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Autore: Moonlight S    05/05/2010    1 recensioni
[...] Vedo Filippo dischiudere le labbra, come a voler dire qualcosa. Non sento niente, non odo alcun suono; ti hanno tagliato la lingua, Fil? [...]
Genere: Generale, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ferisci me; ferisco te




Il mio sguardo corre veloce dall'immagine di lui a quella di lei; non riesco ancora a capacitarmene. Penso di non avere una bella espressione sul viso, visto che mi fissano con l'aria di chi è spaventato a morte. In effetti vorrei vedere qualcun altro al mio posto. Probabilmente mi farei un mucchio di risate o comunque mi scapperebbe un ghigno visto e considerato che mi piace assistere a questo tipo di scene; stavolta, però, è diverso. Ci sono dentro fino al collo, e mi viene da fare tutto, tranne che ridere.
Sento più i battiti dei loro cuori che del mio, il che è tutto da dire. Non riesco a distinguere bene quali sono i miei e quali i loro; è tutto così dannatamente confuso ed io... non lo so. Penso che neanche la persona più calma e razionale di questo mondo riuscirebbe a mantenere un minimo di contegno. Cerco di usare un attimo il cervello, ma il responso è chiaro e coinciso: elettroencefalogramma piatto. Sragiono, ma ancora rispondo delle mie azioni; mi chiedo come sia possibile.
Lei mi guarda con gli occhi gonfi di lacrime e vergogna, con l’espressione di chi ha capito d’aver fatto una cazzata più grande di quanto potesse immaginare. Stringe una maglietta nera tra le mani: è quella che le ho regalato per il suo ventesimo compleanno; quella con l’angelo disegnato sulla parte sinistra, in alto. Prendo un bel respiro.
«Sinceramente, non voglio sapere niente», dico quasi sussurrando. La voce mi manca totalmente.
«Non è come può sembrare...»
Chiudo un secondo gli occhi e conto fino a cinque; non posso perdere la testa così facilmente, non gli darò questa soddisfazione. Quando li riapro intravedo appena il sussulto di Altea; ha una paura fottuta e fa bene. Però non è di lei che m’importa, ora come ora. Sposto la mia attenzione su di lui, rimasto impassibile tutto il tempo, nonostante quella luce negli occhi che tradisce il suo reale stato d’animo.
«Tu non hai niente da dire?»
Tace.
Un altro respiro profondo. Vorrei spaccare la faccia ad entrambi, ma non ci riuscirei. Non ho la forza di fare un cazzo. Come si fa a odiare due delle persone più importanti della tua vita? Non si può, semplice, e se è possibile, io non posso farlo.
Vedo Filippo dischiudere le labbra, come a voler dire qualcosa. Non sento niente, non odo alcun suono; ti hanno tagliato la lingua, Fil?
«Ammettilo che non la sai gestire, questa situazione», lo introduco io con una vena di ironia e acidità nella voce.
Serra immediatamente la bocca. La riapre.
«Trovale tu le parole adatte, se riesci», dice tentando di sfidarmi. Non funziona così. Non questa volta.
Mi viene naturale un mezzo ghigno.
«Non sono io quella che ha deciso, di punto in bianco, di abbandonarsi tra le braccia della propria migliore amica. E non solo le braccia...»
Non guardo Altea, mi è completamente estranea in questo momento; il mio obbiettivo è lui. La mia battaglia deve cominciare e finire qui, con il suo animo trafitto dalle mie parole. Devo uscirne vincitrice, almeno questa volta. Si raddrizza con la schiena, come se fosse stato attraversato da una scarica elettrica.
Colpito.
«Il bello è che vorresti negarlo, ma non puoi. Sei bravo a rigirare la frittata, a far tornare la ragione verso di te come un boomerang, ma stavolta è diverso. Hai torto marcio». Scandisco per bene le ultime parole, godendomi quell’attimo di gloria che le accompagna. Voglio che si metta in ginocchio ammettendo di essere un coglione. Non cambia niente, certo, ma è un modo come un altro per farmi sentire meglio. Durerebbe un attimo; l’attimo più bello della mia vita.
Sta per parlare nuovamente. Lo blocco.
«Sai esattamente cosa voglio sentirmi dire. Pronuncia quelle parole; fammi uscire da questa stanza con l'orgoglio intatto, visto che del mio cuore non è rimasto niente», dico diminuendo sempre più il volume della voce.
Mi dà la sensazione di essere stato completamente denudato di tutto, a livello psicologico. Attendo pazientemente che lui apra la bocca, non curandomi dei singhiozzi soffocati provenienti da Altea. Fa' un male cane vederla in questo stato, ma ha fatto una cazzata. Hanno fatto una cazzata, e per una volta voglio pensare solo ed esclusivamente al mio benessere, a me stessa. O almeno, a quello che ne rimane di me.
Gonfia il petto, pronto a buttare fuori tutto. Abbasso leggermente la testa tentando di guardarlo quel tanto che basta per imprimermi nel cervello la sua immagine da caduto.
«... avevi ragione. Hai sempre avuto ragione, ma-»
«Mi basta». Non voglio che vada avanti; non ci sono "ma" o "però" che tengono. Se ne sarebbe sicuramente venuto fuori con un "non sei stata un pretesto per togliermela dalla testa" e mi avrebbe fatto incazzare il doppio.
Perché lo sapevo; l'ho sempre saputo.
Alzo la testa con un movimento quasi regale, degno di una donna d'alta classe, e assumo un'espressione impassibile, tirata. Gli occhi lucidi, ma terribilmente glaciali.
Sento il calore del suo sguardo anche a questa distanza.
L'ha ammesso.
Affondato.
Esco da questo inferno con la consapevolezza di averlo battuto, di aver avuto la tanto agognata vittoria. E' a pezzi, completamente spogliato del suo orgoglio, mentre io, il mio, ce l'ho ancora; è il resto che ad essere andato in frantumi. E' un po' come il detto "occhio per occhio, dente per dente".
Ferisci me; ferisco te.
  
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