Traicionado por la
sangría
Quella
sera a casa di Antonio si era tenuta una cena; una di quelle per pochi intimi,
organizzata fin nei minimi particolari da lui e dal suo compagno Lovino. Gli
invitati erano diminuiti con il passare delle ore: Feliciano e Ludwig si erano
garbatamente ritirati subito dopo aver finito di mangiare, poiché il giovane
italiano aveva divorato più cibo di quanto il suo stomaco potesse contenere e,
con un sorrise gentile, il tedesco l’aveva portato via nonostante le sue silenti
proteste.
Invece
Francis e Gilbert, gli altri due invitati, si erano sistemati meglio attorno al
tavolo della sala da pranzo, con tutta l’intenzione di non volersene andare di
lì prima di una certa ora. Antonio si era lasciato scappare una risatina
divertita al vedere la faccia contrariata di Lovino, ma non aveva potuto far
altro che accontentare i vecchi amici, andando in cucina per tirar fuori la sangría che nel pomeriggio aveva preparato con grande cura.
Intendiamoci, non che Lovino avesse superato la sua
fobia nei confronti di Francis e il suo popolo di pervertiti, ma il fatto che
comunque lo vedesse spesso e volentieri appiccicato ad Antonio –insieme al
fratello dell’odioso bastardo mangia patate, lo aveva costretto a ingoiare il
boccone amaro e a sopportare la sua sgradevole presenza.
-Ed
ecco a voi!- esclamò Antonio con aria estremamente soddisfatta, poggiando la
grande coppa di vetro, contenente la bevanda dall’intenso color rosso, al
centro del tavolo.
Lovino
schioccò le labbra, allungandosi per girarla un’ultima volta con il mestolo
prima di servirsene un po’ –Sembri un bambino.- disse a mezza voce, additando
il suo comportamento fin troppo felice
per i suoi gusti.
Antonio
ridacchiò nuovamente, senza prendersela a quel suo piccolo richiamo –Su, sii
più clemente con me.- rispose, prendendo il cucchiaio dalla mano di Lovino,
sfiorandola per qualche secondo in più del dovuto, per poi riempire il proprio
bicchiere e quelle degli altri due.
-Già,
sii più clemente con lui, mon petit
Lovino.- lo incalzò Francis con un sorriso in bilico tra il raffinato e il
malizioso.
-Fatti
gli affari tuoi e non chiamarmi in quel modo pervertito, mi vengono i brividi.-
sibilò, facendo un primo sorso di sangria; si leccò le labbra, gustandone a
pieno il sapore fruttato e dolce –Non avrai messo un po’ troppa cannella,
Antonio?-
Lo
spagnolo assaggiò immediatamente la bevanda con fare pensieroso –No mi querido, tre pezzi di cannella, come
vuole la ricetta, non uno di più, non uno di meno.- disse, sempre più
soddisfatto.
Gilbert
annusò il bordo del bicchiere con sospetto, facendo il primo sorso -Sarà…ma la
birra rimane la bevanda alcolica migliore al mondo.- ghignò, mandando giù il
resto in un sol fiato; tutte le nazioni invidiavano Gilbert per il modo in cui
riusciva a reggere l’alcool. Qualsiasi
tipo di alcool.
Francis
rise garbatamente –Non sai apprezzare del buon Sangre de Toro, amico mio.- scosse leggermente il capo in segno di
dissenso.
-Oh
Francis, un ottimo estimatore di vini come sempre- si rallegrò Antonio, alzando
un po’ il bicchiere in aria –il migliore Sangre
de Toro di tutta la Spagna, per la precisione, e brandy spagnolo, secondo
la tradizione.-
-Mph-
sbuffò Lovino, versandosi la sangria una seconda volta –non prenderti tutto il
merito, bastardo.-
Antonio
gli diede un piccolo buffetto dietro la testa, senza perdere il sorriso –Vacci
piano Lovinito, sai che non reggi l’alcool.
E, no, non mi prendo tutto il merito, sanno già che mi hai aiutato.-
Lovino
gonfiò le guance rosse un po’ indispettito, allungando le gambe sotto al tavolo
per mettersi comodo –Infatti.- borbottò, leccando il bordo del bicchiere.
Gilbert
scoppiò in una fragorosa risata, senza tentare in alcun modo di trattenersi
–Sembri proprio un pomodoro maturo!- batté una mano sul tavolo, tenendosi lo
stomaco con l’altra.
Francis
si morse il labbro inferiore, scuotendo nuovamente la testa; Gilbert proprio
non riusciva ad imparare la lezione. Con Lovino c’erano cose che si potevano
dire ed altre che proprio era meglio evitare. Ad esempio, al mondo, tra tutte
le nazioni, gli staterelli, le regioni, le province e le città, solo Antonio
Fernandez Carriedo poteva permettersi di paragonare l’italiano ad un pomodoro
–e non sempre gli andava bene. Ma l’esuberante tedesco tendeva spesso e
volentieri a non ricordarsene, al contrario di Francis, che se l’era ben
stampato in mente.
E
in quel momento, quando vide il volto di Lovino farsi ancora più rosso, sapeva
bene che la serata avrebbe preso una piega un po’ di diversa dal previsto. Adocchiò
lo sguardo preoccupato ed apprensivo di Antonio e richiamò la sua attenzione
con una strizzata d’occhio, per tranquillizzarlo e per dirgli di lasciar
perdere e vedere che piega avrebbero preso le cose.
-Sei
proprio…un mangia patate coglione quanto tuo fratello.- disse in prima battuta
Lovino, mandando giù il terzo bicchiere di sangria, mentre Gilbert rispondeva
con il suo secondo.
-Ah!
Non sai dire altro ragazzino.- borbottò Gilbert, sfoderando uno dei suoi
migliori sorrisi arroganti.
-Non
dico altro perché non c’è nient’altro da dire su di te!- sbottò Lovino,
battendo il bicchiere sul tavolo.
Antonio
si grattò la testa nervosamente –Avanti, smettetela voi due- tentò di fermarli,
ma invano –stiamo passando una bella sera no? Perché rovinarla- continuò,
tendendosi un po’ verso Gilbert per cercare in lui un po’ di aiuto –non vi
state godendo questa buona sangria, sembra quasi una gara di bevuta!-
Lovino
girò il viso verso lo spagnolo, sorridendo in modo vagamente inquietante
-Gara…di bevuta, hai detto?- sussurrò, stringendo tra le dita il bicchiere
nuovamente colmo quasi per magia.
Gilbert
scoppiò a ridere –Ehi ehi, non vorrai mica sfidarmi?- chiese in una domanda puramente
retorica, sapendo in realtà benissimo quali fossero le intenzioni di Lovino.
-Certo
che si, bastardo!- esclamò Lovino, alzandosi in piedi per avvicinarsi, senza
perdere il ghigno che gli squarciava il viso.
-Perché
non rendiamo il tutto più piccanti, eh, Lovino?- sussurrò Gilbert, alzandosi a
sua volta –Chi crolla per primo dovrà fare una penitenza scelta dall’altro, ci
stai?-
-Che
domanda sciocca.- riempì il bicchiere dell’altro in una tacita risposta
–Cominciamo!- disse, mandando velocemente giù il primo sorso.
Antonio
sprofondò nella sedia, mettendosi una mano sul viso –O mi dios…-
Francis
si accarezzò le labbra con la punta delle dita, cercando di trattenere una
risata del tutto sconveniente che in quel momento non avrebbe fatto altro che
accrescere il dissapore già notevole. Uno, due, tre, quattro. Francis e Antonio
persero il conto di quante volte i due riempirono e svuotarono i rispettivi
bicchieri. Lo spagnolo strinse le mani quanto più poteva –lasciando un po’ di
spazio per la circolazione sanguinea, ovviamente- cercando di non guardare lo
spettacolo terribile che quei due stavano dando. Tanto più che tutti, ad
esclusione di Lovino, sapevano già come sarebbe andata a finire; infatti poco
dopo l’italiano si fermò dal bere, poggiando per l’ultima volta il bicchiere
–forse il decimo- sul tavolo. Barcollò avanti e indietro un paio di volte e poi
crollò di lato, addosso ad Antonio, che, nonostante tutto, lo afferrò
prontamente, allargando le braccia.
Francis
si sporse in avanti, con fare curioso -…si è addormentato.- sentenziò, tornando
al proprio posto senza riuscire a trattenere un sorride divertito.
-Ahah!
Ancora una volta la mia grandezza e la mia magnificenza hanno vinto!- urlò
Gilbert, alzando un dito al cielo vittorioso.
-Aaah
Gilbert sei stato sleale, era un partita persa fin dal principio per il mio povero
querido.- disse Antonio,
stringendoselo al petto mentre gli accarezzava il viso accaldato e rosso.
-Una
scommessa è una scommessa, e lui ha perso- disse il tedesco, incrociando le
braccia imbronciato –dì al piccoletto che manderò la sua punizione tramite
posta celere molto presto.-
E,
tra lo sconforto di Antonio, il divertimento di Francis, la soddisfazione di
Gilbert e la totale incoscienza di Lovino, la serata volse al termine.
*
-Quel…dannato
bastardo.-
La
punizione di Gilbert arrivò due giorni dopo in una scintillante scatola rossa,
con tanto di irritante fiocco stile pacco regalo in cima. Lovino ringraziò il
cielo che in quel momento Antonio non fosse in casa –si trovava infatti ancora
in Spagna, ospite da lui come sempre- così che l’urlo che scaturì dall’apertura
del pacco si perse nelle innumerevoli stanze della villa Fernandez Carriedo.
L’italiano fisso il contenuto della scatola per circa cinque minuti per poi, in
uno scoppiettante impeto d’ira, buttare tutto all’aria, allontanandosi come se
avesse appena toccato un pomodoro andato a male. Scosse convulsamente la testa,
sbiancando in viso.
-Bastardo,
bastardo, bastardo!- urlò, sembrando un disco rotto della peggior specie
-Non…non lo farò mai, basta ho deciso.- si portò una mano tra i capelli,
annuendo.
Lovino
chiuse gli occhi, cercando di non guardare ancora quella cosa e intanto ragionava; Gilbert glielo avrebbe rinfacciato fino
alla morte se non l’avesse fatto, questo era poco ma sicuro. Certo, evitare di
incontrarlo era la soluzione migliore, ma era poco praticabile visto che le
conoscenze in comune –suo fratello e il bastardo spagnolo- erano troppo
radicate per poter annullare i contatti. Dopo altri interminabili minuti,
Lovino si decise almeno a dargli occhiata più approfondita. Afferrò il pacco,
schizzando come una furia in bagno, chiudendosi poi dentro a chiave.
-Maledizione!-
sussurrò, ansimando per la paura.
Non
che qualcuno potesse scoprirlo –non ancora- ma il suo orgoglio gli stava
martellando il cervello, ricordandogli che, dopotutto, aveva davvero perso la
scommessa che aveva fatto con Gilbert. Poggiò la scatola rettangolare sul bordo
della vasca, scostando la carta velina che avvolgeva l’oggetto incriminato.
Finalmente lo prese tra le mani, sentendo la stoffa pregiata scivolare
sinuosamente tra le proprie dita, e un grazioso vestito da donna si srotolò davanti ai suoi occhi sempre più
attoniti e imbarazzati.
-…non
lo posso fare.- sentenziò, dandosi una pacca sulla fronte.
Fissò
il tessuto di color rosso, con qualche centimetro di pizzo nero sul bordo e
sulla scollatura –che, in teoria, doveva far risaltare un bel seno che Lovino
decisamente non aveva!- e sospirò sconfortato, anzi, decisamente disperato.
Guardò con apprensione l’orologio, constatando tra sé e sé che non mancava
molto al ritorno di Antonio. Si morse le labbra con forza, indeciso sul da
farsi. Imbarazzo e orgoglio stavano furiosamente combattendo all’interno del
suo cervello, creandogli così solo un bel mal di testa.
-Beh…posso
almeno provarlo.- si disse sottovoce, alzandosi in piedi ancora titubante.
Si
girò lentamente verso il grande specchio posto sopra il lavandino e accennò un
sorriso di scherno, diviso tra il ‘guarda come ti sei ridotto’ e ‘sei davvero
uno scemo’. Distolse lo sguardo dal proprio riflesso, che lo ricambiava con
incertezza e con un diffuso rossore sul viso, e cominciò a spogliarsi con mani
tremolanti.
Lasciò
cadere i pantaloni, sistemandosi poi meglio i boxer attillati in modo che non
si vedere da sotto la stoffa attillata del vestito; si sfilò la maglietta,
appoggiandola sul bordo della vasca mentre si sfiorava il petto con una mano.
Chissà che Antonio, in tutto questi secoli, non avesse preferito stare con una
donna; Lovino aveva sempre dato per scontato che a entrambi andasse bene così,
certo, gli piaceva fare lo scemo con le ragazze a volta, ma flirtava con loro
solo nei momenti in cui litigava con lo spagnolo oppure lo voleva fare
ingelosire.
Afferrò
il vestito quasi con rabbia, dandosi del coglione –come nel suo miglior stile-
per essersi lasciato andare a quegli sciocchi pensieri. Ad Antonio lui andava
bene così com’era, un uomo e non una donna, ne era certo; ma allora perché il
suo cuore tremava così nell’infilarsi quell’abito? Posso sovrappensiero le mani
sui fianchi, sentendo la stoffa accarezzargli dolcemente la pelle. Arrossì
maggiormente nel vedere l’opera completa e, quasi in automatico, si coprì il
volto con le mani. E poi poche semplici parole gli fece crollare il mondo
addosso.
-Lovino,
mi amor, sono tornato!-
Ecco,
in complesso non era una frase così brutta da sentire, anzi. Era molto dolce e
Lovino poteva quasi immaginarsi lo sfolgorante sorriso che troneggiava sul viso
di Antonio nel dirla –quello stupido spagnolo amava queste piccole cose, come
il semplice annunciarsi nel rientrare a casa. Ma in quel preciso momento
storico era la cosa peggiore in
assoluto. L’italiano si pietrificò, avvampando in viso; non sapeva che fare e
stava andando letteralmente in panico. Sentì i passi di Antonio muoversi veloci
per la casa e la sua voce chiamarlo con insistenza.
-Ehi
Lovi ma dove sei? Non in cucina, non in salotto…ah! Sei in bagno?- concluse,
bussando alla porta dietro la quale era nascosto Lovino.
-No!
Non ci sono!- urlò, fiondandosi a tenere la maniglia con entrambe le mani, per
assicurarsi che non venisse aperta.
-Mi
hai appena risposto, questo vuol dire che ci sei- disse Antonio, ridacchiando
divertito –tutto bene?- chiese poi, vagamente insospettito –Non è che ti senti
male?-
-No
sto bene! Ci sono e sto bene!- rispose con voce tremante, comunicando così
tutto il proprio nervosismo ed imbarazzo.
Antonio
aggrottò le sopracciglia –Se lo dici tu…- sussurrò, battendo un piede per terra
–senti, stamattina prima di uscire ho visto che era arrivato un pacco da parte
di Gilbert per te.-
“Oh cazzo” imprecò Lovino, lasciando
tranquillamente esplodere tutto il proprio imbarazzo in un mugugno mal
trattenuto “lo sa! Sono fottuto! Lo sa!”
Non
ricevendo risposta Antonio continuò, sempre più insospettito –L’hai visto,
vero?- chiese, poggiando la mano contro il legno della porta –Cos’è?-
Lovino
si lasciò scappare un altro gemito strozzato –Nulla- borbottò, stringendo
maggiormente le mani sulla maniglia –nulla di nulla.-
-Devo
crederti?- disse Antonio in una domanda retorica –No, penso che non lo farò- si
rispose prontamente, poggiando anche l’altra mano sulla porta –avanti Lovi,
apri.-
-Perché
dovrei?!- urlò Lovino, calciando rabbiosamente la porta; forza, si stava
dicendo nel frattempo, schiodati da lì e vatti a cambiare! Muoviti!, ma le sue
gambe non rispondevano e stavano ferme lì in modo del tutto irritante.
-Perché
sento che c’è qualcosa che non va, non me lo puoi nascondere- disse lo
spagnolo, con voce ferma e decisa –riguarda il pacco di Gilbert? E’ la sua
stupida punizione per l’altra sera? Vamos
Lovi, lascialo perdere! Sai bene che non sa mai quando fermarsi, incalza,
incalza e non si rende conto di aver passato il limite.- sbottò Antonio animato
dalla voglia di non vedere assolutamente la tristezza sul volto del suo querido.
-Me
ne sono accorto…- sussurrò, improvvisamente giù di corda.
Lovino
lasciò andare la maniglia della porta, facendo qualche passo indietro fino ad
appoggiarsi al bordo del lavandino. “Puoi
entrare su vuoi” mormorò poco dopo, nascondendosi il volto con le mani.
Quel vestito gli aveva messo l’animo in subbuglio come niente e nessuno erano
riusciti a fare in tanti secoli dalla sua nascita. Il suo orgoglio era stato
lacerato da un pezzo di stoffa con qualche pizzo e ora preferiva di gran lunga
sapere la verità, piuttosto che rimanere all’oscuro. Antonio distese la fronte prima
aggrottata per il dissenso che provava, poi abbassò lentamente la maniglia,
lasciando che la porta si aprisse con calma, spinta dalla punta delle sue dita
che gentilmente la accompagnavano.
-Qualunque
cosa sia- disse Antonio, facendo qualche passo ad occhi chiusi verso di lui,
all’interno del bagno –sappi che ti amo e nulla al mondo può farmi cambiare
idea.-
Lovino
sentì il proprio cuore battere più veloce; correva, correva, correva, quasi a
voler uscire fuori dal petto e a raggiungere Antonio che era lì, ora a pochi
centimetri da lui. Avrebbe riso? Avrebbe provato ribrezzo? Sarebbe rimasto
indifferente?, troppe domande si affastellavano nella mente dell’italiano, che,
allungando le mani, afferrò quelle di Antonio come per dirgli che adesso poteva
aprire gli occhi. Lo spagnolo li strizzò invece, schiudendoli poi senza fretta,
e, a Lovino, il suo sguardo sembrò più penetrante del solito. Due occhi verdi
puntati su di lui, che lo scrutavano, lo mangiavano, lo amavano anche senza
dirlo a parole.
Lovino
vide un po’ di rossore comparire sulle guance di Antonio –di certo, tra tutte
le cose, proprio non si aspettava questo-
poi sentì una mano divincolarsi dalla sua presa per muoversi contro il suo
petto, scendendo a poco a poco più giù. Si arrestò nel momento in cui sentì il
bordo dei boxer attraverso la stoffa leggere del vestito, e, d’improvviso, lo
abbracciò con forza.
-A-Ah!
Ma che fai?- balbettò Lovino, spalancando gli occhi incredulo.
-Lovi…-
sussurrò solamente Antonio, spingendo il viso contro il suo collo –Lovi, Lovi…-
-So
qual è il mio nome, stupido…- borbottò bonariamente, accarezzandogli distratto
i capelli -…allora?- sussurrò poco dopo, imbarazzato e nervoso.
Antonio
sorrise, baciandogli la spalla coperta solo dalla spallina del vestito –Allora
sei bellissimo, mi querido, cos’è che
ti dava tanto pensiero?- si staccò per poterlo guardare in faccia.
-Ma…è
un vestito da donna!- urlò, arrossendo di nuovo e con più forza di prima –E’
uno stramaledetto vestito da donna! E io sono un uomo!-
-E
quindi?- Antonio aggrottò le sopracciglia, perplesso –Lovi io ti amerei anche
se tu venissi da me vestito da pomodoro gigante.- sorrise dolcemente,
baciandogli la fronte.
Lovino
aprì la bocca, sentendo il cuore tentare ancora una volta di schizzargli via
dal petto –Antonio ma tu…non hai mai voluto neanche per un istante che io fossi
una donna? Mai in tutti questi secoli?- si fece coraggio nel chiederlo, ne
raccolse quanto più possibile, sentendo gli occhi lucidi e la voce tremolante.
Antonio
spalancò gli occhi, scuotendo velocemente la testa –Io voglio Lovino Vargas, che c’è di male nel
volere te come sei e basta?-
-Ma
io!-
-Basta
ma, Lovinito, non farti più queste
sciocche domande o non ti riconosco più, ok?-
Lovino
scosse la testa ancora incerto; odiava mostrare il lato fragile del proprio
carattere, anche se Antonio, come sempre, era l’unico in tutto il mondo che
riusciva a tirarlo fuori e a coccolarlo con tutto l’amore che aveva in corpo.
Non rispose e si lasciò cullare dalle parole dolci di Antonio, che lo rassicuravano
che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a fargli cambiare i proprio
sentimenti.
-E
inoltre- sussurrò lo spagnolo, guardandolo intensamente.
Lovino
alzò la testa, incatenando lo sguardo al suo –Mh?- mugugnò solamente, in attesa
di sentirlo continuare.
-E
inoltre questo abitino potrebbe avere dei risvolti molto interessanti.- ghignò
Antonio, alzando lentamente un lembo, prendendolo dal pizzo che solleticava
insistentemente la gamba di Lovino.
L’italiano
gonfiò le guance –Che porco che sei.- sentenziò, scivolando via dalla sua presa
mentre gli dava un pugno contro lo stomaco.
-Aaah!
Lovi non andar via!- si lamentò Antonio, tenendosi la pancia dolorante –Sono
sicuro che sapresti farmi eccitare con-
-Non
un’altra parola- sibilò Lovino, girandosi verso di lui –o quello che sta sotto
questo stupido vestito non lo vedrai mai più.- ed uscì.
Antonio
rise sommessamente non appena lo vide sparire dalla propria vista –aveva girato
l’angolo troppo in fretta, lo spagnolo aveva capito fin troppo bene dove stava andando
l’italiano, ovvero nella loro camera da letto- e si accarezzò le labbra con la
punta delle dita.
-Avanti
aspettami Lovi!-
Infondo,
ma molto infondo, avrebbe anche
potuto ringraziare Gilbert per quello che si era trasformato in piccolo regalo
fuori programma.
Salve
a tutti! <3 in attesa che io riesca a finire Love, Save the Empty ecco
questa one-shot, scritta per il contest Kinkmeme del forum Gerita&Spamano
<3 spero vi piaccia, la parte della sfida/sbronza è quella che preferisco XD
e la fine mi dicono che è carina quindi aspetto tanti vostri commentini nel
bene e nel male <3 bacini, Mirai!