Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
Ricorda la storia  |      
Autore: Minako_86    14/05/2010    6 recensioni
[...]Sembrava che New York si fosse messa d'impegno per aiutarlo: se ci fosse stata per strada la gente che doveva, non le avrei neppure notate. Una fila di candele poco più grandi di un ciottolo di fiume era stata ordinatamente disposta sul bordo del marciapiede. Piccoli sassolini bianchi che brillavano - accesi e ciondolanti lungo la via quasi deserta - di luce rossa, come quella naturale. Erano meno di dieci, arrivavano al primo angolo e invitavano a svoltare. [...]
Un ritorno, un'assenza, una sorpresa. E poi, naturalmente, Joe.
Sperando di aver finalmente superato il blocco, enjoy it, I'm back.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'aereo scivolò - incredibilmente leggero per la sua stazza - sulla pista più lontana dal blocco centrale dell'aeroporto

Ok, sappiate che non ci credo nemmeno io.*_*

Sono letteralmente mesi che questa shot balla nel mio pc in attesa di vedere un finale e oggi, finalmente, eccolo qua. E' nata in un momento di blocco e spero che il fatto che sia finalmente completa, segni per me il ritorno ai normali ritmi di scrittura. E' stato un periodo strano, costellato di alti e bassi e crisi più o meno pesanti, per motivi diversissimi fra loro e che non sto qui a dire, anche perchè mi auguro vivamente siano superate.:3

 

E insomma, non c'è poi molto da dire. Mi auguro di essere tornata per restare e che anche le letture e recensioni tornino ad essere numerose e belle come una volta.

 

Dedico questa shot a me stessa, per una volta, come premio e soddisfazione personale per quello che ho passato. A chi mi è stata accanto sempre e non ha lasciato che mi deprimessi a vuoto, a chi mi ha fatta comunque ridere, sclerare... A chi, con una mail, è riuscita a farmi sentire ancora un po' più orgogliosa di quello che faccio, qui su EFP.

 

Grazie. Questa è per voi.

E per me. Buona lettura, fatemi sapere se v'è piaciuta che per me è importante.

 

Ps. Per quelle che l'aspettano, tranquille. Ora mi fiondo a occuparmi del nuovo capitolo di Gabrielle. Ariverà presto.:3

 

 

 

 

~ Candleway

 

 

 

 

 



Sembra perfetto.
Il cielo che ho lasciato è lo stesso che ritrovo tutto l'anno, qua.
Tornare: tutto era al suo posto, quasi ad aspettare

che me ne tornassi qua, da sola.

 

 

 

 

L'aereo scivolò - incredibilmente leggero per la sua stazza - sulla pista più lontana dal blocco centrale dell'aeroporto.

Sbuffai. In America dovevano avere manie di grandezza proprio su tutto? Chiara, sprofondata nel sedile accanto al mio, osservava il cemento - bollente dell'ultimo sole estivo - correre sotto di noi, il cellulare strizzato fra le mani nervose, come non vedesse l'ora di accenderlo. Peccato la hostess non fosse della stessa idea: pregava insistentemente tutti i passeggeri di rimanere fermi ai loro posti, fintanto che il velivolo non fosse stato perfettamente fermo.

 

- Ma si sbriga, questa? - Sibilai, mentre le mie dita torturavano il bracciolo imbottito del sedile. - Già impiegheremo sei ore, per attraversare tutto il Kennedy e arrivare ai bagagli...! -

 

- Muori dalla voglia di vederlo, eh? - Sogghignò Chià, maliziosa fin nelle virgole.

 

- Non quanto tu brami di accendere quel coso ed avvertire il piccolo che siamo arrivate...! - Replicai, per pronta risposta. - E comunque saranno già qui da un pezzo. -

 

- Probabilmente sì...! - Si trovò a sorridere inconsapevolmente, mentre finalmente le luci di segnalazione si spegnevano.

 

Scattammo in piedi, entrambe, correndo quasi lungo il corridoio. Chiara scese dalla scaletta con il telefono attaccato all'orecchio, parlava fitto-fitto... Sorrisi all'assistente di volo che aveva aperto il portellone e ci osservava - esilarata e a tratti curiosa - raggiungere la navetta come avessimo le al ai piedi. Aveva la tipica espressione da pensieri nostalgici e un po' clichè sulla "beata gioventù" e l'amore.   

 

 

 

°°°

 

 

 

Strinsi il manico rigido del trolley, trascinandomelo rapidamente dietro. Sospettosa; Chiara non aveva più proferito parola, dopo aver chiuso la chiamata. Mi fissava di sottecchi, ogni tanto, quando pensava che non potessi accorgermene. Avrebbe funzionato, se non fossi stata impegnata a scannerizzare minuziosamente l'intero salone alla ricerca di qualcuno.

 

- Tutto a posto...? - Seguii con lo sguardo un folto gruppo di ragazzi spostarsi verso i banchi del check-in, nella speranza di trovare, oltre le loro teste, quello che cercavo. - Mi fissi perchè ho qualcosa che non va in faccia? -

 

- Eh? - Sobbalzò lei, presa alla sprovvista. - No... Niente. -

 

Annuii e quasi non mi accorsi che - d'un tratto - tratteneva il fiato e neppure mi guardava più. Si tuffò fra le braccia spalancate di Nicholas ad una velocità sorprendente, premendo il viso nell'incavo del suo collo, mentre lui la stringeva forte a . Sorrisi e il mio cuore ebbe un sussulto, mentre osservavo febbrilmente i minimi metri di spazio libero attorno a loro. Poi il vuoto... Mi bastarono pochi secondi, per capirlo: non c'era. Non c'era nessun altro, ad aspettarci, oltre Nick; la sua espressione colpevole parlava chiaro, se tutto il resto non fosse stato già ampiamente sufficiente.

 

- Ciao, Mar. - Mormorò. Mi sforzai di ricambiare il suo sorriso e recuperai quel che rimaneva della mia allegra impazienza nel suo abbraccio. Avevo avuto sul serio così tanta voglia di tornare?

 

- Non fare quella faccia, o inizierò a pensare che stavi meglio senza di noi...! - Lo punzecchiai. L'ironia era un buon compromesso.

 

- No, non direi. - Ridacchiò, leggermente più rilassato. - Kevin ci aspetta in macchina, è qui fuori. -

 

Lo lasciai libero di tornare da Chiara, che gli si strinse immediatamente addosso e prese a camminare veloce al suo fianco. Così vicina che avrebbe potuto inciampare nelle converse rosse di Nicholas, da un momento all'altro. Li seguii ed ignorai con tutte le mie forze il nodo che mi serrava ferocemente la gola e mi impediva - tutto d'un tratto - di respirare.

Arrivammo alla Lamborghini prima del previsto. Permisi - senza alzare lo sguardo di un solo millimetro - che il piccolo sfilasse la valigia alle mie dita tremanti e mi accorsi di Kevin, solo quando avvertii le sue braccia stringersi con decisione attorno al mio corpo. Affondai nel suo abbraccio senza poter opporre la minima resistenza.

 

- Bentornata. - Sussurrò. La sua voce tradiva perfino più rammarico di quella di Nick.

 

- Come se fosse colpa tua...! - Replicai, a volume inudibile. - Grazie, Kev. Avevo una gran voglia di rivederti. - Aggiunsi poi, sinceramente felice.

 

Mi rannicchiai sul sedile posteriore e poggiai la fronte contro il finestrino chiuso, prima di stringermi le gambe al petto. Ignorai i ridicoli brontolii di Nick - riguardo le mie scarpe poggiate per qualche centimetro sulla seduta - e chiusi gli occhi, isolandomi con discrezione dai discorsi concitati che rimbalzavano nell'abitacolo. Per quanta voglia ne avessi, non riuscivo a chiacchierare serenamente con loro; la mia mente era concentrata su un unico, martellante pensiero.

 

 

"Perchè?"

 

 

 

°°°

 

 

 

- Mi mancava, questo posto...! -

 

Osservai Nicholas piombare a peso morto sul divano e Chià farglisi istantaneamente vicina, come a volersi riprendere - subito e uno ad uno - tutti i minuti passati in Italia, durante quei tre mesi di vacanza. Aprii le lunghe tende bianche con un movimento deciso e lasciai entrare l'ultima luce del tramonto, che andava spegnendosi oltre il profilo squadrato e rassicurante di Manhattan. Perfino il brulicare ritmico della Quinta Strada, svariati metri sotto di me, mi rasserenava; era familiare, come essere di nuovo a casa - in un certo senso - seppure in modo diverso rispetto a quando tornavo a Milano.

 

- E' quasi ora di cena...! Voglio augurarmi che abbiate riempito il frigorifero, in previsione del nostro ritorno. - Scrutai Kevin e il piccolo con aria inquisitoria.

 

- Per come tre uomini possono fare la spesa. - Borbottò Nick, affrettandosi a mettere le mani avanti.

 

Mi torturai il labbro e andai a controllare, più per avere qualcosa che mi distraesse dalla parola "tre" - rimbombante, nelle mie orecchie - che per altro. Nemmeno mi accorsi che aveva preso a messaggiare furiosamente con qualcuno, da qualche secondo a quella parte. Avrei pensato a Chià, se non l'avessi avuta davanti agli occhi, accoccolata contro di lui.

 

- Credo ci sia tutto. - Annuii, concentrata. Il mio sguardo guizzò sulla mensola più bassa, mentre richiudevo l'anta. - Fuor che il latte...! - Rettificai, una volta a portata di udito.

 

- Tombola. - Sospirò Kev. Nicholas alzò velocemente gli occhi dallo schermo del cellulare, nemmeno fosse stato colto in flagrante a fare chissà cosa.

 

- Qualcosa dovevamo aver dimenticato. - Si crucciò, almeno apparentemente. Sembrava molto poco turbato, a dirla tutta. Come se lo sapesse già. - Poco male, è ancora tutto aperto a quest'ora. E siamo in piena zona commerciale. -

 

- Certo. Possiamo provare a chiedere da Tiffany...! - Inarcai il sopracciglio, divertita. - No, ok, scherzi a parte si può fare. -

 

Soppesai l'idea di andare a farmi un giro - sfruttando i primi freschi di fine agosto, le strade ancora abbastanza prive di newyorchesi - e mi piacque decisamente. Molto più che rimanere lì a rimuginare sul nulla.

 

- Ci vado. - Annuii. Avrei giurato di cogliere uno sguardo di intesa, fra Chiara e il piccolo. Come se stessero tacitamente esultando per qualcosa. O forse fu solo quello che mi parve di vedere, quando si strinsero di più l'uno all'altra.

 

 

°°°

 

 


Meglio la sera, fuori dal mondo,

 mentre il mondo mi gira tutto intorno.
Tra me e me, che penso a quello che mi aspetta, in questa sera che mi gusto senza fretta.

 

 

 

 

Appena mi chiusi la porta alle spalle, il pensiero di lui - ma ancor più la sua assenza - mi franarono violentemente addosso. I miei pugni si strinsero lungo i fianchi, fino a diventare lividi. Far finta di nulla in compagnia degli altri era relativamente semplice: potevo convincermi che non mi infastidiva poi così tanto, il non avere idea di dove fosse. Perchè non stava lì, con me... Da sola diventava tutta un'altra cosa. Era impossibile.

 

Schiacciai rabbiosamente il pulsante del pianoterra e abbandonai la schiena contro lo specchio: non avevo la minima intenzione di guardare i miei capelli scompigliati o l'ombra di stanchezza che il fuso orario aveva dipinto sotto i miei occhi chiari. Ora come ora anche fastidiosamente umidi. Uscii dall'abitacolo a passo di carica, del tutto decisa a concentrarmi solo sul come mettere un piede davanti all'altro.

 

- Che palle. - Sibilai, piombando nel bagliore fioco dell'imbrunire.

 

Sembrava che New York si fosse messa d'impegno per aiutarlo: se ci fosse stata per strada la gente che doveva, non le avrei neppure notate. Una fila di candele poco più grandi di un ciottolo di fiume era stata ordinatamente disposta sul bordo del marciapiede. Piccoli sassolini bianchi che brillavano - accesi e ciondolanti lungo la via quasi deserta - di luce rossa, come quella naturale. Erano meno di dieci, arrivavano al primo angolo e invitavano a svoltare.

 

Non lo capii subito. In un primo, folle momento mi lasciai guidare dalla curiosità e seguii la scia luminosa semplicemente per vedere dove mi avrebbe portata. La Promenade si aprì improvvisamente davanti ai miei occhi, sfoggiando vanitosa le fontane, le sue lunghe aiuole di gigli bianchi e - a quel punto - mi resi perfettamente conto del come e del perchè.

 

Sarebbe bastata l'ultima candela, accoccolata ai piedi di una panchina ancora vuota, in cima alla via. Oppure - se non fosse stata ancora abbastanza - poco più in alto un unico lilium striato di viola si affacciava in mezzo agli altri, invitante e inquietante al tempo stesso: non aveva solide radici piantate nel terreno umido, solo un nastro legato al gambo reciso. Nel momento in cui mi allungai ad afferrarlo, lo sentii fermarsi alle mie spalle; strinsi il fiore quasi al punto di spezzarlo mentre la vista si annebbiava irrimediabilmente e il cuore mi si annidava in gola, battendo senza più alcun controllo.

 

- Sei un grandissimo idiota...! - Mormorai, senza muovermi di un solo millimetro.

 

- Volevo farti una sorpresa. - Avvertii la distanza fra di noi diminuire bruscamente, troppo veloce perchè potessi fare qualcosa di diverso dall'impormi di rimanere immobile e continuare a volgergli la schiena. - Direi che ci sono riuscito. -

 

Poggiai il giglio sulla seduta di legno e - lentamente - cercai e trovai la forza di voltarmi a fronteggiarlo. Annuii, ad un palmo dal suo naso, smarrendo gran parte della mia combattività nel suo mare d'ambra liquida.

 

- Anche a farmi morire di paura, però. - Borbottai, mentre gli poggiavo una mano all'altezza del cuore. Senza quasi rendermene conto, iniziai a respirare al ritmo con cui i suoi battiti rimbalzavano sotto le mie dita tese.

 

- Paura? - Scandì, improvvisamente incerto.

 

- Non c'eri. Credevo non t'interessasse, non mi volessi più... O qualcosa del genere. - Strizzai il cotone rosso della sua t-shirt e lo costrinsi a muovere un altro passo in avanti. Più vicino ancora, se poi era possibile.

 

- No, no, no, no. - Le sue mani scivolarono veloci lungo le mie braccia scoperte, rincorse immediatamente da un brivido caldo. - Sei impazzita, Mar...? -

 

- Sarebbe bastato che tu fossi venuto in aereoporto. Non... Non c'era bisogno d'altro. - Esitai, insicura. Nell'agitazione rischiai quasi di mangiarmi le ultime parole; le sue dita sulla pelle e il suo viso a pochi centimetri dal mio, mi mandavano letteralmente in palla.

 

- Nick me l'aveva detto. Mi aveva avvertito che ti avrebbe uccisa, non vedermi lì...! - Sospirò. Trattenni il fiato, arrossendo impercettibilmente quando prese ad accarezzarmi piano le spalle. - Magari mi sono sbagliato: esserci non avrebbe rovinato tutto, come pensavo io. - Aggiunse, cupo.

 

- No, beh... Questo, trovarti qui, è stato speciale così. - Replicai. - Perciò non fare quella faccia, ti prego...! - Strinsi le labbra e lo guardai, leggermente intimidita. Sopportavo a malapena l'idea, che si sentisse in colpa per me.

 

Gli sfiorai la guancia, senza riuscire a frenare il batticuore nel vedere come bastasse quello per illuminare il suo sguardo. Ero convinta di non meritarmelo: lui, l'effetto che - incredibilmente - gli facevo, eppure qualcosa di molto,molto simile alla felicità più pura mi bruciava dentro, al solo pensiero che Joe volesse sul serio me. Mi lasciai avvolgere dal suo abbraccio - lo ricambiai, impaziente, il più in fretta possibile - e respirai il meraviglioso senso di sollievo, nel poterlo stringere di nuovo a quel modo. Nonostante il caldo ovattato d'agosto, stargli addosso così era incredibilmente bello.

 

- Adesso sono qui. E' meglio, no? - Bisbigliò contro il mio orecchio. Soffocai un sorriso nell'incavo del suo collo, prima di alzarmi in punta di piedi, a cercargli le labbra con le mie per qualche secondo.

 

- No, così è meglio. - Replicai, arrossendo vistosamente sotto il suo sguardo divertito. Mi accarezzò il viso, gli scappò un sorriso nel trovarlo bollente sotto le sue dita.

 

- Ecco, questo mi mancava da morire...! - Ridacchiò. - Vederti arrossire ogni singola volta, come fosse la prima. - 

 

- Ti mancava la mia insulsa imbranataggine, perfetto. - Mugugnai, leggermente contrariata.

 

- Mi mancavi tu. - Si affrettò a correggermi. Tuffò una mano nel groviglio dei miei capelli, prima di posarci un bacio. - Volevo uccidere Nicky, solo perchè ha usato il tuo stesso shampoo...! - Esclamò, come fosse stata una grande ovvietà.

 

- Il mio shampoo...? - Domandai, in un sussurro appena udibile. Lui annuì, deciso.

 

- Non bada mai molto alla marca di quello che compra. Un giorno, appena dopo la doccia, mi è passato vicino... Quell'aroma lo riconoscerei tra mille: ho minacciato di svuotare l'intero flacone sulla sua Gibson elettrica preferita, se l'avesse fatto di nuovo! - Sorrise, ma io ancora non capivo. Tornai a fissarlo con occhi indagatori, mentre continuava il racconto e si rigirava uno dei miei riccioli chiari fra le dita. - Quello è il tuo profumo, Mar. Dei tuoi capelli, quando sono ancora umidi e scompigliati... Mi sembrava sempre che fossi lì intorno, da qualche parte. Era come sentirti e non poterti avere. Una vera tortura...! - Arrossii, di più, mentre lasciavo che la sua bocca tornasse a premere con dolcezza sulla mia.

 

- Sai che glielo avevo detto io...? - Sorrisi, senza allontanarmi da lui. - Al piccolo. Perchè è apposta per i capelli ricci, quella qualità. - I boccoli perfetti di Nick, marchio di fabbrica Jonas, erano praticamente patrimonio dell'umanità: ogni sforzo atto a preservarli era cosa buona e giusta, per tutti. Forse non per Joe.

 

- Pessimo consiglio. - Incastrò un sospirò nell'attimo di vuoto, freddo tra due baci roventi. Avevo sempre la sensazione che le sue labbra scottassero, a contatto con le mie. - Per me può rimanere calvo. -

 

- Dai...! - Tentai di rimproverarlo, per quanto in quel momento mi risultasse difficile. Lui sogghignò, prontissimo - come sempre, quando gli conveniva - a cambiare discorso.

 

- Sono stati i tre mesi più lunghi... estenuanti della mia vita. - Sentii la sua mano arrampicarsi lungo la mia schiena e istintivamente, mi aggrappai a lui per essere sicura di rimanere in piedi sule mie gambe.

 

- Sai anche cosa vuol dire "estenuante", adesso...? - Soffocai una risata, cercando di non annegare nel mio imbarazzo.

 

- L'ho provato sulla mia pelle, che è molto peggio. - Rincorse l'orlo della mia canottiera con le dita e lo superò, prima di premerle appena contro la pelle tesa.

 

- Piano, piano. - Lo rimbeccai. Mi allontanai quanto bastava e cercai di soffocare l'impulso irresistibile di affondare nuovamente nel suo abbraccio.

 

- Sì, continuiamo di sopra...! - Inarcò le sopracciglia, con tutta la malizia di questo mondo. Arrossii vistosamente, ma dalle mie labbra socchiuse non uscì alcun suono.

 

Joe scoppiò in una risata fragorosa e mosse qualche passo all'indietro. Poi si girò e recuperò una shopping bag di stoffa - non capii nemmeno bene da dove -, il logo di H&M era sbiadito come se qualcuno ci avesse passato sopra un ferro troppo caldo. Si inginocchiò e prese a spegnere malamente le candeline, senza curarsi di mantenere intatto lo stoppino.

 

- Aspetta. - Mi abbassai, togliendogliene una ancora accesa dalle mani. Soffiai delicatamente sulla fiamma e tamponai con le dita il filamento bruciacchiato. - Voglio tenerle... E magari riaccenderle. - Sorrisi, poggiando il ciottolo di cera sul fondo della busta. Poi vidi i suoi occhi accendersi di tenero stupore.

 

Mi allungai a raccogliere la successiva, questa volta fu Joe a bloccare me. Le sue dita scivolarono dal polso alla mia spalla senza che quasi me ne accorgessi. Finii seduta insieme a lui sul marciapiede ancora caldo di sole, totalmente incurante della gente che - ne ero sicura - ci guardava con crescente curiosità. Lasciai che mi baciasse di nuovo e ricambiai il suo sorriso, mentre mormorava sulle mie labbra.

 

- Bentornata...! -

 

 

°°°

 

 

- Quindi loro sapevano...! -

 

Aggrottai le sopracciglia ed evitai accuratamente di guardare il mio riflesso, incastrato fra la spalla di Joe - che ci era appoggiato - e la cornice dello specchio. Nicholas, Chiara e Kevin si erano dimostrati veramente degli ottimi attori: solo ora, col senno di poi, tutti i pezzi andavano al loro posto e i piccoli segnali che avevo colto assumevano un significato.

 

- Non avrei mai potuto farcela, da solo. - Ridacchiò.

 

L'ascensore si fermò all'ultimo piano con un leggero scatto di assestamento. Raggiunsi in fretta il pianerottolo e sentii le sue braccia stringermi, di nuovo. Mi trattenne con decisione, lasciandomi giusto il tempo di assaporare il calore lungo la schiena: le sue labbra contro il collo troncarono sul nascere qualunque altro impulso.    

 

- Siamo ancora fuori...! - Mormorai.

 

I tentativi di resistergli sarebbero stati decisamente vani, lo sapevo da prima che cominciasse quella tortura. Lo lasciai fare e gli strinsi la mano che teneva sulla mia pancia, come a intimargli silenziosamente di non andare troppo oltre.  Si fermò dopo poco, sogghignando e mi restò addosso mentre facevo scattare la maniglia. In casa c'era molto silenzio. Attraversai il piccolo ingresso quasi di corsa e senza badarci troppo, lasciando sbatacchiare qua e là la busta che stringevo.

 

- RAZZA DI BUGIA- - Mi bloccai, mentre le parole franavano l'una sull'altra e il fiato moriva in gola.      

 

La mano di Nicholas, pallida e affusolata, sfiorava quasi il pavimento: stava sdraiato fra i cuscini del divano - quelli che ancora resistevano strenuamente al loro posto - i muscoli totalmente rilassati e lo sguardo rivolto a Chiara, come non vedesse assolutamente null'altro. Mossi qualche passo all'indietro, premunendomi di provocare il minor rumore possibile e trascinai Joe con me. Portai un dito alla bocca, dovevamo fare silenzio.

 

- Guarda...! - Si fermò e mi spinse leggermente da parte, quanto gli permetteva di sporgersi oltre il muro e vedere senza essere visto. Indicò la mia amica, proprio nel momento in cui scivolava leggermente in avanti e toccava le labbra di Nick con le proprie per quella che parve una frazione di secondo.

 

- Smettila, non è carino. - Tentai di portarlo verso la cucina, con scarsissima convinzione e ancora minori esiti. Ero già troppo presa ad osservare come il piccolo avesse impedito a Chià di risollevarsi, stringendole le spalle scoperte e premendosela addosso. Affondarono - se possibile - ancora di più nel sofà, in un groviglio confuso di sospiri e imbarazzo. Mi lasciai sfuggire un sorriso e arrossii appena: per quanto dolci a guardarli così, sembrava il caso di lasciarli soli. Le labbra di Chiara erano scese al collo di Nicholas e gli strappavano brevi, rumorosi mugolii che decisamente avrebbero fatto meglio a rimanere cosa fra loro due. - Vieni via... Se ci vede, mi ammazza! -

 

- Hai visto? Se lo stava praticamente mangiando...! - Ghignò, mentre chiudevo la porta della cucina alle nostre spalle. - Ora mi spiego i segni che gli spuntavano addosso in quei posti improbabili: non che abbia mai creduto alle sue balle su lividi e scottature, comunque. - Aggiunse, inarcando le sopracciglia.

 

- Le è mancato moltissimo. Avrà avuto... voglia. - Borbottai. Sentivo le guancie bollenti, nonostante stessi armeggiando con l'acqua ghiacciata del lavandino: posizionai una bottiglia particolarmente sottile sotto il getto, per riempirla. Rispose con un lieve mormorio d'assenso: il suo tono era divertito.

 

Percepii la sua vicinanza, quasi prima che si muovesse effettivamente, come al solito. Forse per via del suo respiro improvvisamente teso o per il silenzio che era repentinamente calato. Finsi di non essermene accorta affatto e continuai ad occuparmi dell'acqua per il giglio, finchè non fu lui a parlare. Si chinò appena in avanti e sistemò le mani sul bordo del bancone a breve, calcolata distanza da me. Non mi toccava, potevo muovermi liberamente, eppure ero già stretta nel suo abbraccio. Non capivo - e nemmeno avevo le forze di concentrarmici abbastanza - cosa stesse aspettando.

 

- E' difficile stare lontani... - Mormorò, contro il mio orecchio. - Non credi? -

 

Lasciai il fiore nel vaso ed afferrai i suoi polsi, con le dita ancora bagnate. Staccai le sue mani dal banco di truciolato e le poggiai sulla mia pancia, una sotto l'altra, in modo che si trovasse ad abbracciarmi i fianchi. Tremavo, piano. Una persona qualunque non avrebbe notato nulla, lui sì. Sorrise, stringendomi di più e prese ad accarezzarmi piano. Appena sotto l'ombelico, dove la stoffa gli lasciava strada.

 

- Perchè tremi? - Ecco, appunto.

 

- Niente. - Agitai lentamente il capo, insicura. - E' che... Insomma, sono tre mesi. E' tanto...! -

 

Arrossii vistosamente, come se quel ridicolo balbettio non fosse stato abbastanza eloquente. Abbassai lo sguardo e mentre rischiavo seriamente di mordermi il labbro a sangue, valutai l'ipotesi di divincolarmi e scappare dietro la porta più vicina. Ipotesi che - per altro - morì non appena le sue labbra lambirono la mia spalla.

 

- Sì, ne ho maledettamente voglia anche io. - Fu quello il momento in cui stabilii, decisamente, che non ci capivo più nulla. Sentii una lacrima rotolare lungo la guancia e morirmi sulla bocca poco prima che incontrasse la sua.

 

Joe sollevò con assurda facilità tutti i miei quarantanove chili e meno di un minuto dopo, mi lasciò cadere sulle lenzuola fresche di bucato. Potevo immaginare quali sarebbero stati i commenti di Chiara, l'indomani mattina. Quanto mi avrebbe imbarazzata ogni singola frecciatina: in quel momento non avevo decisamente tempo di badare alle conseguenze. Sfilai quei suoi assurdi occhiali e li poggiai malamente sul comodino prima di tuffargli la mano fra i capelli, lisci e leggermente scombinati. Come piacevano a me, lo sapeva. Ebbi la netta sensazione che avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa, se prima m'avesse guardata e baciata a quel modo, ogni volta.   

 

- Tremi, ancora più di prima. -

 

- Stringimi... Ancora più di prima. -

 

 

 

°°°

 

 

 

Le "duemmezza" del mattino. Mi svegliai per la posizione strana in cui stavo - aggrovigliata nel lenzuolo e in una maglia di pigiama decisamente non mia, che non ricordavo neppure di essermi messa -, per l'aria fresca di temporale che soffiava dalla finestra aperta. Per la carezza irregolare del suo respiro sul viso. Rotolai su un fianco e lì rimasi, immobile, a fissare il mio comodino mentre cercavo di ricordarmi come si prende fiato. Sorrisi contro il cuscino. Joe.

 

I miei libri erano stati impilati, in qualche modo: stavano in un angolo, quasi ordinatamente disposti e, davanti, il mio giglio chinava appena il capo oltre il piccolo vaso. Soprattutto c'era un bicchiere di vetro trasparente - di quelli normali, bassi e cilindrici - sul cui fondo brillava una candelina accesa, bianca come un ciottolo di fiume.

 

 

 

 

Prometto di renderti felice,

come ti ho detto ora che ho capito: tutto sarà perfetto.

{ Estratto da Mezz'ora - Zero Assoluto }

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers / Vai alla pagina dell'autore: Minako_86