nulla, tutti borghesi aristocratici. La città era colma di gente, ed io in mezzo a tutti loro mi sentivo completamente solo, una sensazione davvero dolorosa. Mentre ero lì a deprimermi in mezzo alla folla, alcuni bambini bulletti mi presero di mira, offendendomi con le parole più assurde che laceravano la mia anima sensibile. Non riuscivo nemmeno a piangere, non ho mai pianto, forse non ne sono capace, per questo non riesco a sfogarmi e sto male. Loro continuavano ed io decisi di farmi forza, dimostrare che ero qualcuno, uno di loro insomma.
Mi alzai e urlandogli di smetterla allungai le mani: da esse si creò una sfera di fiamme che andò contro una cassa, prendendo fuoco. I bulletti scapparono, io caddi a terra incredulo, mi guardavo le mani e tremavo, che razza di mostro ero? Tornai a casa il più in fretta possibile, spiegando al nonno cos’era successo, che dalle mie mani era uscito del fuoco vivo. Saggio com’era, seppe darmi una spiegazione: io ero in grado di utilizzare la magia nera, un’arte oscura molto potente. A sentirla mi sembrava una maledizione, mi sentivo una persona cattiva ed io non volevo affatto esserlo. A quel punto il nonno mi mise le mani sulle spalle e disse “La magia nera è un dono e sarai tu a decidere se usarla per il bene o per il male”. Quelle parole mi furono di conforto, ma avevo paura di non poter controllare la magia, potevo recare danni a me e agli altri. Dopo quel giorno non utilizzai più la magia, preferii vivere senza farne uso, ed ero ancora lontano dallo scoprire il motivo della mia esistenza.
Una notte il nonno mi salutò e prima di andarsene mi disse “Ti voglio bene Vivi...spero veramente che tu possa trovare la tua ragione di vita, come io trovai la mia”.
Questo accadde una settimana fa.
L’indomani mi svegliai e scoprii una cosa spiacevole, che mi fece sentire “morto”. Il nonnino continuava a dormire e nemmeno scuoterlo o urlare lo faceva muovere, purtroppo era deceduto. Non volevo crederci. Corsi sul pendio e lì finalmente, per la prima volta nella mia esistenza, piansi lacrime di dolore. L’unica persona che mi amava, che credeva in me, che mi aveva convinto a vivere e andare avanti, ora era morta.
Con forza e rammarico spostai il suo corpo e lo seppellii appena fuori dalla grotta, inginocchiandomi sulla sua tomba e piangendo ancora. Non dimenticherò mai le sue ultime parole, quelle che mi disse la sera prima di andarsene, lui aveva trovato la sua ragione di vita, ora toccava a me, ma non mi sentivo per nulla pronto. Continuai a rimanere triste, non mangiavo più per il dolore, ormai non avevo più voglia di vivere, e fu allora che avvenne un vero e proprio miracolo. Mi apparve lo spirito del nonnino, arrabbiato perché continuavo a piangere più del dovuto, ma io cosa potevo fare? “Non piangere Vivi, sii uomo. Il mio destino era di salvarti e crescerti, ora voglio che tu impari a vivere da solo, non rendere la mia morte invano”.
Dopo quelle parole lo spirito scomparve, non so se fosse un sogno o una vera apparizione, ma fu grazie a quelle parole che decisi di viaggiare. Andai a Toleno, ormai non avevo più ragione di stare nella grotta completamente solo, dovevo trovare la mia ragione di vita. Lì incontrai un uomo, vendeva un biglietto per una commedia teatrale intitolata “Sarò il tuo passerotto” di Eiborn. Non ebbi mai la possibilità di vedere un’opera, inoltre nel prezzo era incluso anche un viaggio per Alexandria, una delle capitali del mondo. Decisi di comprarlo, ormai ero indipendente, e fu cosi che il mio viaggio incominciò.
Domani partirò per il viaggio per cercare il mio destino, e quando lo avrò trovato e compiuto lo scriverò qui, su questo diario...

*tre anni dopo*

Ormai sono tre anni che viaggio e finalmente posso dire di essere felice.
Ad Alexandria conobbi delle persone davvero buone, che per la prima volta mi considerarono un amico, portandomi con loro. E fu durante il viaggio con loro che scoprii chi ero veramente: un pupazzo creato da Kuja per distruggere il mondo e portare il kaos, creato dalla nebbia.
Questo inizialmente mi fece star male, scoprire che la mia esistenza aveva puramente scopi malvagi era inaccettabile. Grazie ai miei amici, però, ho capito che ero una persona libera, potevo decidere io il mio destino, e cosi scelsi di lottare con la mia magia nera per salvare il mondo.
Chi sono? Sono Vivi Orunitia, il piccolo maghetto nero balbuziente che ha salvato il pianeta dalla distruzione, il cui nome rimarrà nel corso della storia e che ha trovato finalmente la sua ragione di vita, la sua felicità...
  
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