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Autore: Pharmakon    08/05/2010    7 recensioni
Romeo, due astri ghiacciati impugnano spade abbracciate dal miele dei suoi boccoli.
Mercuzio, i suoi capelli sono nati dai tramonti: ultimi raggi dorati, come i sospiri, soffiano negli occhi sabbia e vetri verde scuro.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mercuzio: Ah! Allora, lo vedo, la regina Mab è venuta a trovarti.
Essa è la levatrice delle fate, e viene,
in forma non più grossa di un agata
all'indice di un anziano,
tirata da un equipaggio di piccoli atomi,
sul naso degli uomini, mentre giacciono addormentati.
I raggi delle ruote del suo carro son fatti di esili zampe di ragno;
il mantice di ali di cavallette,
le tirelle del più sottile ragnatelo;
i pettorali di umidi raggi di luna,
il manico della frusta di un osso di grillo,
la sferza di un filamento impercettibile;
il cocchiere è un moscerino in livrea grigia,
grosso neppure quanto la metà del piccolo insetto tondo,
tratto fuori con uno spillo dal pigro dito di una fanciulla.
Il suo cocchio è un guscio di nocciola,
lavorato dal falegname scoiattolo o dal vecchio verme,
da tempo immemorabile carrozzieri delle fate.
In questo arnese essa galoppa da una notte
all'altra attraverso i cervelli degli amanti,
e allora essi sognan d'amore; sulle ginocchia dei cortigiani,
che immediatamente sognan riverenze;
sulle dita dei legulei, che subito sognano onorari,
sulle labbra delle dame che immantinente sognano baci,
su quelle labbra che Mab adirata spesso
affligge di vescicole perché il loro fiato è guasto
da confetture; talvolta essa galoppa sul naso di un sollecitatore,
e allora, in sogno, egli sente l'odore d'una supplica,
talora va, con la coda di un porcellino della decima,
a solleticare il naso di un parroco mentre giace addormentato,
e allora egli sogna un altro benefizio;
talora ella passa in carrozza sul collo di un soldato,
e allora egli sogna di tagliare gole nemiche, sogna brecce,
agguati, lame spagnole, e trincate profonde cinque tese;
poi, all'improvviso, essa gli suona il tamburo nell'orecchio,
al che egli si desta di soprassalto,
e spaventato bestemmia una preghiera o due, e si riaddormenta.
Questa Mab è proprio quella stessa che nella notte intreccia
le criniere dei cavalli, e nei loro crini sozzi ed unti fa dei nodi fatali,
che una volta strigati pronosticano molte sciagure.
Lei è la strega, che quando le fanciulle giacciono supine,
le preme, e insegna loro per la prima volta a portare,
e ne fa delle donne di buon portamento.
Essa è colei...

Romeo: Taci, taci, Mercuzio, taci!
Tu parli di niente.

Mercuzio: E' vero, io parlo dei sogni,
che sono figli di un cervello ozioso,
generati da nient'altro che da una vana fantasia,
la quale è di una sostanza sottile come l'aria,
e più incostante del vento, che in questo momento carezza
il gelido grembo del settentrione, e, corrucciato,
se ne va via sbuffando, e volta la faccia
verso il mezzogiorno stillante di rugiada.
















Sbircio l'Amore; mio Signore, mio Amico.







Mercuzio, i suoi capelli sono nati dai tramonti: ultimi raggi dorati, come i sospiri, soffiano negli occhi sabbia e vetri verde scuro.

Romeo, due astri ghiacciati impugnano spade abbracciate dal miele dei suoi boccoli.










Taci, TACI!, Mercuzio!








Tu
parli
di
niente.










Sono preso, mio Signore, mio Amico, dalle tue mani possenti; ne sento il pulsare violento d'ogni tamburo: la Regina Mab, mio Signore, mio Amico, prepara già la mia esecuzione.
Questa brezza notturna ci avvolge le braccia, meditando vendetta alle scosse tue: agitano i miei capelli – ed i tuoi, nella danza salvifica.
La canna al vento delle tue volontà, sono io; e tu imprimi tra i miei vestiti la decisione – che unisce sentimento e parola in un'unica azione – che vorrei sui miei fianchi.
Romeo, questi non sono sogni. Costole rotte, sopra il diaframma, mi lasciano fitte e voglie erotiche.

Mi spezzi i respiri, fin quando le fiaccole si fermano intorno a noi (quando sono i nostri corpi che, già nel passato, ruotavano attorno questi soli – quello era un sogno!), come una selva di mormorii. Sono i cacciatori, ed io la volpe. Rimirata la sua fulgida chioma, la commozione è soltanto del suo sangue.
Ora, il mio cane bastardo respira i miei traumi, affannato dall'urgenza di zittirmi. È soltanto il riflesso del fuoco a colorarmi il viso, non l'ebrezza che ci guida alla festa – di questa fiaccola, come del tuo ardere, rimarrà una carcassa: ed io sarò lì ad ustionarmi le mani con le ceneri e ne farò un dardo pietoso per il mio cuore.

Taccio, taccio Romeo; e voglio tirarti i capelli.
Questa mia fantasia, al contrario del mezzogiorno, vuole arricciare i tuoi boccoli attorno le mie dita; fare di queste i componenti delle ruote e di un boccolo la tua carrozza, così che io, Principe Mercuzio, possa affrontare quella Regina che stringe il corpetto alla tua Giulietta.
Riserva, per me, i serpenti dalle lingue biforcute che, nelle mie orecchie e nel mio cervello, non sono i sogni degli amanti, ma le voglie degli impuri.

E sulle tue labbra, Romeo -
scavo la tomba degli amori tra i miei denti -
lascia gocce di rugiada e non piaghe.
Grazie a loro le mie parole decadono come le tue mani lungo le mie braccia; in nessuna poesia – e nessun intreccio di dita.





Essa è colei...







Colei che sulle mie labbra lascia piaghe per i loro desideri sporchi,
che fa dei tuoi capelli spilli per i miei occhi;
la cui frusta è la mia spina dorsale,
a tenermi dritto quando questo mio male mi curva.
Lei è Brutale e brucia la mia guancia
imitazione di un tuo palmo e beffa
che di cera mi sporca le dita e si sgretola;
sa che l'Amore, cieco, non distingue candele da passioni.









Romeo, ti amo.
Nella Notte che mi grava sul capo è semplice vedere le stelle; l'immagine a cui danno vita, sono echi di leggende come i baci alle ninfe: il morso dato dai fauni ai frutti che io lascio sulle mie braccia -
di ogni maledizione,
questa mia peste portata da un serafino.







Ma io -
Io
parlo
di
Niente.





È vero.







Parlo di voglie, io, incattivite dal diaframma,
nate da ginocchia ferite
per ogni inchino e perdono
che invidiano le brezze dei sogni
da dentro ampolle, al sicuro dalle vertigini.

























No, non mi sono drogata per scrivere una cosa del genere. Questa cosa non vuole essere un insulto al mio carissimo amico (?!) William.
Shakespeare, sì. Sono abbastanza sicura che avrebbe apprezzato lo sforzo ed il delirio.
Mercuzio è sempre stato il mio personaggio preferito e quello che ho sempre amato recitare.

Questa storia non riprende nessuna scena nei particolari, ma lo scambio di battute tra Romeo e Mercuzio nell'Atto I, scena IV. È come se io avessi scritto i pensieri di Mercuzio e la loro continuazione, quando Romeo lo ferma. Per facilitare la comprensione – che, me ne rendo conto, è difficile e me ne dispiace – ho anche inserito, prima della storia, il famoso dialogo da cui tutto è partito – quando l'ho riletto per l'ennesima volta. QUESTO SUCCEDE QUANDO NON SI ESCE. Oh.
Ho immaginato Romeo, che afferra Mercuzio e lo scuote, per lasciarlo smettere di vaneggiare. Ho anche specificato di che colore sono i loro capelli ed i loro occhi, in questa storia. (Romeo ha i capelli castano miele – e se non esiste... IMMAGINATEVELO, PERDIO!ehm – e gli occhi azzurri-grigi-quellochevolete, mentre Mercuzio è biondo con gli occhi verde scuro.)
Credo che il loro aspetto fisico come quel che ho immaginato, in questa storia, sia stato influenzato dagli attori del film “Romeo e Giulietta” del 1968 e sì, pieno zeppo d'imperfezioni divertenti XD (Giulietta non sanguina quando si pugnala! WOAH! Tanto per citarne una); per chiunque volesse andarli a vedere:
Leonard Whiting è Romeo
John McEnery è Mercuzio.

Il titolo, penso stia ad indicare un povero Mercuzio malinconico che vede l'amore di Romeo per Giulietta e, nel frattempo, sbircia il proprio spaventato, atterrito, consapevole, ma dannatamente innocente.
Credo.
“Mio Signore, mio Amico” è ripreso anche nei primi righi della storia, proprio ad indicare questo rapporto quasi conflittuale che Mercuzio ha con quest'Amore che aleggia tra loro due e nel triangolo che vede solo lui.
Credo, di nuovo.


Vorrei poter dire con sicurezza di riuscire a scrivere una raccolta di "momenti" di questi "miei" Romeo e Mercuzio; chissà, magari ne troverò tempo, ispirazione e voglia.




Un ringraziamento, un inchino ed un bacio a William Shakespeare.

Io mi zittisco da sola, ringraziando chiunque si sia sorbito questo scempio.

A presto!

  
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