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Prologo
Un piccolo
paese, vicino
ad Akita, dove tutti si conoscono.
Una pioggia
battente, un
freddo pomeriggio d’Ottobre.
Un corteo
funebre avanzava
lento verso il cimitero.
Una famiglia
distrutta dal
dolore camminava compatta, a occhi bassi, gli occhi non perdevano
lacrime in
quel momento, ma prima tante ne erano state versate.
Una donna dai
folti capelli
neri si appoggiava ad un uomo alto e possente, dagli occhi mesti, e a
un
giovane alto e allampanato.
Un ragazzino di
neanche
undici anni si stringeva a una ragazza dalla pelle bianca, gli occhi
verdi
gonfi e arrossati, i capelli castani legati in una treccia.
Il corteo
arrivò a
destinazione, la foto sulla tomba raffigurava un uomo di mezza
età, dai
profondi occhi neri, dai lunghi capelli castani sciolti e selvaggi,
appena
spruzzati di bianco.
La ragazza
guardò fissa la
foto, una solitaria lacrima le scivolò sulla guancia,
invisibile; solcandole
con la sua fievole scia la pelle lattea del viso.
“Addio,
papà…” mormorò, la
voce rotta da un singhiozzo.
Poi si
unì al gruppo che,
composto e avvilito, aspettava la conclusione della cerimonia.
Dopo la
straziante
cerimonia, la famiglia fece ritorno a casa.
La donna si
lasciò andare
su un divano di velluto verde, con le mani sul viso.
“Su, mamma” il
giovane
uomo si sedette accanto a lei “Fatti forza…”
Il ragazzo
magro si accese
una sigaretta, e mentre aspirava il fumo acre non proferì parola.
Il ragazzino
scoppiò in
lacrime, la ragazza prontamente lo accolse tra le sue braccia,
sussurrandogli
parole dolci per calmarlo.
La donna
mormorò:
“Ragazzi,
Hiroaki ha
ragione, devo farmi forza, dobbiamo farci forza tutti
quanti…papà sarà sempre
nei nostri cuori…”
L’uomo
annuì
impercettibilmente, deglutendo.
La ragazza,
senza smettere
di accarezzare la testa del ragazzino, disse a mezza voce:
“Non doveva
partire…”
Il ragazzo
magro aspirò
una boccata di fumo, e rispose:
“Era il suo
lavoro,
Shinobu, non poteva fare altrimenti” ed espirò una nuvoletta di
fumo
grigiastro.
Shinobu
alzò la testa di
scatto, e gridò:
“Sapeva che
quella era una
zona instabile! Aveva un sacco di altre spedizioni da fare!
Perché è andato
proprio in Medio Oriente?”
Hiroaki si
alzò
prontamente dal divano: “Era una spedizione importante! Avevano trovato
alcuni
manufatti di inestimabile valore!”
Shinobu, rossa
in viso,
lasciò andare il ragazzino, e gridò di rimando:
“E allora? La
vita di
nostro padre valeva cento volte di più di quei fottuti
manufatti!”
“Smettetela
tutti quanti!”
la voce malferma della donna ammutolì i presenti “Papà
ormai non c’è più, non
ha senso litigare adesso! Shinobu, non dire più parole simili e
abbi un po’di
rispetto per il lavoro di tuo padre!”
Tutti chinarono
la testa,
la ragazza strinse i pugni, respirando profondamente.
“Shinobu, so
cosa stai
provando adesso” la voce impostata di Hiroaki le fece alzare la testa
“Tristezza, rabbia, disperazione…anche io sto provando questi
sentimenti, anche
mamma, Kadonomaro e Hiroshi” indicò con gli occhi la donna, il
ragazzo magro e
il ragazzino che si stava asciugando le lacrime.
“La cosa che mi
fa più
arrabbiare” mormorò la ragazza “è che adesso amici,
parenti, conoscenti
busseranno alla nostra porta, ci faranno le condoglianze con finte
espressioni
di cordoglio, diranno grandi cose di papà senza averlo mai
conosciuto! Gente
che fino a poco tempo fa diceva peste e corna di lui, inventando le
peggiori
menzogne pur di spettegolare! Ricordi quella voce che girava tempo fa?
Una di
quelle comari delle nostre vicine di casa mise in giro la voce che
papà tradiva
la mamma, per il solo fatto che per via delle spedizioni stava via
intere
settimane! Già me le vedo tra un paio di giorni, tutte con le
mani al petto a
farci le condoglianze! Mi viene voglia di urlare, di menar le mani
quando vedo
queste assurde scenette ipocrite!” dopo quel diluvio di parole stava
cercando
di trattenere le lacrime.
Dopo un secondo
di
silenzio, la donna prese la parola:
“Senti,
Shinobu…forse è
meglio che tu te ne vada per un po’, tra qualche giorno…zia Kaoru vive
a Tokyo,
puoi trasferirti da lei per un po’di tempo…” la donna alla fine
sospirò, il
carattere della figlia era troppo suscettibile, una polveriera sempre
sul punto
di esplodere, e un carattere del genere poteva diventare pericoloso in
una tale
situazione.
Aveva paura che
Shinobu
potesse compiere una sciocchezza, sapeva che sarebbe stata capace, non
proprio
di picchiare, ma di fare una bella scenata, con urla e improperi, e i
pugni
stretti sotto al naso di una di quelle vicine pettegole.
Anche la madre
odiava
quelle donnette linguacciute, sempre pronte a spiare, a sfornare
maldicenze ad
ogni ora; ma si limitava a non farci caso, anche se faceva male, e una
piazzata
della figlia dopo i funerali del padre sarebbe stata la scintilla per
far
scoppiare una spirale di dicerie.
La ragazza
guardò la
madre, andò da lei e l’abbracciò: “Non voglio lasciarti
sola, mamma…”
La donna le
accarezzò la
testa: “Non sarò sola, tesoro…ci sarà Kadonomaro,
Hiroshi…”
“Hiroaki dove
va?” chiese
il piccolo Hiroshi.
“Vado in
Thailandia”
rispose l’uomo “Il mestiere di geologo è così…quando
vedrò un qualsiasi sito
archeologico, penserò a papà…”
Shinobu
guardò il fratello
con occhi lucidi, si tolse dal collo una catenina con appeso una
piccola
sferetta di vetro, piena di sabbia, e la porse all’uomo:
“Questa sabbia
me la
regalò papà, l’ha presa ad Abu Simbel, in Egitto, quando
avevano scoperto
un’altra ala del tempio, dove nessuno era mai entrato, questa sabbia
è rimasta
lì per millenni, significa che anche se le cose non si vedono
più, esistono
comunque…portala con te…”
Hiroaki prese
il ciondolo:
“Grazie, sorellina…” accarezzò le guance pallide della sorella,
commosso.
I giorni
seguenti Shinobu
li trascorse stando vicina alla madre e ai fratelli, accogliendo le
condoglianze degli amici di sempre, salutandoli, facendo i bagagli.
Prima di
chiudere la
valigia, Shinobu prese da uno scaffale le foto di famiglia: lei con
tutti i
fratelli il giorno del suo tredicesimo compleanno, Hiroshi quando aveva
pochi
mesi e giocava nel box, Hiroaki quando prese la laurea in geologia,
Kadonomaro
in moto, lei mentre cucinava con la mamma, papà durante la sua
spedizione in
Europa…
Papà…mi
manchi tanto…
La ragazza si
asciugò una
lacrima, prese tutte le cornici multicolori e le mise nella valigia con
particolare cura, in modo che nessuna si danneggiasse durante il
viaggio.
La voce della
madre
risuonò nel corridoio: “Shinobu, la zia è arrivata!”
“Arrivo,
mamma!” Shinobu
prese la valigia, e prima di uscire guardò per l’ultima volta la
sua camera, le
pareti verdi, il tappeto che la madre le aveva regalato per Natale, il
letto
morbido coperto da un plaid rosa…
‘La
rivedrò, tra un po’di
tempo, ma la rivedrò!’ pensò lei mentre usciva.
Abbracciò
la madre e i
fratelli con trasporto:
“Vi
chiamerò tutti i
giorni, e vi spedirò una lettera ogni settimana, ve lo
prometto!” esclamò lei,
stringendo il fratello minore tra le braccia.
“Abbi cura di
te,
sorellina” Kadonomaro le accarezzò la testa “Ogni tanto
passerò a vedere come
te la passi.”
“Tesoro” la
madre le baciò
una guancia “Spero che questo trasferimento ti faccia stare meglio! Ti
verrò a
trovare con Hiroshi!”
“Sì!” il
fratellino gridò
“Ti farò vedere come sono diventato bravo a rugby!”
Shinobu
scompigliò i
capelli del fratello con una mano.
“Mi mancherete
tanto!”
sussurrò; prima di entrare nel taxi che l’avrebbe portata alla
stazione insieme
alla zia materna.
Intanto, a
Tokyo, un
ragazzo dai lunghi capelli neri e dalla pelle olivastra stava
ritornando a casa
rincorrendo un pallone.
Incontrò
la madre davanti
alla casa della vicina.
“Mamma!” il
ragazzo la
salutò “Che ci fai davanti alla casa della signora Kaoru?”
La donna
sorrise al
figlio:
“Sono passata
per
controllare che fosse tutto a posto, la signora Kaoru non c’è,
è andata vicino
Akita a prendere una persona…”
“Una persona? E
chi è?”
chiese curioso Kojiro.
“Una ragazza
della tua
età.” Rispose la madre.
Kojiro
sbuffò, non era
molto socievole, soprattutto con le ragazze, erano così
sciocche, frivole…tutte
pizzi, fiocchi e capricci…sì, erano carine, ma non attiravano
ancora la sua
attenzione.
‘Speriamo
almeno che non
sia eccessivamente stupida!’ pensò il ragazzo, rientrando a casa.