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Autore: KiraKira90    15/05/2010    6 recensioni
In un mondo immutabile. Una creatura perfetta sceglie l'imperfezione. “Puzzi di ningen.” Il suo tono era calmo, pacato. Gli dissi solo questo, quella sera d’estate. Le cicale frinivano, mentre la luna schiudeva le ninfee. Su quel ponte i miei dubbi presero la forma di una donna che non apparteneva alla nostra razza. Una spada nuova pendeva dal suo fianco. Ora possedeva due sue zanne, finemente forgiate da quel suo vecchio amico. “Speravo lo notassi. Mi rendi il compito meno arduo.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'One-shot collection'
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Il giardino di ghiaccio.

hana wa sakuragi, hito wa bushi

(tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero)

 

Vesti fruscianti e pregiate scivolavano morbide ed eleganti, come acqua fra le rocce. Levitando, con passo furtivo e vellutato, figure longilinee ed eteree si aggiravano come spettri in pieno giorno.

Morbide, danzando nel loro avanzare senza meta, un corteo di ninfe si aggirava fra i ciliegi in fiore, calpestando l’erba verde accanto al laghetto, ricoperto di ninfee non ancora schiuse e circondato da azalee colorate. Sotto le larghe foglie galleggianti, i koi si nascondevano spauriti, quasi percependo l’aura ancestrale di quelle figure. Non un suono né ticchettio di alcun passo quando calpestarono il ponticello in smalto rosso per giungere dall’altra parte, dove i pruni attendevano mostrando gli ume sbocciati. In quel silenzio innaturale una delle dame del seguito schiuse le labbra dipinte.

“Il vostro giardino è meraviglioso, Hime-sama.” Una voce posata, controllata. Non c’erano né entusiasmo né falsità, solo semplice esposizione di un dato di fatto. Impersonale e distaccato il suo modo di porsi, mentre nessuna rallentava il passo o si scomponeva. La principessa che guidava l’elegante sfilata non si volse, ma si limitò a mugugnare, quasi in segno di gradimento. Dalle guance pallide, fintamente candide per l’uso dell’oshiroi e le labbra carnose e cianotiche per l’uso di colori insoliti sulle labbra, appariva bella, una bellezza che non apparteneva alla mortalità di quel giardino. “Non vi è stelo fuori posto.” Costatò un’altra donna, elegantemente acconciata con kanzashi adatti al mese, come le altre. L’unica dai capelli sciolti ed argentei che venivano risaltati dal modo unico con cui liberamente si abbandonavano sulla schiena ritta ed esile di questa, inspirò prima di bisbigliare una risposta impercettibile. “La fioritura di questa primavera è stupenda.” Continuò la terza dama di compagnia, sempre col medesimo distacco delle altre. L’Hime fermò la marcia, giunta all’ombra dei sakura più belli e vecchi del giardino. S’inginocchiò con fare vellutato seguita più pesantemente dalle altre. Il tessuto lavanda, esternamente, era in armonia con il paesaggio che la contornava, diversamente dal blu interno del tessuto che contrastava con i colori caldi della primavera e il giallo del soprabito che indossava. L’abito era pesante, fatto da molteplici strati che stabilivano i ranghi ed il prestigio delle donne, eppure la somma Signora era leggiadra come uno di quei petali di ciliegio, che a volte cadevano su di loro per la forza del vento.

Nessuna delle dame, molto più alleggerite nei loro nyōbō shōzoku, poteva competere con la sua innata leggiadria. Parevano goffe in sua vicinanza, nonostante il perfetto portamento nobiliare.

“Il vostro sommo consorte non viene a godersi la fioritura?” domandò quella più in confidenza con la padrona. Per la prima volta la principessa incrociò lo sguardo con una di quelle donne. Era indecifrabile ma inquietante.

“A Inu no Taisho i fiori non interessano, se non per le analogie con la spada.” una voce giovane, ma già saggia. “Il fiore per eccellenza è il ciliegio, l’uomo per eccellenza è il guerriero. Citerebbe di certo uno di questi haiku ningen.” Aveva aperto il palmo, rivolgendolo verso l’alto lentamente, mentre lo recitava. Un petalo cadde, posandosi delicato sulla pelle liscia. “Non capisco cosa trovi di affascinante in esseri che cadono con la stessa facilità di questi petali” chiese, guardandolo e facendolo ricadere con una semplice rotazione del polso.

“Il nostro Signore è di certo curioso per natura, ma è ancora giovane.” mormorò la dama alla sua destra che assieme alla Hime aveva seguito la caduta di quel petalo.

“Vedrete che quando sarà padre, smetterà di perdersi in simili discorsi fanciulleschi.” sentenziò la più in là con gli anni con tono convinto.

La principessa si toccò il ventre non più piatto e ben presto più gonfio.

Un figlio avrebbe davvero cambiato tutto?

 

***

 

Sotto un acero, a contemplare le stelle rosse in bilico su quei rami ormai stanchi, un guerriero giaceva.

Era tornato in fretta, nonostante la battaglia appena terminata. Sfinito si era abbandonato a quel tronco isolato, sotto la sua ombra, per riprendere un po’ di forze. Da quel lato isolato del giardino, di cui personalmente la sua sposa si occupava, dando direttive e notando le imperfezioni, fu obbligato ad ammirarne la bellezza. Le foglie cadevano, come in autunno accadeva sempre e tutto si preparava all’inverno. Tutto moriva per rifiorire …

In quel giorno di declino per la natura, il pianto di un cucciolo gli giunse alle sensibili orecchie. Prepotentemente, una vita era sbocciata in una stagione che non lo ammetteva.

Un altro vero youkai che come lui sfuggiva alle leggi naturali del tempo: suo figlio.

“Non vi è stagione per noi youkai.”

 

***

 

“Mi manda a chiamare?”

L’Hime era sorpresa, ma in ginocchio, davanti all’elegante specchio in cui era solita dipingersi, era brava a mascherare la sorpresa. Scorse il riflesso dell’eunuco alle sue spalle.

“Sì, Hime-sama. Il sommo principe vi vuole nelle sue stanze e ha chiesto portiate anche il principe Sesshomaru.”

Piegò il kanzashi che stringeva con forza fra le mani senza accorgersene. Era da molto che il suo sposo non la chiamava nelle sue stanze per svolgere il suo compito di moglie e la cosa l’avviliva. Le poche volte che s’incontravano erano rare e prevedevano la costante presenza del loro unigenito. La corte parlava e bisbigliava alle sue spalle e l’unico modo che aveva di celare il suo desiderio di zittirli era nascondere la bocca dietro un elegante ventaglio. Aveva sperato che quella sera … Nulla.

“Ditegli che io e mio figlio saremo presto da lui.”

 

***

 

Era bellissima come sempre, quando si presentava ai suoi occhi. Perfetta in grazia, portamento ed eleganza. Non una ruga le si era posata sulle guance perfette, che erano rimaste identiche al primo giorno in cui le vide. Neppure la gravidanza l’aveva cambiata, salvo per il fagotto sazio e addormentato che stringeva fra le braccia. Lui le assomigliava molto, molto più che a lui, ma non gli importava. Era un maschio, un degno erede per il casato dell’Ovest. Il suo dovere, sua moglie l’aveva assolto.

“Ci avete fatto chiamare, mio Signore?” rispose fredda. Erano arrivati molto tardi rispetto le previsioni, ma lei voleva presentarsi impeccabile. Voleva la desiderasse di nuovo.

“Siamo soli. Basta etichetta.” imperò serio. La conosceva abbastanza da distinguere il suo formalismo dal suo distacco.

“Che confidenza inaspettata.” ghignò lei, posando il piccolo principe sul letto del consorte.

“Non trattarmi come un estraneo!” la guardò sbieco.

“Non sono io che non voglio fare la tua sposa.” lo fulminò lei.

Lui le si avvicinò a passo docile. “Mi conosci abbastanza da comprendere.” la guardò in cerca di comprensione, sospirando.

“Anche tu.” gli sfiorò la guancia marchiata, nei suoi occhi si leggeva finalmente una tristezza che appariva cristallina.

“Io non amo questo ruolo, né ciò che questo ha comportato. Non avrei voluto soffrissi.”

Lei non rispose. Non trovava parole con cui potesse esprimere ciò che da molto le premeva sul cuore. Si spinse verso di lui.

Un bacio. Gli rubò un bacio senza permesso. Come se risvegliati, entrambi ricordarono le numerose notti costretti a passare insieme.

Un pianto infantile li riportò al presente. Entrambi smisero di fissarsi e si concentrarono sul principino.

Inu no Taisho lo prese fra le braccia, cullandolo.

“Devi essere forte per lui.” l’esortò. “L’amore che hai per me, dallo a lui.”

Lei capì non si sarebbero più scambiati gesti simili. “Sì, mio Signore.”

Non potevano essere altro che il signore e la signora dell’Ovest.

Quel figlio non aveva cambiato nulla.

 

***

 

Come ogni autunno era lì, a contemplare la sacra caduta di quelle foglie a stella. Le uniche volte che si potevano incontrare era in quel giardino che a lui minimamente interessava e che la teneva impegnata in qualcosa di diverso, la sua cura la sviava. Da quando era nato, Sesshomaru era sempre stato con lei ed ogni primavera, con le sue dame, contemplavano i ciliegi in fiore. Il fanciullo crebbe in fretta però e l’attaccamento che aveva per sua madre lo riversò sul padre. Le sue imprese, la sua forza, la sua fama … cos’era il suo amore in confronto? Era un piccolo principe che voleva divenire un grande guerriero. Sapeva era giusto volesse imitarlo e seguire le sue orme, ma si sentì nuovamente respinta.

L’unico modo che aveva per stare con loro era seguirlo con lo sguardo attento di una donna sempre bellissima, nonostante il tempo fosse passato.

Di una madre in silenzio che veglia sul suo sangue.

Il mondo dei ningen era fortemente mutato a sentire il suo sposo, che sempre meno si tratteneva a palazzo per via di continue guerre e trattati con altri Regni, prova schiacciante dello scorrere del tempo. Sesshomaru continuava ad allenarsi e lei sapeva che presto, una volta pronto, se ne sarebbe andato anche lui in viaggio con il padre.

La solitudine dell’inverno imminente, non le parse mai tanto desolante come a quel pensiero.

 

***

 

“Puzzi di ningen.” Il suo tono era calmo, pacato.

Gli dissi solo questo, quella sera d’estate. Le cicale frinivano, mentre la luna schiudeva le ninfee.

Su quel ponte i miei dubbi presero la forma di una donna che non apparteneva alla nostra razza.

Una spada nuova pendeva dal suo fianco.

Ora possedeva due sue zanne, finemente forgiate da quel suo vecchio amico.

“Speravo lo notassi. Mi rendi il compito meno arduo.”

“L’ho notato da mesi e sappi Sesshomaru non è stupido come pensi.”

Inu no Taisho socchiuse gli occhi, mugugnando, quasi conscio dei sentimenti del primogenito.

“Lascerò Tenseiga a nostro figlio, quando sarà il momento.”

“Sai che non apprezzerà quella lama.”

L’altra non gli serve.”

Ci fu un lungo silenzio. Solo lo scrosciare del laghetto sotto al ponte su cui discutevano.

“Lui non capirà.”

“Lo so.” Sospirò il Signore. “Ma ad essere sincero, mi aspettavo che anche tu non capissi …”

“Non lo capisco, ma ho forse scelta?” le sue parole gli arrivarono dirette. “Non hai mai forgiato una spada per proteggermi.”

“Noi youkai non moriamo. Noi sappiamo difenderci da soli. Noi non proviamo sentimenti. Noi non piangiamo. Siamo perfetti. Siamo noiosi.”

L’Hime sentì il suo cuore sanguinare a ogni parola e sospiro che lui rivolgeva alla luna.

 

***

 

Fiocchi di neve cadono con perfetto ritmo. Fa più in freddo che in passato. Ennesima prova che il tempo passa e tutto cambia.

Il gelo ha velato il lago e le ninfee sono divenute sculture di ghiaccio. Non vi è più fiore o foglia. Dei mille e più colori non è rimasto più nulla, ma solo bianco. Un candido bianco che ricopre e uccide tutto. Sola, nella sua stanza lussuosa e calda, una principessa si fissa allo specchio. Aveva quasi terminato, ma la mano tremante l’ha costretta a ripetere l’intera operazione di trucco. Non si era concentrata abbastanza.

Il suo odore. Le pareva di sentirlo ovunque, mentre cercava di controllarsi e smettere di pensare all’odore del suo sangue che le giungeva fresco. Era nel giardino a contemplare la morte e la solitudine in cui l’inverno l’abbandonava da quando suo figlio era cresciuto, e quella folata le rivelava il destino del suo sposo. Come la consapevolezza della sua morte l’avesse attanagliata, camminò sgraziata, trascinandosi sulla neve fino alle sue camere. Una strana morsa, mai conosciuta prima, crebbe in lei, mentre altrove, un padre diceva addio al figlio che lo aveva raggiunto.

 

***

 

“Madre.” una voce distaccata, proprio come la sua, ma con un alone diverso nel tono. Lo aveva sentito tornare leggiadro come suo padre.

Era entrato nelle sue stanze senza bussare, cosa che mai aveva fatto. “State piangendo?” era sorpreso.

L’Hime-sama nascose in fretta la piccola scia sulla guancia con l’oshiroi. “Non dire sciocchezze Sesshomaru. Noi youkai non piangiamo.”

Davanti allo specchio una sposa indossava una maschera di ghiaccio. Le sue lacrime sarebbero state nascoste dietro una coltre bianca.

Il dolore sarebbe morto come tutto sotto il freddo d’inverno.

 

***

 

Sesshomaru e quella fanciulla umana se ne erano appena andati dal suo palazzo, seguiti dal ragazzino destinato alla morte ed al servo di suo figlio.

Non aveva mai avuto un così vicino contatto con dei ningen. La cosa la scosse.

“Noi youkai non moriamo. Noi sappiamo difenderci da soli. Noi non proviamo sentimenti. Noi non piangiamo. Siamo perfetti. Siamo noiosi.”

Le parole del suo vecchio sposo le rimbombano in mente, mentre i petali di ciliegio erano in piena fioritura. Erano molti anni che la somma Hime dell’Ovest non scendeva nuovamente nel suo giardino e tutto l’ordine che regnava era andato perso in quei secoli, trascurato.

Eppure i ciliegi erano ancora belli come ricordava.

“Non capisco cosa trovavi di affascinante in esseri che cadono con la stessa facilità di questi petali” si chiese.

Il dubbio di sempre, che mai l’aveva abbandonata.

Contemplò a lungo gli alberi che a lungo avevano resistito e ghignò. “Tuo figlio ti è più simile di quanto tu creda.”

Poi ripensò agli avvenimenti accaduti. “I ningen muoiono. Non sanno difendersi da soli. Provano sentimenti. Piangono. Sono imperfetti … Non sono noiosi.” Constatò sorridendo.

“Era per questo che li amavi.”

 

***

 

“Il momento in cui cadono i petali dei ciliegi e quello del loro massimo splendore.”

 In quel momento, il gelo di quel  giardino finalmente si sciolse.

 

 

 

 

 Spazio autrice:                    

Eccomi con una nuova one-shot interamente dedicata alla madre di Sesshomaru. Spero vi sia piaciuto il ritratto che di lei ho dipinto o comunque che la storia sia riuscita ad intrattenervi. ^^

Dovrei inserire un sacco di note autore per spiegare tutto come si deve, ma cercherò di spiegare le cose più essenziali e forse più significative che non sono immediate:

All’inizio della mia storia siamo in periodo Heian (784-1185), mentre l’epoca Sengoku e compresa fra il 1478 ed il 1605.

In periodo Heian la cultura giapponese conosce una fioritura straordinaria in tutte le arti e gli abiti a corte raggiungono un’elevata varietà. Tra questi il più rappresentativo è il nyōbō shōzoku, l’abito della dama di corte. Questo tipo di abito è stato definito recentemente jūnihito-e che letteralmente significa “12 abiti diversi”. Infatti, le donne indossavano più abiti uno sopra l’altro, fino ad arrivare anche a venti. Maggiore era il numero degli strati, maggiore era il prestigio e il rango della donna che li indossava. Il colore specifico degli strati era più importante delle decorazioni.

Esistevano circa 200 regole che stabilivano la combinazione dei colori del kimono. I colori erano stabiliti per rispecchiare le stagioni e le loro caratteristiche, rivelando il profondo legame dei giapponesi con la natura circostante. Da novembre a febbraio s’indossavano kimono bianchi fuori e rossi all’interno, in marzo e aprile kimono color lavanda fuori e blu all’interno. Inverno e primavera prevedevano anche un soprabito giallo e arancione.

Questo spiega la mia scelta di colori e abiti anche se ho sgarrato leggermente introducendo ornamenti e trucco, soprattutto da geisha e maiko, come il kanzashi e l’oshiroi.

Le varietà di piante di cui ho parlato sono realmente tipiche del Giappone ed usate nella loro arte del giardino, così come i koi (carpe).

Lì si distinguono due tipi di piante: maschili e femmili. Senza volerlo mi sono ritrovata ad associare l’acero (momiji) ad Inu no Taisho ed alla Hime il ciliegio (sakura).

Il ciliegio è legato al samurai da una leggenda che parla di come i loro fiori bianchi, a causa del sangue dei samurai che ne bagnavano le radici, divennero rosati. Inoltre i guerrieri vi vedevano una forte analogia. Nell'iconografia classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita: esso, durante la fioritura, mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura, ma è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia. Un antico verso ancora oggi ricordato è "hana wa sakuragi, hito wa bushi" (花は桜木人は武士) che tradotto significa "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero".

L’haiku citato dalla principessa dell’ovest è di Yukio Mishima.:

“Il fiore per eccellenza
è il ciliegio,
l’uomo per eccellenza
è il guerriero.”

Spero di aver detto abbastanza! XD

Lasciatemi un vostro parere se v va! ^^

P.S. ringrazio chi ha recensito Rainy Day e L’ultimo petalo. ^^

KissKiss KiraKira90

 

   
 
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