Il mio peggior nemico era lì, davanti a me, accecante di bellezza, caldo e invitante come il sole d’agosto.
E diabolico come il fuoco dell’inferno.
Mi adirai, mi adirai con tutta me stessa – sciocca e maledettamente umana, debole, infima della mia specie, odiai il sangue che scorreva bollente per tutto il corpo, il desiderio che mi pulsava nel ventre, il sudore che colava lungo la schiena.
E mi sentii uguale a lui.
Troppo simile, troppo affine, troppo sola.
Senza che aprisse bocca, mi sentii avvolgere dalla sua essenza. L’odio, la frustrazione, il dolore, la solitudine, la mestizia. Giorni di piogge incessanti, notti di luna piena, anni di viaggi, schiavitù, donne su donne, sempre le stesse…
Sentii il battito del suo cuore. Mi parve che non fosse possibile, che mi fossi immaginata tutto. Eppure lo sentivo.
Sentivo il suo essere intero, rosso come il sangue, nero come la morte, avvolgermi lentamente, accarezzarmi, stringermi attorno alla mia gola. Mi parve di precipitare in un baratro, nonostante sentissi la terra sotto i piedi e il morbido velluto del suo guanto posarsi appena sul mio viso. Improvvisamente troppo vicini ai miei, i suoi occhi mandarono lampi argentati.
E nonostante tutto –nonostante l’odio, l’orgoglio, l’oblio- sentii di amarlo. Restai impietrita quando riconobbi la stessa follia in lui – ancora una volta i suoi occhi rivelatori.
Non una parola, non un sussurro, non un gemito. Aggrottai le sopracciglia, cercando di farmi rinsavire. L’assurdità della situazione gravava sulla mia sanità mentale –era chiaro ormai che ero diventata pazza- ma bastò un altro sguardo –così poco era necessario!- per spazzare via tutti i dubbi. Era limpido come il fuoco, come l’oceano, come il cristallo. Non avrei potuto cambiarlo, non avrei potuto forzare il mio cuore alla ragione. Maledetta, ero maledetta per tutto ciò che avevo provato, per tutto ciò che avevo visto, ed ero giunta a questo punto. Oh, mi pentii di essere stata concepita, di essere nata, di aver visto la luce. Se simili sofferenze mi sarebbero state risparmiate, avrei preferito morire anni prima. Lo avrei fatto volentieri al posto di Carol.
E adesso cosa facevo? Cosa diavolo stavo facendo? Come potevo, come mi sarei guardata allo specchio d’ora in avanti? Come avrei potuto posare lo sguardo su di lui, quel mostro, senza reprimere un brivido, senza disgustarmi di me stessa? Come sarei sopravvissuta?
E soprattutto, come mi sarei perdonata?