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Autore: Cassie chan    27/08/2005    14 recensioni
Buffy è riuscita a sconfiggere il Primo ed ormai, grazie a Willow, non è più la sola Cacciatrice. Ma l'ultimo scontro si è portato via una persona che Buffy non avrebbe mai immaginato di dover rimpiangere e che adesso la fa vivere in una vita che non è più la sua, ma che è sospesa in un tempo, fatto di ricordi e di rimpianti. E se Buffy avesse la possibilità di rivedere Spike per poche ed essenziali ore? Vincitrice del Decimo Turno dei Neverending Story Awards nelle categorie Best Romance, Best Ficlet and Best Kiss
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Buffy Anne Summers, William Spike
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Reason… you are…

Reason… you are…

 

La sera era calma e tranquilla, tersa e piena di stelle, nonostante fosse dicembre inoltrato; le vetrine dei negozi erano ancora illuminate, sebbene fossero già le due del mattino, e colme delle luci natalizie, che splendevano calde e ammiccanti al di là delle sottili pareti di vetro. Poca gente camminava ancora per le strade, spazzate dal vento gelido e pungente, che congelava sulle labbra il respiro, e le gocce d’acqua sugli alberi radi del parco cittadino. Tra le varie ombre, una era frequentatrice abituale di quei luoghi, che adesso si insinuava placidamente tra i vari piccoli sentieri del parco, il cui cancello chiuso era spesso scavalcato senza problemi. Senza problemi, almeno per lei…

La giovane donna si sedette su una panchina di ferro battuto, respirando la placida aria della notte, fresca sul viso, e rasserenante. Ad una folata più forte di vento, si tenne una mano nei capelli biondi, che stavano volteggiando nel turbine gelido, mentre gli occhi giada si imputavano tersi e malinconici sulla falce di luna splendente nel cielo.

Certo che le vecchie abitudini sono dure a morire, pensò Buffy, distendendo pigramente le braccia davanti a sé. Dopo anni, in cui era stata la cacciatrice della città di Sunnydale, non era più abituata a dormire molto la notte, e l’ultima battaglia contro il Primo non le aveva certo lasciato molto tempo per il sonno. Si addormentava molto tardi, sempre accompagnata da sogni, che le ridavano immagini che non avrebbe voluto rivedere. Ed era per quella ragione che ogni sera da sette mesi a quella parte, e cioè da quando era venuta a Los Angeles, che prima di dormire, faceva sempre una lunghissima passeggiata, che le ricordava la sua passata ronda notturna, che poi si concludeva in quel parco, dove rimaneva alle volte anche ore a riflettere. Già, a riflettere… da quanto non lo faceva? Magari dalla morte di sua madre… da allora, niente le era parso abbastanza significativo per starci a pensare troppo su… pensava ai suoi nemici, alle sue difficoltà pratiche, ai problemi con gli amici o con Dawn, ma mai più di tanto… non perchè non fosse una persona riflessiva, ma perché lo era troppo, e ciò alle volte la stancava. In ogni caso, era dalla morte di sua madre che non pensava al futuro e che non spingeva oltre il presente la sua immaginazione e la sua mente. E adesso che non era più la sola ed unica Cacciatrice sulla faccia della Terra, ma ce n’ erano centinaia, sapeva che non c’erano più quelle insormontabili, ma forse rassicuranti, apocalissi da risolvere, ma c’era lei. Solo e solamente lei. Da sola a fare i conti con la sua mente e il suo cuore.

La morte è il mio dono… da quando l’aveva sentita, quella frase le si era conficcata nel cervello… e adesso, dopo mille significati che vi aveva dato, dopo aver pensato che si riferisse alla sua missione, dopo averne fatto uso per giustificare il sacrificio della sua vita per la sorella, ne trovava ancora altri… era dalla morte che lei viveva. Era dalla morte che lei era plasmata… soprattutto dalla morte degli altri…

Plasmare la vita… modellare la morte, come un’opera d’arte… in fondo non è la stessa cosa? Chi gliela aveva detto?

Una voce nella sua testa.

Perché sei innamorata della morte… la morte e' un'opera d'arte. La modelli con le tue mani giorno dopo giorno. L'ultimo respiro. Quel senso di pace…

Già, adesso ricordava… e come poteva essere diversamente? Come non poteva essere lui l’autore di quel pensiero? In fondo, era un poeta, pessimo, ma pur sempre un poeta… le venne da sorridere, e lo fece inconsciamente, una maschera di gioia, dipinta sul velluto nero della notte. Poi, sentii le sue labbra raffreddarsi, bagnate da tante piccole schegge del suo cuore, le sue lacrime… quante volte aveva pianto per lui? Tante, forse troppe, insinuava qualcuno… non le importava, perché era troppo importante dare una risposta a quella domanda, a quell’assurda e tarda domanda…

Un senso di pace… quando sono morta, io l’ho provato… ma tu… tu lo stai provando?

Sorrise ancora, alzandosi dalla panchina, dopo aver scosso la testa e ricacciato indietro le lacrime. Scavalcò nuovamente il cancello, graffiandosi le mani con i rampicanti spinosi, che vi crescevano sopra, e riprese a camminare, stavolta verso casa. Si serrò nelle spalle sottili, mentre percorreva a ritroso le vie già percorse. Cercava di distrarre la sua mente, con altri pensieri, di pensare al Natale, di pensare finalmente come una persona normale, quello che aveva voluto per tutta la sua vita, ma adesso che lo aveva, era quasi fumo nella gola, che ti impedisce di respirare. Perché niente così le impediva di tornare indietro, e di rivedere dietro di sé…

Sei morto con l’anima… l’anima, che hai ripreso per… per me…

Almeno questo significava che lui era da qualche parte, che non era semplicemente diventato polvere, come tanti altri vampiri, che lei stessa aveva ucciso… questo le dette per un attimo forza, e allora riprese a camminare più velocemente, anche se dopo poco rallentò ancora…

Sei da qualche parte…

E dove era?

Non si seppe rispondere, come tante altre volte… e fu allora che prese a correre selvaggiamente, velocemente, sferzata dal vento gelido, che le percuoteva il viso con le sue raffiche. Arrivò a casa, nella sua nuova casa, un piccolo appartamento con la porta di vernice rossa, che divideva con Dawn e Willow. Aveva trovato un lavoro, o meglio Angel le aveva trovato un lavoro, dopo aver insistito molto per farla venire a vivere lì. Adesso faceva la segretaria nell’ufficio di un famoso avvocato, niente demoni, niente vampiri, niente mostri…

E soprattutto niente lui… si disse, mentre girava la chiave nella toppa della serratura, entrando nell’appartamento. Dawn era stranamente ancora in piedi e chiacchierava con Willow, seduta in salotto, mentre entrambe mangiavano del gelato alla vaniglia.

“Ben tornata signorina, che non è più Cacciatrice, ma che non ne vuole sapere di restare a casa di notte…” la apostrofò scherzosamente Dawn, mentre affondava il cucchiaino nella pasta cremosa del gelato. Willow sorrise, scuotendo i capelli rossi e lisci, sempre divertita dalle schermaglie verbali delle sorelle Summers. Anche se, notava continuamente Willow, era da quando avevano lasciato Sunnydale che Buffy non era più la stessa e che non rispondeva più così pungente alla sorella minore. Era certo abbastanza serena, ma mai più di tanto, e sembrava celare con enorme sforzo, un peso che portava dentro e che sembrava logorarla ogni giorno di più. Lei fingeva, faceva finta di stare bene, ma a lei che la conosceva troppo bene, era impossibile non notare il suo vistoso cambiamento.

Buffy sorrise, entrando in cucina, e scompigliò i capelli ramati di Dawn, dicendo: “Mi sembra comunque che l’insonnia sia una caratteristica comune a questa famiglia…”.

“Ti abbiamo sentito uscire e allora ci siamo svegliate…” spiegò Willow semplicemente “E dato che Dawn voleva sottoporti ad un bel terzo grado, ti abbiamo aspettato…”.

Dawn assunse infatti un’espressione da sergente maggiore, e chiese autoritaria: “Già, si può sapere dove sei stata?! Prima avevi la scusa della ronda, ma adesso… sicuramente c’è sotto qualche ragazzo…”.

Buffy, preso un cucchiaio, si acciambellò sul divano accanto a Willow, mentre Dawn la guardava interrogativamente, al contempo curiosa e speranzosa. Portato il cucchiaio colmo di gelato alle labbra, disse solo: “Non c’è alcun ragazzo… ero solo un po’ nervosa e non riuscivo a prendere sonno… tutto qui…”, poi aggiunse: “Speravo di incontrare qualche vampiro, con cui sfogarmi, ma purtroppo questa città è piena di neo Cacciatrici, tutte desiderose di fare le buone samaritane e di cacciare… quindi di vampiri ce ne sono ben pochi…”.

“Questa dovrebbe essere una buona cosa, no?!” disse  Willow timida, ma ferma, convinta ancora una volta che qualcosa non andava nella sua amica.

Buffy annuì solamente con il capo e non aggiunse altro, poi guardò l’orologio e si stiracchiò.

“Certo che è proprio tardi… è meglio che me ne vada a dormire… domani comincio prima…” disse, alzandosi e dando la buonanotte alla sorella e a Willow. Entrambe la guardarono sparire nella sua stanza, in silenzio, mentre Dawn inarcava un sopracciglio, dicendo: “Quando capirò chi è la strana di questa famiglia, sarà sempre troppo tardi… e pensare che sono io la Sfera d’Energia interdimensionale…”.

Willow sorrise, poi guardò preoccupata la porta chiusa della camera di Buffy. Voleva fare qualcosa per la sua amica e sapeva anche che cosa fare… aveva soltanto bisogno del via libera di Giles… lo avrebbe chiamato il giorno dopo… poi, con uno sbadiglio, trascinò Dawn a letto.

 

 

Una pallida luce annunciò l’arrivo del nuovo giorno nella camera di Buffy, che serrò forte gli occhi all’arrivo del raggio di sole che le feriva gli occhi verde chiaro. Si distese più comodamente, poi gettò uno sguardo all’orologio e vide che erano solo le sei e mezzo. Ecco, adesso ci mancava pure che si svegliasse tre ore prima del previsto… e quanto aveva dormito? Tre, quattro ore? Rassegnata, si alzò da letto e si chiuse in bagno, facendo scorrere l’acqua calda. Si fece una rapida doccia, poi, in accappatoio e con i capelli bagnati, che le si attaccavano in lunghe onde al collo, andò in cucina, preparandosi una tazza di caffè nero bollente e mangiucchiando un po’ di torta al cioccolato, che trovò in frigo.

Dopo la colazione, ritornò in camera sua, e aprì l’armadio, uscendo un semplice maglioncino bianco latte a collo alto e un paio di stretti pantaloni neri. Si mise un paio di stivali alti e poi si spazzolò a lungo i capelli biondi, per poi aprire il suo portagioie, cercando qualcosa tra le sue collanine, orecchini e braccialettini. All’improvviso, sembrò quasi sbiancare e, con le dita tremanti, uscì una sottile catenina d’oro, che sembrava leggermente sporca di terriccio e dall’aria abbastanza vecchia. La ragazza la soppesò pensosamente tra le mani per un po’, per poi sorridere leggermente e legarla attorno al polso sottile, dopo averla fatta passare sotto lo scroscio del rubinetto del bagno. La fece girare diverse volte, per poi chiuderla, anche se comunque le andava ancora abbastanza larga.

Fu allora che sentii un leggero bussare alla porta d’ingresso. Chiedendosi chi potesse essere, corse silenziosamente alla porta, per poi aprirla dopo un breve sguardo nello spioncino

Un bel ragazzo che portava addosso una coperta grigia, entrò correndo, per poi lanciare la coperta sul divano. Buffy sorrise e disse: “Ti sei dimenticato di calcolare i tempi delle tue uscite notturne?”.

Angel sorrise ironicamente e rispose: “Molto spiritosa… è solo che avevo sentito di alcune attività demoniache in periferia e allora, al tramonto, mi sono diretto lì… ma come al solito era un buco dell’acqua… ma fino a quando, me ne sono accertato completamente e sono tornato indietro, si è fatta l’alba…”.

Buffy inarcò un sopracciglio e disse: “Una macchina no?”.

Angel si sedette sul divano e rispose: “E che me ne faccio? In fondo, la userei solo di notte e a me piace molto di più camminare… come ad una persona di mia conoscenza, no?”.

Buffy accusò il colpo e si voltò, entrando in cucina e chiedendogli se volesse del caffè. Lui accettò volentieri, dato che era praticamente congelato.

Buffy gli portò il caffè, per poi sedersi di fronte a lui. Gli chiese, lo sguardo basso: “Perché non mi hai avvisato? Che c’era un allarme demoniaco, intendo… lo sai che mi mancano un po’ i vecchi tempi…”.

Angel finii di sorseggiare il caffè, poi rispose tranquillo: “Te l’ho detto, no? Ieri sera ti ho vista al parco, e non mi sembravi nelle condizioni per affrontare uno scontro di qualsiasi natura… sbaglio forse?”.

Buffy annuì con decisione e rispose, lo sguardo che vagava nella stanza: “Assolutamente sì… mi annoio a morte e vorrei tornare alle mie solite missioni… non chiedo un armageddon, ma almeno una vecchia rissa con un paio di vampiri… e invece niente di niente…”.

“Non sto parlando di questo…” l’interruppe Angel “L’attività demoniaca è ai minimi storici… nella sola Los Angeles, ci saranno almeno quindici Cacciatrici, e questa è sicuramente una cosa positiva… comunque, non sto parlando della tua noia… sto parlando di…”, si fermò, incapace di continuare, poi disse con decisione, guardandola negli occhi: “Sto parlando di Spike, Buffy…”.

La ragazza sussultò, ma si trattenne, dicendo con indifferenza: “Non capisco che cosa c’entri adesso Spike… anche adesso che è morto, lo tiri fuori in ogni discorso… sei paranoico, lo sai?”.

“Non è paranoia, Buffy…” replicò Angel, sospirando “Perché non vuoi ammettere che stai molto male per la sua morte?”.

“Perché non è vero… io sto benissimo…” disse, la voce più alta, poi si alzò in piedi e riprese: “Io e lui eravamo solo amici, non stavamo insieme… lui è morto per salvarci tutti, lo ha fatto perché lo voleva, era cambiato e aveva un’anima… più sereno di come era lui in quel momento, non ne ho mai visto nessuno… lui voleva morire, voleva sacrificarsi… quindi non c’è motivo per cui dovrei ancora pensare a lui… considerando che non l’ho fatto nemmeno quando era vivo, figuriamoci adesso… non devo vendicarlo, né indagare sulla sua morte, è tutto talmente chiaro e cristallino…”.

Si rendeva conto di stare mentendo vistosamente, lo capiva nel sentire la propria voce tremare impercettibilmente e nel suo cuore che si schiacciava contro le sue costole, ma continuò a parlare senza un minimo ripensamento. In fondo, che ne sapeva Angel, che aveva conosciuto solo William il Sanguinario? Niente, non ne sapeva proprio niente, e allora si degnasse di lasciarla in pace…

“Chiaro e cristallino, dici?!” le disse Angel, alzandosi in piedi e standole di fronte “Peccato che ancora non ammetti nemmeno con te stessa che eri innamorata di lui e che è per questo che non riesci a lasciarlo dietro di te!”. Buffy si sentii come se le avessero dato un pugno nello stomaco, poi gli rispose, gli occhi pieni di lacrime e la voce, diventata un sibilo acuto: “Che diamine ne sia tu?! Che ne sai tu?! Niente, ecco che ne sai! Niente! Lasciami in pace! Hai capito?!”. Si girò bruscamente indietro e trattenne a stento le lacrime, quando sentii le dita di Angel chiudersi sul suo polso e costringerla a girarsi.

“Questo lo sai che significa?” le disse tranquillamente, anche se i suoi occhi erano specchi di una strana rabbia “Che mi hai ammesso che io non posso capire che sei innamorata di lui… insomma, sii sincera, una maledetta volta! Lo ami, non è così?”.

Lei non rispose, ma, guardandolo con espressione di sfida, si liberò con uno strattone della sua presa e fece per ritornare in cucina, quando sentii la sua voce dire tagliente: “Spike… certo che ne hai di gusto per il macabro… adesso ti piacciono i pluri-omicida? Fammelo sapere la prossima volta… e pensare che io ti ho lasciata perché pensavo che meritassi una vita normale…”.

Lei si voltò di scatto e disse solamente: “Smettila… non ti azzardare a parlare di lui, adesso che non c’è più… lui era cambiato, e tu non ti sei nemmeno degnato di rendertene conto e di ammetterlo…”.

“Peccato che io lo conosco da molto più tempo di te… comunque, adesso non importa…” aggiunse con noncuranza “Adesso starà marcendo all’inferno… mi dispiace che tu non glielo abbia potuto dire… forse lo avresti reso felice… era da tempo che ti voleva portare a letto…”.

Buffy non ci vide più e gli schiaffeggiò il viso con tutta la sua forza che aveva, le lacrime che ormai scendevano libere sul suo volto. Risentiva amplificate le sue parole nel cervello, aggiunte da altri migliaia di discorsi, che le dettero un senso di capogiro e di vertigine…

Non so che avrei fatto, se avessi salito quelle scale…

Non è vero, ma ti ringrazio per averlo detto…

Lasciò Angel, con il labbro spaccato sul pavimento del salotto, dopo che Willow e Dawn si svegliarono e corsero da Angel, chiedendole che cosa le fosse saltato in testa… corse fuori, le lacrime che adesso cadevano libere nel vento. 

 

 

Camminava ormai da diverse ore, senza una meta apparente, senza niente che le desse la forza di tornare indietro. Guardò distrattamente l’orologio, che portava al polso, e vide che ormai erano le sette passate. Uscii dalla borsa il suo cellulare e avvertii che non sarebbe andata al lavoro quel giorno. Disse di stare male, cosa che a conti fatti non era nemmeno una totale bugia.

Entrò in una caffetteria, poi incurante del freddo, si sedette nei tavolini che c’erano fuori sul marciapiede. Dopo aver ordinato l’ennesima tazza di caffè, rimase immobile a guardare il primo passare degli abitanti della sua nuova frenetica città. Doveva ammettere che inaspettatamente Sunnydale le mancava molto, adesso che non era altro che un cratere nella Terra, a cui nessuno scienziato era riuscito a dare una spiegazione, o aveva provato a dare. Troppo strana da sempre Sunnydale, la città dei fenomeni paranormali e delle continue morti strane e misteriose. Se ne era resa conto un giorno, solo quattro mesi prima, quando una calda mattinata d’agosto si era decisa a ritornare nel luogo dove sorgeva la sua vecchia città, dove era vissuta per molti anni con la madre e con Dawn, e dove era stata maggiormente la Cacciatrice. Aveva preso la sua auto e si era diretta lì quasi per caso, senza nemmeno sapere dove stesse andando, come spinta da una strana forza che influenzava la sua volontà, che aveva sempre creduto enormemente forte e salda.

Arrivò all’imbocco del cratere e vide parcheggiate delle auto bianche, da cui scendevano delle persone coperte di mascherine e tute ignifughe. Precauzioni inutili, pensò lei, quando ormai la Bocca dell’Inferno era stata distrutta. Parcheggiò la macchina in un punto seminascosto e, approfittando del momento di distrazione degli uomini, che stavano decidendo chi di loro dovesse scendere per primo nella enorme buca, si lasciò cadere all’interno di essa, scivolando sulle pareti e attutendo la caduta, aggrappandosi a delle piante, che erano miracolosamente cresciute sulle pareti del cratere.

Dove prima c’era la sua città, ora c’era solo terra spianata e polvere. Ogni tanto, si distingueva la sagoma di qualche oggetto, appartenuto ai vecchi abitanti adesso spariti e trasferitisi altrove, da anche prima che Sunnydale fosse distrutta. Camminò lentamente, come se fosse in trance, cercando di localizzare in ciò che vedeva qualcosa, che ricordava, ma il sole d’agosto permetteva solo di vedere delle pozze d’acqua, create dal caldo, chiaramente dei miraggi. Fu presa dall’angoscia, e si girò velocemente su sé stessa, decisa a ricordare solo la Sunnydale dove era vissuta. Mentre ritornava indietro, la sua attenzione fu attirata da un leggero bagliore d’oro, splendente nella polvere scura; si chinò e, dopo aver scavato poco con le dita lunghe e affusolate nella terra morbida, vide che si trattava solo di una piccola catenina d’oro, di maglia spessa e non molto lunga. Quando la vide splendere tra le sue mani, seppe già di che cosa si trattava, perché l’aveva vista troppe volte luccicare impertinente attorno al collo di una persona di sua conoscenza. Ci aveva giocherellato, facendoci passare le dita gelide, toccando una pelle ancora più gelida. E aveva sorriso, chiedendone l’origine. Forse non era realmente interessata, eppure l’aveva chiesto quel lontano giorno, e ricordava anche di averne avuto una risposta, magari intervallata da frasi argute e da piccoli moti di ironia scherzosa, sempre la regola tra lei e lui. E adesso voleva disperatamente ricordare che cosa lui le aveva detto, che cosa le aveva risposto, ma non ci riusciva. Semplicemente perché forse quella volta non l’aveva sentito, non l’aveva nemmeno ascoltato, perché stava pensando a come andarsene da quella cripta, preservando un po’ della sua dignità e del suo orgoglio di Cacciatrice.

Già, l’orgoglio… quel animale accucciato nel suo stomaco e sempre presente a ricordarle che cosa era e che cosa doveva fare, pronto a graffiarla dentro, se non ci avesse fatto caso. Per quella innata caratteristica del suo carattere, aveva sempre taciuto la verità a sé stessa, perché troppo assurda per lei, per lei che era la Cacciatrice. Innamorarsi di un vampiro era la cosa più assurda che potesse succedere ad una Cacciatrice e forse intimamente aveva dato ragione ad Angel, quando lui l’aveva lasciata. Era impossibile perché lei era viva ed era fatta di tempo, quello che ai vampiri è puntualmente negato.

Poi, era arrivato lui, o meglio era tornato lui. Ammansito da un chip nel cervello. Un assassino in letargo. Questo lei diceva. Lo chiamava mostro, e diceva che non era un uomo, anche quando le ammise con gli occhi azzurri dannatamente sinceri che era innamorato di lei. Era troppo per lei. Reagì con rabbia, perchè un vampiro non ha l’anima e non ama, e lui era un illuso a pensare il contrario, o meglio a pretendere il contrario. Lo aveva respinto, non facendosi alcun scrupolo e pensando a lui come ad una sorta di animale estremamente molesto, che doveva tenere alla larga, salvo poi doversi parzialmente ricredere dopo tutto quello che aveva fatto per lei e per Dawn, ai tempi dell’ormai lontanissimo scontro con Glory.

Poi lei stessa era morta, sacrificandosi per sua sorella e per il mondo intero, facendo della morte tanto dispensata il suo dono. Aveva conosciuto lo splendore del Paradiso, della felicità eterna e aveva anche conosciuto l’estremo dolore di esservi cacciata perché i suoi amici l’avevano riportata indietro da lì, da quel luogo incantevole e meraviglioso, di cui adesso serbava solo un piccolo e dolce ricordo. Era stata male, molto, e aveva confessato parte della sua tristezza solamente a lui… ancora non sapeva darsene una ragione del motivo per cui si era avvicinata a lui, magari perché sapeva che anche lui era morto, anche lui aveva provato quella sensazione. Poi era diventato qualcos’altro quello che lei provava per lui, un qualcosa di indefinibile e assurdo, che l’aveva trascinata verso un abisso, in cui non si era più riconosciuta come sé stessa. In quel periodo, si era sentita male, in colpa verso i suoi amici e verso la sua nobile missione di Cacciatrice, che le imponeva di non provare nulla di diverso dall’odio e dalla repulsione per i suoi nemici naturali, i vampiri. E invece con lui, con Spike, era stato diverso, nemmeno uguale a quel purissimo amore, che aveva provato per Angel… prima era venuta l’attrazione, fortissima e inspiegabile, che l’aveva massacrata dentro, l’attrazione per un male, di cui sentiva permeata tutta la Terra, dopo essere stata espulsa dal Paradiso, un male che sentiva di dover accettare in sé per poter essere di nuovo accettata.

Poi, ancora, lo aveva respinto, divorata dal senso di colpa, dopo aver incontrato il suo ex Riley, scatenando la sua reazione quella maledetta sera nel bagno di casa sua. Adesso ammetteva con estrema chiarezza quanto fosse colpa sua quello che era successo, quanto lo aveva usato e quanto non poteva pretendere che lui fosse sempre a sua disposizione, senza che si sentisse ferito. Perché lui l’amava. E questo a lei non era mai passato nel cervello, convinta com’era che anche per lui fosse solo un gioco, egoisticamente convinta di questo.

Ma poi tutto era cambiato quella notte, nella chiesa dove lui si era rifugiato, dopo aver accidentalmente pugnalato un essere umano, quando le aveva confessato tra le parole sconnesse e folli del suo delirio di avere di nuovo un’anima. L’anima, che aveva ripreso per lei. Era stato in quel momento che forse aveva capito che lui l’amava davvero… ricordava la sofferenza che Angel provava per il fatto di avere un’anima, quanto essa logorava i vampiri, facendoli sentire il peso di tutte le colpe, e sapeva che nessuno tra loro sano di mente l’avrebbe ripresa volontariamente, preferendo la vita semiferina degli sterminatori di vite notturne. Ma lui l’aveva presa per lei, soffrendo da matti le sue colpe e ogni singola vittima del suo passato. Per quello, lui che era così forte, anche troppo forte a dirla tutta, era caduto vittima del Primo, da cui era riuscita a salvarlo solo per miracolo. Ed era stato allora che si era sentita legata a lui in maniera indissolubile, allora aveva capito di potersi fidare di lui, allora che tutto era iniziato. Lui le aveva dato coraggio quella notte, quando persino i suoi amici le avevano voltato le spalle, preferendo la guida di Faith alla sua, l’aveva abbracciata tutta la notte, dicendole ancora che l’amava. Era stato l’unico momento della sua vita, in cui era stata contenta di essere debole, in cui si era sentita sicura, dopo essere diventata Cacciatrice e dopo la morte di sua madre.

Poi, c’era stato il ritorno di Angel e quel medaglione, che lui aveva indossato, la discesa nella Bocca dell’Inferno, quella colonna di luce, e lui che ne moriva, dopo aver distrutto tutto l’esercito del Primo. Ancora lo sognava quel momento, ancora si risentiva dirgli che lo amava, ancora lui che rispondeva che sapeva che non era la verità. Dopo quello che era successo, non poteva certo dargli torto… chi avrebbe creduto di essere amato a sole ventiquattro ore, da un bacio scambiato con un’altra persona, di cui lei era stata innamorata? Nessuno. E lui infatti non le aveva creduto, quando invece stavolta era tutto vero. Era tutto maledettamente vero, che si era innamorata disperatamente di lui, lui che era stata l’unica ragione per cui non aveva ceduto, l’unico raggio di sole nell’oscurità di quei giorni. Ogni notte, i suoi sogni ripercorrevano quei momenti all’incontrario e ogni volta cambiava qualcosa… una volta, non gli consegnava quel medaglione, un’altra lo pregava di restare fuori dalla battaglia, una volta lo tirava fuori a forza da quel raggio di luce… e un’altra gli diceva semplicemente molto prima che era innamorata di lui…

Scosse la testa a quei pensieri, sperando che magari se ne andassero finalmente via dalla sua mente. Ma niente, come sempre, rimanevano lì intatti, a bruciare i suoi neuroni e il suo respiro. E il suo cuore che, nonostante quello che le dicevano gli amici ed Angel, lo amava ancora.

Si alzò dalla sedia, lasciando la tazza piena di caffè non ancora toccato, accompagnato da qualche spicciolo. Decise di tornare a casa, sperando di dormire qualche ora e di non chiedersi più ossessivamente dove fosse adesso Spike e se stesse bene.

 

 

“Allora, che cosa ne pensa?” chiese Willow, portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio non coperto dalla cornetta del telefono. Una voce maschile dall’altro capo, che appariva leggermente soffusa e non molto udibile, disse solo con tono stanco: “Non lo so Willow… credo che sia abbastanza pericoloso…”.

Willow si sedette sul divano e iniziò a giocherellare con il filo del telefono: “Intende per me o per lei?”.

Giles, che era in Inghilterra, guardò distrattamente le colline che si vedevano dalla sua finestra, cariche dei loro naturali riflessi smeraldini e di quelli corallo del tramonto. Poi rispose preoccupato: “Intendo per entrambe… tu non hai ancora un completo controllo delle tue capacità…”.

Willow riprese con vigore: “Può anche darsi, ma rispetto all’ultimo incantesimo che ho fatto, quello che ha reso tutte le potenziali subito Cacciatrici, è molto semplice… e quello perdura ancora oggi…”.

“Lo so” rispose Giles, sfregandosi gli occhi stanchi, ora non più coperti dalle lenti sottili che portava e che aveva poggiato sulla scrivania “Ma l’altra volta hai usato l’essenza della Falce, che Buffy aveva sottratto a Caleb, e poi verresti in contatto con forze non tutte eminentemente positive… noi non sappiamo dove sia adesso Spike…”.

“Per quello che mi riguarda, io sento di potercela fare… e poi non era lei che mi diceva che solo volendo qualcosa, sarei riuscita a controllarmi?”.

Giles sorrise, ringraziando che era al telefono e che quindi Willow non poteva vedere il suo viso, altrimenti avrebbe saputo che stava per cedere.

“Diciamo che, per quanto riguarda te, si può anche rischiare…” disse, cercando di dare un tono estremamente piatto alle sue parole “Ma per Buffy? Non pensi che starebbe peggio se rivedesse Spike? Forse non vorrebbe più lasciarlo andare, e lui la convincerebbe a venire con lei… Buffy non ha mai perso il controllo per nessuno, tranne che per lui…”. La ricordava ancora bene quella sera, in cui aveva programmato di uccidere Spike e lei gli si era fieramente ribellata contro, quando l’aveva saputo, correndo subito da lui.

Willow annuì, poi disse: “Questo lo so anch’io, ma se lei la vedesse, capirebbe che cosa voglio dire… sembra un guscio vuoto… sento che, se potesse dirgli addio, starebbe meglio…”.

Giles sospirò a lungo, poi rispose: “E va bene… ma mi raccomando solo cose temporanee, e di poca durata… non voglio che tu lo riporti in vita, anche se fosse la stessa Buffy a chiedertelo… non dobbiamo più interferire con l’ordine universale… se non avessimo riportato in vita Buffy, non ci sarebbe stato l’attacco del Primo, ricordi?”.

“La ringrazio tanto…” disse Willow, sorridendo.

“Anch’io ti ringrazio… per avermi chiamato…” disse Giles, con voce dolcemente rilassata “Sei talmente potente che non hai quasi nessun limite, eppure mi hai chiesto il permesso… ti ringrazio…”.

“Di niente…” rispose lei scherzosamente “In fondo, lei è ancora il Grande Capo… lo sa vero?”.

 

 

Buffy salii pigramente le scale di casa sua, pregando ardentemente che sua sorella e Willow non fossero in casa. Aveva calcolato i tempi e sapeva che sicuramente Dawn era a scuola, e Willow era da Kennedy, ma non voleva rischiare. Magari la stavano aspettando per farle una sfuriata sull’incidente della mattina con Angel… tutto voleva, tranne che dover sopportare una discussione con le persone a cui teneva di più al mondo, le uniche persone che, in fondo, le erano rimaste, dopo la morte di sua madre e di Spike, e la partenza di Xander per l’Europa. Anche lui era stato molto male per la morte di Anya e allora aveva deciso di lasciare per sempre l’ America e di cambiare aria.

Arrivò davanti alla porta di casa sua, e la aprì distrattamente. La colpì qualcosa per terra, una lunga scia di petali di rosa di colore giallo e bianco, che splendevano nella penombra della sua casa, le cui finestre erano chiuse. Si chiese che cosa significasse, e allora seguì quella strana scia, che conduceva alla camera di Willow e che si concludeva in un cerchio, al cui centro splendeva una candela bianca. Continuò a non capire, poi notò una busta rossa accanto alla candela, che conteneva un piccolo messaggio di Willow.

Buffy, ti chiedo ancora una volta di fidarti di me; tu lo sai che ti voglio molto bene, e sono davvero molto preoccupata per te, e so altrettanto bene che, orgogliosa come sei, non ammetterai mai perché stai male. A me non importa e non voglio saperlo, se tu non vuoi, ma ti chiedo solo di fidarti di me. Ho preparato un incantesimo, che ti farà stare meglio: devi solo tagliarti il dito, e bruciarlo leggermente alla fiamma di quella candela. Se non lo farai, ti capirò lo stesso, ma ti giuro che sono c0nvinta che starai meglio. Fidati ancora di me, per favore… e poi ho anche consultato Giles, ed è d’accordo con me… sei più tranquilla adesso? Ti voglio bene. Willow.

Buffy soppesò la lettera tra le mani per qualche secondo, non sapendo bene che cosa fare. Non aveva paura che l’incantesimo si ritorcesse contro di lei, ma solo che forse sarebbe stato del tutto inutile. Magari era una macchina del tempo… le venne da sorridere, poi tirò fuori da un cassetto un coltello e si tagliò il pollice, scottandolo al fuoco della candela. Un turbine si creò nella stanza, che avvolse la ragazza, che chiuse gli occhi di scatto; poi il vortice di sabbia si esaurì e Buffy stentò ad aprire gli occhi, costatando che si sentiva esattamente uguale a cinque secondi prima. Poi, quando si decise ad aprirli, si accorse che al centro della stanza, al posto della candela splendeva un alone luminoso, fatto di una calda luminescenza dorata. Si allargò fino a raggiungere le dimensioni di tutta la stanza, per poi restringersi all’improvviso, assumendo delle fattezze umane.

Buffy si spaventò, pensando ad un effetto imprevisto dell’ incantesimo, e allora si affannò a raccogliere il coltello, che aveva usato prima, puntandolo contro la misteriosa sagoma. Poi, quando vide di chi si trattava, la lama le cadde dalle mani.

“Aggressiva come sempre, Cacciatrice…” le disse con la sua solita voce ironica e profonda.

La ragazza lo guardò interrogativamente e sussurrò: “Spike… ma non è possibile…”.

Lui sorrise e fece un piccolo passo, verso di lei. Buffy lo osservava scioccata… possibile che Willow lo avesse riportato in vita? Lui appariva però leggermente cambiato: indossava prima di tutto indumenti bianchi, una camicia ed un paio di pantaloni, e poi aveva i capelli arruffati, come la prima volta che lo aveva visto nei sotterranei della Sunnydale High. Aveva inoltre un’espressione molto serena e tranquilla, esattamente la stessa che aveva l’ultimo giorno che lo aveva visto.

“Io- io non capisco…” balbettò lei, guardandolo spaventata “Tu- tu eri morto… io-io ti ho visto… sei diventato polvere…”.

Spike fece un sorriso divertito, e incrociò le braccia, dicendo: “Ti ho mai detto che sono vivo, almeno per quello che potevo esserlo prima? Tu e la tua mania di farti le domande e darti le risposte…”.

“Allora sei ancora morto?” chiese lei ancora, con un filo di voce.

“Esattamente… la tua amica rossa mi ha richiamato qui per una breve visita…”.

“Che cosa?!” chiese Buffy, assumendo un’espressione stupita. Ecco per lei che cosa doveva farmi stare meglio…

“Sì, proprio la rossa… sai, la tua amica strega, quella che pasticcia con gli incantesimi, e che un po’ di tempo fa, stava per distruggere il mondo, assieme a te?”.

“Lo so chi è Willow!”urlò Buffy irritata “Voglio solo sapere che ci fai qui…”.

Spike inarcò un sopracciglio e disse soltanto: “E che ne so io?! Lei mi ha chiesto se potevo tornare per qualche ora e io le ho detto di sì… ha usato un incantesimo, che si usa solo per le persone morte che hanno lasciato sulla Terra delle questioni irrisolte…”.

“E tu avresti delle questioni irrisolte?”.

“Secondo la rossa e secondo l’incantesimo, evidentemente sì…” replicò Spike leggermente esasperato dalle domande di Buffy “E dato che sono qui, sono chiaramente con te…”

“Con me?!” chiese Buffy, confusa ed imbarazzata, comprendendo con maggiore chiarezza lo scopo dell’incantesimo di Willow. Lei voleva che parlasse un’ultima volta con Spike. Nonostante il forte sentimento di nostalgia per lui che sentiva premere nelle pieghe della sua pelle, mescolato all’amore mai morto e anzi adesso inaspettatamente più forte, sentii la scura nebbia dell’orgoglio riempire la sua bocca e farle dire parole, che non voleva.

“Si deve essere sbagliata… io non ho niente da chiarire con te…” disse fintamente decisa, incrociando le braccia.

Spike sospirò e disse: “Bè, dato che comunque adesso sono stato chiamato, devo rimanere qui per tre ore… poi me ne torno da dove sono venuto… spero che non mi vorrai buttare in mezzo ad una strada…”

Buffy scosse semplicemente la testa e lo fece accomodare sul divano, poi corse in cucina con una scusa. Appoggiò la fronte sulla credenza di legno di frassino, che era di fronte a lei, e sospirò. Si sentiva tremendamente in imbarazzo… che cosa doveva fare o dire per ben tre ore? Avrebbe voluto dire tutto quello che le era passato per la mente in quei mesi, ma non ci riusciva, non ci poteva riuscire. Dirgli di nuovo che l’amava, convincerlo che era vero, o fargli capire quanto era stata male… no, non poteva… le venne in mente che comunque lei gli aveva detto di amarlo, prima di morire, lo aveva fatto… e adesso quella persona non era una che stava per morire, ma una che stava seduta nel suo salotto… arrossii imbarazzata e ritornò a testa alta di là, cercando di frenare i battiti del suo cuore.

Si sedette nella poltrona di fronte al divano, dove era seduto lui, che stava guardando fuori dalla finestra il sole, che illuminava le finestre dei palazzi lontani.

“Dove sei adesso?” chiese Buffy con un filo di voce, arrossendo tre secondi dopo. La voce le era uscita fuori da sola, senza che lo avesse veramente voluto.

Spike si girò verso di lei, piegando la testa di lato, come faceva sempre quando non capiva o non voleva capire che cosa gli stavano dicendo.

“Sono qui, non lo vedi?” rispose ironico, con un leggero sorriso.

Buffy, ormai rassegnata da quello che aveva chiesto involontariamente, chiese ancora: “Intendo, di solito, dove sei? Dove è la tua anima?”.

Spike sorrise, portando le braccia piegate dietro la testa, e disse canzonatorio: “Certo che sei curiosa, Cacciatrice…”.

Buffy reagì con stizza, dicendo che se voleva poteva anche non dirle niente.

Spike si parò il viso con le mani, come per difendersi dalla sua aggressività, poi disse: “Sono in un posto, dove non pensavo di poter arrivare…”, poi, vedendola guardarlo interrogativamente, continuò: “Le anime dei vampiri, quando muoiono, finiscono in un Limbo, dove rimangono, finchè non sopraggiunge anche la morte della carne… della carne fredda, di cui siamo fatti… è lì che le loro anime si sporcano dei crimini, per cui vengono condannati all’inferno… lì, era anche la mia anima, fino al giorno in cui me la sono ripresa… la mia anima era già dannata, condannata a pagare per la vita assurda, che avevo condotto… un vampiro non è necessariamente condannato, potrebbe anche scegliere di non uccidere. E allora verrebbe solo giudicato per quello che ha fatto in vita, o potrebbe anche riprendersi la sua anima come ho fatto io, ma preferiscono vivere trasportati dall’istinto, come gli animali. E’ troppo comodo pensare di non aver più scelta e si ha troppa paura dell’aldilà per affrontarlo… comunque, la mia anima è tornata in me, causando la mia pazzia provocata dall’enorme differenza tra la mia anima umana e la mia carne demoniaca… ma alla fine ce l’ho fatta, e ho dominato il lato bestiale di me… nell’ultimo scontro, quel medaglione, che ti ha dato Angel, ha purificato la mia anima e il mio ultimo gesto mi ha reso meritevole dell’unico posto, dove pensavo di non poter mai arrivare…”

“Il Paradiso…” mormorò Buffy con gli occhi stranamente lucidi.

“Sì…” rispose lui, poi allargò le braccia e continuò: “L’avresti mai creduto possibile? C’è tanta luce… la ricordi vero?”

Buffy annuì tristemente: “Sì, ma non più tanto bene…”

“E’ normale, stai perdendo quei ricordi…” mormorò Spike malinconicamente, come se lei così non potesse capire al meglio quanto stesse finalmente bene “Un essere umano non può tornare da lì…”

“Credo che tu abbia ragione…”

“E’ un posto incredibile…” disse Spike, lo sguardo ceruleo pieno di scintille luminose “Ho rivisto mia madre… anche lei si è salvata perché è stata un vampiro molto poco… e anche tua madre…”.

“Mia madre?!” chiese Buffy, gli occhi lucidi e l’espressione confusa.

“Joyce è molto orgogliosa di te…” disse Spike con un breve sorriso “Dice che sei la luce dei suoi occhi, assieme a Dawn… mi ha detto di dirvi che è ora è molto felice e che sa che un giorno starete di nuovo tutte assieme…”

Buffy si accorse tardi delle lacrime che rigavano il suo volto al pensiero della madre, ma poi le asciugò repentinamente, alla domanda di Spike: “E qui come vanno le cose?”.

Buffy si strofinò gli occhi umidi e rispose: “Abbastanza bene… Giles è tornato in Inghilterra alla fine della guerra e sta continuando a studiare per il consiglio che sta ricostruendo… ma viene a trovarci molto spesso… Xander vive in Europa e credo che faccia anche lì il carpentiere… lui, invece, non lo sentiamo quasi mai… hai visto Anya?”

Spike scosse il capo: “No, ma so che non è stata condannata… sta espiando le sue colpe…”

Buffy continuò: “Io vivo con Willow e lei sta bene… sta ancora con Kennedy, credo che sia una cosa seria…”

“E Briciola?”

Buffy sorrise a quel nomignolo, che avrebbe irritato molto Dawn, se lo avesse sentito, ora che si sentiva una donna a tutti gli effetti.

“Va qui a scuola… sta abbastanza bene… anche se sospetto che si senta un po’ troppo spesso con Andrew…”

“Il patito di Star Trek! Il moccioso petulante!” disse Spike con espressione disgustata.

“Non lo dire a me!” rise Buffy. Ci fu un nuovo attimo di silenzio, poi la voce di Spike, stavolta leggermente velata di malinconia mista a rabbia, interruppe il silenzio: “Insomma alla fine Mister Sofferenza è riuscito a farti venire a Los Angeles…”.

L’allusione ad Angel fece arrossire ancora Buffy. Il ricordo dello schiaffo della mattina, che gli aveva dato proprio perché aveva parlato male di lui, di Spike, della persona che credeva di non rivedere più, le provocò un effetto perforante allo stomaco. Tacque e non disse nulla.

Spike, con la sua solita espressione strafottente, chiese: “Scommetto che ti spupazzi di nuovo il tuo orsacchiotto…”.

Buffy rialzò lo sguardo, il volto divertito e interrogativo: “E tu saresti un’anima pura del Paradiso? Ma ti senti come parli?”

“E che ho detto di male?! Avrei potuto pure usare un’altra espressione…” chiese fintamente stupito Spike.

“In effetti, so che ne conosci di peggiori…” disse lei rassegnata, ma al contempo rassicurata dal fatto che lui fosse sempre lo stesso.

“Esattamente… e allora spara… siete tornati insieme? Avanti… io sono morto e sono pure una specie di angelo… non provo più rabbia o rancore…” disse con una faccia che testimoniava il contrario delle sue parole.

Buffy sospirò e disse: “Assolutamente no… stamattina abbiamo anche litigato…”.

“Davvero?” chiese con voce gioiosa Spike, poi allo sguardo stupito di Buffy, disse in tono di scusa, sollevando le sopracciglia: “E va bene… potrei ancora essere geloso, ma non è normale per un’anima purificata perciò non fare nemmeno caso alla mia strabordante gioia di questo momento… perché avete litigato?”.

Buffy, dopo il lieve sorriso che le aveva incurvato le labbra rosa alle scuse di Spike, si serrò nelle spalle sottili, chiaramente in imbarazzo.

“Niente di importante…”

“Buffy, io sono un’anima del Paradiso e posso vedere tranquillamente nel passato…” replicò lui con aria saccente, muovendo la mano avanti ed indietro “Quindi, o me lo dici tu, o lo vedo tranquillamente da solo…”.

Buffy sorrise in tono rassegnato, e poi disse: “E va bene… abbiamo litigato per te, se proprio vuoi saperlo…”.

“Per me?!” replicò Spike in tono divertito e stupito “E’ molto di più di quello che sperassi!”.

Buffy rise leggermente, dandogli una gomitata nel fianco. Fu allora che si accorse che lui era caldo, dolce di uno strano tepore che lei non aveva mai sentito provenire da lui. Lo aveva sempre sentito stretto a lei, freddo, ghiacciato, e si era accontentata di trasmettergli il suo calore e poi di riprenderselo filtrato dalla sua pelle. Ma adesso lui era caldo, e questo la fece sciogliere dentro. La fece sentire strana, e si rese conto con molta chiarezza che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe rivisto. Doveva parlargli, doveva dirgli tutto quello che non gli aveva detto… che lo amava…

Si voltò verso di lui, mentre lui diceva: “Alla fine, l’hai visto che sei talmente pazza di me da litigare persino con il bello dell’oltretomba?”.

“Così sembrerebbe…” disse lei sottovoce, sforzandosi di guardarlo negli occhi. Spike si voltò bruscamente verso di lei, l’espressione stupita, chiedendogli che cosa avesse detto. Finse di non aver capito bene, sperando con tutto sé stesso di aver invece inteso benissimo. D’ accordo che adesso tutta la sofferenza della sua vita e della sua non-vita erano solo lontani ricordi, va bene che aveva giurato di proteggerla da lontano, di essere il suo angelo custode, rassegnandosi al fatto di non averla mai potuta completamente avere in vita, tutto questo andava benissimo. Ma adesso sentire quelle piccole ed innocenti parole dalle sue labbra, gli fece ribattere il cuore, che adesso sentiva di avere di nuovo, e lo sconquassò all’interno delle vene, dove il sangue schizzava alla velocità della luce.

“Hai capito benissimo…” ripeté Buffy, alzandosi in piedi “E mi è già costato dirlo una volta, perciò non aspettarti che lo ridica ancora… e comunque adesso non ha più alcuna importanza… tu non sei più di questo mondo…”.

Spike si alzò in piedi, seguendola, e prendendola per un braccio, la costrinse a girarsi. Era leggermente illuminato dalla luce del sole ed appariva ancora più bello di come Buffy se lo ricordasse… quell’aria poi da angelo che aveva assunto il suo viso, lo rendeva anche più attraente di quello che era stato da vampiro, quando l’aveva affascinata così tanto. La luce, di contro all’ombra… possibile che le avesse conosciute entrambe?

“Mi dispiace, Cacciatrice” disse in tono fermo e deciso “Ma mi sa tanto che le regole delle altre anime non funzionano bene con me… sono ancora maledettamente curioso… vuoi spiegarti meglio per favore?”.

Buffy sospirò: “E perché, Spike? Alla fine non mi crederai di nuovo…”. Spike la guardò interrogativamente, vedendo nei suoi occhi splendere una leggera nebbia di lacrime, che rendeva il colore verde dei suoi occhi chiaro e trasparente come quello di un pezzo di vetro colorato. Si chiese il perché di quelle lacrime, dopo tanto che non vedeva lacrime negli occhi di nessuno. In vita, ne aveva viste tante, tutte diverse, e adesso non riusciva più a capirne il senso. Poi una strana stretta gli venne dalle parti dello stomaco ad un pensiero, che non aveva nemmeno preso in considerazione… possibile che lei, quel giorno, non avesse capito che cosa voleva dirle? Quando lei gli aveva detto di amarlo e lui le aveva detto di non crederle?

Una risata divertita curvò le sue labbra, finchè scoppiò a ridere senza ritegno, tenendosi i fianchi per cercare di calmare la sua ilarità. Non sapeva perché stava ridendo, ma non riusciva a fermarsi. Era troppo divertente… che lei, che quando voleva, capiva tutto al volo, che sapeva sempre trovare un modo, un cavillo per scongiurare un’ apocalisse, adesso non avesse capito… Buffy lo guardò con le lacrime, serrate nelle sue iridi, e lo osservò per un po’ interrogativamente, chiedendosi che cavolo avesse da ridere. Lei stava male e lui rideva? E quella era la celeste bontà del Paradiso? Le passò pure per la mente che quello fosse il Primo, risorto, e che ora si stava vendicando di lei con quello scherzo di cattivo gusto.

Gli diede un calcio, esattamente come avrebbe fatto in passato, e gli chiese furiosa: “Che cavolo hai da ridere?!”.

Spike, mentre si massaggiava la gamba dolorante nel punto dove Buffy l’aveva colpito, disse tra le lacrime, provocate dalle risate: “Sei tu, Cacciatrice che mi fai morire dal ridere! Possibile che bisogna farti degli schemini per farti capire cose, che escono fuori dagli sgozzamenti e dalle uccisioni di demoni e vampiri?!”. Spike riprese fiato, poi, rimettendosi dritto, le si avvicinò, parandosi davanti a lei. Alzò lentamente un braccio e andò ad accarezzare con la mano il suo braccio, incrociato insieme all’altro.

Caldo.

Enorme ed intenso caldo a quel breve contatto. E quante volte avessero fatto l’amore non se lo ricordava nemmeno lei più… e non aveva mai provato niente del genere…

“Adesso capisco perché Willow ha voluto che tornassi qui…” le sussurrò lui, continuandole ad accarezzare lentamente il braccio. In quel gesto, era racchiusa tutto il senso dell’Universo, il ritmo delle onde del mare, le raffiche del vento di tramontana, il dondolare della fiamma di una candela. Le mise una mano sul viso: “Tu hai pensato che davvero non ti avessi creduto, quando mi hai detto di amarmi, vero?”.

Buffy si serrò nelle spalle, voltando gli occhi dai suoi azzurrissimi, vergognandosi di colpo di quella che per lei era stata fino a quel momento una certezza.

“Io non ho voluto crederti, è diverso…” le disse tranquillamente, staccandosi da lei e dandole adesso le spalle “Ti conosco da troppo tempo, Cacciatrice… e lo so, quando sei sincera… per questo, mi hai fatto stare tanto male, quando mi prendevi e mi gettavi via, quando ti sembrava piacevole stare o meno con me… lo leggevo il disgusto, l’odio e la repulsione nei tuoi occhi … e il fatto che tu non capissi come facessi a stare con me… non volevo farti stare male, ma mi bastava darti la mia carne, quando ne avevi voglia… poi, da quando ho riavuto la mia anima…”, si interruppe, poi, dopo un profondo sospiro, continuò: “Lo sapevo che eri sincera, lo sentivo che mi stavi dicendo la verità, ma mentre quel raggio di luce, mi sbriciolava la pelle, ho pensato: <>… ma era impossibile… anche se l’avessi fatto, anche se tutto in un modo o nell’altro fosse finito bene, che vita ti avrei dato? Nessuna, semplicemente perché neanche io ne avevo una mia. Mentre quel medaglione mi purificava l’anima, ho ripensato a quanto fossi stato egoista… avrei pagato perché tu mi amassi… avrei ridato mille e mille volte via la mia anima, se questo fosse bastato… ma adesso sapevo che, amandomi, la tua vita sarebbe finita… pensavo a te, e pensavo a quanto volevo che tu uscissi da lì, che tu potessi rivedere il sole, che da anni mi era negato, che tu potessi essere sfiorata di nuovo dalla brezza calda dell’estate, e che potessi riprendere a ridere e a scherzare con i tuoi amici… ti immaginavo e sorridevo, come se ci fossi stato io nella tua essenza, nei tuoi occhi e nelle tue mani… volevo che tu, un giorno, diventassi rossa davanti ad un uomo vivo, che ti avrebbe baciato in piedi vicino alla tua porta di casa; volevo che tu potessi piangere, nel vedere il tuo vestito di sposa; volevo che tu sorridessi nel sentirti chiamare mamma; volevo che tu ti commuovessi nel vedere i tuoi figli andarsene di casa per cominciare una vita nuova, e che ti potessi appoggiare al braccio di un uomo, che ti amava sinceramente e che sapeva vedere le mille scintille che si inseguono nei tuoi occhi, quando sei felice… era questo che volevo… e sapevo che probabilmente non l’avresti avuto se fossi rimasto con te…tu sei radiosa, sei la persona più solare che abbia mai visto, sei stata pura luce per il mio cuore e per la mia vita, e dovevo condannarti a spegnerti nelle tenebre assieme a me? Non volevo, sarebbe stata l’ultima cosa che ti avrei fatto… ti avevo già fatto tanto, troppo male, e allora mi sono convinto che mi stessi mentendo, perché stavo morendo e mi sono deciso a finire quello che avevo iniziato… in fondo, è meglio morire da eroe che da assassino… speravo che tu l’avessi capito, ma non è andata così…”.

Buffy, le cui lacrime adesso scendevano libere lungo il volto, a portarle fresco sollievo alle guance calde, mormorò solamente: “Non avresti dovuto morire per me… non avresti dovuto sacrificarti perché non vedevi futuro tra me e te…”.

Spike si voltò e le passò una mano tra i capelli, facendo scorrere tra le sue dita i capelli biondi di lei: “Era quello che dovevo fare, era il mio destino morire lì e finalmente espiare le mie colpe… era quello che dovevo fare… se tu non ci fossi stata, molto probabilmente non l’avrei fatto… e non mi sarei mai salvato… ormai la mia non-vita era troppo difficile da trascinare avanti ed indietro… oltre te, non avevo più niente… quando anche tu te ne saresti andata da me, io avrei perso tutto… non ci stavo più a questo… volevo che tutto finisse e volevo farlo, ridando al mondo un po’ di quello che da vampiro avevo preso a piene mani…”.

Terminò di parlare, e si voltò, dirigendosi verso la finestra, lasciandola immobile e senza fiato. Si diresse verso la finestra e la spalancò, facendo entrare una fredda folata di vento accompagnata da un forte raggio di sole. Chiuse gli occhi, come se stesse assaporando tutto quello, poi Buffy gli si avvicinò, ormai libera da un pesante groppo che la stringeva, e che adesso lasciava il suo corpo in quel fiume di lacrime, che rovinava sulle sue ciglia scure. Guardò assieme a lui il parco cittadino, la gente che camminava per strada, il suono di tante canzoni natalizie, conscia che tra poco tutto quello che stava vedendo sarebbe stato diverso, perchè lui se ne sarebbe andato, sarebbe tornato nel suo Paradiso, e l’avrebbe lasciata di nuovo sola. Non voleva che lui se ne andasse, non voleva che la lasciasse, che lui sparisse per sempre dalla sua vita; un moto di rabbia mista a malinconia le sopraggiunse alle labbra, mentre pensava che forse lui aveva torto, che avrebbero avuto un futuro assieme… avrebbe voluto vivere tutta l’eternità con lui, e, se questo fosse significato morire e diventare un vampiro come lui, lo avrebbe fatto senza tanti problemi.

I capelli sollevati dal vento, che percorreva tutta la stanza, agitando le tende bianche come meduse in un mare di asfalto, si strinse a lui, tremando leggermente per il freddo e per quello che vibrava sulle corde del suo cuore. Lui se la strinse addosso, sapendo con certezza che nessun odore del Paradiso, forse nessuno dei suoi inebrianti profumi, era come il suo, pungente della sua forza e dolce della sua insicurezza. Appoggiando la guancia sul suo petto, gli disse: “Non avresti dovuto farlo… io- io sarei morta, pur di restare con te per sempre… lo so che forse non avremmo avuto una vita tutta rose e fiori, ma voglio che tu lo sappia… so che non possiamo tornare indietro, e forse è stata la cosa giusta, ma… io ti avrei seguito in qualsiasi inferno, o paradiso, tra le tenebre e nella luce… ma in fondo, sono contenta che tu abbia potuto trovare la pace…”.

Lui la strinse ancora più forte, mentre le mormorava un “Grazie”, sentendo il suo cuore infrangersi sulle onde delle sue parole. Adesso si chiedeva se fosse davvero stata la cosa giusta… averla lì vicina, glielo faceva dubitare fortemente, e se fosse successo tutto quel giorno, magari sarebbe tornato indietro… le baciò dolcemente i capelli, per poi dirle: “Tu non devi avere paura di vivere, tanto io non ti lascerò mai, sarò sempre vicino a te… sei sempre stata la mia ossessione, Cacciatrice…”.

Lei rise, e alzò gli occhi per guardarlo in viso e poi prendere quel suo sorriso direttamente dalle sue labbra. Lo baciò in punta di piedi con intensa delicatezza, stringendolo forte a sé, le braccia strette attorno al suo collo. Cercò di saziarsi del suo caldo bacio, per tutti gli anni che sarebbero venuti da quel momento in avanti, senza di lui, che la prendesse in giro o le desse forza.

Lui cercava di placare il tumultuare dei suoi sentimenti, risorti in lui con più forza di quello che credesse possibile, accorgendosi che come era vero che i vampiri possono amare senza un’anima, anche le anime possono tranquillamente provare le emozioni, che avevano colorato la loro vita. Credeva che non avrebbe provato più niente per la sua piccola Cacciatrice, quando Willow lo aveva richiamato sulla Terra e aveva pensato che la luce del paradiso lo avesse reso felicemente incapace di provare quella dolceamara sensazione, che solo lei sapeva dargli. Ma poi ora si rendeva conto che non era vero, anche se in fondo l’aveva sempre sperato e temuto. Sperato perché pensare di dimenticare lei, la sua deliziosa fissazione, gli faceva provare dolore anche nel cuore della gioia eterna; temuto perché aveva paura di non avere poi più la forza di lasciarla andare nel suo tempo. Tornarono l’antica gelosia, la possessività del suo carattere e fu tentato quasi di rinunciare al Paradiso per lei. Ma, mentre si staccava lentamente da lei, seppe ancora che era quello il suo destino… e poi lei, un giorno, sarebbe tornata da lui, ne era certo…

“Bene Cacciatrice… vediamo quanto ci è rimasto…” disse Spike, osservando la cornice dell’orologio che era poggiato su un basso tavolino.

“Solo un’ora e mezzo…” mormorò lei, pensando già a quando lui sarebbe andato via. Lo abbracciò di slancio, dicendo che voleva che le stesse per quanto più vicino possibile in quegli ultimi preziosi momenti. Lui la cinse e, dopo averla presa in braccio, scatenando le sue risate ed urla di protesta, la condusse sul divano, stendendosi accanto a lei.

“Che cosa hai in mente?!” chiese Buffy, le cui risate splendevano ancora nel verde dei suoi occhi.   

Lui assunse un’espressione maliziosa, poi disse, baciandola: “Mi pare ovvio…”.

Lei lo guardò ridendo: “Certo che non sei per niente cambiato…”.

Lui rise e le baciò lentamente la fronte, mormorando: “Per niente, tesoro… voglio tenerti stretta a me e vederti addormentarti…”.

“Tutto qui?” chiese Buffy stupita.

“Ma sentila!” disse Spike in tono profondamente sdegnato, facendole il solletico “Lo vuoi capire o no che adesso sono un’anima pura ed innocente? E mi fai certe proposte indecenti! Adesso chiudi gli occhietti e dormi!”.

Lei rise ancora, poi si abbandonò tra le sue braccia, gli occhi chiusi. Ma non dormii nemmeno per un secondo: aveva sentito il cuore scoppiarle, quando lui era freddo e ghiacciato e l’aveva stretta per tutta la notte, figuriamoci adesso che era caldo e stava per andarsene. Rimasero così per tutto il tempo che restava, chiacchierando ogni tanto e prendendosi in giro come sempre, sempre stretti l’uno all’altra. Il momento, in cui Spike doveva andarsene, arrivò prima del previsto: lui iniziò a vedere il suo corpo sparire e si staccò da Buffy con un mesto e malinconico sorriso: “Adesso, devo andare Cacciatrice…”.

Lei si alzò assieme a lui dal divano, e accarezzandogli il braccio, replicò con gli occhi lucidi: “Lo so… mi dispiace non avere nulla di te… nulla che mi ricordi te…”.

Lui indicò la sua collana, che splendeva al suo polso: “E quella no? Va bene che non è oro diciotto carati… ma accontentati, no?!”.

Lei gli diede una gomitata, mentre lui apriva le mani, rivelando di portare quel medaglione, che lo aveva ucciso. Buffy credeva di non averne mai odiato la vista più di quel momento, poi il medaglione fu avvolto da un chiara ed intensa luce, che si restrinse improvvisamente fino a che esso si ridusse ad essere solo un piccolo e sottile anello, con la stessa pietra incastonata e la stessa corona attorno, come quella del sole.

“Questo ti va bene?” le disse Spike, ironicamente “Adesso chiedi a Mister Depressione se è di puro platino, e se questo è un diamante…”.

Buffy se lo mise all’anulare sinistro come una vera e propria fede, e stese la mano davanti a sé, per vederlo splendere, lucente fiore di cristallo sbocciato tra le sue dita.

“Ti darà forza e ti proteggerà sempre…” le disse lui, ritornato serio. Ormai stava quasi per sparire del tutto, ma le disse ugualmente: “Comunque, potrei anche farti un regalo diverso, ma non so se lo accetterai…”.

Buffy lo guardò interrogativamente, poi sorrise, dicendo: “Se è una cosa tua, mi piacerebbe averla…”.

Lui le si avvicinò e le poggiò serio la mano sul basso ventre, mentre lei sentiva un’improvvisa onda di calore colpirla in quell’esatto punto. Capii immediatamente di che cosa si trattava, e scoppiò a ridere, dicendo: “Non ci credo! Ma ci puoi veramente riuscire?”.

“Certo…” mormorò lui pensosamente “Ma sei sicura di…”.

Non lo fece nemmeno finire di parlare, chiudendo le sue labbra nelle sue, mormorando: “Certo che lo voglio… è il più bel regalo che tu mi potessi fare…”.

Lui le sorrise, baciandola a lungo, poi la strinse ancora, mentre il suo corpo andava ancora di più svanendo. Buffy gli accarezzò la schiena, dicendogli: “Aspettami, mi raccomando… ci vediamo presto…”.

Spike le baciò la spalla destra, mormorando: “Quanto più tardi possibile… hai una vita da vivere, Cacciatrice… vivila anche per me… io ti starò sempre vicino…”. Si staccarono, entrambi con gli occhi lucidi, poi lui si voltò, pronto a tornare in Paradiso, anche se non ancora del tutto convinto. Mentre stava già sparendo del tutto, sentii la sua voce richiamarlo.

La vide immobile nella stanza, piena di luce, sorridente, ma con gli occhi pieni di lacrime.

“Non ti azzardare a dirmi che non mi credi…” mormorò con un dolce sorriso, poi prese fiato e disse: “Io ti amo”.

Lui sorrise e disse solamente: “Anch’io ti amo, Cacciatrice… ci vediamo presto… mi raccomando, fai la brava, altrimenti non ci potremmo rivedere più…”.

Lei sorrise, lasciando quella piega piacevole delle sue labbra anche quando lui fu completamente scomparso. Poi, si portò una mano sul ventre e sorrise ancora, prima di distendersi sul divano e addormentarsi serena e tranquilla.

Un’ora dopo, la porta di casa si aprii lentamente, rivelando la presenza di Dawn, Kennedy e Willow, che sgusciarono in casa silenziosamente, temendo di vedere spuntare il fantasma di Spike. Invece, sentirono uno strano silenzio, che a Willow non sembrava normale… e se qualcosa fosse andato storto? Si fece quella domanda con angoscia, e corse in salotto, per trovarvi Buffy placidamente addormentata.

Dawn corse dalla sorella, temendo che magari Spike l’avesse portata assieme con lui, dovunque fosse, e la scosse furiosamente, scatenando le proteste di Buffy.

“Dawn, che cavolo ti prende?” urlò Buffy, portandosi istintivamente una mano sull’ addome “Non vedi che sto dormendo?”. Poi, osservate le facce delle tre ragazze decisamente sconvolte, si tirò a sedere e mormorò: “Che avete da guardarmi? Sembrate aver visto un fantasma…”.

Willow rispose brevemente: “Veramente qui ci doveva essere un certo fantasma biondo ossigenato…”.

Buffy si alzò dal divano con un sorriso, andando in cucina e dicendo di spalle, ostentando indifferenza: “C’è stato il fantasma… è venuto e se ne è andato…”.

“Di già?” mormorò delusa Dawn “Io lo volevo salutare!”.

Buffy ritornò, addentando dei biscotti al cioccolato: “L’incantesimo durava solo tre ore, quindi è dovuto tornare indietro…”.

“Precisamente dove doveva tornare?”chiese curiosa Kennedy.

“In Paradiso… è lì adesso…” rispose Buffy con un sorriso agli sguardi sconcertati delle tre.

“Ma sei sicura che fosse proprio Spike?” chiese dubbiosa Dawn “NON è che me lo vedo molto in versione angelo biondo modello anni ottanta…”.

“E invece era proprio così… è un’anima eletta adesso…”

“E che ti ha detto?” chiese ancora Dawn, curiosa fino all’inverosimile.

“Che sta bene, che ha visto la mamma e altre cose…” rispose lei, esibendo noncuranza, mentre ci godeva da matti a farle stare sulle spine.

“Come altre cose?! Altre cose cosa?!” chiese esasperata Dawn, muovendo un pugno verso la sorella, che lo schivò e si alzò di nuovo.

“Altre cose…” ripeté brevemente, poi, come si ricordasse all’improvviso di qualcosa, si batté una mano sulla fronte e disse, prima di sparire in cucina e provocare un urlo in Willow, Kennedy e nella stessa Dawn: “A proposito, mi ha detto di dirti, Dawn, che tra nove mesi sarai zia…”. 

 

 

I giorni, le settimane, i mesi e gli anni passarono come gocce d’acqua sulle pareti di una finestra, lasciando tracce più o meno profonde, che segnavano coloro che erano fatti di quelle gocce. Il tempo parve accelerare bruscamente per Buffy, dopo l’incontro che ebbe con Spike, e si permeò di gioia di vivere, che ella riusciva a trasmettere a tutti coloro che le stavano attorno. A questo contribuì anche molto un bellissimo neonato dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, che nacque nel mese di settembre con grande sorpresa di molti, che sapevano la ragazza single. Solo Dawn, Willow e Kennedy sapevano la verità su quel bambino, che era figlio di Spike e che assomigliava veramente molto a suo padre. Gli altri seppero la versione ufficiale che Buffy diede: era il frutto di una momentanea cotta, che la ragazza aveva preso per un ragazzo conosciuto in un locale, e al quale, lei non aveva voluto rinunciare nonostante tutto. Solo Angel nutrì forti sospetti sulla paternità del bambino, e tutto a ragione del suo nome, William, che gli fece pensare che forse suo padre era lo stesso Spike. Ma poi si diede dello stupido, perché Spike era morto e William era nato dopo sedici mesi, anche se la straordinaria somiglianza che il piccolo testimoniava con Spike era disarmante. Oltre ad essere una sua piccola copia nell’aspetto, era anche strafottente come lui, e molte volte combinava dei veri e propri disastri, causando i rimproveri continui di Buffy, che però lo amava più di qualsiasi cosa al mondo, e che continuava a rivedere in lui Spike, cosa che le dava un coraggio ed una forza infinite. 

Le cose non si fermarono qui… tre anni dopo, Buffy si sposò con il figlio dell’avvocato presso il quale lavorava, suscitando la gelosia malcelata di Angel, che però ammise che era la cosa giusta che doveva accaderle. Il ragazzo in questione si chiamava Richard e Buffy gli voleva davvero moto bene, certo non poteva dire di amarlo, come amava ancora il padre di William, ma Richard seppe conquistarla con la sua dolcezza e la sua discrezione, soprattutto nel non chiederle ossessivamente di chi fosse figlio William o nel motivo, per cui non si separava mai da un piccolo anello dall’aria molto antica. Buffy fu molto felice con lui e visse una vita molto intensa, coronata dalla nascita di due bambine meravigliose, Joyce e May. Anche William era molto sereno e tranquillo, continuando a comportarsi sempre più come suo padre, che non conosceva, ma di cui ritrovò l’affetto in Richard, che gli voleva bene come se fosse suo figlio.

La vita di Buffy scorreva leggera e felice, costellata ancora da rari scontri con le forze del male, contro le quali insegnò tutto quello che sapeva ai suoi figli, già da quando erano piccolissimi. Basta nascondersi dalla realtà, basta cercare di proteggere chi amava, asfissiandoli; William, Joyce e May, sebbene spesse volte si facessero inseguire per mezza Los Angeles da demoni e vampiri, da loro risvegliati  accidentalmente, impararono ben presto a difendersi. Buffy era molto fiera di loro e molte volte finiva per parlare con il suo piccolo anello, immaginando che fosse Spike, ringraziandolo ancora per la scelta che aveva fatto, per quello che le aveva regalato e che pensava di non poter mai avere. Lo amò per tutto il resto della sua vita e lo rivide solo una volta, anche se non ci giurava che fosse proprio lui… era in vacanza con la sua famiglia nel New Jersey, una notte era stranamente inquieta e si era messa a passeggiare nel piccolo boschetto di pini, che circondava il loro chalet di legno scuro; era arrivata ad un piccolo laghetto, dove la luce della luna creava dolci ed intensi riflessi argentati. Si era seduta sulla riva e si era messa a giocherellare con una piantina di mirto, che cresceva lì. Mentre la faceva oscillare avanti ed indietro con la mano, sentii qualcosa toccarla leggermente sulla spalla destra. Si voltò, ma non vide niente. Perplessa, si rigirò di nuovo, e risentii ancora quel leggero tocco caldo sulla spalla, lasciata scoperta dalla sua leggera vestaglia. Sorrise, chiudendo gli occhi, e mormorò: “Non preoccuparti, Spike… sto bene…”, poi aggiunse: “William è uguale a te… avrei voluto che lui ti avesse conosciuto…”.

Sentii la voce del vento nelle sue orecchie assumere strani accenti umani e dirle leggermente: “Non ti preoccupare, è un bravo ragazzino, come suo padre… ed è forte come la sua mamma…”.

Lei sorrise e mormorò, mentre una lacrima ribelle le solcava la guancia: “Già, è anche troppo uguale a te… ti amo tanto… ti sento, e so che sei con me…non te ne andare mai…”. Ancora una folata di vento, che le ispirò l’idea di alzarsi e di guardare il suo riflesso nell’acqua. Accanto a lei, c’era Spike che le sorrideva e che le accarezzava i capelli. Lei pianse e scoppiò in una dolce risata, mentre vedeva quel riflesso sillabarle leggermente: “Ti amo anch’io…”.

Lo avrebbe rivisto solo moltissimi anni dopo, alla fine di un lungo sentiero di luce, che aveva iniziato a percorrere senza fretta, dopo aver chiuso gli occhi, la mano piegata da piccole rughe, stretta in quella, ancora straordinariamente giovane, di Angel che le diceva: “Adesso riposati Buffy… salutami Capitan Perossido… chissà che, un giorno, non vi verrò a trovare…”.

Bella come il primo giorno che lo aveva visto, gli avrebbe toccato la spalla, mentre lui era di spalle; lui si sarebbe girato e le avrebbe sorriso, dicendole: “Sempre in ritardo, eh, Cacciatrice?”. Gli avrebbe preso la mano e gli avrebbe sorriso, incamminandosi stretta a lui in un grande turbine di luci e di colori meravigliosi.     

 

Fine

Cassie chan

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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