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Autore: TND    14/05/2010    10 recensioni
C’era una volta, tanto tanto tempo fa, un regno incantato dove viveva un bellissimo principe in cerca dell’amore. Beh, questa è una sciocchezza. Non ero esattamente alla ricerca dell’amore.
Genere: Romantico, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il gioco della fine

 

 

Se siete qui, pronti ad ascoltare la mia storia, vuol dire che nella vostra mente c’è qualcosa che si avvicina molto alla follia.

Probabilmente da bambini vi siete scaraventati (o siete stati scaraventati, a voi la scelta) contro una parete e da lì qualche rotella ha preso la strada del non ritorno.

Beh, poco importa.

Non mi interessa l’identità del mio ascoltatore, l’importante è che qualche anima pia senta il desiderio di lasciar parlare un povero sfigato che ormai da anni non si può muovere.

Perché, chiedete?

Semplice: sono una finestra.

Oh, dannazione, è vero! Non sono così squilibrato da credermi un oggetto inanimato e non esserlo realmente.

La storia è più complicata di quello che credete e, con un po’ di pazienza, potrei anche raccontarvela.

 

C’era una volta, tanto tanto tempo fa, un regno incantato dove viveva un bellissimo principe in cerca dell’amore.

Beh, questa è una sciocchezza. Non ero esattamente alla ricerca dell’amore. Era solo che sposandomi avrei potuto ereditare il regno prima della morte di mio padre, trovando moglie ho solo deciso di accelerare i tempi della mia incoronazione. La faccenda non ha nulla a che vedere con l’amore.

Così, come in tutte le storie romantiche che si rispettino, il principe indisse un ballo, al quale vennero invitate tutte le dame facoltose del paese.

Inutile dire che le fanciulle furono entusiaste di accettare la proposta del futuro regnante e si precipitarono al suo mastodontico castello vestite sontuosamente.

A questo punto, per evitarvi la noia di vedermi scartare tutte le racchie che mi si sono presentate di fronte, credendo di essere anche solo minimamente accettabili, ho deciso di passare alla parte in cui “trovo l’amore della mia vita e gli chiedo di sposarmi”.

Le dame avevano annoiato il principe a morte. Nessuna era riuscita a catturare il suo interesse, inutili il trucco e gli abiti sfarzosi.

In quelle giovani non v’era nulla d’attraente.

Il principe stava per desistere ed accettare l’idea che il vero amore non era alla sua portata, quando lo vide.

Era seduto all’angolo più remoto della sala da ballo. Se ne stava con le braccia incrociate al petto e l’espressione più annoiata che il principe avesse mai visto. I biondi capelli lunghi e lisci, erano trattenuti da un nastro azzurro in una coda bassa e la divisa indossata spiccava fra i vestiti delle dame per il colore perlato della stoffa, talmente brillante da emanare luce propria.

Il giovane forse si sentì osservato, perché trascorsero pochi istanti prima che sollevasse lo sguardo ed incontrasse gli occhi del principe ereditario.

In un solo attimo fu amore.

Scusate ancora l’interruzione, so che siete smaniosi di ascoltare il racconto. Probabilmente qualcuno di voi starà anche sospirando aspettando la scena del bacio o qualcosa in più, ma vi assicuro che è meglio sapere le cose come stanno e, se continuate a seguire questa alquanto melensa narrazione, avrete la percezione degli eventi largamente occultata.

E’ vero che notai Gerard in fondo alla sala, è vero che pensai fosse bellissimo, è anche vero che lui incontrò il mio sguardo, ma potete anche scordarvi il fatto che l’occhiataccia che mi rifilò mi fece innamorare di lui.

Diciamo pure che mi fece odiare la tracotanza che traspariva da quelle dannate iridi verdi.

Per un fatto di puro desiderio di sfida (e magari anche perché il party si stava rivelando più palloso di quanto avessi previsto) decisi di avvicinarmi a lui, credendo che una bella litigata, arricchita di insulti e calci, il tutto dietro le quinte, non avrebbe potuto che giovarmi.

Superando una sessantina di grassone appiccicose e adoranti, raggiunsi l’altra estremità della sala, dove il mio pseudo avversario se ne stava ad attendermi.

Fu immediatamente chiaro che entrambi cercavamo qualche divertente diversivo a quella noiosa serata.

-Allora- gli chiesi, una volta che fui abbastanza vicino da poterlo fronteggiare –come mai qui? Non sembri esattamente voglioso di fare la mia conoscenza e candidarti come futura regina-.

Gerard ghignò e con un piccolo inchino si prese gioco di me.

Stronzo.

Non c’era altro modo per definirlo.

-Piacere di conoscerla sua futura maestà, io sono Gerard Blake. Mi trovate qui in veste di accompagnatore, mia sorella era talmente bramosa di conoscerla che non mi sono potuto sottrarre dall’accompagnarla-.

-Non sembra si stia divertendo, marchese? Conte? Duca?...-

-Il primo-.

Sorrisi beffardo: -Marchese Gerard Blake-.

-Effettivamente è un po’ una palla. Che ne dice di fare qualcosa di alternativo?-.

E nel suo sguardo non sembrava esserci scritto nulla relativo al prendersi a calci.

Era più uno scintillio di eccitazione, che mi costrinse a leccare le labbra improvvisamente secche.

Mi fermai ad osservare il suo corpo snello, la sua pelle candida e dall’aria delicata, il suo sguardo voglioso e di sfida.

-Sarò felice di accompagnarla a visitare il castello, se vuole seguirmi-.

Lui annuì, senza perdere l’aria canzonatrice, ed io compresi che quella serata si sarebbe tramutata in qualcosa di veramente interessante.

Successivamente a quella notte, i due si incontrarono innumerevoli volte, impossibilitati ad allontanarsi l’uno dall’altro per più di qualche ora; bramosi di passare il loro tempo beandosi l’uno dello sguardo dell’altro.

Diciamo pure che il sesso era fantastico.

Si incontravano lontano da occhi indiscreti: nei campi antistanti il castello, negli squallidi ostelli dei villaggi, nelle stanze del principe quando il re indiceva un banchetto.

Ed il loro amore crebbe.

Si alimentò fin quando il principe, impossibilitato a lasciar andare il suo amante, gli propose di passare insieme il resto della loro vita.

Ancora una volta è giusto che seguiate il discorso che mi ha portato a fargli la fatidica proposta di matrimonio, giusto per essere sicuri che non pensiate mi sia inginocchiato ai suoi piedi e abbia tirato fuori una scatoletta in velluto blu contenente un anello in diamanti.

Ci ritirammo a metà banchetto quel giorno, desiderosi di trascorrere il nostro tempo in un modo un po’ più divertente.

E così fu.

Dopo il sesso mi stesi al suo fianco e cercai  una posizione comoda per riposarmi, come avveniva ogni volta.

Mentre Gerard si raggomitolò sotto le coperte.

-Non ho voglia di alzarmi- disse, rompendo l’usuale silenzio che seguiva le nostre scopate.

Io mi trattenni dal rispondere immediatamente, conscio che una certa idea poco consueta mi balenava in mente da qualche tempo.

Feci un bel respiro, cercando di ossigenare il cervello, prima di parlare.

-Allora non alzarti. Puoi restare se vuoi-.

-Prima o poi verranno a cercarci e, se scoprono quello che abbiamo fatto, passerai un quarto d’ora non del tutto piacevole-.

-Ma se lo scoprono potrò anche rifilare loro la scusa dell’amore e annunciare a mio padre che ho trovato moglie-.

-Hai trovato moglie?- mi chiese scandalizzato Gerard, mentre si districava dalle coperte e si sollevava sui gomiti.

In tutta risposta risi. Lo feci di gusto, mentre mi voltavo verso di lui e allungavo una mano  sopra la sua testa, con l’intento di schiacciarlo contro il cuscino.

-Cretino, chi pensi sia la moglie?-.

Lui bofonchiò qualcosa contro la fodera, prima di voltare appena la testa e lanciarmi un’occhiata di ammonimento.

-Non accetto un simile appellativo! Se vuoi che acconsenta dovrai presentarmi come tuo marito. Non sia mai che sappiano che sono io quello passivo-.

Risi nuovamente, allontanando la mano che ancora lo tratteneva contro il cuscino e rigirandomi su un lato.

Ed è questa la tanto romantica proposta di matrimonio.

Nonostante le proteste che la loro unione sollevò nel regno, i due si sposarono pochi giorni dopo.

Il marchese Gerard, ora divenuto regina, si trasferì nel castello del principe, ora re, e lì per lui cominciò una nuova vita.

Vissero insieme per un lungo e prosperoso anno, durante il quale entrambi ebbero modo di assaporare la gioia derivata dalla loro unione.

Ma, come in ogni favola che si rispetti, nel giorno più freddo e piovoso dell’inverno, in cui il cielo sembrava riversare sulla terra tutta la sua ira, il fratello minore del re, che già da tempo covava rancore nei confronti del nuovo sovrano, decise di mettere in atto il suo piano di conquista e, chiamando il suo mago personale, gli ordinò di tendere una trappola al re: doveva trascinarlo in un luogo isolato, con una qualche scusa burocratica, e lì tramutarlo in un oggetto o un animale innocuo, insomma, in qualcosa che gli avrebbe permesso di assumere la carica di nuovo re e prendere il posto del tanto detestato fratello.

In cambio il potente mago avrebbe ricevuto il posto di personale consigliere della corona e la sua parola sarebbe valsa poco meno di quella del re stesso.

Lo stregone, allettato dall’idea di tanto potere, decise di accontentare il Fratello Malvagio ed eseguì accuratamente gli ordini impartitigli.

Anche se non vorrei, poiché la versione favoleggiata è molto più decorosa della realtà, mi sento in dovere, giunti a questo punto, di mettervi al corrente del subdolo modo in cui lo stregone alle dipendenze di quel fottuto approfittatore di mio fratello, mi ha convinto a seguirlo.

La mia non è una di quelle fiabe in cui il mago malvagio è un vecchio in decomposizione, con i bulbi oculari che cercano di uscire dalle orbite e la gobba. Il mago malvagio della mia storia è un giovane aitante, dai lunghi capelli ramati e dal corpo snello che, in quell’occasione, non ha evitato di mettere in mostra.

Mi ha raggiunto quella piovosa mattina e mi ha chiesto di andare con lui per risolvere una questione burocratica ai confini del regno.

La prospettiva di restare a casa non mi allettava e data la lontananza dei confini del regno ho ben pensato che, magari, durante il tragitto in carrozza avremmo potuto passare il tempo “giocando”, non so se mi spiego.

Così ho accettato e mi sono fatto fregare come un idiota.

Il bastardo mi ha trasformato in una finestra e mi ha assicurato che “Solo il bacio della donna amata potrà annullare il maleficio”.

Beh, io sono qui da tre anni e della donna amata neanche l’ombra.

Con il tempo le mie sbarre si sono arrugginite, il muro attorno a me a cominciato a creparsi e di tanto in tanto qualche pezzo cade a terra.

Quel mago da strapazzo mi ha incastonato in un palazzo talmente vecchio che nella mattinata di domani verrà demolito e così addio vita crudele.

Dannato me e il momento in cui mi son lasciato trascinare da quello che sta sotto la cintura, invece che dal cervello.

Ma non potevo farmi bastare Gerard?

A proposito di Gerard, chissà che fine a fatto?

Devo ammettere che all’inizio un po’ l’ho aspettato. Ho sperato che mi trovasse e mi riconoscesse. Magari che gli venisse anche in mente di baciarmi.

Poi, con il passare dei mesi, mi sono reso conto che nessuno sano di mente verrebbe in questa zona. Figurarsi poi riconoscere il principe in una finestra dalle sbarre arrugginite e baciarlo.

Non credo questa sarà una favola a lieto fine.

La principessa non verrà, non mi spezzerà l’incantesimo e il re del paese verrà demolito insieme ad un palazzo e morirà sottoforma di scadente finestra sotterrato fra le macerie.

Cazzo, proprio una bella fine!

 

-Ehi! Allora eri davvero qui!-.

Mi desto di scatto. So che può sembrare strano sentir dire da una finestra che stava dormendo, ma anche noi, di tanto in tanto, abbiamo bisogno di qualche ora di riposo.

Il mio sguardo si punta su una figura che sorride beffarda e mi osserva. E’ vestito di tutto punto, ma le scarpe infangate tradiscono una camminata abbastanza lunga per zone erbose.

Che cavolo ci fa qui Gerard?

-Tuo fratello mi aveva detto che eri qui tramutato in una finestra arrugginita, ma non ci avevo voluto credere. Invece, a quanto pare, è vero?-.

Adesso mi chiedo come faccia a sapere che sta parlando con me e non con una comune finestra inanimata. Che abbia dei poteri sovrannaturali…o una micidiale intuizione, magari.

-Mi ci sono voluti tre odiosissimi anni par farlo innamorare e fidare di me, per mettere a tacere quel mago un po’ troppo sexy e costringere tuo fratello ad ubriacarsi. Mi ha detto quello che era successo e sono venuto a riprenderti, ma non pensavo di trovarti veramente e in uno stato tanto pietoso-.

Dannato Gerard che sfotte!

Se solo avessi una gamba gli assesterei un calcio dove non batte mai il sole.

-Però sono indeciso- aggiunge, dopo qualche minuto di silenzio, in cui si è perso nella contemplazione dell’edificio decadente che mi sovrasta –dopotutto sei finito in questa situazione perché l’idea di tradirmi ti ha mandato a puttane il cervello. Non meriti di essere salvato, pezzente!-.

Il suo calcio arriva forte e stordente. Le sbarre tremano e producono un rumore metallico.

Ora è arrabbiato, lo vedo negli occhi innaturalmente assottigliati e cattivi.

-Sei una schifosa puttana, signor ex-re.- mi vomita addosso –Mi fai assolutamente schifo-.

Non posso fare a meno di ammettere che mi merito queste coltellate. Dopotutto quello che dice è vero, ma che ci posso fare se nei miei venticinque anni non riesco a pensare razionalmente davanti ad un corpo eccitante?

-Sono qui solo per dirti quanto ti odio. E se la casa non venisse demolita domani, ci penserei io a distruggerti a suon di martellate! Stronzo!-.

Gerard continua a blaterare per quelle che mi sembrano ore, mi insulta come mai nessuno si è permesso di fare prima d’ora. Mi riversa contro tutta la sua irritazione, tutta la sfiducia che nutre nei miei confronti.

-Vorrei vederti bruciare all’inferno!- urla, chiudendo gli occhi.

Poi si sporge e con le labbra secche e serrate, posa un leggero bacio sulla sbarra centrale.

Lo fa con delicatezza, per pochi istanti, prima di allontanarsi e sputare a terra.

-Schifo! Ho ingoiato della ruggine!-.

E mentre Gerard continua a sputacchiare a terra, il mio corpo, in un “puf” degno delle migliori favole, torna ad acquistare le normali sembianze.

Solo ora mi rendo conto di quanto mi siano mancate le mie mani e le mie gambe, e il mio fantasmagorico fisico.

Sollevo il volto e guardo il mio salvatore, negli occhi un misto di gioia e gratitudine.

Lui sfida il mio sguardo pacatamente. Non sembra provare emozioni.

-Alla fine mi hai fatto tornare normale!- gli dico –Allora non eri venuto qui solo per darmi un calcio?-.

Lo sguardo di Gerard si indurisce ancora una volta. Unisce le mani e fa scrocchiare le nocche, senza smettere di squadrarmi sdegnato.

-Ti ho fatto tornare normale solo perché non c’è gusto a riempire di bastonate una finestra inespressiva- urla.

Ancor prima che io possa comprendere il significato delle parole che hanno lasciato le sue labbra, un pugno mi colpisce alla bocca dello stomaco. E’ talmente forte che mi sento quasi risucchiare dall’intestino.

Lui emette un grugnito soddisfatto, mentre mi guarda barcollare all’indietro e cadere sull’erba dolorante.

-Ma sei scemo?-.

-No, è solo che dovevo prendermi la mia personale e bramata vendetta-.

Poi mi tende una mano e io decido di non rischiare. Mi sollevo con fatica contando solo sulle mie forze, lui mostra un sorriso sghembo e alquanto ilare di fronte al mio comportamento timoroso, esibendo tutto l’appagamento provato.

-Allora possiamo tornare a casa? Credo che tutte le cose di cui ti dovrai occupare una volta al castello, basteranno per farti desistere dal tentare ancora di tradirmi- mi dice, dandomi le spalle.

-Cosa è successo?-.

-Nulla di che! Tuo fratello si è divertito a fare il despota-.

-Quel cretino, l’ho sempre detto che non era adatto al governo-.

Gerard annuisce convinto: -Poi avresti dovuto sentirlo mentre stavamo a letto insieme, non faceva altro che decantare la sua bellezza, la sua maestria con la spada (e non la spada fatta di metallo), il suo potere-.

Mi blocco.

La mia mente elabora una quantità di pensieri incomprensibili persino a me stesso in pochi istanti, prima che dalle mie labbra esca un urlo iracondo che fa immobilizzare anche Gerard.

-E adesso che ti prende?-.

-Sei stato a letto con mio fratello-.

-Può essere-.

-E tu accusi me di tradimento?-.

-Esatto-.

-Se ti prendo, giuro che ti faccio tagliare la testa-.

Gerard ride, lo fa con gusto e una vena di rinnovata tranquillità.

-Beh, allora muoviti, se resti impalato la tua vendetta non potrà mai avere luogo-.

Mi getto verso di lui senza farmelo ripetere due volte.

Gerard ridacchia ancora e comincia a correre, incurante dei piedi che affondano nella terra melmosa.

Io lo seguo più per divertimento che per ira.

Mi sento libero, leggero, tranquillo. E mentre guardo Gerard davanti a me, che di tanto in tanto si volta per mostrarmi quei suoi bellissimi occhi smeraldini, capisco che non c’è nulla che io abbia desiderato di più nella vita dell’avere lui al mio fianco a capo di un piccolo regno in una terra incantata.

 

 

   
 
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