Anime & Manga > Bleach
Ricorda la storia  |      
Autore: TonyCocchi    08/05/2010    1 recensioni
Riflessioni condivise da Mayuri innanzi ad un ennesimo capolavoro imperfetto. Ambientata in un futuro successivo alla fine della storia attuale. Forse è la prima di una serie sul futuro delle varie divisioni, ma non posso promettere nulla (università)... Buona lettura! ^__^
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
mayurifanfic

Ciao a tutti cari lettori! Dopo un altro lungo periodo di silenzio ecco che torna NaruXHina! Si, anche questa fic è su Bleach. Vi chiedete se ho cambiato fandom? Forse un po’! XD

È che a Naruto son successe tante di quelle cretinate… Inoltre al momento ho voglia di scrivere cose un po’ più profonde. Quindi, ecco a voi questa fic sul personaggio bizzarro quanto interessante di Mayuri Kurotsuchi!

Una premessa. Negli ultimi tempi ho pensato ad un futuro per la storia attuale, in cui alcuni personaggi sono scomparsi, altri personaggi hanno fatto salti di qualità, e nuovi personaggi sono entrati a far parte del Gotei 13. Questa fic riguarda il futuro da me immaginato per la Dodicesima Compagnia, ma non so ancora se sarà una one-shot o se aggiungerò altri capitoli, intanto metto che è conclusa. Può darsi che io scriva anche quelli per le altre compagnie, ma per il momento dovete accontentarvi di qualche fanart sul mio account di Deviantart, buona visione e buona lettura!

 

http://tonycocchi.deviantart.com/

 

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

 

PPS: ICHIRUKI-RENRUKI, QUESTO è IL PROBLEMA!

 

NOTA:

Collaboratori di Mayuri (apparsi fugacemente nell’anime)

 

http://bleach.wikia.com/wiki/Akon

http://bleach.wikia.com/wiki/Rin_Tsubokura

http://bleach.wikia.com/wiki/Hiyosu

 

 

 

 

Mayuri guardava quel corpo sospeso nel liquido verde fosforescente della teca ondeggiare impercettibilmente.

Un altro mirabile esempio della sua bravura nel modellare a suo piacimento la tecnologia Gigai, la tecnica di creare corpi artificiali in cui inserire, di norma temporaneamente, anime.

Era così perfettamente simile al suo, quello di sua figlia.

In realtà non aveva fatto altro che ripetere lo stesso procedimento della prima volta, quella in cui la creò, impresso a fuoco nella sua mente come decine di altri suoi progetti ed esperimenti di una vita. Non aveva fatto altro che ripetere ogni calcolo e ogni operazione sulla materia basica con precisione maniacale.

I suoi strumenti e il suo genio avevano riprodotto ogni dettaglio, dai più banali quali l’altezza e il colore di capelli ed occhi ai più minuziosi quali il numero di ciglia e capelli.

Una copia indistinguibile dall’originale.

Ma neppure l’artista, volendo recitare la parte del falsario di sé stesso, può essere in grado di ripetere i suoi capolavori.

Che ironia, vittima delle sue stesse idee sulla perfezione.

È la sublime spinta per lo scienziato, l’anelare all’inafferrabile, il raggiungimento dell’apoteosi nell’avvicinarsi soltanto.

E infatti così era.

 

Il corpo, nudo e vuoto, era attaccato tramite diversi fili al tetto della teca; la bocca e il naso erano coperti da una maschera che lo riforniva dei gas e dei nutrienti necessari all’omeostasi. Ogni tanto un lungo, acuto suono del computer monitorante rompeva il silenzio della sua stanza, del suo laboratorio privato, per ricordargli che era tutto a posto, che era tutto pronto.

Che si era in attesa di lui, e del suo ultimo tocco.

La scelta di dare la vita a quel corpo artificiale.

 

Non ve ne era la minima intenzione nei suoi occhi meditabondi.

Il computer suonò ancora, e Mayuri Kurotsuchi si rese sordo.

 

Dare la vita al suo magistrale quanto insignificante lavoretto era inutile quanto era inutile, in fin dei conti, lo sforzo per arrivare alla perfezione.

Stavolta però, da quell’inutilità, da quella sua impotenza, non traeva alcun piacere, alcuna sublimazione, alcuna ispirazione ad andare avanti e sempre più in alto.

I capolavori non possono ripetersi. Purtroppo.

 

La porta scorrevole alla sua sinistra si aprì lentamente, attivata da sofisticati sistemi di autentificazione e riconoscimento.

Akon, Hiyosu e Rin, i tre maggiori ricercatori dell’Istituto di Ricerca e Sviluppo di cui era presidente.

Potevano definirsi i suoi più vicini collaboratori, in realtà per lui erano solo un indifferente rendez-vous ogni volta che si recava al lavoro, e del resto non era nella sua natura affezionarsi alle cose fragili e insignificanti.

Credeva.

 

“Grazie per essere venuti.”

Frase di pura circostanza che pronunciò senza neppure voltarsi.

I tre avanzarono con circospezione all’interno della sala: era piena di oggetti, cavi, apparecchiature, computer, grafici, raccoglitori, strumenti meccanici e all’apparenza medici, eppure quella moltitudine e varietà era imbottigliata nel più rigoroso ordine. Era raro ricevessero il permesso di entrare in quel laboratorio, e potevano intuire che il presidente aveva qualcosa di importante o eccezionale da mostrare.

L’aspettativa non restò delusa alla vista del corpo della loro scomparsa tenente: sembrava incastonato in una gemma, come un insetto in una goccia d’ambra. Il liquido della teca riluceva leggermente sulle linde mattonelle del pavimento.

Il bianco era un colore predominante lì, e non certo il bianco della purezza e della luce: era piuttosto il bianco freddo dei camici, della pulizia, della sterilizzazione, delle ossa che rabbrividiscono, del freddo distacco dell’osservazione scientifica, del trucco che ricopriva il corpo del padrone di quell’avanzato piccolo mondo.

 

“Lo ha ricreato!” disse Akon con gli occhi sgranati sul Gigai.

“Incredibile, è proprio lei!” Rin sembrava il più eccitato dei tre.

“Alla fine dunque si è deciso.” Osservò infine Hiyosu.

“Ho impiegato due anni per completarla. È comunque la metà del tempo che ho impiegato la prima volta.” disse il capitano.

Le ricerche condotte lì avvenivano a completa insaputa di tutto il resto dell’Istituto, costretto a star fuori e limitarsi ad immaginare, ad eccezione ovviamente, fino ad alcuni anni prima, della solerte Nemu Kurotsuchi.

Appoggiò la spropositata e colorata unghia del medio destro sul vetro della teca e proseguì:

“Avvicinatevi pure se volete. Ciò che vedete qui è difficile anche solo definirlo una copia. Si può dire che questo sia esattamente il corpo di mia figlia, ricostruito cellula per cellula esattamente com’era, dotato di tutti i potenziamenti mentali e somatici di cui era stata dotata fino al momento in cui cessarono le sue funzioni vitali. È bastato cimentarsi sui dati in archivio con un po’ di pazienza e di costanza.”

“E stavolta ha fatto tutto da solo, straordinario come sempre, capitano Kurotsuchi!”

“Piantala col servilismo, Hiyosu, lo detesto.”

Rin, che dei tre era anche il più suggestionato, e a ragione, dalla presenza del loro capo si azzardò a porre la domanda che gli era subito nata in testa:

“Quindi… significa che riavremo il tenente Nemu esattamente com’era?”

Aveva i pugni stretti e un leggero sorriso, che sentiva di poter mostrare liberamente.

“La divisione avrà di nuovo un tenente! E lei sua figlia, il migliore in assoluto dei suoi esperimenti!”

 

Il computer suonò.

 

Si aspettava che anche gli altri si elettrizzassero quanto lui, ed effettivamente Akon e Hiyosu avevano accolto parimenti in positivo la cosa. Ma non sapeva che errore stava commentando nel credere che il capitano Kurotsuchi li avesse chiamati lì semplicemente per dar loro una buona notizia.

“È fantastico! Sono felice per lei.”

 

Mayuri non disse una parola. Guardò prima la fascia di tenente che aveva legata al braccio, e poi strizzò gli occhi su Rin come ciò bastasse a frantumarlo.

Riuscito così a fargli inghiottire le felicitazioni e a farlo arretrare tremolante di qualche passo, Mayuri fronteggiò i tre.

“Si, Nemu potrà tornare. A questo punto basta inserire l’anima artificiale creata a partire dalla mia energia spirituale. Inoltre con un po’ di fatica in più, sfruttando le mie stesse onde cerebrali, nonché il fatto che mi abbia gironzolato attorno gran parte del suo tempo, ho potuto sintetizzare un circuito mnemonico su questo chip. Una volta impiantatole nel cervello, riacquisterebbe la maggior parte dei suoi ricordi e delle sue esperienze di vita.”

Non che avesse avuto una vita tanto piena ed eccitante comunque.

“Non sapevo si potessero trapiantare persino i ricordi.” esclamò Akon.

“Ora lo sai.”

“Eppure… mi pare di capire che non ha assolutamente intenzione di procedere.”

Rin, a bocca aperta per la delusione, provò ugualmente a sperare che le successive parole del capitano smentissero l’esimio collega.

 

“Bravo Akon. Non inserirò una Gikon in questo Gigai. Non lo renderò vivo. Non ci sarà nessun ritorno.”

 

Le reazioni furono diverse. Akon, conoscendo bene il suo capitano, non aveva nulla da dire, aspettandosi certamente un motivo valido. Hiyosu, pur non molto interessato, si grattò la grossa testa rotonda e verde, comunque curioso di sapere il perché mai allora li avesse convocati. Rin, che era ancora una persona emotiva e incapace di dimenticare la sua ex-tenente, ebbe, esattamente come previsto da Mayuri, la folle idea di argomentare contro.

 

Il computer suonò.

 

“Ma perché? Non capisco! Certo, la figlia è sua e lei può farne ciò che vuole ma… Pensavo che se avesse avuto la possibilità di riportarla in vita l’avrebbe colta al volo.”

Mayuri lo ascoltò roteando a caso gli occhi nelle orbite: tipico di quando a parlargli era un troglodita.

“Anche considerando ciò che è successo...”

Gli occhi di Mayuri si fermarono.

Rin si domandò se non avesse appena messo a repentaglio la propria vita: nessuno doveva più parlare di quell’episodio di cinque anni prima.

Hiyosu e Akon lo guardarono preoccupati di dover assistere a uno sventramento fuori programma.

Sorprendentemente, Mayuri Kurotsuchi si limitò a grattarsi tra i capelli blu e a sbuffare.

“Ti rendi conto di quante stupidaggini dici? Ti facevo più intelligente.”

Se non altro era ancora vivo e allo stato solido.

“Io riportare in vita? Mi hai preso per Dio? Ho semplicemente ricreato il corpo artificiale di Nemu in cui potrei ficcarci un anima artificiale, come si fa da secoli e secoli, per poi rimpinzarla di ricordi artificiali. Alla fine cosa pensi che otterrei?”

I tre abituati a pendere dalle sue labbra, ebbero comunque modo di accorgersi della profonda tristezza nelle sue iridi arancio.

“Questa cosa… sarebbe esattamente come Nemu, avrebbe quasi tutti i suoi ricordi, la stessa abilità in combattimento… Ma resta il fatto che non sarebbe Nemu. Prima ho detto che sarebbe difficile dire che è una copia, ma in fondo, lo è. Cosa vi ho insegnato sulla filosofia dello scienziato?”

 

Fu Akon a rispondere, pronto, come recitasse una filastrocca imparata a scuola da uno dei maestri a suo modo migliori che ci siano: “Lo scienziato anela alla perfezione e trova l’estasi nella consapevolezza che potrà solo avvicinarsi sempre di più senza mai raggiungerla.”

 

Mayuri digrignò i denti perlacei: “Molto bravo. Ho ricostruito il Gigai di Nemu per ricordarlo a me stesso e per ricordarlo a voi.”

Le torri bianche messe bene in mostra dal suo sorriso crollarono sotto le labbra: “Nemu era imperfetta, come ogni cosa che viene creata, che l’artefice sia io, una qualsiasi persona, o Dio stesso. Eppure, nel suo essere Nemu, era perfetta.”

Non capirono prima che si chiarisse ulteriormente.

“Se anche le innesto i ricordi, ne mancheranno alcuni. Se anche la rendo viva con una Gikon, come ho fatto quando l’ho costruita, non sarà comunque la stessa anima, la sua anima.”

 

“Anima.” ripeté a fior di labbra.

 

Si poggiò alla teca e abbassò il capo: “Nemu Kurotsuchi, quella vera, quella che fino a cinque anni fa era mia figlia e mia tenente, non esisterà mai più, indipendentemente dai miei sforzi e dai miei rimpianti. Se commettessi l’errore di terminare questo esperimento…”

 

Il computer suonò.

 

“… sarei solo un altro scienziatucolo adoratore e sognatore della perfezione.”

Akon non nutriva il minimo dubbio nella genialità del suo capitano, che come aveva previsto aveva spento ogni possibile obiezione. Rin sembrava addirittura commosso.

 

Guardò il volto della ragazza, nuda, vuota, ondeggiante impercettibilmente nel liquido verde fosforescente in cui era immersa.

E scosse la testa.

No.

 

“Akon, Hiyosu, Rin. Ascoltate attentamente: ciò che create è perfetto relativamente a sé stesso. Nessuno potrà mai copiarlo esattamente com’è, neppure voi stessi, quindi tenete a ciò che la vostra abilità, la vostra intelligenza e la vostra fantasia hanno generato come alla vostra stessa vita, altrimenti…”

 

 Riportò la mente ad un giorno di cinque anni addietro.


“Finirete come me, a perdere tempo in sforzi inutili solo per ricordarvi ciò che già sapete. E soprattutto occhio alle creazioni vive e relazionabili, fanno brutti scherzi.”

“Si, capitano Kurotsuchi” fecero i tre in coro.

 

Mayuri sbadigliò: “Oh, beh, è tutto. Ora fuori di qui: cinque minuti di pausa e poi tutti al lavoro.”

Salutarono con un inchino ed uscirono senza voltarsi indietro.

Tranne Rin.

Guardò un’ultima volta il corpo della seconda Nemu, destinato a restar fermo ad un passo dalla vita per chissà quanto tempo, e provò un’enorme tristezza.


E guardò anche il suo capitano. Fisso con gli occhi al pavimento bianco e lucido. La fronte aggrottata da rabbia e frustrazione, e rimprovero, per aver usato quella “lezione” anche come scusa per sfogarsi.

Fintanto che ci pensò su non si accorse che Rin si era attardato. Quando alzò lo sguardo, il suo assistente sparì oltre la porta veloce come un fulmine.

 

Premette un bottone, le porte scorrevoli lo chiusero dentro.

 

Il computer suonò.

 

Mayuri pensò di spegnerlo. Ma se lo avesse fatto i meccanismi di sostegno e monitoraggio del Gigai sarebbero venuti meno, e in poche ore sarebbe tornato un corpo neutro ancora da plasmare.

Ci aveva comunque lavorato due anni, mica poteva buttar tutto via così, si diceva.

 

Nemu ne aveva richiesti quattro, e come si era ridotto a causa sua.

 

Bastava pensare al fatto che il vero motivo per cui non spegneva tutto e zittiva quel fastidioso suono una volta per tutte era un altro, e si mordeva la lingua.

Bastava pensare al fatto che stesse nuovamente solo e immobile a guardare una riproduzione esatta del corpo di sua figlia, e non si sentiva più sé stesso.

Bastava ricordarla e si sentiva ridicolo, come una remora che non ha più un pesce a cui attaccarsi.

 

Graffiò la teca con le unghie.

Come aveva potuto ridursi così?

Ne sarebbe mai uscito?

 

Si sgranchì il collo ed uscì.

 

Il computer suonò ancora.

 

Il corpo stava ancora lì aspettando.

 

 

E anche il suo cuore in lui.

 

 

 

 

Sembra proprio che Mayuri non abbia preso bene la scoperta di essersi affezionato ad un altro essere vivente…

Fan di Nemu, perdonatemi! XD

Ho voluto scrivere una fic suggestiva, che evocasse un certo ambiente (un laboratorio straordinario e inquietante, gelido e futuristico). e per farlo ho usato anche una terminologia “tecnologica” in certi punti, e un personaggio che di questo ambiente può essere emblema. Di questo personaggio ho poi voluto approfondire la sua personale filosofia nel momento in cui questa viene messa a dura prova dalla riscoperta di un’umanità non ancora svanita, “umanità” sia nel senso di sentimenti che nel senso di impotenza dinanzi al mondo nonostante i progressi e le conoscenze.

Come si risolverà la cosa?

Mayuri (che ho descritto in maniera un po’ più “figa”, anche grazie all’assenza di quei ridicoli copricapi che porta di solito XD) continuerà a vivere tormentato dal fatto che si è assuefatto alla presenza intorno a sé di una creazione viva, o il suo cuore non è già condannato ad una eterna attesa?

Chissà… ^__^

 

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

PPS: ICHIRUKI-RENRUKI, QUESTO è IL PROBLEMA!

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: TonyCocchi