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Autore: Stregatta    03/05/2010    4 recensioni
- Stasera dobbiamo uscire, Gaia Polloni. -
{Matthew Bellamy/Gaia Polloni}
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, tutto falso, gratuito, finalizzato al divertimento della sottoscritta e, si spera, di chi leggerà… Insomma, burocrazia varia ed eventuale xD!
 
Un ricamino mentale ispiratomi moooolto tempo fa da una vecchia intervista rilasciata dalla ormai ex-compagna del signor Bellamy al celeberrimo Cosmopolitan. Toh, vi ho pure tagliato il brano preciso che mi ha fatto accendere la lampadina xD (ma vogliate comunque notare l’accuratezza della documentazione sui Muse di cui fa mostra la giornalista *lol*)!
Enjoy =)!
 
15 minutes
 
 
- Stasera dobbiamo uscire, Gaia Polloni. -
La voce di Chiara trillò inesorabile la sua condanna attraverso il cordless, e per un istante Gaia - ancora avvolta nel piumone patchwork del suo letto – sperò che si trattasse solo di uno spiacevole prodotto della fase REM del suo sonno.
- Chiara? … ma che ore sono?- farfugliò assonnata la ragazza, distogliendo alcune ciocche di lunghi capelli castani dagli occhi e artigliando goffamente il comodino alla ricerca della sveglia esattamente come era successo prima con il telefono.
- Le otto e un quarto … Buongiorno, eh!- berciò l’altra ironicamente, mentre le lancette dell’orologio confermavano le sue parole.
- Buongiorno un … Mhm. Ok, sappi che non riesco nemmeno ad incavolarmi, per quanto sonno ho… Quindi dimmi perché stasera dovremmo uscire che così me ne ritorno sotto le coperte.- articolò rauca Gaia, sdraiandosi di nuovo a peso morto sul materasso.
- Va bene … Allora, prima di tutto perché è sabato sera e non esiste che una ventenne se ne stia a casa a guardare la gente che piange dalla De Filippi invece di andare per locali o in piazza o comunque dove c’è della vita che vale davvero la pena di essere vissuta.-
- A-ah. E questo è solo il primo motivo, giusto?- replicò Gaia, le parole sformate da uno sbadiglio incipiente.
- Esatto. Il secondo è che da quando ti sei lasciata con Paolo sei scomparsa dal radar della movida milanese … E non solo.-
- Insomma, Chia’, ho bisogno dei miei tempi…!- protestò con un po’ più di vivacità Gaia, punta sul vivo da quell’allusione alla rottura con il suo ex, avvenuta tre settimane e mezzo prima.
Nel mondo di fugaci incontri e corteggiamenti spensierati di Chiara non c’era posto per un ragazzo che cercava di monopolizzare l’attenzione in tutti i modi salvo poi declinare ogni responsabilità che un rapporto di coppia normalmente implicava: il rispetto per gli spazi personali del partner, essere presente nei momenti di difficoltà … O non cornificare la propria fidanzata proprio nel letto che tante volte l’aveva ospitata, per esempio.
- Terzo … - si intromise Chiara. - … indovina un po’: sono in uno dei miei fermenti ormonali.-
Gaia gemette debolmente, battendosi una mano sulla fronte.
I fermenti ormonali di Chiara erano ormai materiale da leggenda metropolitana; si verificavano nei giorni in cui la sua natura a dir poco “farfallona” si allineava con la sua ovulazione, una coincidenza disastrosa come una congiunzione planetaria ma sfortunatamente e ovviamente molto più frequente.
In quel periodo, Chiara si dava al boy-watching e al flirt selvaggio. E trovava sempre modo di coinvolgerla in simili attività come spalla – “andiamo, tesoro, siamo o non siamo l’una la scudiera dell’altra?”
- Senti … Davvero, non sono in vena … - iniziò fievolmente Gaia, ben sapendo che cercare di far desistere Chiara da un suo proposito era qualcosa da concertare nei minimi dettagli e a mente sgombra – non con un mal di testa che minacciava di sfociare in un’enorme emicrania da stress.
- Tesoro, se hai fatto caso a quanto ti ho detto prima noterai senz’altro che non ti ho chiesto se eri in vena o meno … Anzi, non ho chiesto e basta. Scudiera, stasera andiamo al Ghost e ci divertiamo e tu smetti di pensare a quel maledetto bastardo che di te non merita nemmeno un unghia tagliata… Ok?-
Sebbene assonnata, con le tempie pulsanti e intimamente in subbuglio al pensiero di rituffarsi nel rutilante e complicato mondo dei primi approcci sentimentali, Gaia non riuscì a trattenere un sorrisetto nell’arrendersi: - Ok … Rompipalle allupata che non sei altro.-
 
 
 
Qualche ora e un Daiquiri a testa più tardi, il copriletto, il pigiamone di pile e il mal di testa mattutino erano solo un ricordo per Gaia, che osservava divertita Chiara ridere allegramente e giocherellare con l’ombrellino del suo cocktail, giudicando con impeccabile competenza ogni esemplare maschile della variegata fauna che popolava il Ghost come ogni sabato sera.
C’erano le solite facce, quelle che Gaia aveva evitato per tre sabati di seguito per paura di rintracciarvi quella di Paolo nel mezzo e per via del suo umore nero, e la solita sfilza di volti estranei e stranieri disseminati sui cuscini della panca addossata lungo tutto il perimetro del locale e sui comodi sgabelli dalla seduta imbottita.
Era tutto così familiare, come se il pub fosse tornato ad essere ciò che aveva sempre rappresentato per lei: un’ideale propaggine di casa sua.
- Chiara?- disse Gaia, interrompendo l’amica a metà di un entusiasta discorso sulla struttura ossea del volto di un ragazzo dai tratti orientali seduto al bancone del bar.
Chiara alzò le sopracciglia sugli occhi verdi, replicando: - Sì?-
- Ringrazia i tuoi ormoni di avermi sequestrato, stasera. Ne avevo proprio bisogno, alla fin fine.- ammise l’altra, sorridendo.
L’amica sorrise di rimando, abbracciandola: - Lo so, piccola.-
Gaia ricambiò il gesto con affetto.
Delle volte poteva anche essere insistente, inopportuna e un po’ autoritaria, ma almeno su Chiara si poteva sempre contare.
- Ehm … Scusa, ma se vuoi che il tuo fermento ormonale non vada sprecato dovresti lasciarmi … La gente potrebbe farsi un’impressione sbagliata, sai com’è .- osservò Gaia, quando le sembrò che l’abbraccio stesse durando da un lasso di tempo insolitamente lungo.
- Guarda guarda … - mormorò Chiara, il mento aguzzo poggiato sulla spalla dell’altra in maniera tutt’altro che confortevole per quest’ultima, che domandò curiosa: - Ma che hai da fissare tanto? – prima di sciogliersi dall’abbraccio e voltarsi a controllare dietro di sé: - Porca miseria, mica ci sarà Paolo, vero …?-
- Naah, tranquilla! E anche se fosse dovrebbe solo provare ad avvicinarsi, lo stronzo... Sono o non sono la tua scudiera? Più che altro guardavo quel tipo lì … Quello seduto là in fondo.- replicò Chiara, indicando vagamente con un gesto del volto uno dei tavoli affollati del pub, occupato da quattro ragazzi e quattro boccali di birra della quale rimaneva solo un ombra di schiuma sul fondo.
- Quale?- volle sapere Gaia, aguzzando la vista per scorgere i lineamenti dei due tizi che non le davano le spalle – un ragazzo dai capelli cortissimi e dall’aria leggermente maniaca e un altro con una sfumatura scarsamente invitante di rosso incendiario ben diffusa sulla capigliatura irta.
La risposta che ottenne non la sorprese più di tanto, conoscendo i gusti dell’amica: - Quello con i capelli rossi.-
Nonostante se l’aspettasse, Gaia non riuscì a trattenere un’occhiata scettica nei confronti di Chiara, che mormorò sognante: - … caaarino…-
- Chia’, un ragazzo normale mi prometti che te lo trovi prima o poi?- scosse il capo Gaia, gettando un’ennesima occhiata fuggevole al soggetto della discussione e sorridendo incredula.
- Perché?- esclamò candidamente Chiara, poggiando poi il mento sul palmo della mano e considerando languidamente: - Il rosso è il colore della passione … È sexy! E quella magliettina mezza strappata, mhmm…-
L’altra la interruppe, scoppiando a ridere: - Oh, ti prego! Ma hai visto che naso assurdo che ha? Ed è … Boh, non è normale essere così scheletrici. Per me è anoressico.-
- Pfff, mai una volta che tu colga una sfumatura, Polloni … Te l’ha detto pure la Lanzi a lezione, ieri.- la rimbeccò Chiara, indicandola con l’ombrellino chiuso e fare accusatorio; Gaia storse la bocca al ricordo di quanto affermato da quell’acida rinsecchita della sua docente di Analisi del Linguaggio Corporeo, che sembrava detestarla cordialmente sin dal primo giorno di lezione – forse perché riusciva a cogliere sul suo volto i segnali della noia devastante che le ispirava il suo metodo di insegnamento.
- Vecchia stronza… Comunque, che sfumatura dovrei cogliere, sentiamo?-
Chiara si raddrizzò sullo sgabello, tirandosi i capelli dietro le orecchie ed assumendo un aria comicamente accademica : - Guarda le sue mani…-
-… enormi.-
- Si dice importanti, Polloni … Impara ad usare dei termini adeguati alle circostanze!-
- Seh, ma ciò non toglie che abbia due vanghe al posto dei palmi.-
- Senti, la prossima volta che vuoi parlare alza la mano, così posso ignorarti senza interrompermi, ok?-
- Yes, teacher!-
- Mhm. Dicevo, ha mani grandi e dita non solo lunghe e sottili ma anche nervose, irrequiete. Si è tinto i capelli di un colore totalmente innaturale. Ha un anello molto vistoso ed una t-shirt volutamente sbrindellata.-
Chiara annuì, sicura delle proprie affermazioni: - Il prototipo dell’artista tormentato... Quando parla gesticola molto, e ha un’espressione estremamente… Intensa. Non è tipo da accontentarsi di un “a-ha” o di un “già” come risposta.-
- Passionale, insomma.- riconobbe alla fine Gaia, più per condiscendenza che per un reale coinvolgimento nell’analisi minuziosa che l’amica stava operando nei confronti di quello strambo sconosciuto.
A lei non erano mai piaciuti i tipi così, quelli che dietro ad un atteggiamento “alternativistico” e una supposta passione per la musica o altri tipi d’arte nascondevano solo un enorme edonismo… Cioè, non che il succitato sconosciuto dovesse appartenere obbligatoriamente a tale categoria o che gli artisti non l’affascinassero; solo non credeva potessero costituire dei partner ideali… D’altronde, c’era da dire che Paolo mancava di una qualsivoglia minima traccia di senso artistico ma era comunque un grandissimo bastardo egoista, perciò in realtà da un po’ di tempo a quella parte la sua posizione nei confronti di musicisti ed affini era abbastanza neutra.
- Sicuramente. Secondo te può essere un pittore? Sai, di quelli che lanciano schizzi di colore contro una parete bianca o che si spalmano nudi la vernice addosso come degli stampini umani e si sdraiano su enormi tele bianche… Oddio, l’idea mi eccita un casino.- sospirò roca Chiara, disegnando lentamente il contorno della sommità del suo bicchiere con un dito.
- Vuoi del ghiaccio per calmare gli ardenti spiriti?- ridacchiò Gaia, scuotendo e facendo tintinnare i cubetti dentro il suo bicchiere ormai svuotato del drink.
Chiara le rispose senza guardarla, completamente assorbita nella contemplazione del ragazzo dai capelli rossi: - Voglio degli occhi di ghiaccio, a dire il vero… Cavolo, si vede che ha gli occhi azzurri perfino da qui!-
Nonostante la precedente mancanza di interesse, Gaia si voltò incuriosita.
Gli occhi azzurri erano stati uno dei suoi feticismi più incalliti. Se il tipo si fosse rivelato occhiceruleo sarebbe stato un punto a suo favore. 
Prima che potesse distinguere il colore delle iridi del ragazzo, l’amica saltò giù dal suo posto e la afferrò per un polso, spingendola a scendere a sua volta: - Vieni. -
- Ma dove? Chiara! - esclamò incredula Gaia, e l’altra le rispose con l’aria più naturale di questo mondo: - A verificare le mie ipotesi, ovvio!- prima di avviarsi verso il tavolo dei quattro ragazzi ancheggiando vistosamente.
Gaia era talmente stupita che per qualche secondo non ebbe la più pallida idea di cosa fare; poi realizzò che la sua migliore amica la stava per trascinare in una dei loro soliti round di corteggiamento scacciapensieri seguendo ancora una volta un ragionamento dettato dalle sue ovaie in festa, e per la prima volta la cosa non le pareva divertente.
Non era pronta. Non lo era per niente. Neanche per una faccenda così cretina e senza impegno.
Proprio mentre il ricordo di Paolo era tornato a procurarle una fitta allo stomaco, avvertì una stretta solida sul gomito che la bloccò proprio mentre stava per arrivare alla meta stabilita.
Gaia guardò in alto, verso il proprietario della mano sconosciuta, e la fitta divenne intensa come una pugnalata.
- Oddio, no…- bisbigliò, tentando allo stesso tempo di non dare troppo a vedere il suo turbamento e la sua irritazione improvvisa.
Paolo torreggiava dall’alto del suo metro e novanta, gli occhi scuri che la frugavano freddi e distanti: - Io invece speravo proprio di vederti, Gaietta.-
Prima che potesse rispondere Chiara si fece avanti, affrontando l’uomo a viso aperto: - Che diavolo vuoi? –
- Chiara, per favore… Ce la faccio da sola, davvero. – la trattenne Gaia, dopo aver preso un respiro profondo per tentare di calmarsi.
Cercò di ricordare cosa l’avesse aiutata a mantenere la calma quando il suo ex ragazzo era tornato due giorni dopo essere stato sorpreso a letto con una squinzia della quale ricordava a malapena il volto, cercando di spiegarle che al lavoro lei gli stava sempre appiccicata, che era solo sesso e bla bla bla.
Ecco. Si era concentrata sulla lista della spesa. I panni da stirare. La caffettiera ancora da lavare nel lavandino.
Attività banali, attività che esistevano e che andavano sbrigate e che le ricordavano che grazie a Dio c’erano tante cose ancora che avrebbe potuto e dovuto fare senza Paolo accanto.
Vivere la sua vita, in generale.
Gaia espirò lentamente, sentendosi leggermente meglio. Quando la gragnuola di recriminazioni di Paolo iniziò, si sentì pronta ad affrontarla.
- Ti ho chiamata un centinaio volte al cellulare…-
- Sì? Be’, forse non mi andava di risponderti, che ne pensi?-
Da qualche parte nel campo di vista periferico di Gaia, Chiara sorrise ed annuì.
Dietro di lei scorse un ragazzo alto e dall’espressione piuttosto seria, e una macchia di rosso carminio proprio di fianco a lui.
Non fece in tempo a verificare se si trattasse o meno dell’ultimo colpo di fulmine di Chiara, perché Paolo cercò di attirarla a sé per il braccio che ancora le stava stringendo: - Dobbiamo parlare.-
Diversi avventori li stavano fissando con aria perplessa, come aspettandosi ulteriori sviluppi dalla faccenda; erano praticamente in mezzo al locale, esposti all’attenzione di chiunque all’interno di esso.
Avvampando di rabbia ed imbarazzo, Gaia cercò di non alzare la voce, sibilando gelida: - Scordatelo… Quello che dovevo dirti te l’ho detto parecchio tempo fa. -
Paolo ridacchiò, sarcastico ed acre: - E quello che devo dirti io non conta niente? Ma certo, sarà sicuramente così …-
Ora le sue dita affondavano con più decisione nel braccio di Gaia, che iniziò a spaventarsi.
Non aveva mai visto Paolo comportarsi in maniera simile; era come se l’idea di farle del male non scalfisse la sua determinazione – quella dote che aveva sempre ammirato in lui, quella sua capacità di non fermarsi mai davanti a nulla.
- … ma sai che ti dico? Che invece tu adesso stai zitta e mi ascolti.- proseguì minaccioso Paolo, strattonandola violentemente e strappandole un grido soffocato di sorpresa e paura.
Da dietro le spalle di Chiara – che a giudicare dalla sua faccia stava per saltare addosso all’aggressore allo scopo di cavargli gli occhi – sbucò il giovane alto di poco prima, scostando la sua amica e ordinando freddamente: - Leave her alone… Now . -
Lo sconosciuto non aveva la stazza da body-builder accanito di Paolo, ma era abbastanza robusto da costituire un avversario degno di nota: lasciando immediatamente il braccio di Gaia, l’uomo ringhiò: - E tu chi cazzo sei? - prima di voltarsi con fare accusatorio verso la sua ex ragazza: - Sta con te?-
- No! Non …- esclamò Gaia, massaggiandosi il braccio indolenzito.
Un livido color prugna si era già disegnato a metà dell’omero, l’impronta visibile della brutalità del trattamento infertole da Paolo.
Alzando gli occhi dal segno dolorante, la ragazza si accorse che anche il ragazzo dai capelli rossi poco più in là stava osservando attentamente il risultato della stretta subita.
Nonostante tutto, quando il giovane sollevò lo sguardo sul suo, Gaia si ritrovò a pensare che a quanto pareva Chiara aveva ragione.
Occhi azzurri, sì.
Intanto Paolo, guardando in cagnesco la compagnia improvvisatasi in quel momento fra i quattro ragazzi e le due amiche, blaterava contro “il ficcanaso inglese – perché non te ne torni in Inghilterra, stronzo?”, che dal canto suo replicava perfettamente padrone di sé stesso nella sua lingua madre in un dialogo addirittura comico nella sua irrealtà.
Quando comprese che la situazione volgeva al peggio – ormai lo scontro era arrivato anche all’attenzione del gestore del pub – Paolo ghignò acido: - Va bene, va bene … Ma non finisce qui, capito, Gaietta? E tu levale le mani di dosso, mezza sega!-
Gaia sussultò quando udì l’offesa ed intuì chi ne fosse il destinatario.
Nella confusione provocata dallo scontro fra il suo amico e Paolo, il ragazzo dai capelli rossi si era avvicinato a lei, sorridendo imbarazzato e borbottando qualcosa in inglese su un corso di pronto intervento – perlomeno così le era parso di capire.
Le aveva sfiorato la zona offesa delicatamente, tanto delicatamente che il gesto risultò più simile ad una carezza che ad un esame clinico.
Evidentemente ciò non era sfuggito alla vista di Paolo, che prima di sparire a passo di carica verso l’uscita si avventò sul minuto e gentile inglesino, assestandogli un pugno allo zigomo.
- Dannato bastardo … - commentò irata Chiara, mentre il giovane che aveva affrontato l’oggetto della sua collera annuiva imitato dall’amico dai capelli corti, probabilmente riconoscendo il suono familiare dell’insulto della ragazza.
La seconda vittima della violenza dell’energumeno intanto era finita col sedere a terra, e il quarto amico lo stava aiutando a rialzarsi.
Sembrava un po’ intontito dal cazzotto subito, e si teneva la guancia colpita con fare protettivo.
Avvertendo il peso del senso di colpa, Gaia si avvicinò a lui, scusandosi sommessamente: - Oddio, mi dispiace tanto …-
L’inglese raddrizzò la spina dorsale, ostentando immediatamente un atteggiamento noncurante: - Uhm … It’s alright, it’s alright.-
Gettarono entrambi un’occhiata al ragazzo più robusto con il quale Chiara, dimentica dell’ipotetico pittore tormentato, aveva attaccato bottone in un minuto, evidentemente ignara della vera che gli cingeva l’anulare sinistro.
Gli altri due giovani ridacchiavano fra loro dell’aria disorientata che il loro amico – a Gaia era parso di captare il nome “Chris” dai loro discorsi – aveva assunto, e quello dai capelli corti scambiò una brevissima occhiata d’intesa con il compagno ammaccato dal pugno di Paolo, prima di sorridere a Gaia.
Oh, be’. Era nata un’amicizia … Suppergiù.
Di sicuro quei quattro meritavano che offrisse loro un giro a testa, soprattutto il povero piccolo inglese che le aveva buscate da quello stronzo del suo ex.
Una mano enorme come una vanga le venne sventolata sotto il naso.
- Ehm… My name’s Matthew, by the way.-
L’anello che portava al dito scintillava vistoso ed ingombrante. Perlomeno, non recava con sè tracce di promesse coniugali.
“Perlomeno”? Gaia Polloni, non sarai mica … Interessata, per caso?
La ragazza allargò le labbra in un sorriso, deridendo la mutevolezza delle proprie intenzioni e presentandosi a sua volta.
- My name is Gaia … Pleased to meet you.-
 
   
 
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