Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: GiadyCherry    07/05/2010    8 recensioni
"Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?"
Woody Allen
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

"Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?"
Woody Allen

 

Esco di casa accendendo l’ennesima marlboro con difficoltà a causa del vento freddo che soffia forte sotto un cielo coperto da una coltre di nubi.

14.02.2014 San Valentino.

Ho sempre detestato questa festa, convinto che fosse futile e spudoratamente commerciale. Creata solo ed esclusivamente per arricchire quegli inutili negozi che vendono peluches a forma di cuoricini oppure le varie pasticcerie colmate di cioccolatini apposta per questa occasione. Semplicemente patetici.

Forse ho questi pensieri perché in parte provo invidia per tutte quelle coppiette che oggi condividono questa giornata scambiandosi regali ed effusioni, mentre io sono in compagnia solo di questa sigaretta appena accesa. Oppure forse perché non credo più molto nell'amore come un tempo, quando credevo nell'amore che dura per l'eternità.

Una volta c'ero andato vicino, si chiamava Jamie, era straordinaria come il suono di una chitarra che introduce le parole della tua canzone preferita nel momento in cui ne hai più bisogno.

Come spesso capita mi lascio scivolare velocemente nei ricordi mentre cammino distratto per le vie cittadine senza una meta ben precisa.

Mi sembra impossibile che dopo ben cinque anni io non riesca a smettere di pensare a lei.

Cinque anni di sofferenza per la sua mancanza.

Cinque anni di domande senza risposta.

Cinque anni di sorrisi falsi e felicità non realmente esistita.

Cinque anni senza di lei.

A dividerci semplicemente l’oceano, dannatamente immenso e da me tanto odiato.

 

“Tesoro, domani ho l’ultimo esame.” Mi disse quel giorno al telefono.

 

Ci eravamo conosciuti per caso, lei era qui in Germania per un anno di studi, in realtà era originaria di un piccolo paese del Tennessee che lei stessa ammetteva di odiare. Sognava di trasferirsi a Los Angeles, me ne parlava con occhi luccicanti e colmi di speranza e io non potevo fare a meno di sorriderle.

 

“Dieci minuti e sono da te.” Le avevo risposto, consapevole che se non fossi andato da lei avrebbe trascorso l’intera serata sui libri come ormai faceva da un mese a quella parte.

Non le lasciai neanche il tempo di replicare che già mi ero incamminato verso il piccolo appartamento che aveva affittato nella periferia della città insieme ad una amica, che io non avevo mai visto.

In breve fui da lei, mi aprì la porta con uno sguardo stanco a causa delle troppe ore di studio, i capelli castani raccolti in una coda scomposta, solo un bacio veloce sulle labbra e poi tornò sui libri.

Mi avvicinai a lei e iniziai a baciarle una guancia e poi il collo, sapeva di buono, come sempre.

“Bill, ti prego lasciami studiare.” Mi disse sull’orlo di una crisi.

“No, non ti lascio studiare.” Le risposi sorridendo, continuando a baciarla. “L’hai fatto per un mese.” Continuai. “Ora voglio un po’ di attenzioni io.” Conclusi unendo le mie labbra alle sue.

“Per favore, Bill.” Cercò di dire lei con poca convinzione.

“No.” Sussurrai sulle sue labbra.

Passammo la serata semplicemente a ridere e a  parlare, riuscii a tranquillizzarla riguardo l’esame.

La vidi soffocare uno sbadiglio.

“Sonno?” Le dissi ridendo.

“Un po’”

“Vuoi che me ne vada?”

“No, rimani qui stanotte.” Mi disse inaspettatamente stringendomi nel calore di un abbraccio.

Dormimmo solamente, ma solo sentirla al mio fianco mi faceva sentire bene.

 

Solo sapere che lei stava bene faceva stare automaticamente bene anche me.

Faccio un altro tiro e butto fuori il fumo lasciando andare indietro la testa e chiudendo gli occhi, forse per trattenere ancora lacrime represse. Ancora altri ricordi, momenti così semplicemente straordinari.

 

“Piccola, hai freddo?” Le chiesi notando i brividi sulla sua pelle.

“No...cioè sì, ma ora mi passa.” Aveva risposto stringendosi in quella felpina leggera che indossava.

Mi tolsi la giacca di pelle e gliela porsi. “Mettiti questa.”

“No, è fuori discussione, poi hai freddo tu.” Disse cercando di restituirmela, era sempre stata altruista e testarda.

“Io sto bene anche così.” Avevo mentito e alla fine riuscii e fargliela indossare. Era estremamente buffa con quella giacca dalle maniche troppo lunghe e visibilmente grande per lei, ma nonostante ciò ai miei occhi era sempre bellissima. La tirai a me e la baciai passionalmente.

 

Quella giacca dovrebbe averla ancora lei, io non ho mai voluto riaverla indietro, nonostante lei abbia insistito tanto per restituirmela.

Le dicevo che le stava meglio che a me, lei arricciava il naso in un'espressione buffa, amavo quando lo faceva.

Faccio un ultimo tiro alla mia amata marlboro, è l’ultima quindi mi affretto a trovare una tabaccheria aperta. Intanto il ricordo della nostra ultima notte insieme si fa strada nella mia mente e fa male, troppo male.

 

Era venuta a casa mia semplicemente per salutarmi. Le lacrime sul suo viso mi distruggevano, ma io ero convinto di sapere come farle cessare.

“Jamie, io vengo con te in America.” Avevo detto con convinzione di fronte al suo sguardo a dir poco sbalordito.

“Bill, non posso lasciartelo fare. Non ti lascerò distruggere tutto quello che hai costruito qui. Non hai pensato alla tua famiglia? A tuo fratello? Alla band?” Mi disse sconvolta.

“Jamie, io non ti lascio. Ho già preparato la valigia, sapevo che avresti obiettato. E nessuno potrà più dire niente davanti al fatto compiuto."

Si portò entrambe le mani alla bocca stupita, forse non si aspettava che l'amassi così tanto da lasciare tutto per lei.

"Non cambierò idea. Staremo insieme. E non appena sarà possibile ci trasferiremo...a Los Angeles." Dissi prendendo tra le dita una ciocca dei suoi capelli mossi e portandola dietro l'orecchio. Lei abbassò lo sguardo e mi parve di intravedere un nonsoché di amaro in quel suo sorriso appena accennato. Incurante le portai una mano sotto il mento e le feci alzare lo sguardo, notando ancora il luccichio e il rossore dei suoi occhi a causa di tutte quelle lacrime, che asciugai con i pollici. Avvicinai il mio viso al suo e la baciai sulle labbra, sempre più insistentemente.

Lentamente scesi sul suo collo mentre le sbottonavo la camicetta, mi tolse la maglietta accarezzando le mie spalle e il petto. La privai di ogni indumento e lei fece lo stesso con me.

Mentre ci apprestavamo ad essere una cosa sola le dichiarai quello che non le avevo mai detto.

"Ti amo, Jamie."

"Ti amo anche io, Bill...ti amerò per sempre. Sempre." Sospirò lei.

Le accarezzai il viso e mi tuffai sul suo collo, facendo scorrere le mani sul suo corpo che ormai mi apparteneva completamente, come il suo cuore.

 

Quella notte ci amammo, senza timore, senza limiti, oltre ogni cosa.

A volte mi capita ancora di sognare la sua pelle scorrere ancora sulla mia, il suo profumo su di me e le sue labbra baciare insistentemente le mie come fu quella notte.

Purtroppo, però, al mio risveglio mi rendo conto che lei non c'è, che non ci sarà più, come in fondo fu la mattina seguente.

 

Mi svegliai sul presto, convinto di essere in ritardo per il volo che ci avrebbe portato verso il nostro futuro insieme.

Mi svegliai, poiché sentivo freddo, molto freddo, e la causa era davanti ai miei occhi: lei non era più al mio fianco.

Inizialmente ero convinto fosse in bagno oppure ad aspettarmi in cucina con un sorriso sulle labbra per fare colazione insieme.

Così scesi al piano di sotto, ma la casa era terribilmente vuota e silenziosa, non sentivo la sua voce provenire dalla cucina canticchiando mentre preparava il caffè, non sentivo alcun rumore che potesse richiamare alla sua presenza lì.

Controllai l'orario, il nostro volo sarebbe dovuto partire nel giro di tre ore.

La chiamai più volte, controllai in ogni angolo della casa, mentre una terribile angoscia sembrava lacerarmi il petto e un orribile sospetto farsi strada nella mia mente.

"Bill, è presto, che hai da urlare?" Mio fratello uscì dalla sua stanza stropicciandosi gli occhi.

"Dov'è?" Dovevo avere un'espressione parecchio sconvolta, visto che Tom strabuzzò gli occhi, fingendo di non capire.

"Chi?" Mi chiese, anche se lo sapeva benissimo. Lui sapeva molte più cose di quello che voleva dimostrare.

"Lo sai chi. Jamie! Dov'è Tom? Cazzo dimmi dov'è!"

Ormai ero totalmente in preda al panico e alla rabbia, con tutto me stesso speravo che lei comparisse alle mie spalle, dicendomi di non urlare, di stare calmo, che era tutto a posto.

"Bill." Pronunciò mio fratello con voce flebile, temevo quello che stava per dirmi, temevo che mi avrebbe dato il colpo di grazia.

"No, Bill niente. Dimmi dov'è!" Non ragionavo più, avevo bisogno di sapere.

"Bill, se n'è andata."

Non capivo il senso di quelle parole, o forse non volevo capirlo.

"Come? Perché? Dovevamo partire insieme!"

"Bill, lei l'ha fatto per te. Ha detto di dirti che ti ama."

"Tu lo sapevi? Perché non mi hai detto niente? Tom!"

"Mi ha fatto promettere di non farlo! E poi...io la penso come lei."

"Come puoi dire questo? E a me non ci pensi?"

"E' proprio a te che sto pensando, ed è quello che ha fatto anche lei. Ti ama e non vuole che tu rinunci alla tua vita. Come fai a non capire?" Anche lui cominciava ad essere nervoso.

Caddi in ginocchio.

"La mia vita era con lei."

 

Scuoto la testa, reprimendo ancora una volta le lacrime. La mia disperazione era incontenibile, non tolleravo neanche il fatto che mio fratello avesse voluto essere così egoista da non dirmi la verità, anche se forse il più egoista ero io.

Avevo ottenuto tutto quello che volevo con la band e volevo dare la precedenza alla mia vita privata, convinto di poter avere tutto sotto controllo anche vivendo oltreoceano.

Più volte avanzai la volontà di un nostro trasferimento negli Stati Uniti, ma eravamo tutti consapevoli di creare malcontento tra le fans europee, che erano state coloro che avevano reso possibile tutto quello che avevamo e che tutt'ora abbiamo.

Così mi ritrovai imprigionato nel mio stesso sogno, chiuso in questa sorta di castello delle favole, che mano a mano prendeva sempre più le caratteristiche di un labirinto, senza più una vita privata e senza più amore.

Dopo di lei ebbi solo storie poco importanti, che non duravano più di una notte o due, quelle stesse che io avevo sempre condannato, mi servivano per colmare quel vuoto che aveva lasciato il suo abbandono, per cercare in un'altra ragazza quelli che erano i suoi occhi, ma non ci sono mai riuscito.

In parte sono in debito con lei, poiché non essendo partito per l'America e non avendola qui, ho avuto modo di dedicarmi alla band a tempo pieno e a ottenere questa fama mondiale di cui lei stessa sarebbe orgogliosa, ma se fossimo ancora insieme, forse non avrei la fama, forse non avrei la gloria e il supporto di tante persone che non conoscerò mai, ma sicuramente avrei qualcuno con cui passare questa inutile giornata.

 

Cammino e il mio sguardo si ferma su una coppia, seduta su una panchina nell'atto di scambiarsi baci e carezze.

Non posso fare a meno di notare come la ragazza lo stia guardando e di pensare che qualcuno ha guardato così anche me, ma che ormai nessuno potrà farlo più, perché lei è stata l'unica ad amarmi semplicemente come Bill, mentre chiunque dovesse arrivare dopo amerebbe solo Bill Kaulitz, il cantante dei Tokio Hotel.

 

 

"Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?"
Woody Allen

 

"E' semplicemente quello che ti rimane di quello che hai perso per sempre."

Bill Kaulitz

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: GiadyCherry